da: ufficio stampa giunta regionale Emilia Romagna
L’assessore Donini, all’incontro con sindaci e pendolari, presenta l’accordo della Regione con Rete Ferroviaria Italiana (RFI), Trenitalia e Tper. E illustra i dati sul tasso di puntualità dei treni: 95,1% nel 2015 (+2,2% rispetto al 2014)
Due nuovi treni Stadler, che entreranno in servizio a fine marzo 2016. Interventi lungo la ferrovia e sugli impianti di linea, più una serie di miglioramenti (tra arredi, illuminazioni, bagni e ascensori) in alcune stazioni. Il tutto, per un investimento complessivo nei prossimi tre anni di oltre 20 milioni di euro, il 60% dei quali nel 2016. E’ quanto prevede, in sintesi, l’accordo tra la Regione Emilia-Romagna, Rete Ferroviaria Italiana (RFI), Trenitalia e Tper per migliorare l’offerta e la regolarità del servizio sulla linea Bologna-Porretta; accordo presentato ieri in viale Aldo Moro dall’assessore regionale alle Infrastrutture e Trasporti Raffaele Donini durante l’incontrocon i sindaci dei Comuni che si trovano lungo la linea e il Comitato pendolari Porrettana.
“Attualmente questa linea ha già un tasso di puntualità del 95,1%, come rilevato dai nostri monitoraggi – ha sottolineato Donini – : nel 2015, rispetto al 2014, abbiamo registrato un miglioramento del 2,2%, e ci sono state 93 cancellazioni in meno. Non mancano però criticità e disagi quotidiani che intendiamo affrontare e risolvere. Con questi interventi in programma – prosegue l’assessore – vogliamo migliorare infatti la situazione su una delle linee con maggiore domanda di mobilità, e con un traffico pendolare tra i più elevati del bacino. Parliamo di oltre 20 milioni di euro, il 60% dei quali già nel prossimo anno, tra materiale rotabile nuovo, interventi sulla linea e nelle stazioni”. L’accordo
Per quanto riguarda il materiale rotabile, l’accordo prevede l’entrata in servizio a fine marzo 2016 di due nuovi ETR 350 a 5 casse (costo, 13 milioni di euro), che sostituiranno i treni più vecchi; è già stato attivato il preriscaldamento dei mezzi in sosta a Porretta durante la notte, prima dell’avvio del servizio, mentre entro questo mese ci sarà un intervento straordinario per il ripristino dei guasti delle centraline di riscaldamento (per le elettromotrici Ale). Entro la metà di gennaio, verranno installate sonde migliorate per il controllo della temperatura.
Gli interventi sull’infrastruttura e gli impianti di linea (investimento complessivo di 5 milioni circa, a carico di RFI) prevedono la riattivazione a Vergato, a giugno 2017, del futuro binario 2 di incrocio, che concorrerà alla regolarizzazione del servizio. Nel 2018, ci sarà l’inserimento della “sezione di blocco” intermedio, funzionale all’aumento della capacità della linea, nella tratta Casalecchio Garibaldi-Bologna centrale; e l’inserimento (già nel 2016) di nuovi apparati “Multistazione” su tutta la linea, così da accrescere l’affidabilità degli impianti.
Altri 4 milioni circa verranno investiti nel 2017 e 2018, all’interno del “Progetto 500 stazioni”, per interventi nelle stazioni/fermate di Vergato, Casalecchio di Reno, Porretta, Sasso Marconi, Bologna Borgo Panigale, Marzabotto. La Porrettana: i dati sulla puntualità dei treni
Un tasso di puntualità, quello relativo al 2015, del 95,1%, aumentato del 2,2% rispetto all’anno precedente (92,9%). Sono i dati principali relativi alla linea Porrettana illustrati dall’assessore Donini durante l’incontro in Regione con i sindaci e il Comitato pendolari. In calo le soppressioni: 413 nel 2015, rispetto alle 506 del 2014. “All’interno di un quadro confortante permangono comunque alcune criticità, relative soprattutto a quattro treni, della mattina presto e della sera – ha spiegato Donini – . Di questi, due comunque sono migliorati (quello delle 6.40 Porretta-Bologna e quello delle 20.04 Bologna-Porretta), pur restando ancora al di sotto della media. Gli interventi che ci apprestiamo a realizzare – ribadisce l’assessore – puntano proprio a cambiare in meglio la situazione, in un’ottica di rafforzamento del trasporto pubblico su ferro in cui questa Regione crede fermamente”.
Comacchio sente già il Risveglio della Forza, il settimo episodio della saga cinematografica di Guerre Stellari (in uscita il prossimo 16 dicembre): infatti aprirà i battenti sabato 12 ufficialmente la mostra “Star Wars…a mattoncini” negli spazi di Palazzo Bellini (in via Agatopisto) alle ore 15.30 alla presenza del sindaco Marco Fabbri, del presidente di Ascom Comacchio Gianfranco Vitali e del direttore generale di Ascom Davide Urban.
In realtà già da venerdì 11 saranno visibili i modelli, i guerrieri e le astronavi spaziali ispirate alle Guerre Stellari e costruite con i mitici mattoncini della Lego nei seguenti orari venerdì 11 e sabato 12 (dalle 15,30 alle 19,00) mentre domenica 13 l’esposizione sarà aperta dalle ore 10 alle 18. Inoltre il sabato pomeriggio (alle 18,30) ci sarà la proiezione gratuita del film ‘The Lego Movie’.
L’iniziativa è inserita nelle manifestazioni di Natal’è Comacchio promosse ed organizzate da Ascom Confcommercio con il supporto del Comune di Comacchio e con sponsor la Cassa di Risparmio di Cento, Giocheria e Ferimpex: ricordiamo ancora ad esempio domenica 13 le escursioni in barca lungo i canali di Comacchio dei barcaioli di Marasue, gli splendidi presepi sotto sei ponti del Centro Storico, ed ancora i Mercatini (in piazza XX Settembre dalle ore 10), la Casa di Babbo Natale (a palazzo Patrignani, in via Buonafede 12) dove per i più piccini sarà possibile scrivere e poi imbucare le letterine di Natale. I canti ed i cori natalizi saranno invece alla Loggia del Grano (ore 16,00) a cura della corale dei “Trepponti di Comacchio”, mentre in via XX Settembre approderanno i Racconti sotto l’Albero (sempre alle ore 16,00) a cura di “Briciole di Teatro”.
Ma Natal’è Comacchio non dimentica nemmeno l’enogastronomia di qualità: infatti all’antica Pescheria sabato 12 (a partire dalle ore 15,00) ci sarà la presentazione dei Vini delle Sabbie ed in particolare de “L’Ursiola”, un raro vitigno rosato, recuperato sapientemente da produttori locali.
Balamòs Teatro – progetto teatrale “Passi Sospesi”. Rassegna Nazionale di Teatro in Carcere “Destini Incrociati” presso la Chiesa della Santissima Annunziata a Pesaro. Domenica 13 Dicembre 2015, ore 17.00, “Cantica delle donne istantanee per una storia quasi universale”
Domenica 13 Dicembre 2015, presso la chiesa della Santissima Annunziata di Pesaro, alle ore 17.00, nell’ambito della rassegna nazionale di teatro in carcere “Destini Incrociati” (Pesaro, 11 – 13 Dicembre 2015), promosso dal Coordinamento Nazionale di Teatro in Carcere in collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e l’Istituto Superiore di Studi Penitenziari, sarà replicato lo spettacolo teatrale “Cantica delle donne” diretto da Michalis Traitsis, regista e pedagogo teatrale di Balamòs Teatro e responsabile del progetto teatrale “Passi Sospesi” negli Istituti Penitenziari di Venezia, con le donne detenute della Casa di Reclusione Femminile di Giudecca, Nawal Boulahnane, Ileana Padeanu, Sara Zorzetto, voce fuori campo di “Venere” Ifeoma Ozoeze, partecipazione di Luminita Gheorghisor, collaborazione dell’attrice e musicista Lara Patrizio, contributo artistico di Patrizia Ninu, video e coordinamento tecnico di Marco Valentini, foto di Andrea Casari.
Dalla nota di regia: “Il lavoro si è incentrato sulla valorizzazione della ricchezza e della complessità della figura femminile attraverso testi, immagini, musiche, canzoni, danze, al femminile. Le voci delle donne detenute provano a imprimere ai testi un proprio, particolare, moto e respiro. Ci siamo interrogati se una giornata internazionale (giornata internazionale della donna, giornata mondiale contro la violenza sulle donne) abbia un senso per il rischio di mettere a posto coscienze o di solidarizzare solo per un giorno, per la convinzione che ogni giorno dovrebbe essere quello giusto per essere dalla parte dei diritti e contro ogni discriminazione. Noi non abbiamo risposte, se non il bisogno di valorizzare la ricchezza e la complessità della figura femminile attraverso testi, immagini, musiche, canzoni, danze, al femminile e a ritrovare un senso, ogni giorno. Anche con il nostro provare a pensarci e sperimentarsi realmente insieme, attraverso il teatro. Perché forse la più grande forza del teatro è quella di trasformare il dolore in poesia. E di restituirci e restituire bellezza”.
info: www.teatrocarcere.it – www.balamosteatro.org
la recensione dello spettacolo di Teresa Megale: http://drammaturgia.fupress.net/recensioni/recensione1.php?id=6358
Sedici comuni del ferrarese serviti su una superficie di 1.502 chilometri quadrati, 85.000 clienti domestici, 256 dipendenti e 38 milioni di euro di fatturato: sono alcune delle cifre che bisogna conoscere per parlare di Area Spa – Azienda Recupero Energia Ambiente di Copparo. L’azienda si occupa principalmente di servizi di igiene ambientale ed è una società a totale capitale pubblico, che gestisce la propria attività in 15 dei 24 comuni della Provincia di Ferrara, coprendo in particolare il territorio del medio-basso ferrarese. Ne fanno parte infatti Ro, Berra, Copparo, Jolanda di Savoia, Formignana, Tresigallo, Masi Torello, Voghiera, Portomaggiore, Ostellato, Fiscaglia, Mesola, Goro, Codigoro, Lagosanto, ai quali si aggiunge il Comune di Comacchio, che già si affida ad Area per la gestione dei servizi ambientali ma la cui adesione è attualmente in corso.
