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Mese: Marzo 2017

MUSICA
La poesia a braccetto con la chitarra
Intervista al cantautore Diego Capece, il ‘terroNista’

Intervista al cantautore Diego Capece, “Il TerroNista”

di Eleonora Rossi

Un appuntamento con ‘il TerroNista’ potrebbe apparire alquanto minaccioso. Ma solo fino a quando Diego Capece, cantautore lucano, non alza gli occhiali scuri per accoglierci con un sorriso e con uno sguardo caldo e profondo, come la sua voce. Per raccontarci il suo attaccamento viscerale alla musica: “Da studente universitario ho fatto la ‘fame’ per comprarmi il cofanetto dei Beatles”, sorride Diego. Una passione che gli appartiene da sempre e con cui è cresciuto; aveva appena sette anni e già si era fatto regalare un karaoke giocattolo: “Ero piccolo e cantare dentro un microfono chissà che cosa mi sembrava! Quasi una magia”. La musica è diventata poi la “migliore amica”, la “compagna anarchica”, “l’amante preferita”, come canta Diego nel brano ‘Nient’altro che la musica’, un inno alle note e alla poesia – le parole che restano: perché, sottolinea l’autore, “la poesia accompagna sempre la nostra esistenza e quando abbracci la chitarra entri nel tuo mondo”.

Dal primo karaoke, con la magia della voce amplificata nel microfono, puoi raccontarci il tuo incontro con la musica?
Quando ero bambino internet non era una moda e trovare la musica non era facile, io ebbi la fortuna di conoscere Antonio Grasso, un signore di Castelluccio Inferiore, il mio paese; ricordo, avevo 12 anni, mi regalò una cassetta dei Pink Floyd, The Wall: “Fra qualche anno li capirai”, mi disse. Dopo le scuole superiori io e Antonio ascoltavamo continuamente musica ci scambiavamo cd e dvd. De Andrè era uno dei suoi cantanti preferiti. Poi ho scoperto il rock ed è stata… la fine! Ascoltavo di tutto, dai Led Zeppelin ai Doors: a 16 anni mi vestivo come Jim Morrison e ho iniziato a suonare dal vivo con una cover band del mio paese. Il mio amico Antonio, con cui ho condiviso giornate e musica, purtroppo è morto giovane: gli ho dedicato una canzone, “È inutile scappare al proprio destino”. È cominciata così: poi sono cresciuto musicalmente ed è iniziata l’avventura da cantautore.

Come nasce il ‘TerroNista’?
‘Il TerroNista’ nasce dalle ceneri di Jake Moody, cantautore e chitarrista lucano che nel 2012 ha intrapreso questo progetto. È un progetto che mescola diversi elementi che creano una sintesi familiare e originale al tempo stesso; una musica folk-rock combinata a ritmi mediterranei, popolari, fanno da cornice ai miei testi, spesso semplici, ma che esprimono quello che hanno da dire in modo diretto e coinvolgente.

Come sei arrivato a questo progetto?
Ad inizio 2013 ho presentato un album dal titolo ‘Libertà di espressione’ al teatro Stabile di Potenza. Ho partecipato poi al Dedalo Festival, aggiudicandomi la III edizione del Woody Groove Sound Festival; in occasione del festival ‘Inzanstock’ ho aperto il concerto de ‘I Soci’ – con Cosimo Zannelli, Federico Sagona e Pino Fidanza che hanno collaborato con Piero Pelù e i Litfiba – e sono stato finalista del concorso ‘Targhe d’autore controcorrente’. Nel gennaio 2014 grazie all’album ‘Libertà di espressione’ ho firmato un contratto con la Hydra Music, di Eboli, che collabora con artisti del calibro di Tullio De Piscopo, Enzo Gragnianiello, Alessandro Haber. Io e il mio quintetto abbiamo vinto poi il contest ‘Facimm Juorn’ organizzato dalla Pro Loco di Sasso di Castalda (Potenza) con l’opportunità di registrare un EP, con la collaborazione dell’artista siciliana Valeria Cimò.

Chi suona insieme a te?
Per il momento, nel tour invernale, sto suonando con un trio folk acustico, con Marco Ielpo alla chitarra e Fausto Picciani al cajon. Ma per la formazione che mi accompagnerà per il prossimo tour estivo, la speranza è quella di recuperare alcuni musicisti che hanno fatto parte della formazione precedente, oltre ai ragazzi che già suonano attualmente con me, per completare la band. Le ‘ballate del terronista’ invece è stato registrato insieme a Domenico Carabotti (tastiera, fisarmonica e synth), Massimo Catalano (ukulele e mandolino), Giovanni Catenacci (sax e clarinetto), Rocco Sinisgalli (basso), Ivan Leone (batteria e percussioni).

Che cosa racconti nelle ‘Ballate del terroNista’?
‘Le ballate del terroNista’ è il mio esordio discografico, il mio progetto in uscita a marzo. Nei brani che ho scritto, la tradizione musicale lucana e del Meridione diventano il veicolo di una sorta di inno per il riscatto di un’intera generazione di miei conterranei. Sono appassionato alla storia della mia terra, alla storia del brigantaggio. ‘Le ballate del TerroNista’ è un EP di quattro brani con influenze folk che rievocano la Basilicata. I ritmi mediterranei sono la cornice di testi ispirati dai racconti e dalle esperienze della gente comune. Quando scrivo, io mi immedesimo nelle persone e nelle storie. Dalla traccia di apertura che delinea la figura del TerroNista, personaggio figlio della sua terra e delle sue tradizioni, fino ad arrivare alle ballate che completano il disco, tra cui ‘La ballata di Franco’, con special guest Valeria Cimò alla voce e alle percussioni: testi espressivi sposano una musica che deve tanto alla tradizione popolare, ma che non è mai mera imitazione.

Scrivi: “Il terroNista che tutto il mondo conquista”, “è simpatico e ospitale, non dovete volergli male”. Mi colpisce, nei tuoi testi, l’autoironia e la capacità di far riflettere e di provocare. In alcuni brani si avverte però anche una certa rabbia.
Ho scritto canzoni sincere. “In libertà di espressione” c’è la voglia di far sentire la propria voce: è un testo a tratti riflessivo, a tratti arrabbiato. Vorrebbe essere la denuncia di un uomo colpevole di andare verso l’autodistruzione. La mia canzone ‘Una sera qualunque’ è uno sfogo amaro. Altri brani – come ‘Monte-Citorio’ e ‘La fine del mondo’ – sono brani di protesta. ‘Il musicista Jake’ racconta il mio esordio nel mondo della musica e l’etichetta che mi è stata assegnata dalla gente del paese, di una piccola realtà, destinata a rimanere la stessa nel corso del tempo, ma per fortuna ho avuto modo di smentirla. Nell’ultimo disco ‘Il TerroNista’ descrive in modo autoironico un ‘terrone medio’, penso che l’autoironia sia una delle armi più forti per far colpo sulla gente.

È stato scritto di Diego Capece: “Il suo legame con Bennato è chiaro, per le sfumature musicali e il tono della voce, rievoca invece Fabrizio De Andrè nella sua predisposizione a raccontare l’elemento popolare, infine Giorgio Gaber quando denuncia realtà politiche e lo fa con ironia”. Ma al di là degli autori che può evocare – aggiungo io che scrivo – i testi e la musica del ‘TerroNista’ hanno uno stile unico. “Gli arrangiamenti, che vedono partecipi strumenti immancabili nel folk come chitarra, ukulele, fisarmonica, sax e percussioni, riescono a trasmettere a chi ascolta il calore tipico mediterraneo – ha osservato Alice Sbroggiò -. Come se si venisse in un attimo trasportati in Basilicata, luogo di provenienza di Capece e culla del suo progetto. Il TerroNista ha racchiuso all’interno del suo disco, l’anima della sua terra”. Le canzoni sono da ascoltare e riascoltare. Da meditare e da cantare. Da bere come un vino buono. Alla ‘leggerezza’, al colore e all’incanto del folk “con piacevoli contaminazioni etniche” , il TerroNista unisce testi profondi, riflessioni sull’esistenza e sulla vocazione alla musica, che chiama ad essere se stessi, fino in fondo. Delusioni e ideali, da seguire instancabilmente. Poesia cucita sulla pelle. E una strada da cantautore, come scrive Diego Capece: “Non sono io che ho scelto di fare il cantautore, è il cantautore che ha scelto di entrare dentro me (e tutti i giorni mi chiedo perché!)”. Un ‘destino’ che gli detta parole come queste: “In silenzio possiamo sfondare le fredde barriere del cielo. La poesia scalderà la musica dopo il disgelo”. E ancora: “Mostriamoci per quello che siamo”, “vogliamo vivere, non solo esistere, facciamolo adesso, senza esitare. La musica ci farà continuare ad amare”.

ARTE
In mostra le luci e le ombre di Artemisia Gentileschi, eroina protofemminista dell’Italia barocca – seconda parte

[segue dal settimanale precedente]
Il successo fiorentino della “pitturessa” è quindi legato alle sue invenzioni teatrali, vicine alle rievocazioni storiche e mitologiche del coevo teatro musicale, come nella grande tela con ‘Ester e Assuero’ (1626- 29), New York, The Metropolitan Museun of Art. Nella scena in cui Ester compare dinnanzi al trono del marito, si svolge una complicata storia d’amore, di morte, di virtù e di potere. Il tema dell’incontro tra Ester, eroina ebraica e Assuero, potente re di Persia, è narrato dall’artista con la solita ricchezza di particolari: abiti sfarzosi ed enfasi melodrammatica che sottolinea lo svenimento della giovane donna indebolita dal digiuno, il pallore del suo volto, l’immediata reazione delle due ancelle che prontamente la sorreggono, mentre il giovane Assuero si alza preoccupato dal trono per andare in suo soccorso. Prova di bravura tra le più riuscite, questa versione dell’episodio biblico non ha riscontri in nessun altra rappresentazione analoga dell’epoca per originalità e spirito barocco, evidenti nel contesto spaziale e nel movimento dei due protagonisti che, mimando un andamento di danza, rivelano la relazione complessa che li lega e l’enfasi dell’artista spinta con empatia a sedurre lo spettatore.

Autoritratto come allegoria della pittura

Nel 1622, Artemisia fa ritorno a Roma, dove intreccia un intenso rapporto di committenza con Cassiano Dal Pozzo, colto nobiluomo toscano, studioso e collezionista che intrattiene una fitta corrispondenza con molti artisti del suo tempo, inclusa la Gentileschi, di cui sarà il principale sostenitore e alla quale commissionerà il celebre ‘Autoritratto come allegoria della pittura’ (1630, Londra, Windsor Castle Royal Collection). Dal Pozzo stava raccogliendo una collezione di ritratti curiosi di persone singolari per stravaganza o rara intelligenza ed aveva già commissionato alla pittrice Giovanna Garzoni, un ritratto di Anna Colonna e nella sua raccolta vi era pure un ritratto di Cristina di Svezia. L’autoritratto di Artemisia non si inquadra in nessuna tipologia consolidata per gli autoritratti. Il soggetto non guarda direttamente l’osservatore, ma è comunque un’immagine autoreferenziale, un’allegoria appunto nelle sembianze della pittura. Probabilmente l’artista trasse ispirazione dalla descrizione che ne fa Cesare Ripa nella sua Iconologia. Infatti nel dipinto appaiono gli stessi attributi della personificazione della pittura: la catena d’oro, la maschera pendente che rappresenta l’imitazione, i riccioli ribelli della donna che simboleggiano la creatività artistica, l’abito cangiante segno di maestria esecutiva.