Per comprendere che cos’è e come funziona Area Spa, abbiamo intervistato Gian Paolo Barbieri, presidente della società, che ci ha raccontato degli obiettivi raggiunti, dei progetti da realizzare e delle ambiziose prospettive aziendali, partendo da una data: martedì primo dicembre.
Cosa è successo il primo dicembre?
In quella data si è chiuso un ciclo importante: è partita la procedura della raccolta con il sistema così detto del “porta a porta spinto” a Goro e Codigoro, gli ultimi due comuni di nostra gestione che ancora mancavano all’appello. In cinque anni siamo riusciti infatti a convertire il conferimento di 15 comuni verso questa tecnologia che ci permette di poter fare una raccolta differenziata di buona qualità, portando quindi sempre meno materiale indifferenziato all’inceneritore e riuscendo a consegnare alle aziende che recuperano e riciclano un’ottima materia da lavorare, con un grosso risparmio ambientale e con maggiori ricavi per la vendita della stessa.
Ma come funziona la raccolta “porta a porta”?
In partenza bisogna preparare i cittadini a questo cambiamento: per ogni comune coinvolto sono stati organizzati incontri e assemblee pubbliche, durante le quali i nostri tecnici spiegavano agli intervenuti i vantaggi di questo tipo di prassi e delle differenze rispetto al conferimento al raccoglitore sotto casa. In un secondo momento le famiglie sono state coinvolte in incontri a domicilio, impegnativi sia a livello economico che organizzativo, poiché i nostri addetti hanno visitato le abitazioni per consegnare i sacchetti e spiegare dettagliatamente cosa e come fare. A questo punto diventa fondamentale il coinvolgimento e l’impegno dei cittadini, che separano e lasciano i sacchetti fuori la porta per il ritiro nei giorni stabiliti. Migliore e più attenta è la raccolta che si riesce a compiere, maggiori saranno i vantaggi per le famiglie, per l’ambiente e per l’azienda.
Lei parla di ambiente ma anche conferendo al cassonetto si differenzia…
E’ sicuramente importante quanto differenziamo ma ancora più importante è quanto di quello che differenziamo può essere recuperato e una differenziata “di qualità” è possibile solo con il porta a porta. E’ un concetto difficile da spiegare e si allaccia alla legge sull’economia circolare recepita in Regione alla fine dello scorso settembre. Io cittadino posso differenziare fra umido, plastica, carta, alluminio e vetro ma di quello che io separo e porto al cassonetto o nelle campane, solo una parte verrà effettivamente recuperata. Con il porta a porta di Area noi chiediamo ai cittadini di differenziare “di più”, in modo che la qualità del nostro pattume sia migliore, miriamo al 75% di riciclabilità.
Questi materiali vengono quindi recuperati e riutilizzati nelle aziende che li rilavorano: la materia “circola”, nel senso che una materia come la plastica dei contenitori di detersivo non dovrà essere prodotta dal petrolio ma potrà essere rilavorata da scarti, portando commesse alle aziende che se ne occuperanno. Anche l’economia quindi circola, poiché non si spreca ma si fanno girare gli ingranaggi dell’indotto. Insomma, una buona raccolta differenziata… fa la differenza e fa anche business. A proposito di business, Area Spa sarà protagonista nelle prossime settimane di un altro cambiamento importante.
Da quando sono stato nominato presidente della società, un anno fa, la mia principale mission è stata quella portare alla fusione di Area con Cmv Servizi Srl, una multiutility con sede a Cento che gestisce diversi servizi pubblici nei sei comuni dell’alto ferrarese. Anche questo processo è in corso e – attraverso una delicata operazione di scissioni e fusioni – entro il prossimo autunno porterà alla nascita di due nuove società. La prima, che chiamiamo “Newco Raccolta” perché il nome definitivo sarà presentato più avanti, si occuperà della gestione ‘inhouse’ dei servizi di igiene ambientale mentre la seconda “Newco Energia e Impianti” si occuperà della gestione commerciale di energia e impianti. Queste nuove società saranno costituite dai Comuni della provincia di Ferrara che detengono le quote di Area e Cmv e per la NewCo Raccolta, anche dal Comune di Comacchio che è in fase di aggregazione. Cosa porta questo cambiamento al territorio?
Dal punto di vista delle attività economiche della provincia andremo a semplificarne il quadro in materia di gestione dei rifiuti con una unica società di riferimento. La Cmv, infatti, utilizza la nostra stessa tipologia di raccolta ed è sulla nostra lunghezza d’onda anche per quanto riguarda il management. La Newco sarà quindi inhouse, a totale controllo pubblico, con uno statuto che prevede il “controllo analogo”, ossia la necessità che alcune decisioni siano prese in accordo fra tutte le parti in causa, dai comuni grandi come quelli piccoli. La nostra sarà una realtà aziendale medio-piccola che con la fusione avrà un fatturato totale di 50 milioni di euro e 400 dipendenti, diventerà sì più complessa e strutturata ma manterrà il suo rapporto con il territorio, vicino alle esigenze dei cittadini. La nostra più grande ambizione è di essere fra le aziende leader nazionali nella raccolta differenziata sia per la modalità della raccolta, della tecnologia, che per il modello di società.
Con la nascita della NeWco Raccolta le attività includeranno i comuni di Cento, Bondeno, Vigarano Mainarda, Mirabello, Poggio Renatico e Sant’Agostino, all’appello mancherebbero quindi Ferrara e Argenta.
Da settembre 2016, conclusa la gestazione della NewCo, i Comuni che ne faranno parte richiederanno alla Regione di riassegnare la gestione di rifiuti alla nostra società che avrà pieno titolo per continuare il suo lavoro nel ferrarese. Nel 2017 toccherà a Ferrara: scadrà infatti l’affidamento ad Hera per la gestione dei rifiuti e il Comune dovrà fare una scelta di campo importante. Bisognerà bandire una gara per riassegnare il ruolo di Hera o a concorrenti interessanti, oppure entrare inhouse con la Newco per passare alla formula che noi proponiamo, diventando il nostro ventitreesimo socio. Diciamo che su Ferrara e Argenta si aprirà una discussione su due modelli gestionali importanti quanto diversi.
Ma si può applicare una tecnologia di raccolta così capillare ad una realtà urbana come Ferrara, che sicuramente presenta una densità abitativa diversa dalle cittadine della provincia?
Si può fare, sì. Sono numerose le realtà simili a Ferrara che hanno intrapreso la strada del porta a porta con successo: Parma, Treviso, Verbania, tanto per citarne alcune. Non è certo un processo che può realizzarsi da un giorno all’altro ma non è impossibile, affatto. D’altra parte ci sembrava quasi impossibile anche realizzarlo a Jolanda di Savoia qualche anno fa, invece ha funzionato e i cittadini sono soddisfatti.
Come si coinvolge il cittadino? A rispondermi è stata la responsabile dell’Ufficio Comunicazione di Ara, Mirna Schincaglia.
Campagne di sensibilizzazione, incontri e assemblee, oltre che i numerosi punti informativi sul territorio cittadino, sono strumenti che creano una relazione diretta con gli utenti, attraverso la quale si cerca di convincerli che questo sistema conviene a tutti. E’ facile pensare che i cittadini rispondano alle nostre sollecitazioni con un secco “chi me lo fa fare?”, invece quando si toccano temi come la sostenibilità e l’ambiente l’atteggiamento che incontriamo è sempre di grande apertura. Poi da più di 13 anni portiamo avanti progetti nelle scuole del territorio di ogni ordine e grado, quest’anno coinvolgeremo più di 3000 fra scolari e studenti con 11 diversi percorsi didattici, fra i quali anche uno spettacolo teatrale. Possiamo essere fieri di aver contribuito a costruire una coscienza ambientale e, nel frattempo, lavoriamo costantemente sia affinché i cittadini siano responsabilizzati in merito alla gestione dei rifiuti. Inoltre tendiamo senza tregua a migliorare la qualità dei nostri servizi in efficienza, efficacia e funzionalità perché il sistema sia davvero virtuoso.
Come si può monitorare l’andamento della raccolta?
Abbiamo un sistema premiante molto efficiente. – ha spiegato Barbieri – Ogni utente è associato ad un codice: se una famiglia conferisce all’addetto alla raccolta poco indifferenziato è premiato, poiché significa che ha differenziato bene, e riceve una tariffa vantaggiosa in bolletta; se ne conferisce molto è ovviamente penalizzato. Una delle voci maggiori del nostro successo è proprio la “tariffa puntuale”, nonostante le limitazioni date dalle leggi nazionali. Bisogna pensare che in 10 anni le normative sulla tariffazione della raccolta sono cambiate 23 volte e che esse si basano, essenzialmente, sulle dimensioni delle abitazioni, il che per il nostro tipo di attività non è molto pertinente. Noi teniamo conto dell’immondezza realmente prodotta, quella che non si può recuperare per intenderci, che spesso non è in relazione ai metri quadrati né al numero di persone che ci vivono. Nei Comuni di Formignana, Mirabello e Ro, poi, la collaborazione tra Area e Cmv ha portato alla realizzazione del progetto sperimentale di misurazione porta a porta denominato Tariffa Puntuale 2.0. L’iniziale fase di sperimentazione consiste nella misurazione di tre tipologie di rifiuto (indifferenziato, umido, verde), al momento dello svuotamento del contenitore. Tale misurazione avviene tramite un microchip intelligente che permette di identificare il contenitore e associarlo al rispettivo proprietario, consentendo di rilevare il numero di svuotamenti effettuati per ciascuna utenza e quantificare così la tariffa. La sperimentazione ha lo scopo di raccogliere dati relativi alle quantità di rifiuti raccolti, una volta analizzati serviranno a definire un sistema più preciso e più equo di misurazione e tariffazione, basato sull’effettivo numero di svuotamenti.
A proposito della normativa nazionale, la politica come valuta le aziende come la vostra?
Abbiamo sempre ricevuto appoggio e incoraggiamento dal mondo politico italiano, tutti condividono la nostra vision e non potrebbe essere altrimenti. Il nostro modello però non si riesce ad esportare fuori dal nostro territorio perché manca le strutture di base. Perché la formula della differenziata e del recupero sia vincente c’è bisogno che tutti i pezzi del sistema siano in ordine: dalle aziende che raccolgono a quelle che trattano i materiali da riciclo o da compostaggio. Se non ho aziende sul territorio che lavorano plastica, vetro o carta da riciclo non ha senso spingere sulla raccolta differenziata, servono investimenti adeguati. La Germania ha un livello di differenziata e recupero virtuoso perché ha pianificato strategie comuni a tutti i territori, ha messo in campo un piano industriale ad hoc e adesso non manda all’inceneritore quasi più niente, siamo sull’ordine del 10% sul totale del pattume raccolto. In Italia non si riesce a fare un lavoro di programmazione in questa prospettiva, manca una vision politica della questione.
La scommessa per il futuro delle NewCo?
In una sola parola la scommessa che è alla base di questa nuova fase è la sostenibilità. Sostenibilità significa indurre i cittadini a produrre sempre meno immondizia, riciclare tutto il materiale possibile, creare una buona prassi nella raccolta e nel rapporto con l’utente, coinvolgerlo in questo processo rendendolo responsabile della sua stessa tariffa in bolletta – che quindi diventa davvero competitiva. Sostenibilità significa anche consumare e usufruire di un servizio in maniera consapevole e abbassare la nostra impronta ambientale sul territorio, con il quale va mantenuto sempre un contatto diretto, cosa che solo una realtà imprenditoriale media può coltivare. Tutto questo si muove verso il nostro principio di sostenibilità, che io credo sia la strada giusta da percorrere.
Fa tappa venerdì 11 dicembre (Palazzo della Racchetta in via Vaspergolo 4/6 a partire dalle ore 15,30) a Ferrara, l’Incontro “Trentenni e Imprenditori a Ferrara: la nostra sfida per il futuro”, il ciclo di iniziative promosse sul territorio regionale da Confcommercio-Imprese per l’Italia dell’Emilia Romagna insieme a QN il Resto del Carlino, nell’ ambito delle celebrazioni dei 130 Anni dello storico Quotidiano fondato nel 1885.
Portare sul territorio le tematiche dell’innovazione, della competitività, dei nuovi scenari di sviluppo che si aprono oggi per le imprese del Terziario: questi i contenuti del percorso“Smart Economy: verso un nuovo modello di sviluppo per l’Economia dei Servizi”,promosso da Confcommercio dell’Emilia Romagna insieme alle Ascom del territorio ed in partnership con QN il Resto del Carlino, nell’anno delle celebrazioni dei 130 Anni della testata. Obiettivo del progetto, che cade tra l’altro nel Settantesimo anniversario dalla nascita di Confcommercio Nazionale, è ricercare, nel territorio e nel vasto mondo del Terziario quei caratteri di innovatività, flessibilità e connettività, che già oggi contraddistinguono le PMI del Commercio,, dei Servizi e del Turismo saputo raccogliere cogliere positivamente le sfide e le opportunità della Smart Economy, favorendo così sviluppo ed occupazione.
“L’appuntamento di venerdì 11 dicembre – spiega il presidente provinciale di Ascom Confcommercio Ferrara Giulio Felloni – è doppiamente importante. Innanzitutto è la prova concreta che fare innovazione si può ed realizzabile nella propria vita professionale quotidiana. Servono coraggio, pazienza e determinazione. E c’è un secondo aspetto che intendo sottolineare: portare le esperienze di quattro giovani imprenditori è un segnale di fiducia verso un ricambio generazionale che ha ottime premesse e che rappresenta per tutti uno stimolo a fare di più e meglio. Come Ascom, anche in vista del 70 anno di fondazione della nostra Associazione a livello locale (nel 2016), saremo sempre più a fianco degli imprenditori per fornire tutti gli strumenti per supportare l’innovazione, sapendo mantenere i valori tradizionali del commercio di vicinato”.
Ferrara affronterà il tema “Trentenni e Imprenditori a Ferrara: la nostra sfida per il futuro” in programma Venerdì 11 dicembre 2015, dalle ore 15.30, presso la storica sede del Palazzo della Racchetta, in via Vaspergolo 4-6. L’incontro, realizzato con la collaborazione dell’Ascom Confcommercio di Ferrara, presenterà quattro esperienze di successo raccontate da altrettanti giovani imprenditori che hanno voluto lavorare con concretezza ma scegliendo anche la strada coraggiosa della sperimentazione guardando oltre il confine del contingente. Ad aprire il pomeriggio sarà Roberto Serra Assessore al Commercio del Comune di Ferrara, cui seguirà i saluti per il sistema Confcommercio di Giulio Felloni Presidente provinciale di Ascom Confcommercio Ferrara e di Raffaele Chiappa Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori Confcommercio Emilia Romagna,. Il clou poi dei lavori sarà a seguire con i case history legati all’imprenditoria locale: Stefano Giovannini di Ariostea Broker (settore assicurativo), Matteo Musacci di Apelle e Spazio DiCibo (settore ristorazione), Luca Robba di Ferimpex (settore conservazione cibi), Simona Salustro di Cinema Apollo Cinepark (settore sale cinematografiche). A concludere i lavori le considerazioni di Mauro Giannattasio Segretario Generale della Camera di Commercio di Ferrara e di Davide Urban Direttore generale di Ascom Confcommercio Ferrara. A coordinare gli interventi e le testimonianze sarà Cristiano Bendin, Responsabile della Redazione de il Resto del Carlino di Ferrara. Al termine dell’incontro sarà possibile per tutti gli Ospiti prendere parte ad una Visita Guidata al medievale Palazzo della Racchetta (secolo XIII) e all’esposizione di arte contemporanea e moderna di artisti ferraresi in esso ospitata.
In un contesto di mercato sempre più competitivo e con sempre minori protezioni dalle oscillazioni dei prezzi, che presentano, ed è sotto gli occhi di tutti, livelli di remunerazione non soddisfacenti, è necessario ricercare strade produttive diverse e nuovi sistemi organizzativi aziendali.
Le strategie possono essere diverse e articolate: l’aggregazione dell’offerta è un primo esempio (che proprio nel settore frutticolo sta cercando di esprimersi in maniera innovativa e coordinata); una seconda alternativa può essere individuata nell’introduzione di forme sempre più puntuali di agricoltura di precisione e di metodiche ad ausilio delle decisioni.
In questo scenario, anche l’agricoltura biologica può rappresentare un modello produttivo e organizzativo da prendere a riferimento, sia per i livelli di remunerazione unitari delle produzioni, sia per assecondare la possibile evoluzione futura dell’economia, sia nazionale che mondiale, sempre più alle prese con esigenze di sostenibilità ambientale.
Per offrire alle aziende agricole un approccio ai modelli produttivi biologici, sia con un adeguato bagaglio di informazioni relativamente agli aspetti tecnico-agronomici ed economici, che libero da condizionamenti e sospetti tra forme diverse di agricoltura, Confagricoltura Ferrara, insieme a CIA Ferrara, con la collaborazione di FederBio e di Prober, organizzano due appuntamenti di approfondimento e di divulgazione sui temi del biologico.