Famose artiste rappresentarono se stesse prima di Artemisia: Sofonisba Anguissola (1535-1625) e Lavinia Fontana (1552-1614) ritraendosi spesso o al cavalletto o nello studiolo. Entrambe tuttavia mettevano in risalto oltre alle proprie capacità artistiche anche la propria condizione nobiliare. All’ ‘Allegoria della pittura’, invece, Artemisia offre le proprie sembianze per sottolineare la straordinaria posizione di donna pittrice (nell’atto stesso di dipingere), di cui troppo spesso aveva sperimentato la grande anomalia. Essere donna, nella categoria dei pittori, corrispondeva ad aver raggiunto il prestigio sociale di personaggi famosi come Anton Van Dyck di cui conosceva l’autoritratto. Ad osservare attentamente l’autoritratto della pittrice sembra che dalla sua bocca escano le parole che scriveva al suo corrispondente Don Ruffo in Sicilia: “E farò vedere (…) quello che sa fare una donna”, aggiungendo poi “ritroverà uno animo di Cesare nell’anima duna donna”. Dopo un soggiorno a Roma documentato negli anni 1622, 1625, 1626 e un probabile soggiorno a Venezia si stabilisce a Napoli fino al termine della sua vita (1654 circa), trascorrendo però a Londra un breve periodo (1638-39) per completare gli affreschi con il trionfo della pace e delle arti nel soffitto della Qeen’s House di Inigo Jones a Greenwich, iniziati dal vecchio e ormai ammalato padre, Orazio.

A Napoli arrivò nel 1630, in tempo per vedere l’eruzione del Vesuvio (1631) e vivere avvenimenti drammatici della storia napoletana come la rivolta di Masaniello (1647). Qui si fa largo nel clima artistico postcaravaggesco dello spagnolo Giuseppe Ribera, il cui prestigio è tale da mantenere un primato assoluto sulle commissioni del Vicereame e nella lontana Spagna. Ospite del Ribera a Napoli sarà Velazquez nel 1630, una presenza che avrà un forte impatto sugli umori degli artisti napoletani e fra i primi proprio sul Ribera che virerà verso un neovenetismo squillante e sentimentale e detterà legge fra i vari Domenico Gargiulo, Onofrio Palumbo, Aniello Falcone e Massimo Stanzione. Sarà con quest’ultimo che Artemisia avvertirà maggiori consonanze che porteranno a scambi fruttuosi e alla condivisione di importanti committenze come nella serie delle sei tele con ‘Storie di San Giovanni Battista’ commissionate dal Viceré spagnolo il Condè di Monterrey per il re Filippo IV di Spagna (1633-34). Come a Firenze e a Roma anche a Napoli la pittrice si era assicurata solide protezioni: a Napoli fu Cassiano Dal Pozzo a garantirle un canale di accesso privilegiato alla corte spagnola e a procurarle la prestigiosa commessa. Delle sei tele della serie delle Storie del Battista, le viene assegnata la ‘Nascita di San Giovanni’ (Madrid, Prado), che Roberto Longhi nel suo fondamentale articolo del 1916 lodò per il realismo dell’ambiente domestico, per la precisione lenticolare degli arredi e per la gestualità dei personaggi.

L’intenso caravaggismo, unito ad un’illuminazione quasi teatrale e allo stile classico delle figure influenzate dai modelli di Simon Vouet rafforzano il bilanciamento della composizione articolata in due gruppi in cui emergono figure femminili tra le più belle della sua produzione, come la fanciulla inginocchiata a terra alla destra del neonato. Tanto che lo storico De Dominici ne ‘La vita del cavalier Massimo Stanzione’ (1742-1744) raccontava che il pittore andava tutti i giorni a guardare Artemisia mentre dipingeva e tentava di imitare la freschezza del suo colore meraviglioso. A Napoli l’artista fu ammirata e imitata dai maggiori pittori per il virtuosismo luministico, la raffinata sericità della sua tavolozza, tanto che non le mancò il successo nella città che era diventata la nuova capitale dell’arte, meta di mercanti d’arte e di pittori in cerca di nuove committenze. Anche i pittori della corrente bolognese del classicismo furono attratti dalle possibilità che offriva la città partenopea, ma, al contrario di Artemisia, il loro soggiorno venne ostacolato dagli artisti locali. Guido Reni approderà a Napoli nel 1622 con “sospettoso perbenismo bolognese, verrà coinvolto nelle beghe camorristiche dei clan locali, e al cadere della terza settimana se la batterà all’inglese.

Forte e nevrotico nel purpureo orgoglio pontificio, Domenichino, il fragile Domenichino erede di Apelle, nel 1634 lascerà Roma, scettica e ingrata, per rifarsi una vita sotto il Vesuvio (…) e verdà sparire le ultime energie, fino ad una agonia esangue, memore (…) della lontanissima soffice patria emiliana” (Flavio Caroli). Artemisia invece ottenne a Napoli importanti commissioni per quadri devozionali, pale d’altare, quadri da stanza e prestigiose opere pubbliche, collaborando anche tra il 1635 e il 1637 con Giovanni Lanfranco, Paolo Fenoglio e Massimo Stanzione al vasto cantiere della cattedrale di Pozzuoli. Camaleontica per la capacità di assorbire le novità pittoriche di ogni città visitata e di conformarsi al gusto dei committenti, Artemisia rappresenta la più geniale antesignana della moderna donna artista.

*Il presente articolo non intende essere una recensione all’ennesima mostra di Artemisia, ma un contributo per comprendere la modernità della sua grande personalità.

PITTURA SURREALISTA
L’alfabeto personale di Mirò in mostra a Bologna

Joan Mirò, massimo esponente del surrealismo e tra i più affascinanti della storia dell’arte moderna, già ospitato a Ferrara a Palazzo Diamanti nel 2008, sarà a Bologna dal prossimo 11 aprile a Palazzo Albergati.

Il “catalano” Mirò non è un artista facile, però piace a tutti.
Non bisognerebbe mai dimenticare che il patrimonio artistico è la testimonianza della genialità di chi ci ha preceduti, e così con una decisione a sorpresa, la Casa d’Aste Christie’s, alcuni anni fa, ha cancellato la vendita di circa 85 opere di Mirò, stimate 36 milioni di euro, che il governo portoghese intendeva mettere all’asta per rattoppare i conti.

Mirò nasce a Barcellona nel 1893 e non ha mai nascosto il profondo attaccamento alla sua terra, alle sue origini, alla sua gente, dando così molta importanza all’arte popolare. “Più una cosa è locale, più è universale”, dichiarava.
Carattere incredibilmente caparbio, esigente, insoddisfatto; un provinciale taciturno, che ogni sera, dopo il lavoro, riordina sempre il suo studio con una meticolosità da artigiano e che si ravvia e veste con cura, come è solito fare in campagna la domenica.

La pittura di Mirò è un intreccio di linee, una superficie a profili incisi con un’impostazione grafica; è chiaramente ludica poiché per il maestro creare è gioco.
Egli conferisce alla realtà una dimensione fantastica e fiabesca calibrando segni grafici, colori e figure elementari; difatti, egli possiede un suo alfabeto personale che consiste in una particolare chiazza rossa, una linea nera, un punto bianco. Benché il punto di partenza della sua pittura rimanga “la scrittura automatica” dei surrealisti, il risultato è un’estrema eleganza decorativa tanto nell’accostamento dei colori quanto nel ritmo delle linee.

Mirò amerà per tutta la vita la musica, soprattutto Bach e Mozart, che gli darà un grande senso del ritmo trasmettendo un’intensa musicalità ai segni e alle linee “che si muovono sinuosi come una danza” in moltissime sue opere.
Era solito affermare che “un quadro deve essere fecondo, deve far nascere il mondo“.
Come tanti altri grandi artisti, anche Mirò attraverserà situazioni di estrema povertà, e poiché la fame può portare alle allucinazioni, a tal proposito raccontava: “Mi è difficile parlare della mia pittura, quando all’epoca (si riferiva agli anni 1925/26 a Parigi) vivevo di un paio di fichi secchi al giorno, ormai ero giunto a disegnare esclusivamente sotto l’influsso di allucinazioni”.

Nella fase finale della sua vita, ha saputo mantenere costante, se non intatta, la forza, l’operosità e la qualità del suo lavoro artistico. Morirà a Palma Di Maiorca nel 1983.
“La semplicità può essere profondità, perché è sintesi di tante esperienze precedenti, fusione di pensiero e di storia e perché nasce dall’eliminazione del superfluo, dalla ricerca essenziale: una lezione, forse ancor più importante, su cui la cultura di oggi farebbe bene a riflettere.”

FOTOGRAFIA
In mostra Vivian Maier, l’artista bambinaia del Bronx
Gli scatti di ieri per ritrovare noi stessi, oggi

New York Public Library, New York, 1952 ca ©Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York

L’avevamo incontrata a Mosca, esattamente due anni fa, Vivian Dorothea Maier, e ne avevamo scritto estasiati, ammirando le 50 fotografie in mostra nella capitale russa (leggi qui l’articolo). Oggi Vivian arriva a Roma, dove il Museo di Roma in Trastevere espone 120 bellissimi scatti. Alcuni li ho riconosciuti, sia dall’esperienza e dai ricordi moscoviti sia dai numerosi volumi acquistati, altri sono del tutto inediti, ma sempre sorprendenti.

Nel quartiere romano, culla di movida e artisti, la mostra che ci attende, dal 17 marzo al 18 giugno, ripercorre momenti di questa fotografa bambinaia, avvolta da molto mistero, nata il primo febbraio 1926 a New York, nel Bronx, figlia di Maria Jaussaud, nata in Francia, e di Charles Maier, di origine austriaca. Di lei si sa che alla separazione dei genitori, viene affidata alla madre, che si trasferisce presso un’amica francese, Jeanne Bertrand, fotografa professionista. Negli anni Trenta, le due donne e la piccola si recano in Francia, dove Vivian vive fino a 12 anni. Nel 1938, l’artista sconosciuta torna a New York, città in cui inizierà la sua vita di governante e bambinaia. Nel 1956, si trasferisce a Chicago. E gli scatti con la sua fedele Rolleiflex hanno inizio. “Tata di mestiere, fotografa per vocazione”, viene definita. In un crescendo che solo oggi si scopre e vede la luce piano piano. Verso la fine della sua vita si ritrova in gravi ristrettezze economiche e, ricoverata per un banale incidente, muore il 21 aprile 2009. Nel corso della sua vita discreta e silenziosa realizza, tra il 1950 e il 1990, oltre centomila fotografie ma il suo lavoro rimane sconosciuto fino a quando John Maloof lo scopre per caso, nel 2007, acquistando a un’asta parte dell’archivio della Maier confiscato per un mancato pagamento dei canoni di locazione. Mentre lavorava a un libro sulla storia degli abitanti di Portage Park, una comunità nel Nordest di Chicago. E scombussolando la sua vita. John sarebbe diventato custode e testimone di un patrimonio e di un’eredità che tutti dovevano conoscere, dedicando oltre 3 anni all’archiviazione e alla conservazione dell’ampia opera della Maier.

New York, 1953 © Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York

John dichiara di essere particolarmente affezionato a una citazione estratta da una registrazione audio in cui Vivian esprime la sua filosofia sul senso della vita e della morte: “Dobbiamo lasciare spazio a coloro che verranno dopo di noi. È una ruota – si sale e si arriva fino alla fine, poi qualcuno prende il tuo posto e qualcun altro ancora il posto di chi lo ha preceduto e così via. Non c’è niente di nuovo sotto il sole”. Incredibilmente profondo e vero.

Nella mostra romana, ci sono 120 fotografie in bianco e nero realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta e una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8 che mostrano come Vivian Maier si avvicinasse ai suoi soggetti. Ci sono immagini delle città in cui aveva vissuto, New York e Chicago, sguardo curioso e piccoli e grandi dettagli. Bambini che piangono, visi intensi di donne, gli anziani, i poveri e la strada. Il tutto magnificando imperfezioni e tristezze, sentimenti, sguardi e abbracci o mani che si intrecciano, in un mondo che si evolve e cambia. La trasformazione sociale e civile è in atto, lo si vede, lo si sente, lo si tocca. E poi ci sono i numerosi autoritratti, tutti scattati attraverso giochi di specchi luminosi, riflessi nelle pozzanghere o la sua ombra dal lungo cappello; immagini mai viste, mostrate o esposte quanto Vivian era in vita. Una scoperta continua e inarrestabile. Come scrive Marvin Heiferman “Seppur scattate decenni or sono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul nostro presente. E in maniera profonda e inaspettata… Maier si dedicò alla fotografia anima e corpo, la praticò con disciplina e usò questo linguaggio per dare struttura e senso alla propria vita conservando però gelosamente le immagini che realizzava senza parlarne, condividerle o utilizzarle per comunicare con il prossimo. Proprio come Maier, noi oggi non stiamo semplicemente esplorando il nostro rapporto col produrre immagini ma, attraverso la fotografia, definiamo noi stessi”.

Accompagna la mostra il bel libro ‘Vivian Maier. Fotografa’ pubblicato da Contrasto.

Chicago, 22 agosto 1956 © Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York.
© Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York

‘Vivian Maier, Una fotografa ritrovata’, è al Museo di Roma in Trastevere, dal 17 marzo al 18 giugno 2017. Apertura: Da martedì a domenica ore 10.00 – 20.00

Promossa da: Roma Capitale-Assessorato alla Crescita culturale-Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Fondazione Forma per la Fotografia. Organizzata da: Zètema Progetto Cultura. Maggiorni info sul sito web: www.museodiromaintrastevere.it/mostre_ed_eventi/mostre/vivian_maier_una_fotografa_ritrovata

GIORNATA DEL PI GRECO
Il Liceo Ariosto festeggia Einstein e la matematica tra arte, memoria e gusto

di Francesca Bondi, Beatrice Felisati, Michele Corio*

Il numero 3,14, più noto come ‘pi greco’, è una costante matematica utilizzata per la prima volta nel 434 a.C. da Anassagora per tentare la quadratura del cerchio.
Per celebrare la nascita del grande fisico Albert Einstein, avvenuta il 14 marzo 1879, il 3/14/1879 scrivendo la data secondo l’uso statunitense, in tutto il mondo il 14 marzo si organizza la ‘Festa del pi greco’. Anche se importato in Italia solo dal 2005, il Pi-day ha origini ben più lontane: è nato, infatti, nel 1988 all’Università di san Francisco.

Al Liceo Ariosto di Ferrara la manifestazione si è svolta anche quest’anno, come ormai è consuetudine dal 2010. Gli studenti partecipanti, provenienti dal liceo stesso, ma anche da tante scuole medie della provincia (Bonati, Dante, Portomaggiore e Mesola), si sono cimentati in una serie di giochi di argomento matematico .
Nella sfida della Pi-art sono stati esposti manufatti, disegni e fotografie interpretanti lo spirito del Pi greco. La gara di Pi-memoria consisteva, invece, nel recitare il maggior numero di cifre decimali di questa costante numerica (sono infinite) e il record è stato raggiunto da una minuta ed emozionatissima ragazza di terza media che ne ha ricordate ben 350, a fronte di due agguerrite sfidanti, sempre delle medie, che ne hanno recitato solo, si fa per dire, 277 e 75.
Ma il momento più atteso, dopo una caccia al tesoro nella quale le squadre si sono cimentate in quesiti algebrici e geometrici, è stato il Pi-chef: una gara di torte che è terminata con la premiazione di tre dolci in base ai criteri di bellezza, bontà e ‘matematicità’.

I ragazzi hanno affrontato le sfide con molto entusiasmo e competitività, immergendosi totalmente e, quel che è più strano, volontariamente, nel mondo della matematica, unendo impegno e tifo da stadio.

Le torte partecipanti a Pi-Chef
Le opere partecipanti a Pi-Art

*studenti iscritti al liceo L. Ariosto di Ferrara

BORDO PAGINA
Sandro Battisti, “Stateless”: microversi di un Avatar quantico

Per la ferrarese (a cura di R. Guerra, autore della postfazione) libri ebook Asino Rosso (network Street Lib), è on line nelle principali librerie store italiane e internazionali, “Stateless” di Sandro Battisti.
Più noto come esponente di spicco della nuova fantascienza italiana cosiddetta Connettivista, diverse pubblicazioni rilevanti, già anche Premio Urania Mondadori, Sandro Battisti presenta ora seminedite sperimentazioni linguistiche e semplicemente sorprendenti. Anche, infatti, blogger creativo (scrive anche su Fantascienza com) nel suo personal universo parallelo nella Rete, oltre a cartografare puntualmente il divenire della science fiction contemporanea, da tempo innesta parole diversamente poetiche compresse come un microchip quantico…
In tale scansione ed esplorazione letteraria, Battisti conferma certa peculiarità storica ormai sia del Connettivismo sia soggettiva nello specifico che della grande fantascienza: Parafrasando anche il compianto Marvin Minsky, padre dell’AI: “I veri filosofi del nostro tempo sono gli scrittori di fantascienza”, Battisti segnala e persino crea la fisica qualitativa o essentia della fantascienza, nata apparentemente tanti “universi microversi fa” come letteratura d’evasione ed invece, molto probabilmente se non statisticamente…., la vera non solo Sofia per la precisione ma Letteratura dell’era industriale e scientifica.
E qua, vista anche la complessità che caratterizza il vero libero pensiero conoscitivo contemporaneo (almeno dalle parti della Fisica postquantica e delle Computer Science), come poi già in primo piano nei suoi romanzi squisitamente postcyberpunk, nella cifra poetica specifica, fiorisce l’Altro della Scienza matrice storica, ovvero certo immaginario e come accennato ultracompresso o – se si vuole – ultraminimale colmo di dilatazioni anni luce distante da qualsivoglia scientismo.
In una manciata letterale di versi dilatati come coriandoli lanciati nello spazio, la parola esita come in assenza di gravità, sembrano messaggi criptati di una specie aliena inviati sulla Terra con password prossime alla pubblicità d’avanguardia ancora non creata oppure a ideogrammi Zen o geroglifici o persino Haiku d’Oriente.
Ulteriormente, parla l’oracolo fanciullo di Delfi con postversi enigmi in versione Ologramma o finalmente AI, il non detto di Hal 9000 stupendamente “regredito” all’infanzia con la filastrocca “Girotondo”, il bisbiglio sempre più inquieto e ammaliante di un Webmind di un Sawyer.
Insomma, non una novità, ma la fantascienza come Poesia e Oltre Poesia, non solo Letteratura narratologica, conferma con uno dei suoi “astronauti” onirici italiani di punta, Sandro Battisti, la sua profonda sonda felicemente in viaggio nel futuro:
Microversi di un Avatar quantico.

INFO:
https://it.wikipedia.org/wiki/Sandro_Battisti
https://www.kobo.com/it/en/ebook/stateless-1

Guida all’ascolto Sabato 25 Marzo ore 15,30: La musica Country nel Rock/Pop: da Johnny Cash ai Beatles a cura di Stefano Parma. ingresso libero

Da Associazione Musicisti di Ferrara

Per il quattordicesimo anno consecutivo, allo scopo di promuovere la cultura e l’educazione musicale in tutte le sue forme moderne, l’Associazione Musicisti di Ferrara-Scuola di Musica Moderna, in collaborazione con il Comune di Ferrara-Assessorato alle Politiche e Istituzioni Culturali, Assessorato Politiche per i Giovani, organizza per l’ anno 2016-2017 una serie di 10 appuntamenti nell’aula magna Stefano Tassinari della Scuola di Musica Moderna di Ferrara in via Darsena 57; gli incontri sono ad ingresso libero e hanno come temi la guida all’ascolto dei generi musicali moderni più importanti. “L’esigenza di questi appuntamenti è incominciata quando, durante le lezioni di strumento, facendo alcuni riferimenti a stili e/o ad artisti importanti per la musica studiata, ci siamo accorti che molte cose non si potevano dare per scontate; in poche parole, anche se siamo in un epoca in cui gli ipod straripano di brani, spesso non si sa che cosa si ascolta e da dove proviene tutta questa musica; con queste lezioni, cerchiamo di stimolare l’interesse e l’approfondimento della musica ascoltata e suonata, oltre a creare un ritrovo di persone con lo stesso interesse, siano queste interne alla scuola o esterne”.

Sabato 25 Marzo ore 15,30: La musica Country nel Rock/Pop: da Johnny Cash ai Beatles a cura di Stefano Parma

L’orario delle guide all’ascolto è dalle 15,30 alle 18,00, l’ingresso è libero

Fabbri (Ln): “Voucher, il Governo butta via tutto per paura dell’opinione popolare. Senza norme transitorie e’ il caos”  

Da Ufficio Stampa Lega Nord Emilia Romagna

“Ridicola e dannosa”. Così Alan Fabbri, leader della Lega Nord Emilia Romagna, bolla la decisione del governo Gentiloni(Renzi) di eliminare i voucher “per paura di confrontarsi con la volontà popolare. Per paura, in sostanza, di un’altra batosta referendaria, hanno preferito buttare via tutto”. Il consigliere sottolinea quanto sia stata improvvida la decisione dell’esecutivo, dopo aver raccolto l’invito al confronto lanciato da Ascom Confcommercio, rispondendo alla lettera aperta in cui l’associazione lamenta gli effetti negativi dell’abolizione dei buoni lavoro.

“E’ evidente quanto il provvedimento sia foriero di effetti negativi, tra cui l’ ‘assist’ al lavoro nero – commenta Fabbri – perchè cancellare senza introdurre norme transitorie genera soltanto confusione. Basti pensare al portale dell’Inps che va in tilt o alle situazioni di chi non sa se potrà utilizzare i voucher già comprati”.

Il calcolo elettorale targato Pd anteposto al quadro legislativo e al buon senso. “Era meglio contrastare l’abuso che in questi mesi si è verificato, introducendo norme ad hoc. Le distorsioni provocate dalle riforme degli ultimi governi, si pensi anche al Jobs Act, non tengono conto dei costi sociali per i lavoratori, che possono essere molto alti. Per intenderci: il voucher – ricorda il capogruppo del Carroccio – è stato ideato in un modo, con la legge Biagi che ne marcava il legame con l’occasionalità, poi via via è stato stravolto, fornendo l’assist a utilizzi che generano precarizzazione”.

La gestione dei buoni lavoro si sta rivelando un esempio di come la cattiva politica possa danneggiare l’economia. “Lavori domestici, stagionali, prestazioni accessorie. Sono ambiti in cui i voucher rappresentano uno strumento di emersione del lavoro nero e dunque di legalità. Anzichè fare un passo avanti e migliorare lo strumento – chiude Fabbri – , il governo ha deciso di farne due indietro. Così hanno perso tutti”.

Sabato 25 marzo il Torrione ospita Regina Carter, uno dei violini jazz più noti al mondo. Appuntamento in collaborazione con Ferrara Musica

Da ufficio stampa

Sabato 25 aprile, in collaborazione con la rassegna Off di Ferrara Musica, il Jazz Club Ferrara ospita uno dei violini jazz più noti al mondo, Regina Carter. A cento anni dalla nascita di Ella Fitzgerald, con “Simply Ella” la violinista di Detroit rende omaggio ad uno dei suoi idoli di sempre. Al suo fianco troviamo Marvin Sewell alle chitarre, Reggie Washington al contrabbasso e Alvester Garnett alla batteria.

Sabato 25 aprile (ore 21.30), in collaborazione con la rassegna Off di Ferrara Musica, il Jazz Club Ferrara ospita uno dei violini jazz più noti al mondo, Regina Carter.
A cento anni dalla nascita di Ella Fitzgerald (1917 – 96), con “Simply Ella” la violinista di Detroit rende omaggio ad uno dei suoi idoli di sempre. Al suo fianco troviamo Marvin Sewell alle chitarre, Reggie Washington al contrabbasso e Alvester Garnett alla batteria.
Regina Carter combina una tecnica mozzafiato a qualità di composizione e improvvisazione, con un personale approccio allo strumento che ne esalta il lato melodico, quanto le possibilità percussive. Queste caratteristiche sono scaturite dalla sua formazione classica a cui ha affiancato l’interesse e l’approfondimento per il jazz, il rhythm & blues, lo spiritual e il blues rurale. Tutti linguaggi che convergono sia in lavori più recenti come Reverse Thread e Southern Comfort, sia nelle sue apprezzate performance dal vivo.
Pochi mesi dopo l’attentato dell’unici settembre, la città di Genova le ha concesso di esibirsi utilizzando il “Cannone”, violino di Niccolò Paganini costruito da Giuseppe Guarneri del Gesù a Cremona nel 1743.
Classe 1966, diplomatasi al New England Conservatory of Music, la Carter approda nella Grande Mela all’inizio degli anni ’90 dove viene velocemente notata da artisti quali Max Roach, Tom Harrell, Wynton Marsalis, Oliver Lake e Cassandra Wilson che la includono nei loro gruppi…
La cena alla carta anticipa il concerto. È consigliata la prenotazione allo 0532 1716739 dalle ore 12:00 alle ore 20:00. Info su www.jazzclubferrara.com

INFORMAZIONI
www.jazzclubferrara.com
jazzclub@jazzclubferrara.com

Per informazioni e prenotazione cena 0532 1716739 dalle ore 12:00 alle ore 20:00.