Il primo, incentrato sulle colture annuali ed erbacee, si terrà il 14 dicembre alle ore 15,30 presso la Sala Riunioni di Confagricoltura Ferrara, Via Bologna 637/b a Chiesuol del Fosso e vedrà l’intervento di Stefano Radaelli, Tecnico di Prober, e Paolo Parisini, Presidente della Sezione Economica Regionale Biologica di Confagricoltura Emilia Romagna e titolare di un’impresa agricola da tempo impegnata nella produzione biologica.
Il secondo, riferito alle produzioni frutticole, si terrà il giorno 18 dicembre alle ore 15,30 presso la sala Riunioni di CIA Ferrara, Via Bologna 592/a, Chiesuol del Fosso e vedrà gli interventi di Carlo Bazzocchi, tecnico di Prober, e di Lorenzo Boldrini, referente regionale per il settore biologico per Cia Ferrara, oltre che imprenditore biologico.
Le due giornate, aperte a tutti, sono state opportunamente collocate a breve distanza dall’apertura dei bandi per l’accesso alle misure del Piano di Sviluppo Rurale della Regione Emilia Romagna a sostegno dell’agricoltura biologica e potrebbero rappresentare il punto di partenza per la nascita di un forte polo produttivo biologico in provincia di Ferrara.
Hera: consigli contro le truffe, continuano gli episodi di raggiro. Ecco come tutelarsi da possibili truffe
A seguito degli episodi avvenuti in questi giorni relativi a raggiri ai danni dei cittadini, Hera desidera mettere in guardia i propri clienti, fornendo alcune informazioni utili a tutelare la loro sicurezza.
Innanzitutto Hera ricorda che i propri operatori non sono incaricati a intervenire sugli impianti interni ad eccezione dei casi di sostituzione dei contatori quando posizionati all’interno dell’abitazione. Pertanto, qualora qualcuno si presentasse autonomamente a domicilio per la verifica dei sistemi idraulici, elettrici o del gas all’interno delle abitazioni, non può trattarsi di un operatore di Hera.
Personale Hera (o di società di lettura che svolgono tale servizio per Hera) è invece incaricato di effettuare la lettura periodica dei contatori, indipendentemente dall’utilizzo dell’autolettura da parte del cliente e dalla società di vendita con la quale il cliente ha sottoscritto il contratto. Nel caso in cui il contatore sia all’esterno dell’abitazione, il letturista non avrà necessità di chiedere l’accesso. Tale richiesta sarà necessaria solo nel caso in cui il contatore non sia accessibile. Questi operatori sono sempre identificabili dalla divisa e dal tesserino di riconoscimento.
Esiste un’altra categoria di operatori che possono, talvolta, contattare il cliente presso il proprio domicilio. Si tratta degli agenti di Hera Comm, la società commerciale del Gruppo Hera, che si recano a casa dei clienti per presentare loro le nuove proposte di fornitura luce e gas con offerte a mercato libero. Sono riconoscibili grazie a un tesserino che indossano e che contiene nome e cognome, foto e il logo “Hera Comm – Agenzia autorizzata”. Per avere la massima sicurezza, è anche possibile chiamare il Servizio Clienti Hera 800.999.500 e chiedere conferma rispetto al nominativo dell’addetto che si reca a domicilio, poiché gli operatori del numero verde Hera dispongono dell’elenco costantemente aggiornato di tutti gli agenti autorizzati. Questi agenti potrebbero anche richiedere informazioni sui consumi e le bollette, in quanto non sono in loro possesso.
Si ricorda, però, che tutti i dati relativi ai clienti sono già in possesso di Hera, coperti da privacy. Nel caso in cui venga richiesto da estranei di visionare le bollette, si precisa che questi documenti contengono dati personali che, in quanto tali, il cliente non è tenuto a mostrare a nessuno, a meno che questo non rappresenti una sua libera scelta.
In nessuna circostanza, infine, il letturista o le agenzie autorizzate da Hera Comm possono effettuare incassi o rimborsi di denaro. Inoltre mai alcun operatore è stato incaricato da Hera della vendita di apparecchiature relative agli impianti interni del gas o per la sicurezza domestica.
Hera invita in ogni caso a segnalare direttamente i casi sospetti al Servizio Clienti 800.999.500, attivo dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 22 e al sabato dalle 8 alle 18, (chiamata gratuita anche da cellulare) e alle autorità competenti chiamando il 112 o il 113.
Di fronte a quanto accaduto con il “decreto salva banche”, ed alle pesanti conseguenze per molti associati, l’organizzazione agricola invita quanti interessati a rivolgersi agli Uffici Zona per segnalare la propria situazione e valutare eventuali azioni.
Molti sono i piccoli agricoltori, i pensionati del mondo agricolo, le imprese dei coltivatori diretti ferraresi che dall’emanazione del cosiddetto decreto “salva banche” del Governo, che ha ridisegnato forzatamente le caratteristiche di quattro banche italiane, e CARIFE tra queste, hanno subito perdite patrimoniali anche molto rilevanti.
Sono tra i tanti piccoli azionisti o obbligazionisti, che negli anni hanno investito nei titoli azionari ed obbligazionari di quella che consideravano “la loro banca” e che nelle diverse ipotesi di salvataggio dell’istituto di credito estense, hanno finito per rimetterci i risparmi e le fatiche di una vita di lavoro.
Anche Coldiretti Ferrara intende offrire la propria struttura per assistere i soci che si trovino in questa situazione, ed invita gli interessati a rivolgersi quanto prima presso gli uffici di zona dell’organizzazione per raccogliere le diverse tipologie di problema e sottoporle al parere di un legale per le eventuali azioni a tutela degli stessi per il danno patito.
Prendete l’ebbrezza che stordisce ed allieta del Primitivo e delle sue terre e mescolatela all’energia rabbiosa di una città come Taranto che vuole risorgere. Aggiungete il vento d’Africa ed il suo sorriso che profuma di riscatto. La ricetta si chiama Leitmotiv. Vengono dalla Puglia e ne conservano il calore e la poesia, ma potrebbero avere cittadinanza europea per la straordinaria naturalezza con cui intrecciano stili e culture diverse che convergono in un eccentrico mix musicale. Inglese, francese, italiano, rock, folk, pop. Canzoni teatrali, schizofreniche e imprevedibili.
Saranno loro i protagonisti Sabato 12 Dicembre al Circolo Arci Zone K di Malborghetto di Boara in Via Santa Margherita, 331.
Premiati già dai primi anni di attività in diversi concorsi su scala nazionale (Festival Castel Dei Mondi, Aritmia Mediterranea, Premio Pavanello), dopo aver diviso il palco con nomi importanti della scena musicale italiana ottengono, nel 2007, la vittoria ad Arezzo Wave (ex Italia Wave). Una tappa fondamentale per il percorso della band. E’ del 2008 è l’esordio discografico dei Leitmotiv con l’album “L’Audace Bianco Sporca il Resto” (LaFabbrica/Cni) che si avvale della produzione artistica di Amerigo Verardi (già Baustelle e Virginiana Miller). L’album apprezzato per la sua complessità e carica innovativa, è stato disco della settimana su Caterpillar (RadioRai2). Nel 2009 l’album oltrepassa i confini nazionali, con la partecipazione dei Leitmotiv alla Biennale dei Giovani Artisti del Mediterraneo di Skopje ed al Monkey Week Festival di Siviglia in qualità di rappresentanti della musica italiana. Nel 2010 esce “Psychobabele” (PelagoniaDischi/Trovarobato/ABS/Audioglobe), sempre con la produzione artistica di Amerigo Verardi e ancora una volta, accolto molto bene dalla critica. Il videoclip della title track è premiato come miglior opera al Salento Finibus Terrae Festival. Nel 2011, con una line up rinnovata, i Leitmotiv partecipano come ospiti alla prima edizione del Medimex a Bari. Il 2012 è l’anno della pubblicazione di “A Tremulaterra” (Pelagonia/Believe dig.): successo di critica e pubblico, copie esaurite, il tour supera le cento date. Il brano “Silent Night” viene incluso nella compilation Puglia Sounds allegata al numero di Novembre 2013 della rivista XL.
Il 16 gennaio 2015 è uscito il loro quarto album “I Vagabondi”.
Con centinaia di live alle spalle ed una creatività al suo apice, i Leitmotiv sono ormai una realtà consolidata nel panorama musicale nazionale.
Apertura Circolo ore 18. Inizio concerto previsto per le 22.00 circa. Ingresso Up To You e riservato ai soci Arci. Per informazioni il numero da chiamare è il 346.0876998.
Dissacrante. Letteralmente dissacrante. E’ la sensazione che si ricava dalla visione di “Messa in scena”, spettacolo in programmazione (anche per i due prossimi sabato) al Teatro Off di Ferrara. Il rito è l’oggetto della vivisezione del gruppo di artisti del laboratorio Assemblea, capitanati da Marco Sgarbi con la regia di Giulio Costa. Sul palco si esibiscono una quindicina di artisti che assumono il ruolo di partecipanti a una funzione religiosa. La prima parte dello spettacolo mostra il loro straniamento, l’essere insieme e al contempo isolati, soli con se stessi.
Gli attori ascoltano immobili, occhi sbarrati, le parole della litania, poi meccanicamente si dispongono in fila per ricevere, quasi come automi, l’ostia – il corpo di Cristo – da un sacerdote assente, surrogato dal pubblico in sala, al quale mostrano – in uno dei rari momenti di intenzionale autenticità – l’espressione del loro sconcerto per una comunione attesa ma impossibile.
Nell’interludio fra la prima e la seconda parte gli attori, che fungono da convenuti alla liturgia, lasciano la scena e tornano a sedere fra il pubblico, mentre Sgarbi assume la funzione del celebrante, non prima di avere provveduto ad allestire lo spazio fintamente sacro della chiesa. Fintamente, poiché a scena aperta si assiste alla costruzione degli oggetti che rappresentano la sacralità del rito: il pulpito, l’altare, i paramenti della chiesa e del sacerdote ricavati da ordinari scampoli di stoffa e infine la trasmutazione del vino di fiasco in vin santo. Insomma, l’infingimento disvelato, l’oggetto di culto ricondotto dall’ascritta spiritualità alla comune materialità.
E con la successiva celebrazione della messa si torna a uno stato di solitudine, stavolta del sacerdote, che si trova ‘in scena’ senza i fedeli, a riempire da solo uno spazio vuoto, a pronunciare perciò invocazioni inaudite. Si svolge, dunque, una sorta di gioco di atomizzazione, attraverso il quale gli elementi tipici del rito vengono scomposti e sezionati, mentre le cose risultano ricondotte alla loro tangibile materialità costitutiva, per mostrare, ad esempio, che i paramenti del luogo sacro celano semplici assi di legno inchiodati, con la diligenza di un falegname, dal sacerdote che è messo di Dio e al contempo uomo e come tale opera. E il suo agire è perizia, semplice perizia. Umano, troppo umano, si potrebbe affermare pensando a Nietzsche.
Il gioco di specchi e rimandi si sviluppa fra parvenza e sostanza, ed emerge ciò che usualmente celato (o rimosso) genera l’effetto sacro: oggetti comuni in se, insignificanti, trasfigurati in simboli del culto con semplici applicazioni di ingegno artigianale.
(foto di Chiara Ferrin)
Così, durante i preparativi, una comune bottiglietta di plastica per l’acqua sta accanto all’ampolla benedetta, in una volutamente stridente giustapposizione fra sacro e profano, come pure l’ordinaria bottiglia da sfuso è il recipiente dal quale sgorga nell’ampolla stessa il “sangue di Cristo”. Mentre il prete, sotto la tonaca, indossa una banale camicia azzurra che nulla ha di trascendente, se non la vaga allusione celeste!
Però i chiodi confitti a rinsaldare il legno della mensa sono tre, simbolico richiamo cristologico, a segnalare l’ambivalenza dei gesti.
“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” enuncia il sacerdote, un’esortazione che non pare rivolta agli immaginari partecipanti alla funzione (assenti dalla scena), ma direttamente al pubblico presente in sala; il lungo silenzio d’attesa che segue a generare imbarazzo, impazienza, fastidio, conferma i grandi tempi scenici dell’ottimo Sgarbi che, esaurito il compito sacerdotale, prende commiato con espressione d’uomo, rapita e perplessa, svuotata d’ogni forza. Seguono applausi ‘scossi’.
Lo spettacolo nell’insieme convince per la sua capacità di suscitare emozioni e di interrogare il pubblico. Il collettivo di Ferrara Off ha il coraggio di sperimentare e riesce a provocare lo spettatore.
In quest’opera la sacralità è ricondotta al rito e il rito alla sua funzione primigenia, quella di rassicurare, come se, da un nostro atto, dipendesse la capacità di controllo su ciò che in realtà sfugge al nostro pieno dominio.
Il bisogno inappagato della ricongiunzione col Padre, simboleggiato dalla mancata comunione, appare peraltro specchio e metafora di questo nostro tempo storico, al di là delle implicazioni religiose, poiché il senso di anomia è diffuso e la condizione di orfani vale anche per i laici che hanno smarrito radici ideali e valori comunitari fondativi.
“Messa in scena”, insomma, funziona e colpisce.
(foto di Chiara Ferrin)
Il dibattito finale, che come d’uso si svolge dopo le rappresentazioni al teatro Off coinvolgendo artisti e pubblico in un confronto stimolante, conferma anche in questo caso come le opere d’arte assumano vita propria e rivelino valenze che spesso travalicano le intenzioni dell’autore (o, per restar in metafora, del loro creatore). E questo epilogo post-testuale risulta in fondo emblematica metafora nella metafora di un’opera che è gioco d’ombre e di specchi, il cui corollario non poteva essere altro che un così è se vi pare, a ribadire che ciascuno interpreta, pirandellianamente, secondo il proprio sentimento.
La sintesi è che si tratti, comunque, di una provocazione ben riuscita, alla quale forse è mancato solo il colpo (di teatro) conclusivo, per esempio con un plateale disvelamento quale la ‘svestizione’ dell’altare e la riconduzione del vin (santo) al prosaico ‘aceto’. Un chiusura però che Sgarbi, sorprendentemente, rivela essere stata parte di una precedente rappresentazione dell’opera, corroborata in quel caso proprio dall’azione di un sacerdote che, ripresi panni umani, ripiega i cenci e prima di abbandonare il proscenio si disseta bevendo un vino che, a recita sacra conclusa, è tornato ad essere ormai solamente quel che è: vino e nulla più. Un contro-senso che conferisce il tocco in più alla Messa in scena.
“FEshion Eventi”, in collaborazione con “La Giostra Magica” e in occasione delle festività natalizie, propone un weekend interamente dedicato ai bambini: “Il Castello dei Balocchi”, due giorni di fiabe, magia e sogni nella meravigliosa cornice del Castello Estense.
L’evento si svolgerà il 12 e 13 dicembre dalle 10 alle 22 nelle tre sale degli Imbarcaderi del Castello Estense e sarà così strutturato: verranno allestite diverse ambientazioni fantastiche, che accompagneranno i piccoli ed i loro genitori in un tragitto, allietato da musica natalizia e contornato dalla presenza di poche e selezionate attività commerciali legate al mondo dei bimbi.
Tra musiche natalizie, magici allestimenti ed ambientazioni a tema, desideriamo far vivere a tutte le famiglie un weekend all’insegna della spensieratezza e della magia del Natale!
Tutti i bimbi che parteciperanno al percorso potranno essere proclamati “Cavalieri e Principesse del Natale!, ma per essere proclamati tali da Babbo Natale in persona, dovranno percorrere il fiabesco tragitto, dove incontreranno elfi, la Regina della Neve
, giocheranno con giullari e gnomi, supereranno delle prove con streghe e cavalieri, si siederanno ad assistere ad un’incantevole fiaba animata, fino ad arrivare da lui, direttamente nella sua casina al Polo Nord, sedere sulle sue gambe e lasciargli la propria letterina.
Il percorso dura circa 50 minuti, e mentre i bimbi si divertono i genitori potranno visitare l’area espositiva o rilassarsi nell’area ristoro dove verranno proposte degustazioni eno-gastronomiche a cura dei migliori fornitori del territorio.
I bambini non potranno entrare da soli, ma devono esser sempre accompagnati: viene richiesto l’ingresso di almeno una persona adulta ogni 5 bambini.
L’evento rientra nel programma “Natale e Capodanno Ferrara”: il 12 e 13 Dicembre infatti sarà interamente dedicato ai bambini e potrete proseguire il vostro percorso sul listone in Piazza Trento e Trieste dove, nel “Villaggio di Natale” verranno proposte altri spettacoli e animazioni.
Per accedere al Castello è necessario scaricare il ticket on-line, da convertire alla cassa il 12 e 13 dicembre.
Prima ancora di iniziare la manifestazione sta dando dei risultanti molto importanti: sono stati scaricati coupon da ben 1500 famiglie provenienti da ogni parte del nord Italia; numerose persone stanno organizzando la trasferta a Ferrara per poter partecipare al percorso, prenotando hotel e chiedendo quali altre iniziative correlate ai bambini sarebbero state proposte nelle due giornate.
Si ringraziano i due main sponsor che hanno contribuito alla realizzazione dell’evento: “Unicredit” e “Generali INA Assitalia di Giancarlo Bechicchi”; il negozio “Brick Custom” (distributore autorizzato “Lego”), il negozio “Manai”, specializzato in abbigliamento bimbi; tutte le aziende che si occuperanno delle degustazioni eno-gastronomiche; “Roverati Giardini” per le piante e gli allestimenti floreali; l’agenzia “Galileo” che garantirà la massima sicurezza dell’evento; gli hotel (“Hotel Carlton”, “Hotel San Paolo”, “Hotel Daniela”, il R&B “Le Stanze di Torcicoda”) per le convenzioni proposte in occasione della manifestazione; l’ “Associazione Camaleonte” che presenterà tutte le sue attività per i bimbi; l’atelier “Nozze Care Nozze” per aver messo a nostra disposizione dei bellissimi abiti da principessa.
Tra gli espositori troverete inoltre uno stand dell’ “Associazione Giulia Onlus” con delle golose cioccolate calde e tante proposte per il Natale.
Ci aspettiamo un week-end di grande magia, che speriamo di trasmettere a tutti i partecipanti.
Alessandra Scotti 3495878324
feshioncoupon@gmail.com www.feshioncoupon.it
Appuntamento da non perdere domani sera, venerdì 11 dicembre al Sax Pub Cafè di Lugo di corso della Repubblica 4 a Lugo, di fronte al Pavaglione, all’interno della rassegna “Jazz & Blues Wave”, curata da Vince Vallicelli.