Il Jazz Club Ferrara è affiliato Endas, l’ingresso è riservato ai soci.

DOVE
Torrione San Giovanni via Rampari di Belfiore, 167 – 44121 Ferrara. Con dispositivi GPS è preferibile impostare l’indirizzo Corso Porta Mare, 112 Ferrara.

COSTI E ORARI
Intero: 25 euro
Ridotto: 20 euro (la riduzione è valida prenotando la cena al Wine Bar, accedendo al solo secondo set, fino ai 30 anni di età, per i possessori della Bologna Jazz Card, per i possessori di MyFe Card, per i possessori della tessera AccademiKa, per i possessori di un abbonamento annuale Tper, per gli alunni e docenti del Dipartimento Jazz del Conservatorio “G. Frescobaldi” di Ferrara. Pari al 10% per i possessori di Jazzit Card)

Intero + Tessera Endas: 30 euro
Ridotto + Tessera Endas: 25 euro

NB Non si accettano pagamenti POS

Apertura biglietteria: 19.30
Cena a partire dalle ore 20.00
Primo set: 21.30
Secondo set: 23.00

DIREZIONE ARTISTICA
Francesco Bettini

UFFICIO STAMPA
Eleonora Sole Travagli
e-mail: solejazzclubferrara@gmail.com ; press@jazzclubferrara.com
cell. + 39 339 6116217

Burocrazia: Emilia-Romagna, più semplice lavorare con i trattori

Da ufficio stampa

Taglio alle procedure per ottenere carburante agricolo
Prime risposte a denunce di Coldiretti

Un taglio agli eccessi di burocrazia che favorirà il lavoro con i trattori per oltre 60 mila imprese agricole dell’Emilia Romagna. Così Coldiretti regionale commenta la decisione della Regione di semplificare le procedure per ottenere il carburante agricolo, affidando ai Centri autorizzati di Assistenza Agricola (Caa) la pratica per l’assegnazione del carburante, riducendo i tempi di attesa anche di trenta giorni.

Dopo la manifestazione della scorsa estate, quando Coldiretti Emilia Romagna portò davanti alla Regione migliaia di agricoltori proprio per denunciare le insostenibili pastoie burocratiche che portano via 100 giorni all’anno di lavoro ad ogni impresa agricola per compilare e firmare scartoffie inutili, qualcosa – commenta Coldiretti regionale – comincia a muoversi. Il 50 per cento del carburante agricolo di cui ogni azienda ha diritto può essere assegnato immediatamente – spiega Coldiretti – semplicemente rivolgendosi al Caa, mentre per il restante 50% dovrà essere presentata domanda entro il 30 ottobre.

In questo modo secondo Coldiretti Emilia Romagna, si riducono i tempi anche fino ad un mese e l’impresa agricola può ottenere la metà dell’assegnazione in tempi rapidi, senza dover sottostare a procedimenti e a passaggi di carte, ma semplicemente basandosi sui dati aziendali in possesso del Centro autorizzato di Assistenza Agricola.

“Si tratta – afferma il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello – di un altro importante passo in avanti dopo il silenzio-assenso del settore vitivinicolo, che semplifica e sburocratizza i rapporti tra imprese agricole e pubblica amministrazione. Le nostre imprese potranno contare sul Caa di Coldiretti, con tempi certi e inferiori rispetto a quelli attuali. In questo modo si dà un importante sostegno all’economia e al reddito delle aziende perché si riduce il tempo che un imprenditore deve perdere per risolvere problemi burocratici”.

Coldiretti Ferrara: natura in tilt, fioriture ed allergie da polline, siccita’ su livelli estivi

Da Responsabile Stampa Coldiretti Ferrara

Meno 24% di pioggia nell’inverno 2017 e livello del Po e dei laghi come ad Agosto, è una primavera bollente, che conferma gli sfasamenti stagionali. Allarme siccità nei campi, senza precipitazioni a rischio le colture con impennata dei costi di produzione.

Emilia Romagna a secco, dopo un inverno più caldo di quasi mezzo grado rispetto alla media, con il 24% di pioggia in meno e primavera in arrivo con la natura in tilt.

E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti in occasione dell’arrivo della primavera, dalla quale si evidenzia che ad aggravare la situazione è un marzo bollente e drammaticamente asciutto dopo febbraio che in Italia si è classificato al sesto posto tra gli anni più caldi dal 1800 con la colonnina di mercurio che è risultata di 2,11 gradi superiore alla media del periodo di riferimento.

Il Po è in magra come ad agosto, le alte temperature hanno provocato l’esplosione contemporanea delle fioriture che provoca una impennata delle allergie da polline. Primule, viole e margherite ricoprono i prati mentre nelle campagne – precisa la Coldiretti – sono fioriti albicocchi, peschi e tutte le piante da frutto si sono “risvegliate” con la diffusione del polline e delle allergie. Alla bellezza del paesaggio si contrappone però una preoccupante mancanza di acqua perché la pioggia e le nevicate invernali – spiega la Coldiretti – sono determinanti per ricostruire le riserve idriche necessarie alle piante alla ripresa vegetativa primaverile per crescere e garantire i raccolti.

La situazione di difficoltà in cui versa il Paese è evidente dalla situazione dei principali bacini idrografici del Paese a partire dal fiume Po che fa segnare lo stesso livello idrometrico della scorsa estate ed inferiore di oltre un metro rispetto allo stesso periodo del 2016, al Ponte della Becca dove il livello e di appena –2,7 metri. Il risultato – continua la Coldiretti – è visibile nei principali bacini idrici dove, secondo l’ultimo monitoraggio della Coldiretti, lo stato di riempimento del lago Maggiore è al 51,5%, quello del Lago di Iseo al 22,1% quello del Lago di Como al 17,1% mentre più positiva è la situazione del Garda con il 79,2% con il risultato che in Emilia Romagna il volume complessivo delle risorse idriche disponibili è ai livelli minimi dal 2010.

Siamo di fronte – precisa la Coldiretti – agli effetti dei cambiamenti climatici che si stanno manifestando con pesanti conseguenze sull’agricoltura italiana perché si moltiplicano gli sfasamenti stagionali e gli eventi estremi con precipitazioni brevi, ma intense e il repentino passaggio dal maltempo al sereno. Siccità e bombe d’acqua, ma anche gelate estreme e picchi di calore anomali – continua Coldiretti – si alternano lungo l’anno e lungo tutta la Penisola sconvolgendo i normali cicli stagionali. Una sfida anche per i consumatori costretti a fare i conti con le fluttuazioni anomale nei prezzi dei prodotti che mettono nel carrello della spesa dove afebbraio si sono registrati aumenti del 37,2% nei prezzi dei vegetali freschi per le gelate di gennaio mentre a marzo le quotazioni stanno rientrando con il bel tempo.

Non diversa la situazione ferrarese, le cui campagne sono secche da settimane, e con la stagione irrigua che di norma dovrebbe aprirsi il 21 aprile, che dovrebbe invece anticipare di un mese, con conseguente aumento di costi, sia per il sistema della bonifica, sia per leimprese agricole, per le quali il ricorso all’irrigazione anticipata significa mettere in moto macchine ed attrezzature specifiche. Inoltre la possibilità di immettere acqua nelle canalizzazioni dipende anche dallo stato di manutenzione dei canali stessi, che non è detto siano già oggi in grado di sostenere il flusso dell’acqua in tutta la rete, con possibili disparità tra diverse zone del territorio.

Elementi di preoccupazione che non vengono fugati dalle previsioni meteo, che non indicano a breve termine precipitazioni di rilievo in grado di ristorare le colture, sia quelle già in atto ed in pieno risveglio (cereali, frutteti), come quelle seminate da poco (bietole, mais) che hanno necessità di acqua per germinare e crescere, e che rendono quindi necessario un urgente intervento da parte del Consorzio del Bonifica.

Copparo – Polizia Locale, fermato autotrasportatore senza patente da 7 anni

Da ufficio stampa

Durante un normale controllo per la sicurezza sulle strade dell’Unione Terre e Fiumi, una pattuglia della Polizia Locale ha fermato a Tresigallo un camion condotto da un autotrasportatore sprovvisto di patente.
L’uomo ha mostrato un documento fatto in casa, che a suo dire era un “permesso per circolare” rilasciato in attesa della duplicazione della sua patente, da un’Agenzia di pratiche auto risultata poi inesistente.
Gli agenti hanno proceduto a un controllo presso la banca dati della Motorizzazione Civile: la patente era stata revocata nel 2010.
Il camionista per poter continuare a guidare avrebbe dovuto ridare l’esame di teoria e di guida, invece ha continuato a svolgere la professione di autotrasportatore, nonostante le sanzioni elevate da diversi organi di Polizia negli ultimi anni.
In questo caso i vigili urbani hanno formulato una denuncia penale, denunciando a piede libero il camionista per “reiterazione della guida senza patente” e sequestrando il veicolo.
All’autotrasportatore sono stati contestati altre svariate infrazioni per la violazione dei tempi di guida, di riposo e per la manomissione del tachigrafo. È stato accertato che nelle ultime 48 ore aveva percorso più di 2000 km, con una media di circa 13 ore di guida al giorno.

Coldiretti Ferrara: al via ciclo di incontri in tutto il territorio con le imprese agricole associate

Da Responsabile Stampa Coldiretti Ferrara

Prende il via lunedì 20 marzo da Coldigoro il ciclo di incontri organizzato da Coldiretti Ferrara per incontrare le aziende associate per confrontarsi sulle ultime normative tecniche, fiscali, sindacali di interesse per il settore agricolo.

Saranno trattati in particolare i temi della PAC 2017, del PSR, delle filiere, dei nuovi servizi assicurativi disponibili negli uffici della principale organizzazione agricola.

Sono previsti i seguenti incontri:

lunedì 20 marzo: Codigoro, ore 21.00, Centro Don Bosco;

mercoledì 22 marzo: Mesola, ore 21.00, Sala della Cultura, Via Mazzini, 6

lunedì 27 marzo: Copparo, ore 20.30 Sala Don Orione

mercoledì 29 marzo: Portomaggiore, ore 20.30 Aula Magna Istituto Falcone Borsellino

martedì 4 aprile: Ferrara, ore 21.00 SalaConferenze Coldiretti, Via Bologna, 637

giovedì 6 aprile: Bondeno, ore 21.00 Sala2000, Viale Matteotti, 10

lunedì 10 aprile: Argenta, ore 21.00, Ufficio Zona, Via Don Minzoni, 5.

Relatori degli incontri i responsabili dei servizi dell’organizzazione, i segretari di zona, la direzione provinciale ed i dirigenti locali di Coldiretti.

Venerdi 24 marzo conferenza a Sogni “LO ZUCCHERIFICIO SADA”

Da Biblioteca Comunale di Tresigallo

Venerdì 24 marzo ore 21.00, presso Urban Center Sogni, si terrà la conferenza:
LO ZUCCHERIFICIO SADA: quando l’aria sapeva di zucchero. Fotografie, testimonianze, approfondimenti sulla storia dello zucchero ferrarese.
Ne parlano Mauro Merlanti e Giuseppe Muroni, letture a cura di Filippo Scabbia. Per l’occasione è stata allestita una mostra fotografica sull’argomento. La mostra durerà fino al 31 marzo 2017. Ingresso gratuito.