Sul palco, certamente l’artista più importante che abbia calcato quest’anno i palcoscenici lughesi: la francese Anne Ducros, una delle voci più note e più belle del jazz europeo. Già collaboratrice di star come Chick Corea o come i nostri Enrico Pieranunzi e Franco Battiato, insignita lo scorso anno del titolo di Chevalier de l’Orde National du Mérite da parte del Ministero della Cultura Francese, è un’artista a tutto tondo: che nei suoi concerti – dove è in grado di instaurare un bellissimo rapporto, caldo e partecipe, con il pubblico – oltre alle sue composizioni, esegue con grande maestria standard delle migliori cantanti jazz della storia, a partire da Ella Fitzgerald. E proprio ad “Ella”, oltre che a Marylin Monroe, la Ducros ha dedicato negli ultimi anni una serie di omaggi, che certamente faranno parte anche del concerto lughese…
la Sezione ONAV di FERRARA segnala che lunedì 1/2/2016 alle ore 20:30, avra inizio il
SCOPRI LE TUE DOTI NATURALI IMPARA A DEGUSTARE E DIVENTA “ASSAGGIATORE DI VINO”
LA DELEGAZIONE ONAV DI FERRARA ISTITUISCE UN CORSO DI ASSAGGIATORE DI VINO 1° LIVELLO (LA CULTURA DEL VINO). IL SOCIO ASPIRANTE ASSAGGIATORE,DOPO AVER FREQUENTATO IL CORSO TEORICO-PRATICO E SUPERATO L’ESAME FINALE,RICEVE LA PATENTE DI “ASSAGGIATORE DI VINO” E VIENE AUTOMATICAMENTE ISCRITTO ALL’ALBO NAZIONALE ONAV. LA QUOTA DI PARTECIPAZIONE AL CORSO E’ DI 390€ PIU’ 115€ PER L’ISCRIZIONE ALL’ONAV PER IL 2016-2017,COMPRENDE: IL TESTO DIDATTICO, LA VALIGETTA CON 6 BICCHIERI DA DEGUSTAZIONE,18 LEZIONI DEL CORSO CON 4 VINI IN ASSAGGIO OGNUNA,L’ESAME FINALE E SE SUPERATO,L’ISCRIZIONE ALL’ALBO NAZIONALE ASSAGGIATORI DI VINO,LA CONSEGNA DEL DIPLOMA CON VISITA AD UNA CANTINA. PER I GIOVANI UNDER 24 ANNI,IL COSTO DEL CORSO E’ SEMPRE DI 390€ MENTRE L’ISCRIZIONE ALL’ONAV E’ DI 40€ PER IL 2016-2017, PER FACILITARE I PARTECIPANTI ,IL PAGAMENTO DELLA QUOTA PUO’ ESSERE EFFETTUATO CON UN VERSAMENTO INIZIALE DI 160€ E L’IMPORTO RESIDUO CON QUOTE MENSILI CON SALDO PRIMA DELL’ESAME.
PER INFORMAZIONI ED ISCRIZIONE:
DELEGATO PROVINCIALE ONAV DI FERRARA BELLINI LINO CELL.3472772155, ferrara@onav.i,www.onav.it
NB. LA SEDE DELLE LEZIONI SARA’ PRESSO IL TENNIS CLUB FERRARA VIA PORTA CATENA 79 (EX CSR LE MURA)
Luogo dell’evento: TENNIS CLUB FERRARA
Via Porta Catena 79 Ferrara
Il contributo di partecipazione è fissato in €0,00 per i soci, €0,00 per i non soci.
L’evento è aperto a tutti.
Il numero di partecipanti è fissato in un minimo di 25 e un massimo di 35.
“Mezzogiorno padano” di Sandro Abruzzese è un'”Antologia di Spoon River” che parla italiano, per narrare di “una Padania più simile all’America che al Mediterraneo”, un romanzo corale sul dolore del tempo presente, un coro di “io”, storie vere di viandanti cui non manca una parte letteraria. Elemento comune nel cammino di tutti: l’essere stati costretti ad abbandonare la propria terra, che per risollevarsi avrebbe bisogno delle loro capacità, ma allo stesso tempo non è capace di esserne degna, almeno non ancora.
A pochi giorni dall’uscita del volume per Manifestolibri e dalla sua presentazione alla Biblioteca Ariostea di Ferrara, terra d’adozione del suo autore, abbiamo intervistato Sandro Abruzzese, blogger e collaboratore di “Ferraraitalia” ed “Erodoto108”, che di mestiere fa l’insegnante di italiano e storia alle superiori.
La copertina di Mezzogiorno Padano con l’immagine di Tania Schifano
“Mezzogiorno padano” è uscito il 3 dicembre per Manifestolibri e il 14 verrà presentato a Ferrara alla Biblioteca Ariostea, come e quando è nato questo volume?
“Mezzogiorno padano” nasce dalla scoperta dello sradicamento e dalla consapevolezza che il tempo e la distanza mutano i rapporti tra le persone, che le amicizie si spengono e la vita si infittisce di solitudine man mano che si va avanti. È il tentativo di dire che la vita non è un romanzo, bensì un insieme di “Io” collegati tra loro da fili esili, trame sottili, che possono spezzarsi con estrema facilità, per migliaia di motivi, e che è difficile tenerli legati. I miei personaggi spesso abitano questa immensa pianura con l’aria di chi ha infilato la propria vita al contrario. Alcuni di loro declinano la vita come un viaggio, altri sono ignari e inconsapevoli di cosa si lasciano alle spalle, vengono sospinti dalla ricerca di qualcosa che manca. Ancora non sanno cosa perderanno, a cosa stanno rinunciando.
Perché è “un atto d’amore per il Meridione e al contempo un’espiazione”?
Perché è il tentativo di dar voce a generazioni di persone che pur avendo fatto tutto ciò che il loro Paese chiedeva, pur avendo lavorato, studiato, raggiunto livelli di eccellenza, sono state costrette ad abbandonare la propria terra, anche se questa per risollevarsi aveva e ha estremo bisogno di loro. Hanno a che fare con uno Stato che, sia a livello locale sia centrale, non è sempre all’altezza della nostra eccellenza e dei nostri drammi individuali. Chiunque sia costretto a lasciare il luogo in cui è nato, a qualsiasi latitudine, magari sospinto dalla ricerca di condizioni di vita migliori, sa di non aver lottato per cambiare le cose. Quindi porta con sé un senso di colpa profondo. Il libro rappresenta l’atto d’amore di chi continua a pensare al luogo in cui è nato e il tentativo di espiare il senso di colpa per averlo abbandonato. Dirò di più: è anche il tentativo di usare la scrittura per ritornare, e ricreare un legame.
Tu parli di una sorta di “Spoon River” in narrativa, puoi spiegare meglio cosa intendi”
“Spoon river” attraverso le voci dei suoi personaggi deceduti narra le vicende di un paese simbolo della provincia americana. Mezzogiorno padano attraverso le voci dei meridionali emigrati nella Pianura padana, o di quelli rimasti nel Mezzogiorno tra innumerevoli problematiche e compromessi, cerca di scavare nelle vite di chi insegue un futuro che non gli è stato concesso. In entrambi c’è l’uso di nomi e cognomi che indicano legami e parentele tra personaggi. E c’è anche un certo sentire comune, un’affinità.
I “protagonisti incontrati” nei racconti sono incontri reali o ispirati da incontri reali che poi hai rielaborato? Ce ne puoi raccontare qualcuno?
Sono storie vere a cui non manca una parte letteraria, una rielaborazione personale. Un esempio può essere la storia di “Marta Langella”, la bambina che per ricevere cure adeguate è costretta a trasferirsi da Torre del Greco a Parma insieme ai suoi genitori. È una storia simbolo di una grande vergogna contemporanea italiana: l’invenzione del turismo sanitario, che in questo caso costringe a una dolorosa scelta di vita. Suo contraltare è la storia del giovane medico napoletano “Antonio De Gennaro”, talento della chirurgia formatosi all’ospedale Cardarelli di Napoli, che da precario nella città partenopea diventa vice primario a Domodossola. Due storie vere che sono facce di una stessa medaglia: meridionali che emigrano al Nord per avere assistenza e cure adeguate e giovani eccellenze del Sud che per uscire dal precariato devono andare via.
Qual è la nota che fa cantare tutti questi racconti all’unisono, facendo di “Mezzogiorno padano” un libro corale, o meglio “un unico romanzo”, come lo definisce Teti nella Prefazione?
Vito Teti l’ha definito un unico romanzo sul dolore del tempo presente. Mi trovo d’accordo. Mentre lo scrivevo ho costantemente pensato alla sua organicità, a storie che costituissero i pezzi di un puzzle da ricostruire. Le storie minime, fatte di quotidianità, di accenni, si attorcigliano intorno al filo della partenza, della permanenza intesa come resistenza attiva. Il mio è un tentativo di mettere in scena la vita comune con le sue crepe, le incertezze, i piccoli successi, gli enormi sacrifici a cui si viene chiamati da un’Italia contraddittoria, incompiuta, menzognera, che ho definito un “Paese bambino”.