Il Comitato per i Grandi Maestri di Ferrara al Museo della Musica di Budapest

Da organizzatori

Giovedì 23 marzo ore 16 nel Museo della Musica di Budapest della Accademia delle Scienze, il Comitato per i Grandi Maestri di Ferrara, ormai punto di riferimento internazionale nella storia dell’Arte violinistica, presenta una collezione di CD con le inedite registrazioni della grande violinista italiana Wanda Luzzato (1919-2002),allieva di Hubay,il famoso caposcuola ungherese del violino, che la riteneva la sua allieva con maggiore talento dopo il Vecsey.
Con i materiali donati dalla famiglia al prof. Gianluca La Villa e, suo tramite, al Museo della Musica, Fondazione Hubay, si è realizzata una mostra sulla vita artistica della nostra Artista, con preziosi inediti documenti e fotografie della sua vita concertistica.
Nell’occasione verranno presentati al pubblico due cofanetti dedicati alla Luzzato,uno edito dalla tedesca Meloclassics di due CD, e uno più cospicuo di Rhine Classics,un editore di Taiwan,con ben 8 cd contenenti Sonate e Concerti tutti dal vivo.
I nastri forniti dalla famiglia sono stati in un primo momento visionati e riversati con materiale tecnico sofisticato da Cesare Marchesini, titolare della Soundfan di Bologna, per poi essere rimasterizzati in un lungo e difficile lavoro da Emilio Pessina, che ha curato anche la grafica del progetto.
Ora la mostra e le testimonianze audio sono edite e consentiranno di apprezzare a tutto tondo la grandezza di questa dimenticata violinista italiana.

La Regione fa sistema coi quattro atenei (Bologna, Modena e Reggio Emilia, Parma e Ferrara) e le grandi marche dell’automotive: nasce “Motorvehicle University of Emilia-Romagna”, hub per la formazione d’eccellenza

Da ufficio stampa

Bonaccini: “Vogliamo attrarre i migliori studenti al mondo, noi cuore europeo della nuova manifattura”. Università e imprese: “Giornata storica”

Unico a livello internazionale e voluto dalla Regione, il progetto nasce dalla collaborazione tra le Università di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, e Parma e le aziende più prestigiose a livello mondiale: Automobili Lamborghini, Dallara, Ducati, Ferrari, Haas F1 Team, Magneti Marelli, Maserati e Toro Rosso. Due nuovi corsi di laurea magistrale in Advanced Automotive Engineering e Advanced Automotive Electronic Engineering prepareranno i giovani più motivati e di talento dall’Italia e da tutto il mondo. Un intero territorio fa squadra in nome della ricerca, dell’innovazione e dello sviluppo tecnologico, con un obiettivo: crescita e occupazione

Bologna, 20 marzo 2017 – I giovani talenti italiani e di tutto il mondo con la passione per l’innovazione delle due e quattro ruote sono chiamati dai principali brand internazionali dell’automotive a sviluppare il futuro del settore, attraverso due nuove lauree magistrali in un hub per la formazione d’eccellenza: Motorvehicle University of Emilia-Romagna (MUNER).

Il progetto, unico nel panorama italiano e straniero e presentato oggi a Bologna, è stato fortemente voluto dalla Regione Emilia-Romagna, territorio al vertice delle classifiche europee per innovazione e qualità della vita, che ha sviluppato un raccordo sinergico tra università, enti di ricerca e industria. Nell’associazione Motorvehicle University of Emilia-Romagna sono infatti coinvolti gli atenei sinonimo di alta formazione – Università di Bologna, Università di Ferrara, Università di Modena e Reggio Emilia, Università di Parma – e le case motoristiche che rappresentano l’eccellenza del Made in Italy nel mondo e che affondano le radici storiche nel territorio: Automobili Lamborghini, Dallara, Ducati, Ferrari, Haas, Magneti Marelli, Maserati e Toro Rosso.

“Quattro università, tra le più antiche al mondo, e otto case motoristiche leader a livello globale insieme per attrarre ragazzi motivati e di talento. Siamo di fronte a un progetto unico nel panorama nazionale e internazionale, che conferma l’Emilia-Romagna non solo quale cuore europeo della nuova manifattura che si sta ridisegnando a livello globale grazie all’incontro tra scienza, ricerca e produzione, ma anche quale piattaforma dell’alta formazione con un grande valore aggiunto”, afferma Stefano Bonaccini, Presidente della Regione Emilia-Romagna. “La terra dei motori e la sua straordinaria vocazione a coniugare design industriale, perfezione del prodotto artigianale e frontiera dell’innovazione tecnologica ha deciso di fare sistema. Lavorare insieme- prosegue- è la risposta alla complessità della globalizzazione e alle sfide che essa pone soprattutto ai territori, che possono svolgere un ruolo nel nuovo assetto se sanno diventare hub di quelle innovazioni, anche nella formazione del capitale umano, di cui si nutre l’integrazione delle economie. E il fare rete, la scelta che abbiamo fatto come Regione con il Patto per il Lavoro sottoscritto insieme a imprese, sindacati, atenei, associazioni con l’obiettivo primario di favorire lo sviluppo e creare occupazione, si sta rivelando vincente, con l’Emilia-Romagna regione che cresce di più in Italia, al livello delle aree più avanzate d’Europa. Dunque- conclude Bonaccini- un progetto importante per la regione ma anche per il Paese, che deve saper valorizzare le sue eccellenze e metterle in rete per ricucire le fratture e tornare a crescere e competere unito”.

Attraverso le università e le case motoristiche, l’hub Motorvehicle University of Emilia-Romagna punta ad attrarre nella regione i migliori studenti universitari di tutto il mondo con l’obiettivo di formare e inserire nel mondo del lavoro gli ingegneri di domani, i professionisti che progetteranno veicoli stradali e da competizione, i sistemi di propulsione sostenibili e i sottosistemi per le funzionalità intelligenti e gli impianti di produzione all’insegna dell’Industria 4.0.

“Questo di oggi- ha spiegato l’assessore regionale al coordinamento delle Politiche europee allo sviluppo, scuola, formazione professionale, università, ricerca e lavoro, Patrizio Bianchi, che ha ringraziato l’assessore alle Attività produttive, Palma Costi, anch’essa impegnata fin dall’inizio su ‘MUNER’- non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza, oggi è l’inizio di un percorso e di un modello da seguire in altri ambiti, dopo aver sperimentato qui la capacità di lavorare insieme. Questo progetto è unico perché vede collaborare insieme imprese uniche al mondo per lo straordinario valore aggiunto delle auto e delle moto che producono e perché è frutto del lavoro congiunto di quattro atenei tra i più antichi e prestigiosi al mondo. Dopo Automotive, anche food, farmaceutici, big data sono sistemi di impresa dove si potrà replicare”.

Concordi Università e imprese nell’esprimere “soddisfazione e orgoglio”. “Oggi è una giornata storica”, hanno sottolineato gli intervenuti, “nella quale si afferma il valore di un progetto che è dell’intero territorio – atenei, aziende e istituzioni, con la Regione – per attrarre qui i migliori studenti del mondo e dare al mondo il valore che l’Emilia-Romagna e il nostro Paese sono in grado di esprimere”.

Caratteristiche delle lauree magistrali
Motorvehicle University of Emilia-Romagna offrirà due lauree magistrali internazionali e inter-ateneo, con corsi completamente in inglese che prenderanno il via dal prossimo anno accademico 2017/2018: Advanced Automotive Engineering e Advanced Automotive Electronic Engineering

I docenti saranno selezionati grazie alla collaborazione del Comitato scientifico dell’Associazione tra professori universitari e professionisti esperti, italiani e stranieri, attraverso un bando internazionale finalizzato a garantire le migliori competenze tecniche e scientifiche e la massima qualità didattica.

Gli studenti saranno ammessi al corso di laurea in un numero massimo di 150 all’anno: 120 per Advanced Automotive Engineering e 30 per Advanced Automotive Electronic Engineering. Saranno selezionati a seguito di un’accurata valutazione dei loro meriti e di un colloquio tecnico e motivazionale. Sarà, inoltre, verificato il possesso di adeguate competenze linguistiche nella lingua inglese di livello B2.

Gli insegnamenti, interamente in lingua inglese, prevedono sia una parte teorica che di laboratorio tenuta negli atenei e nei laboratori aziendali dei partner industriali, in modo da sviluppare competenze professionali di alto livello, secondo una logica learning by doing.

I tirocini obbligatori si svolgeranno presso i partner industriali e le attività di tesi, organizzate in modalità project work, presso i laboratori di ricerca universitari e aziendali.

Advanced Automotive Engineering

Il percorso di studio è organizzato in un primo semestre comune tenuto presso l’Università di Modena e Reggio Emilia e successivamente articolato in cinque indirizzi professionalizzanti negli atenei di Bologna, Ferrara e Parma.

Il corso si pone l’obiettivo di fornire conoscenze e competenze relative alla progettazione di autoveicoli e motoveicoli ad alte prestazioni e da competizione. L’Ingegnere del Veicolo (Advanced Automotive Engineer) acquisirà competenze nella progettazione e nello sviluppo dei principali sottosistemi e componenti relativi a: motopropulsori termici, ibridi ed elettrici, soluzioni di immagazzinamento e conversione dell’energia; architettura fredda di autoveicoli e motoveicoli stradali, sia in ambito industriale che da competizione; sistemi di produzione caratterizzati da aspetti tipici del nuovo panorama di industria 4.0 (robotica industriale, progettazione e gestione della supply chain, big data, etc).

La formazione avviene in base a cinque indirizzi professionalizzanti assegnati in base alla posizione in graduatoria e agli interessi dichiarati: Advanced Powertrain (max. 25 posti presso la sede di Bologna e max. 25 posti presso la sede di Modena), Advanced Motorcycle Engineering (max. 25 posti presso la sede di Bologna), Advanced Sportscar Manufacturing (max. 25 posti presso la sede di Bologna), High Performance Car Design (max. 25 posti, sede di Modena), Racing Car Design (max. 25 posti presso la sede di Modena con secondo anno presso la sede di Parma).

Advanced Automotive Electronic Engineering

Il primo semestre del percorso di studi si tiene presso l’Università di Bologna ed è successivamente articolato presso gli atenei di Ferrara, Modena e Reggio e Parma.

Il corso di Laurea Magistrale Interateneo in Advanced Automotive Electronic Engineering si pone l’obiettivo di formare ingegneri elettronici con un profilo professionale finalizzato alla progettazione, sviluppo e produzione dei principali sotto-sistemi che compongono autoveicoli e motoveicoli stradali, con particolare riferimento al mercato di fascia premium e motorsport, e sviluppare e gestire i relativi processi tecnologici e produttivi, specializzando in particolare la competenza professionale nell’ambito dell’ingegneria dell’informazione per essere in grado di progettare ed ingegnerizzare i più avanzati sistemi elettronici, informatici e di connettività in ambito automotive.

L’ingegnere elettronico del veicolo si occupa, infatti, della progettazione e dello sviluppo dei sottosistemi che acquisiscono e gestiscono l’informazione garantendo al veicolo le funzionalità intelligenti che saranno sempre più caratterizzanti nel futuro del settore, raccordandosi con altre discipline in ambito Information e Communication Technologies (telecomunicazioni, informatica ed automazione).

Per iscrizioni e informazioni, visitare il sito: www.motorvehicleuniversity.com

I materiali sulla presentazione di oggi in Regione (info, foto e video), saranno disponibili a breve su http://www.ipresslive.it/event/w/69 e sul sito www.regione.emilia-romagna.it

Alan Fabbri (Ln): “Ferrara, le famiglie non riescono ad assumere una badante mentre i clandestini entrano in massa. Il Prefetto sblocchi una situazione assurda”

Da ufficio stampa Lega Nord Emilia Romagna

“Siamo di fronte a un paradosso per cui i clandestini continuano a entrare in massa, beneficiando di inaccettabili sostegni economici, pagati dalla collettività, e gli immigrati che arrivano qui per lavorare vengono bloccati. Un paradosso che produrrà effetti sempre peggiori”. Alan Fabbri, capogruppo della Lega Nord in Regione, commenta con sconcerto alcuni casi che stanno interessando il territorio emiliano e di cui ha avuto diretta segnalazione. “L’ultimo riguarda una famiglia dell’Alto Ferrarese, che sta provando da alcuni mesi ad assumere una badante di nazionalità straniera. Senza successo e con mille difficoltà: i numeri stabiliti dai cosidetti flussi d’ingresso impediscono la regolarizzazione”. Una chiara distorsione burocratica agli occhi di Fabbri, che sottolinea il peggioramento della situazione da quando è stata lanciata l’operazione Mare Nostrum. “I numeri, le evidenze, le opinioni della gente che incontro: tutto riflette il paradosso per cui l’Italia è un territorio sempre più permeabile all’immigrazione clandestina, mentre crea assurde barriere a chi chiede risorse straniere che potrebbero contribuire, in modo regolare, a livello produttivo o sociale”.
Il capogruppo Ln annuncia a riguardo un’interrogazione in Regione, non prima però di “chiedere al prefetto di sbloccare le situazioni che in territorio ferrarese stanno penalizzando diverse famiglie. Non è ammissibile, mentre sul nostro territorio continua a entrare chiunque”.

Un nome di battesimo per L’Iisap

Da organizzatori

Prende il via dal 18 marzo 2017 la consultazione on line per dare un nome all’Istituto Superiore di Argenta e Portomaggiore, istituto unico che nasce nell’anno scolastico 2012/13 come unione delle sedi di Argenta (liceo e IPSIA) e della sede di Portomaggiore (istituto tecnico).
Fin dalla sua nascita l’Istituto non ha avuto un nome vero e proprio che lo identificasse sul territorio, ma ora tutto il personale della scuola capeggiato dal Dirigente scolastico prof. Francesco Borciani, ha pensato di avviare una consultazione via web per coinvolgere la cittadinanza portuense e argentana nella scelta del nome da intitolare alla scuola.
Personale scolastico, genitori e studenti possono, quindi, contribuire a trovare un nome all’istituto partecipando alla consultazione cliccando sul link consultazione.iisap.it che trovate sulla nostra home page (www.iisap.it) e compilando il breve questionario, dando una motivazione della proposta in quanto può essere determinante per la scelta del nome.
Il form sarà attivo dal 18/03/2017 fino al 30/4/2017.
Vi ricordiamo che il nome deve essere di una persona non in vita e non deve essere uno dei “vecchi nomi” già utilizzati. E’ possibile proporre più nomi compilando il form più volte.
Grazie mille per il contributo sensato che ognuno vorrá dare.

Coldiretti: con cancellazione voucher meno opportunita’ di lavoro nei campi per i giovani. Serve nuovo strumento ad hoc

Da Responsabile Stampa Coldiretti Ferrara

50mila giovani rischiano di perdere l’opportunità di integrare il proprio reddito con le attività occasionali e stagionali in agricoltura. Per Coldiretti occorre uno strumento specifico per il settore che tenga conto delle particolarità del lavoro agricolo.

Con la cancellazione deivoucher perdono opportunità di lavoro nei campi per integrare il proprio reddito 50mila giovani studenti, pensionati e cassa integrati impiegati esclusivamente in attività stagionali che in agricoltura ne sono gli unici possibili beneficiari.

E’ quanto afferma la Coldiretti che, nel commentare la cancellazione totale dei buoni lavoro da parte del Consiglio dei Ministri, sottolinea il rischio di favorire il sommerso. In agricoltura sono stati venduti nell’ultimo anno circa 2 milioni di voucher, più o meno gli stessi di 5 anni fa, per un totale di 350mila giornate di lavoro che hanno aiutato ad avvicinare al mondo dell’agricoltura giovani studenti e a mantenere attivi molti anziani pensionati nelle campagne, senza gli abusi che si sono verificati in altri settori dove sono aumentati esponenzialmente.

I buoni lavoro sono stati introdotti inizialmente proprio in agricoltura per la vendemmia nel 2008 e da allora hanno consentito nel tempo di coniugare gli interessi dell’impresa agricola per il basso livello di burocrazia con quelli di pensionati, studenti e disoccupati.

Occorre pertanto individuare immediatamente uno strumento ad hoc che sostituisca i voucher e che tenga conto delle specifiche caratteristiche di stagionalità dell’agricoltura come avviene in tutti Paesi dell’Unione Europea. L’agricoltura nell’attività di preparazione dei terreni, di semine e trapianto di raccolta di ortaggi, frutta e uva, è condizionata dagli andamenti climatici sempre più imprevedibili ed ha bisogno di strumenti che tengano conto di queste caratteristiche.

Si perde uno strumento che – conclude la Coldiretti- ha consentito di rispondere alla domanda di lavoro di giovani studenti e pensionati in cerca di un reddito occasionale da percepire in forma corretta.

Oltre 500 presenze alla prima edizione del festival di fotografia a Ferrara, Riaperture

Da organizzatori

La sorpresa di una Ferrara riaperta, le storie delle mostre che hanno riaperto gli occhi su problemi, realtà, persone, la calorosa umanità dei fotografi ospiti, un’idea che ha elettrizzato la città ma anche tanti altri visitatori da fuori: si è conclusa così la prima edizione del festival di fotografia Riaperture.

Da venerdì 17 a domenica 19 marzo per tre giorni Ferrara è stata al centro della fotografia. Oltre 500 presenze per un festival che unisce il recupero di luoghi della città chiusi con l’indagine sui luoghi comuni della realtà che ci circonda. Tredici mostre in sette sedi diverse, con autori affermati in campo internazionale e giovani promesse italiane hanno creato una rassegna viva, che ha lasciato domande e non ha voluto dare risposte ai visitatori.

Nel corso del fine settimana la fotografia è entrata in luoghi sorprendenti, come l’Auditorium del Conservatorio Frescobaldi di Ferrara che ospitava il progetto ‘Disco Emilia’, o a Prosperi-Sacrati, che non tutti i ferraresi hanno mai visto aperto, con le opere di Giovanni Troilo su Charleroi, il cuore nero dell’Europa. La fotografia è stata raccontata in viva voce direttamente dai fotografi ospiti. Massimo Mastrorillo ha illustrato il suo progetto ‘Aliqual’, sul terremoto a L’Aquila nel 2009: «La fotografia deve restituire qualcosa ai luoghi che sceglie come protagonisti», un invito a scegliere sempre la storia più difficile, perché solo così «ci si sforza di trovare una soluzione».

Il festival di Riaperture è un tentativo di risposta all’abbandono di spazi chiusi della città, ridar loro vita, anche solo per tre giorni, con progetti, idee e persone: e anche l’architettura assume una personalità ed è possibile dialogare con le anime di una città, come la Brescia delle fotografia di Francesca Ióvene, presente al festival a Factory Grisù. L’ex caserma dei Vigili del Fuoco è stata la sede principale, con laboratori per bambini a cura di Studio Ara e Silvia Meneghini, le macchine fotografiche stenopeiche realizzate da PinoLina e la conferenza sul diritto d’autore realizzata da Massimo Stefanutti in collaborazione con DOC servizi, oltre alla selezione dei vincitori del concorso fotografico nazionale, premiati da Mustafa Sabbagh.

Il programma del festival prevedeva anche due workshop, sulla costruzione del progetto fotografico con Giovanni Cocco, e la scelta del portfolio fotografico con Sara Munari. Giovanni Cocco ha portato l’intimissimo reportage sulla vita di sua sorella disabile, ‘Monia’, nello scrigno intimo di Casa Romei, il cortile abitualmente non aperto. Sara Munari invece ha delimitato gli spazi vitali delle persone in Israele e Palestina con ‘P/P/P’ nell’ex sede del pub Clandestino.

Altra sede importante di Riaperture è stata l’ex Istituto Case Popolari, che ospitava il concorso fotografico per le scuole, realizzato in collaborazione con Emilbanca, e le opere di Barbara Baiocchi con ‘Sempre si vince’, racconto dei giostrai, Simone D’Angelo con ‘I Must Have Been Blind’, sulla valle del Sacco e la natura che si riappropria del degrado post-industriale, e gli scatti di vita col cellulare del portoghese Luis Leite, ‘Per strada’.

Le presentazioni con i fotografi hanno registrato una buona affluenza: il desiderio di scoprire i volti degli autori, le motivazioni alla base dei loro progetti e la possibilità di interagire direttamente con loro ha entusiasmato il pubblico. Una di queste, con Danilo Garcia Di Meo, sul sui progetto ‘What?’ dedicato a una ragazza romana sorda, ha visto la traduzione in lingua LIS dei volontari dell’Associazione per l’integrazione dei Sordi di Ferrara. In via Garibaldi 1 erano ospitate anche gli oggetti mascherati di Luana Rigolli, con ‘Perdita d’identità’.

Riaperture ha indagato in più direzioni e anche linguaggi, come venerdì 17 con il reading teatrale ‘Anatomia dei sentimenti’, con la fotografa Claudia Gori, scrittrice Giulia Maria Falzea e il musicista Giorgio Distante a Ferrara Off, e la proiezione di ‘Deserto Rosa / Luigi Ghirri’, film di Elisabetta Sgarbi, al Cinema Boldini (in collaborazione con ARCI Ferrara e FICE Emilia-Romagna). Domenica 19 marzo infine Gianpaolo Arena ha presentato il progetto dedicato alla tragedia del Vajont, ‘Calamita/à’, un’indagine territoriale a più voci su un delicato passaggio della storia del nostro paese: «I fotografi non devono lasciarsi ammaliare dall’estetica del disastro, sarebbe il modo sbagliato di raccontarlo».

Riaperture ha basato la sua prima edizione su storie non facili, su realtà non immediate e con esposizioni in luoghi non agevoli: un festival per chi non vuole lasciarsi stare, e prova con la fotografia, il racconto umano dei personaggi ritratti e degli autori, a parlare, di fotografia, a sezionare le storie, a porsi domande e soluzioni per quello che ci sembra immutabile: sovvertire luoghi comuni, riaprire spazi che sembrano chiusi per sempre.

Un festival reso possibile dal sostegno del Comune di Ferrara e da tutti gli altri partner, e dalla collaborazione di chi ha riaperto le porte: Consorzio Factory Grisù, Museo Casa Romei e il Gruppo Archeologico Ferrarese, Clandestino Pub, il Conservatorio ‘G. Frescobaldi’, ACER Ferrara.

Contatti

Fabio Zecchi 34892115311
email stampa@riaperture.com

Organizzazione, sponsor e partner del progetto

Riaperture Photofestival Ferrara è organizzato dall’associazione culturale Riaperture.
Ha il patrocinio e il sostegno del Comune di Ferrara.
Il festival si svolge in collaborazione con Consorzio Factory Grisù, che ha messo a disposizione alcuni dei suoi spazi per ospitare mostre ed eventi di Riaperture.
Il concorso fotografico è sponsorizzato da RCE Foto Rovigo ed Emilbanca.
Il progetto Disco Emilia è ospitato a Ferrara grazie alla collaborazione con Spazio Gerra e Fotografia Europea.

Riaperture Photofestival Ferrara si svolge con il contributo di:
Assicoop – UnipolSai
DOC Servizi
Clandestino Pub
Hotel Annunziata
Global Ambiente – Sebach
Color Club
Digital Neon
Fermac
Geometrica Botanica
Ristorante Scaccianuvole
Pizzeria Slurp
Friking Ferrara
Osteria I 2 Gobbi
Ricicletta

In collaborazione con:
Arci Ferrara e FICE Emilia-Romagna
Ferrara Off
ACIS Ferrara
Museo di Casa Romei – Polo Museale Emilia-Romagna
Gruppo Archeologico Ferrarese
ACER Ferrara
Conservatorio ‘G. Frescobaldi’
Ferrara Marathon

Media partner: FPmag
web www.riaperture.com
facebook facebook.com/riaperture

Copparo – Aperitivo con l’Autore

Da ufficio comunicazione Comune di Copparo

Torna, con 3 nuovi appuntamenti, l’Aperitivo con l’Autore, organizzato dalla Biblioteca Comunale di Copparo. Sabato 25 marzo, alle 17.30, presso l’Atrio Comunale di Copparo, primo incontro con la poesia di Edoardo Penoncini. Nato ad Ambrogio, ha insegnato Lettere nella scuola secondaria, coltivando per anni studi di storia e di didattica della storia. Ha al contempo sviluppato uno speciale talento per l’espressione poetica. Ha pubblicato 9 raccolte di poesie, l’ultima delle quali – “Al fil zrudlà”, vero omaggio al suo paese natale – in dialetto ferrarese. Letture di Cristina Rossi, conversazione con l’Autore a cura di Patrizia Lucchini.