Sandro Abruzzese
Parlaci del tuo blog Raccontiviandanti, c’è un legame con questo libro?
Il mio blog Raccontiviandanti è nato con il proposito di raccontare storie di migrazione, di viaggio, e poi è diventato un taccuino personale, se non un diario. Anni fa, proprio in qualità di blogger, iniziai a raccogliere testimonianze e dati biografici delle persone che incontravo nel nord del Paese. Ero stupito dal melting pot padano, dalla quantità di meridionali che lavoravano e lavorano in ruoli strategici, di grande responsabilità qui al Nord, dalla quantità di stranieri che contribuiscono in maniera silenziosa allo sviluppo del Paese. Ne è nata l’idea di narrare il Nord ibrido, la Padania più vicina all’America che al Mediterraneo. Dal blog ha poi preso corpo l’idea di raccontare alcune di queste storie. Dopo due anni è nato “Mezzogiorno padano”.
Hai già nuovi progetti nella tua sacca da viandante?
Per adesso mi occupo di questo libro, “Mezzogiorno padano” porta con sé la grande responsabilità di ripagare la fiducia accordatami da Rino Genovese, Vito Teti e dagli altri scrittori che hanno speso tempo e consigli per questo lavoro. Ho intenzione di incontrare le persone e parlare dei temi del libro, di affrontare i temi dello sradicamento nelle sue molteplici varianti, e tenterò di dare un nome ai volti di questa pianura che accoglie persone da tutto il mondo ed è in continuo, anche se lento, cambiamento.
“Mezzogiorno padano” sarà presentato il 14 dicembre alle ore 17 nella sala Agnelli della Biblioteca Ariostea di Ferrara. Sandro Abruzzese incontrerà il pubblico insieme a Roberta Bergamaschi e Matteo Bianchi.
2.SEGUE – La letteratura costituisce lo specchio principale dell’animo umano e la maniera più diretta e piacevole di presentare vicende e sensazioni che lo attraversano è un breve excursus sui diari di viaggio, alla ricerca di spiegazioni plausibili alla cosiddetta “sindrome indiana”. La letteratura è, infatti, ricca di descrizioni di problemi psicologici dei residenti occidentali in India e della depressione e dell’angoscia che li accompagna. Non mancano casi di veri e propri deliri. Si pensi al “Viceconsole” di Marguerite Duras e a Jean-Marc de H., viceconsole di Lahore, personaggio avvolto da un’aura di mistero dovuto al suo “bizzarro comportamento”: deliri, depressione, visioni, mutismo, tristezza e spari sui lebbrosi che si avvicinano alla sua residenza. Tutto il libro ruota intorno allo scandaloso segreto e all’incapacità di dare una spiegazione logica al comportamento delirante del vice-console, che non sopporta la visione quotidiana della morte indiana. Nessuno sa fornirne una spiegazione dei deliri che lo colgono durante i ricevimenti. Charles Rossett, invitato all’ambasciata francese a Bombay, ipotizza la follia o la depressione per tale “maniaco del revolver” che grida la notte e che dissemina cadaveri nei giardini della sua residenza di Lahore. L’ambasciatrice stessa confessa che “tutti hanno avuto un inizio difficile a Calcutta… pure io sono caduta in una profonda tristezza….”. E forse il viceconsole “dallo sguardo morto” e terrorizzato dalla lebbra si annoiava, visto che la noia è un sentimento di abbandono colossale, a misura dell’India stessa, ove l’indifferenza predomina. E si nota come siano curiosi i suicidi di europei durante le carestie che mai li toccano….. Il sentimento di malessere degli europei di fronte alla realtà indiana, ove la malattia incombe e ove si lascia morire con indifferenza, è presente in tutto il libro.
Anche Giorgio Manganelli, nei suoi scritti, esprime le stesse sensazioni all’interno delle città indiane onnivore. Nel corso del suo viaggio in India, lo scrittore indica che tale Paese, man mano che gli si avvicina, invade il “suo cervello d’occidentale timoroso… enorme massa di carne…, con la vita e la morte onnipresenti, luogo di trasformazione, casa-madre dell’assoluto.., paese senza limiti, di mendicanti volontari, coscienti delle loro trenta reincarnazioni…”. L’Europa sparisce dietro il viaggiatore che si ritrova di fronte a una massa di essere umani che vive in un mondo anonimo, mortale e letale, ove tutto è morte e rinascita, in un misto di immondizie e di pazienza ferita, quasi a simbolo della sporcizia originaria dell’esistenza. E’ presente ovunque il sentimento che tale mondo indiano ignora la pietà per l’individuo e che il viaggiatore occidentale, che al contrario prova pietà e sensibilità alle malattie, si lascia facilmente prendere da un sentimento di colpevolezza ed è pertanto sconvolto dalla realtà. L’India sconvolge il viaggiatore, suscita in esso un sentimento d’angoscia, di profondità e di rinascita eterna. Il tempio di Kailâsa ispira una sorta di malessere fisico, dà l’impressione di percepire dei suoni per i quali le orecchie umane non sono state create, il pancreas sembra iniziare a sognare, l’intestino pare disegnare un ideogramma…Si è in un Paese senza limiti, ove una morte fertile e selvaggia invade tutto. Madras fa soffrire l’anima, l’angoscia e il terrore crescono in un Paese ove si ha l’abitudine di morire e che non conosce l’orrore. Le pagine sono toccanti, pagine che si concludono con la rivelazione che in India si sperimenta una paura vicina alla morte, una seduzione facile e impossibile, l’oscillazione fra follia e rivelazione, fra il facile e l’irrevocabile.
La letteratura resta dunque assai ricca di descrizioni di tali tipi di sensazioni. Fra i numerosi romanzi popolati di viaggiatori nel continente e nella cultura indiani, ritrovavamo pure “Notturno indiano”, di Antonio Tabucchi. Nella storia di un individuo in viaggio per il continente indiano alla ricerca di un amico portoghese disperso – Xavier, la cui ricerca si rivelerà alla fine del libro essere la ricerca di sé stesso – si incontrano considerazioni e sensazioni comuni che molti autori esprimono in svariate forme e in diversi romanzi. Basti soffermarsi sulla riflessione del personaggio di Tabucchi per cui “in India, molte persone si perdono”, “un Paese fatto espressamente per questo” e “dove avere buona memoria non è un privilegio”. Il medico che il nostro personaggio incontra all’ospedale di Bombay gli consiglia di non avvicinarsi troppo ai malati, soprattutto considerata la “fragilità degli europei” (e il riferimento parrebbe essere non solo alla fragilità fisica di fronte a certe malattie, ma altresì alla loro fragilità psichica di fronte alla complessa realtà indiana). L’India viene descritta nelle pagine seguenti come “un universo di suoni piatti, indifferenziati, impossibili a distinguere” e alcune città, come Vasco de Gama nello Stato di Goa, sono presentate come pullulanti di mendicanti taciturni e angosciati, come fossero morti, accanto a imponenti templi sacri. Una fotografa incontrata durante il cammino, Christine, fotografa della miseria, suggerisce al nostro viaggiatore di non fare mai l’errore di andare a Calcutta, nella personale convinzione che, alla fine, è meglio conoscere il meno possibile del mondo…
Un noto giornalista francese, Olivier Germain-Thomas, nel suo libro “La tentazione delle Indie”, ci indica da un lato che la bellezza si ritrova in India nei più semplici gesti quotidiani e che il viaggio in tale Paese è “un’avventura che nutre i sensi e l’intelligenza”. D’altro lato, tuttavia, “senza una previa iniziazione” a tale realtà, continua Germain-Thomas, “sarà assai difficile non perdersi”. L’antica città di Lahore è allora descritta come “interrata nelle sua mura e isolata dal mondo…”, come “una vibrazione di vita… un insieme tessuto e contrastato nell’odore di terra, di grasso, di menta… sullo sfondo di grida, canti,… una terra ove lo straniero si scontra, si perde, vacilla, disturba, si ritrova e, soprattutto, si sa definitivamente altrove, in un turbillon, ove, persi i sensi, non può che lasciarsi andare a non essere che un piccolo elemento di un insieme che lo turba e l’oltrepassa”. L’arrivo in India è accompagnata dalla tenerezza e dall’emozione di esservi approdati ma altresì dall’inquietudine enorme di fronte all’ignoto. Un’angoscia che non inganna s’impadronisce del nostro viaggiatore che atterra sul suolo indiano, lo stesso viaggiatore che tuttavia resta estasiato una volta sedutosi sulle rive del Gange, accarezzato dal sole, e il cui rumore delle acque circondate da alte montagne ne calma l’animo. Se la bellezza è vivente e palpabile, tale paesaggio viene tuttavia turbato e il pellegrino si ritrova negativamente colpito dalla realtà circostante di bambini sudici e immondizie, di un “eterno balletto di mendicanti deformi”, di un’umanità collante di cui si è spettatori senza piacere. Tali contrasti, insieme all’aura di misticismo e di mistero che avvolgono l’India, e che in diverse misure e descrizioni sono narrate da numerosi autori in tutto il mondo, appaiono dunque essere inevitabilmente come il fattore principale di squilibrio della psiche non abituata dei viaggiatori occidentali.
D’altra parte, il fascino dell’India non lascia indifferenti studiosi, intellettuali e medici. Talora, il percorso personale, intellettuale e professionale di questi ultimi li conduce a intraprendere un viaggio di studi e formazione – per esempio, alla ricerca di una relazione fra la guarigione psicologica e l’insegnamento dello yoga, come nel caso dello psichiatra francese Jacques Vigne – che si trasforma in un vero e proprio “colpo di fulmine” per il Paese. Il breve soggiorno iniziale diviene allora stabile o reiterato nel tempo.
La soluzione ipotizzabile allo “choc dell’India”: il rimpatrio sanitario
La causa fondamentale dello choc del viaggiatore occidentale in India resta fondamentalmente dovuta al fatto che ogni individuo, inserito in un contesto a lui completamente estraneo e con valori totalmente diversi, si ritrova presto perduto e non riesce più a comportarsi normalmente. Si tratta di quello che Airault definisce come lo “choc dell’imprevisto”. I valori diversi costituiscono uno degli elemento scatenanti. Basti pensare a come in India vi sia una visione del tutto serena della morte, alla quale, al contrario, gli occidentali non sono mai abbastanza preparati. Il ciclo delle reincarnazioni rende l’idea della morte più tollerabile, quando in Occidente il tema è tabù. Di fronte alla morte allo stato puro che si presenta ovunque in India, il viaggiatore occidentale è completamente disarmato e solo il rimpatrio rapido verso il Paese d’origine, che lo reintegra nel suo corpo sociale e nei suoi valori, risulta efficace. Si rivela indispensabile la presenza di un medico che riaccompagna il viaggiatore su un aereo e che parli la sua stessa lingua, al fine di rassicurarlo e di farlo rientrare nello stesso universo simbolico. Una volta rientrati nel Paese d’origine, non sono quasi mai necessarie cure psichiatriche, dal momento che il soggetto si riadatta alla sua realtà e, quasi per miracolo, cessa qualsiasi tipo di delirio o allucinazione. Il “miglioramento” viene imputato al trattamento, alla separazione dal luogo patogeno e al rimpatrio in sé stesso. Tale ultimo elemento è particolarmente importante, ove si consideri che la prospettiva di rientrare nel proprio Paese reintroduce un limite al tempo che in India pare eterno e si rivela dunque terapeutico in sé. Secondo Airault, il rimpatrio è di per sé un trattamento, soprattutto ove il paziente vi partecipi attivamente, poiché costituisce un vero e proprio accompagnamento dell’individuo nel suo ritorno verso la realtà.
Ciò che è importante al momento del rimpatrio è cercare di trasformare tale momento di crisi in un’esperienza che possa arricchire e far apprendere i propri limiti. Per tale motivo, è necessario accompagnare “psichicamente” il paziente nel viaggio di ritorno, considerato che lo si accompagna in un viaggio duplice, reale e immaginario, ove il egli è lui stesso l’attore principale del suo spostamento fisico e psichico.
Il ritorno del “viaggiatore” verso la propria realtà con accanto un professionista che parli la sua stessa lingua e comprenda la sua situazione favorirà il recupero e il ritorno alla “normalità”, ove il ricordo dell’esperienza resterà viva senza provocare “ricadute”.
I casi del fenomeno descritto verificatasi in India sono stati talmente numerosi che il Consolato francese di Pondichéry e quello di New Delhi hanno istituito un apposito servizio psichiatrico. Un gran numero di casi analizzati in tali sedi hanno condotto alla necessità del rimpatrio più o meno immediato. “In un Paese ove il tempo pare in congedo dall’eternità”, continua Airault, “la prospettiva di rientrare a casa reintroduce un limite e, come tale, è terapeutico” di per sé. Tale momento è decisivo e la funzione dello psichiatra che accompagna il viaggiatore “perduto” nel suo rientro alla “normalità” viene avvicinata a quella del padre che aiuta a ritrovare la propria identità vacillante. Il rimpatrio deve allora essere effettuato gradualmente e dolcemente, con l’accordo, anche passivo, del paziente, al quale si deve spiegare il motivo del suo rientro. Si cerca di evitare l’utilizzo di medicine, ove si consideri che il rimpatrio in sé costituisce la migliore terapia, tanto più efficace se a esso il paziente abbia partecipato attivamente. Prima del viaggio si deve instaurare una vera e propria relazione terapeutica fra il paziente e lo psichiatra, ove quest’ultimo si libera della classica posizione di neutralità per essere più comprensivo e rassicurante. “Semplici anonimi passeggeri, medico e paziente non hanno più i piedi per terra e, nella carlinga dell’aereo, si crea una relazione di fusione favorita dalla privazione sensoriale … e una temporalità che non è più quella dell’eternità indiana…”. Normalmente, non si verificano episodi anomali durante il volo e all’arrivo, se spesso si nota un’iniziale recrudescenza dell’angoscia, si verifica altresì un miglioramento clinico che non rende necessario il ricovero ospedaliero inizialmente previsto. Allo stesso tempo, le allucinazioni visive o auditive scompaiono.
Da leggere:
Régis Airault,Fous de l’Inde: Délires d’Occidentaux et sentiment océanique, Payot, 2002, 240 p. Graziella Magherini, La sindrome di Stendhal. Il malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell’arte, Ponte alle Grazie, 2003, 219 p Marguerite Duras, Il Vice-console, Feltrinell, 1986, 136 p. Giorgio Manganelli,Esperimento con l’India, Adelphi, 1992, 104 p. Antonio Tabucchi, Notturnoindiano, Sellerio, 1984, 124 p.
Per assicurare ai bambini piccoli e grandi regali speciali, a Natale tutti gli artigiani si mettono al lavoro: i falegnami costruiscono trenini e cavallini di legno, le sarte imbastiscono capi pregiati, i fornai sono alle prese con montagne di soffici dolci spolverati di zucchero a velo… e i designer realizzano oggetti del tutto originali!
Dall’11 al 13 dicembre, alla Fabbrica del vapore di Milano torna Love Design, mostra mercato a supporto della ricerca sul cancro, organizzata dal Comitato Lombardia Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) in collaborazione con Adi(Associazione per il disegno industriale).
Love Design trasforma i prodotti generosamente donati dalle aziende in risorse da destinare alla ricerca contro il cancro. Firme conosciute in tutto il mondo offrono una selezione di oggetti da regalare e da regalarsi, ideati per la casa e non solo, gioielli di design, articoli vari, pezzi di architettura dell’illuminazione, sedie décor, poltrone che portano la firma di grandi designer come la poltrona D.153.1 disegnata da Giò Ponti nel 1953.
Che bello, finalmente oggi si torna a parlare di notizie!
Che bello perché era davvero da tanto tempo che non ridevo così.
È successo di nuovo: Noel Gallagher l’ha sparata.
Interpellato da Music Feed, il nostro custode del sacro fuoco del r’n’r, ha perso l’ennesima occasione per stare zitto prendendosela (Cristo Santissimo) Adele.
E l’ha fatto nel suo stile, mica come una mammoletta.
Adele, secondo il nostro opinionista, è RESPONSABILE “del mare di musica dozzinale e fottutamente insulsa” in cui si è trasformato il pop.
Brano: “Cover Band” di Redd Kross Album: “Red Cross Ep” del 1980
Ok.
Non so come sia possibile ma devo ammettere che non ho mai sentito neanche mezzo pezzo di Adele.
E devo dire che sopravvivo lo stesso.
La cosa che mi stupisce è come si possa ancora dare credito a questo pagliaccio, lui sì, uomo che ha inondato il pop di grossolanità varie a base di vocali aperte e strascicate di irresistibile stucchevolezza.
E infatti prosegue senza smentirsi e lamentandosi pure, perché nessuno gli fa mai domande sulla sua “passione per gli U2 e i Coldplay”.
Cristo Santissimo.
Proprio i più alti esempi di pop finissimo, sottili proprio come l’irresistibile guscio di una pralina della Lindt, mai stomachevoli, proprio come il ripieno di una pralina della Lindt.
“Musica per fottute nonnette”, dice il nostro rocker.
Detto dall’uomo che ha scritto cose come Wonderwall e Don’t Look Back In Anger.
Roba mai iper-prodotta, con suoni naturali, mai gonfi.
Mica banal-pop-rock da supermercato.
Cristo Santissimo.
Direi che a questo punto, visto che Noel ci ha piacevolmente sorpresi come fa da sempre, posso solo dedicargli questo pezzo.
Ogni giorno un brano intonato alla cronaca selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.
Selezione e commento di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3
Radio Strike è un progetto per una radio web libera, aperta ed autogestita che dia voce a chi ne ha meno. La web radio, nel nostro mondo sempre più mediatizzato, diventa uno strumento di grande potenza espressiva, raggiungendo immediatamente chiunque abbia una connessione internet.
Un ulteriore punto di forza, forse meno evidente ma non meno importante, è la capacità di far convergere e partecipare ad un progetto le eterogenee singolarità che compongono il tessuto cittadino di Ferrara: lavoratori e precari, studenti universitari e medi, migranti, potranno trovare nella radio uno spazio vivo dove portare le proprie istanze e farsi contaminare da quelle degli altri. Non un contenitore da riempire, ma uno spazio sociale che prende vita a partire dalle energie che si autorganizzano attorno ad esso.