Seguiranno: sabato 8 aprile, un incontro, accompagnato da letture e musica, con Patrizia Marzocchi, autrice di “Il diciassettesimo conte”; sabato 22 aprile, presso la Chiesa di San Venanzio, presentazione in musica del libro di Giorgio Minotti, “Per Emilia, casa Chopin e la vocazione per la bellezza”.

Al termine degli incontri, aperitivo per tutti. L’ingresso è libero.

“Finto contatto”, con il pugile Jorge Pompé il teatro diventa un ring

Da Ferrara Off

Giovedì 23 marzo a Ferrara Off la sfida impossibile tra il maestro e l’aspirante combattente

Una sfida per resistere e sopravvivere, o una lotta per vincere? Giovedì 23 marzo alle 21 il palco del teatro Ferrara Off si trasforma in un ring per ospitare lo spettacolo “Finto contatto”, ideato e diretto dal regista Giulio Costa, interpretato dal campione argentino Jorge Alberto Pompé, oggi allenatore di prepugilistica, e dall’attore Marco Sgarbi. In scena si assiste alla lotta tra un aspirante combattente e un ex pugile, una competizione impossibile tra professione e approssimazione, coscienza e incoscienza, esperienza di vita e smania di vivere, tra chi è maestro di nessuno e chi non riesce ad essere discepolo, tra ciò che è reale e ciò che è solo immaginato. Una domanda aleggia sopra le teste reclinate e i movimenti scattatanti dei due contendenti: alla fine cosa si vince? Il plauso del pubblico, il successo, una qualsiasi forma di riconoscimento?

Lo spettacolo – prodotto da Arkadiis in collaborazione con Ferrara Off, con il sostegno del Comune di Occhiobello – è l’evento conclusivo delle attività realizzate nell’ambito del progetto YoungERvolunteers, finanziato con il contributo dalla Regione Emilia-Romagna. In particolare la rappresentazione si lega all’esperienza della GEDI, Giornata Europea del Dialogo Interculturale, il cui tema per l’anno 2016 era “Costruire società pacifiche”. La declinazione ferrarese di questo progetto si è concentrata sul binomio intercultura e sport, coinvolgendo gli studenti del liceo scientifico Roiti in una giornata di confronto sull’importanza dello sport come strumento di inclusione, superamento dei pregiudizi, approccio all’interculturalità, palestra di vita.

“Questo spettacolo è perfetto per coinvolgere un pubblico più ampio, allargare la portata del progetto all’intera città, perché stimola una riflessione importante sul valore dello sport, inteso come fondamentale occasione di condivisione e di scambio” spiegano i promotori dell’iniziativa – le associazioni Amnesty, Cittadini del mondo, Cies, Cisv, Emergency, Ibo Italia e Libera, coordinate da Agire Sociale e Csv, centro servizi per il volontariato.

La serata, patrocinata dal Comune di Ferrara e dall’Ufficio scolastico regionale, è a offerta libera. Per informazioni e prenotazioni scrivere a info@ferraraoff.it oppure telefonare al numero 3336282360.

Comacchio va con il primo cantiere urbano collettivo

Da ufficio stampa

Un avvincente ciclo di laboratori di progettazione partecipata è ai nastri di partenza. Nell’ambito del progetto “COMACCHIO VA”, teso alla promozione della mobilità sostenibile e alla sicurezza stradale, stanno prendendo il via una serie di iniziative e di incontri per condividere con residenti, studenti e professionisti la realizzazione degli arredi urbani e le installazioni creative, da collocare lungo le nuove piste ciclo-pedonali del Villaggio Raibosola. Il primo incontro avrà luogo sabato 18 marzo dalle ore 15 alle ore 19.30 a “Spazio Marconi”, la grande Fab Lab, unica in provincia di Ferrara (Via Marconi, 4 a Comacchio) in cui saranno illustrate le iniziative in programma e saranno attivati i primi gruppi di lavoro. Il progetto vuole essere un vero e proprio cantiere urbano collettivo ed in quanto tale è rivolto a tutti i residenti, che hanno voglia di mettersi in gioco sul piano della creatività. Sono previsti in totale 6 appuntamenti, due di progettazione, tre di realizzazione pratica delle opere, sino al grande evento finale, durante il quale saranno collcati in strada i manufatti realizzati. L’invito a partecipare è particolarmente rivolto ad artisti, artigiani, appassionati del fai da te o semplici curiosi. Con o senza esperienza. L’obiettivo consiste naturalmente nel valorizzare le strade, rendendole più belle con nuovi arredi, diffondendo socialità e conoscenze, ma stringendo anche un rapporto più solido con il Villaggio Raibosola. I laboratori saranno coordinati da un gruppo di architetti e di facilitatori, che forniranno semplici indicazioni in merito ai materiali a disposizione, ma anche rispetto a quelli da recuperare (possibilmente di seconda mano), suggerendo spunti e regole per progettare insieme e condividere decisioni, scelte estetiche e competenze. Al termine dell’appuntamento inaugurale del 18 marzo è previsto un aperitivo. Per il secondo laboratorio, che si svolgerà l’8 aprile presso la Parrocchia San Giovanni Bosco, è invece in programma una passeggiata di quartiere. La partecipazione è libera e gratuita. Altre informazioni sono reperibili su http://www.comacchiova.it/percorso-partecipato pagina Facebook di COMACCHIOVA Per contatti: Gaia Lembo cell. 366.6632457 Email gaia@punto3.info

Tramonto della sinistra e rilancio dell’egemonia cattolica anche a Ferrara

“Non moriremo democristiani”, scrisse il Manifesto in uno storico titolo del 1983, all’indomani del successo del Pci alle elezioni Europee, quando quel risultato parve un segnale di recupero dell’indiscussa egemonia culturale di cui la sinistra godette nel corso del decennio precedente.
Moriremmo democristiani, invece pensai io – sconsolato – nella logica del male minore, dopo la presa del potere da parte delle truppe berlusconiane nel 1994.
Ora quella profezia (disattesa) e quel mio successivo amaro auspicio tornano beffardamente attuali. Pensiamo a cosa è accaduto dopo Tangentopoli: la Dc si è dissolta e disgregata in sette rivoli, diffondendosi e propagandosi come polline (o come gramigna, secondo i punti di vista…) e presidiando sostanzialmente tutto l’arco politico.
Dalle ceneri della Balena Bianca nacquero i Popolari di Marini, la Rete di Leoluca Orlando, il Ccd di Fernando Casini, il Cdu di Rocco Buttiglione, l’Udc di Clemente Mastella, i Cristiano-sociali di Ermanno Gorrieri e Pierre Carniti (tra le cui fila emerse Dario Franceschini), i Referendari di Mariotto Segni… Una parte non trascurabile di dirigenti intermedi rimpolpò le fila di Forza Italia (fra i nomi noti quelli di Gianni Letta e Roberto Formigoni), altri entrarono in Alleanza nazionale che raccolse il testimone del Msi (tra loro Gustavo Selva e Publio Fiori). Insomma, erano ovunque ma allora parevano residuali, ombre di un passato che se ne va da sé…
Invece, ciascuno dalla propria nicchia, ha ricominciato a tessere strategie e cucire alleanze, a recuperare spazio riciclandosi; riproponendosi quindi come emblema del cambiamento (in virtù dell’appartenenza alle nuove formazioni politiche) e al contempo mantenendo rapporti trasversali con i vecchi amici di partito, forse incidentalmente, forse assecondando – magari pure inconsapevolmente – un oscuro disegno. Un disegno che, se anche non fosse stato deliberatamente ordito come tale, trattandosi di terreno intriso dallo spirito cattolico, potremmo rubricare come provvidenziale…

La diaspora democristiana, seguita a Tangentopoli e riletta 25 anni dopo, acquisisce così un valore politico strategico. Il partito all’epoca deflagrò in molti spezzoni. “Crescete e moltiplicatevi” è scritto nei vangeli. Ed è sensato (oggi, col senno del poi) immaginare che la millenaria saggezza che ha consentito alla Chiesa di governare il mondo per duemila anni abbia ispirato quella che allora apparve come mera catastrofica conseguenza di una sconfitta e fu invece forse sapienziale strategia di rinascita.

I frammenti che si generarono dalle sequenziali spaccature occorse all’interno della Democrazia cristiana e dei suoi eredi hanno effettivamente dato frutto.
E, nel 2007, si è completato il capolavoro: l’esito della fusione fra Margherita (nata dall’alleanza fra Partito popolare, I Democratici di Romano Prodi e Rinnovamento italiano di Lamberto Dini, ultima filiazione della lunga serie di innesti e potature operate sul ceppo della vecchia Democrazia cristiana) e Democratici di sinistra (figli del Pds ed eredi del Pci) si è risolta infatti in pochi anni in una vera cannibalizzazione da parte della componente dell’ex Margherita nei confronti del suo più robusto alleato: all’epoca del matrimonio il rapporto a livello nazionale era decisamente sbilanciato: 430mila iscritti e circa il 10% la forza elettorale della Margherita; 615mila iscritti e il 17% di consenso i numeri dei Ds. Ben più marcato il divario a Ferrara, con la Margherita sempre al 10% ma i Ds al 30%.
Eppure l’esito è stato analogo ovunque, anche nei centri, come Ferrara, che in passato furono roccaforti del Pci: i principali esponenti e rappresentanti istituzionali provengono ormai in gran parte dalle fila o dalla tradizione politico-culturale di quella che fu la Democrazia cristiana in tutte le sue innumerevoli trasmutazioni seguite all’ammainabandiera. Guarda caso alla Dc era iscritto pure quel che oggi è il più autorevole e influente politico locale, quel Dario Franceschini, deputato ferrarese (come il padre), prima nominato segretario del Pd e ora ministro della Repubblica. Figlio di un esponente democristiano (consigliere comunale) ma nella rossa toscana anche l’ex premier Matteo Renzi, iscritto al Partito Popolare e poi alla Margherita (come pure dalla medesima tradizione politica proviene tutto il suo più stretto entourage, proiettato ai vertici delle istituzioni). Della Margherita è stato dirigente l’attuale presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Democristiano era il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella…

E’ talmente tutto così coerente che parrebbe davvero studiato a tavolino. Prendiamo il caso di Ferrara, dopo sessant’anni di governo locale sempre gestito da esponenti del Pci e dei partiti che ne sono stati diretta filiazione, nel 2009, appena un anno e mezzo dopo la nascita del Pd (che significativamente ha preso sede nell’ex casa della Dc, in via Frizzi), per la carica di sindaco il partito designa Tiziano Tagliani, il quale nelle liste della Democrazia cristiana era stato eletto consigliere comunale nel 1990. E a cascata segue una nutrita serie di nomine di ex democristiani o di esponenti dell’area cattolica e moderata all’interno della Giunta e ai vertici delle principali istituzioni, società pubbliche, associazioni e organizzazioni cittadine. Gli esponenti di area cattolica assumono uno spazio e un ruolo mai avuto nel passato.
Nel frattempo, a livello nazionale, si è dissolto gradualmente l’apparato pubblico che provvede alla sfera dei servizi sociali e si è consolidata la funzione sussidiaria degli enti e delle organizzazioni private, che hanno via via assunto un ruolo sempre più importante nel garantire l’erogazione di prestazioni essenziali per i cittadini. E l’associazionismo di ispirazione cattolica, che da sempre ha avuto ruolo preminente in questo settore, acquisisce conseguentemente un’importanza crescente.

E poi, guardando anche al micro e a casa nostra, la fine dell’esperienza amministrativa delle circoscrizioni crea un vuoto nel presidio dei quartieri. E chi subentra? Le contrade, da sempre legate al campanile, quindi alla parrocchia, alla Chiesa. Così, dall’alto come dal basso, l’influenza della consorteria cattolica cinge a tenaglia la comunità.
D’altronde, ricondurre all’ovile delle parrocchie le pecorelle smarrite nei pericolosi anfratti delle Case del popolo, era un’antica ambizione dell’establishment cattolico. Con questo simbolico obiettivo stampato in testa, negli anni passati si è provveduto, in città, al rilancio del Palio. Scopo riconquistare quell’egemonia culturale che fu appannaggio della sinistra negli anni 70, surrogandola ora con un’egemonia folklorica, quale è, a tutti gli effetti, il Palio: tradizione, storia e dunque, in fondo, conservazione…

Non dimentichiamo che per oltre un ventennio, fra gli anni Sessanta e l’inizio degli anni Ottanta, la sinistra aveva catalizzato, attorno alle proprie istanze di lotta, l’impegno e la passione dei giovani. E la Chiesa, che in fatto di gestione del potere non è seconda a nessuno, solida nella sua bimillenaria esperienza, ha compreso che la forza catalizzante dell’oratorio si era andata estinguendo. E ha pian piano focalizzato la strategia e realizzato il piano di rinascita, sfruttando suggestioni ed esche fuori dai condizionamenti ideologici, riconducendo a sé la regia dell’operazione di formazione e acculturamento, a partire dalle giovani generazioni.

Da questo punto di vista, mirabile si può certamente considerare la capacità di affrancamento dalle ombre della retorica fascista che gravavano sul Palio; e poi la successiva riproposizione, in un contesto cittadino ben disposto, di una manifestazione il cui spirito si sublima nelle giornate di esibizione ma si coltiva pazientemente ogni giorno dell’anno – tutti i giorni di tutti i mesi di tutti gli anni – attorno ai luoghi che sono propri del potere cattolico, le rivificate parrocchie, i vecchi oratori che, grazie a questa e ad altre geniali intuizioni, hanno riacquisito quella centralità e attrattiva che stavano perdendo del tutto. Persino qualche festa dell’Unità è stata fagocitata in questa logica e si è allestita in spazi parrocchiali o di associazioni contigue. Un fatto simbolicamente molto significativo.

A Ferrara anche questo è stato (è) un tassello importante nel progetto di recupero dell’egemonia culturale e dunque del controllo sociale da parte della Chiesa e dei movimenti civili e politici che ne sono espressione. Altrove sono state usate strategie differenti, altre attrattive. E si badi, se può apparir banale o riduttivo ciò che scrivo, si consideri che pure i grandi palazzi si reggono su piccole pietre, apparentemente poco significative ma essenziali e, letteralmente, fondamentali.

In questo scenario, plausibile futuro approdo nazionale appare un’intesa post elettorale Renzi-Berlusconi in funzione illusoriamente anti-populista: in realtà, il trionfo di un populismo moderato a detrimento di una deriva estrema.

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Lunedì 27 marzo alle 17 nella sala Agnelli della biblioteca comunale Ariostea, attorno al tavolo delle idee imbandito dal quotidiano online Ferraraitalia, per il tradizionale ciclo “Chiavi di lettura – opinioni a confronto sull’attualità”, sul tema “Moriremo moderati? Il ritorno della Balena Bianca” si confronteranno Enzo Barboni, presidente Unpli Pro loco Ferrara ed ex segretario provinciale della Democrazia cristiana, Marco Contini, giornalista di Repubblica, Luigi Marattin consigliere economico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Alessandro Somma, collaboratore di Micromega e docente di diritto comparato all’Università di Ferrara. Il dibattito sarà moderato (ma non troppo!) dal direttore di FerraraItalia, Sergio Gessi.

Coldiretti Ferrara: sicurezza alimentare, dalle buone prassi alle nuove norme sull’etichettatura per le produzioni agricole  

Da Responsabile Stampa Coldiretti Ferrara

Affollata sala Coldiretti provinciale per l’incontro di giovedì 16 marzo tra le imprese agricole della filiera corta e gli esperti di Coldiretti. Sicurezza come fattore della qualità e della redditività delle aziende agricole.

Con gli interventi di Dennis Calanca, responsabile di Coldiretti Emilia-Romagna per la sicurezza alimentare e le filiere, e di Marco Baldon, responsabile del servizio provinciale di Coldiretti Ferrara per la sicurezza, le aziende agricole associate a Coldiretti provinciale ed attive nelle attività della vendita diretta, della trasformazione degli alimenti e nella ristorazione agrituristica, hanno potuto fare il punto della situazione sul versante della sicurezza e salubrità degli alimenti in applicazione oltre che delle numerose norme europee ed nazionali, anche delle cosiddette buone prassi.

Dopo l’introduzione da parte di Riccardo Casotti, vice direttore di Coldiretti Ferrara e responsabile provinciale di Fondazione Campagna Amica, che ha sottolineato la complessità normativa del settore e quindi la volontà dell’organizzazione agricola di offrire occasioni di aggiornamento e crescita ai propri associati, soprattutto nel momento in cui hanno introdotto nella propria attività aziendale la multifunzionalità ed il rapporto diretto con i consumatori, la ricca relazione del responsabile regionale ha ripercorso le motivazioni e le ragioni delle norme in materia, con esempi e situazioni molto concrete e vicine alla realtà delle aziende agricole. E se la complessità delle norme è tale che per costruire una corretta etichetta occorrono circa 150 leggi, difatto occorre anche la capacità e professionalità di applicare il tutto conbuonsenso e concretezza, in relazione alle effettive necessità e particolarità di ogni impresa.

Dal manuale di autocontrollo alla nuova etichetta nutrizionale, passando per leindicazioni obbligatorie, alla dimensione dei caratteri, alle informazioni ingannevoli o fuorvianti che talune industrie utilizzano per posizionare i propri prodotti, alle accortezze nella manipolazione ed elaborazione degli alimenti, il ricco excursus ha interessato la più ampia gamma possibile di problematiche tese a rendere il prodotto agricolo di filiera corta correttamente riconoscibile, leale nella comunicazione, buono, salubre e sicuro per il consumatore e quindi veicolo di reddito e valorizzazione anche economica della propria attività.

In chiusura è stato illustrato il nuovo servizio specifico per la sicurezza alimentare, al quale ogni azienda associata potrà fare riferimento, e sul quale si è addentrato Marco Baldon, che a livello provinciale coordinerà un gruppo di lavoro istituito per dare le risposte migliori alle imprese, in sinergia con il servizio regionale e gli strumenti che Coldiretti può mettere a disposizione degli interessati.

Coldiretti: oltre allo stabilimento, serve l’origine dei prodotti in etichetta

Da Responsabile Stampa Coldiretti Ferrara

Insieme allo stabilimento di lavorazione va al più presto indicato obbligatoriamente in etichetta anche la provenienza di tutti gli alimenti che è di gran lunga considerato l’elemento determinate per le scelte dei consumatori. È quanto afferma la Coldiretti nel commentare l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri dello schema di decreto attuativo che reintroduce l`obbligo di indicare lo stabilimento di produzione o confezionamento in etichetta. L’etichetta – sottolinea la Coldiretti – è considerata un elemento rilevante di trasparenza da parte dei consumatori italiani che nel 96% dei casi dichiarano che è molto importante che vi sia scritta in modo chiaro e leggibile l’origine dell’alimento e per l’84% è fondamentale ci sia anche il luogo in cui è avvenuto il processo di trasformazione, secondo la consultazione on line del Ministero delle Politiche Agricole. Una battaglia per la trasparenza condotta dalla Coldiretti che haportato molti risultati ma – continua la Coldiretti – oltre 1/3 della spesadegli italiani è ancora anonima con l’etichetta che non indica la provenienza degli alimenti, dai salumi al riso, dal concentrato di pomodoro ai sughi pronti, dai succhi di frutta fino alla carne di coniglio. Due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero senza indicazione in etichetta. Da qui la necessità – conclude Coldiretti – di accelerare sul percorso intrapreso a partire dall’ entrata in vigore dell’etichettatura di origine obbligatoria per il grano usato per produrre la pasta dopo che lo schema di decreto condiviso dai Ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, è statoinviato alla Commissione Europea a Bruxelles.

La febbre dell’oro nel film di Bill Morrison Dawson City, un affascinante viaggio tra i ghiacci al Cinema Boldini

Da ufficio stampa

È la Gold Rush di fine ‘800 la protagonista delle immagini in bianco e nero nell’ultimo film di Bill Morrison, Dawson City – Il tempo tra i ghiacci, che verrà proiettato al Cinema Boldini mercoledì 22 marzo alle 21. Grazie alla collaborazione con la Cineteca di Bologna, l’avventura tra i ghiacci viene presentata anche a Ferrara, in versione originale sottotitolata in italiano.

Un viaggio alle origini del capitalismo americano, che ai tempi di Dawson City poneva le radici per la fortuna di alcuni tra i più grandi imperi economici statunitensi, non ultimo quello dell’attuale presidente Trump. Quella di Frozen time (Il tempo tra i ghiacci) è un’occasione di cinema ritrovato, nel verso senso letterale del termine, poichè è stato lo stesso regista Bill Morrison a scoprire più di 500 pellicole degli anni ‘10 e ‘20: un eccezionale patrimonio del cinema muto, fino a quel momento considerato perduto. Il ritrovamento, avvenuto al confine tra Canada e Alaska, è stato, oltre che una scoperta fortunata, un salvataggio di film che raccontano un secolo di storia americana e una testimonianza straordinaria per la storia del cinema. Dopo essere stati proiettati, i film venivano abbandonati alla deriva: è grazie al loro posizionamento in una “piscina” di ghiaccio, infatti, che è stata possibile la loro conservazione, e di conseguenza il recente recupero. Accompagnate dalle musiche di Alex Somers, compositore della colonna sonora di Captain Fantastic, nonchè collaboratore permanente della band islandese Sigur Rós, le storie di Dawson City rivelano uno spaccato di una singolare cittadina dello Yukon: un mondo dove uno dei pochi svaghi era proprio il cinema, al quale i film arrivavano con anni di ritardo, ed era l’unica alternativa ai passatempi alcolici e ai bordelli.
Dopo le presentazioni di successo dello scorso anno alla Mostra del Cinema di Venezia e al New York Film Festival, Dawson City racconta tramite film, frammenti di film, inserti televisivi e fotografie la nascita del sogno americano in una modlaità inedita: è un film interamente muto, che lascia alle concise didascalie il compito di arricchire e spiegare le immagini.

Il costo del biglietto d’ingresso è di 5 €.Per ulteriori informazioni o per la programmazione completa consultare il sito www.cinemaboldini.it oppure contattare Arci Ferrara al numero 0532 241419 o all’indirizzo mail ferrara@arci.it.

Confagricotura Ferrara: confermata la non cancerogenicita’ del glifosate

Da Confagricoltura

Secondo l’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) il glifosate non può essere classificato come cancerogeno. Queste le conclusioni cui è addivenuta l’Agenzia Europea secondo la quale, sulla base degli studi su animali ed esseri umani condotti finora da organizzazioni e istituti sia pubblici che privati, non ci sono prove scientifiche per classificare il glifosate come cancerogeno, confermando gli indirizzi già espressi dall’EFSA (l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare). “Il quadro delineato evidenzia pertanto che la molecola del glifosate è soggetta a un rigoroso processo di valutazione da parte delle autorità europee – sottolinea Confagricoltura Ferrara – che tiene conto dell’effettivo rischio a cui possono essere esposti gli operatori, i consumatori e l’ambiente, prevedendo anche in fase di utilizzo ulteriori precauzioni e restrizioni, così come è avvenuto negli ultimi mesi con i decreti del ministero della Salute”. Il parere dell’ECHA sarà ora trasferito alla Commissione Europea, che potrà quindi riavviare il confronto con gli Stati membri al fine di concludere l’esame per il rinnovo dell’uso della sostanza entro la fine dell’anno. “Se non dovesse essere confermata l’autorizzazione al glifosate, le aziende agricole verrebbero private di uno strumento indispensabile per il loro lavoro – afferma Confagricoltura Ferrara – non esistendo al momento alcuna alternativa al suo utilizzo, rendendoli meno competitive rispetto alle aziende di Paesi extra UE, dove la sostanza resterebbe comunque ammessa. Senza contare che il divieto al suo utilizzo renderebbe necessario utilizzare prodotti chimici alternativi che presupporrebbero diversi passaggi sul campo determinando gravi problemi di residualità. Oggi il glifosate viene utilizzato in particolare da chi pratica l’agricoltura conservativa, che si caratterizza per la minima lavorazione del terreno e la semina su sodo, che consentono di alterare il minimo possibile la struttura del suolo e di preservare la sostanza organica, fertilità e biodiversità del terreno. Senza questo importante erbicida queste pratiche non potrebbero essere più svolte, con conseguente perdita dei vantaggi agronomici ed ambientali”.