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Il Comune delle banane: due pesi e due misure, entrambe sospette

Ho chiesto ad Andrea Gandini, un caro amico e un prezioso collaboratore di questo giornale, di raccontarci la storia di quei 4 ettari di “campagna in città” fino alla recente vexata quaestio dell’oasi verde intra mura di Via delle Erbe, che tutti a Ferrara conoscono come Terraviva [Qui il mio recente articolo su Periscopio]. Dal 2001 al 2017, Gandini è stato uno dei principali protagonisti dell’Associazione Nuova Terraviva . So che se ne è andato disgustato, insieme a tutti coloro che vi avevano lavorato volontariamente per oltre un decennio. Ma prima di dargli la parola, non posso non rilevare una coincidenza/differenza tra due casi che in città fanno molto discutere.

Il Comune di Ferrara, invocando la tutela di pubblica sicurezza,  ha emesso (in pieno Ferragosto!) un’ordinanza che vieta l’accesso agli spazi del Centro sociale La Resistenza, fintanto che non saranno ultimati i lavori di messa a norma della struttura (impianto elettrico eccetera). Se l’associazione non trovasse i denari necessari e non riuscisse ad individuare un’azienda che completi i lavori entro il termine draconiano di 30 giorni, gli stessi verranno effettuati con comodo dal Comune, ponendo a carico del Cps La Resistenza le spese.  Da notare che all’ultima ispezione che ha dato origine alla ordinamza, ha partecipato anche il solerte Vicesindaco, per dimostrare la tempestività e  l’efficienza del Comune.
Per buona sorte a Ferrara è partita una gara di solidarietà [Vedi qui] per raccogliere i fondi necessari per effettuare i lavori e salvare La Resistenza, l’unico Centro Sociale sopravvissuto a Ferrara.

La gestione attuale di Terraviva invece opera sin dal febbraio 2020 (sono passati 3 anni e mezzo) in locali interamente abusivi, nei quali si svolgono anche i campi per bambini, con wc abusivi, cucina abusiva, nonostante una sentenza del Tribunale di Ferrara (febbraio 2020) avesse intimato di sgomberare e abbattere i “manufatti incongrui”. Ma qui il Comune di Ferrara non vede e non sente. Anzi, al bando del 2022 per riassegnare l’area dopo aver aperto le buste della gara e aver visto che Terraviva aveva perso (80 a 67), annulla la gara e ne fa un’altra ad hoc per lei, togliendo pure l’affitto da pagare al Comune.
Due pesi e due misure, tipiche di un Comune delle banane.
Francesco Monini
direttore di Periscopio

C’era una volta a Ferrara una Terra Viva (Terraviva)

Qui comincia l’avventura 

Per 15 anni (fino al 2017) ho contribuito con molti altri/e a valorizzare la “campagna in città in quei 4 ettari straordinari di bene pubblico che furono inventati da Serafino Monini. L’ingegnere “ricco e generoso”, come lo chiamavamo noi giovani ribelli, che gli avevamo chiesto di far pagare l’affitto ai propri inquilini in base al reddito (max 13%). E lui lo fece.
Uomo straordinario che come assessore (e costruttore del residenziale di via delle Erbe 29-55) convinse nel 1985 Nara Forti (moglie di Eugenio Ravenna, salvato dai russi sul tavolo operatorio di Auschwitz e fratello di Paolo Ravenna, presidente di Italia Nostra che si inventò “l’Addizione Verde”, restauro delle Mura e Parco Urbano) a vendere al Comune per una modestissima cifra (180 milioni, oggi 220mila euro) quei 4 ettari di campagna che fanno oggi di Ferrara la città in Europa con la più vasta campagna in centro storico. Ai politici (ancor più a quelli di oggi) quello straordinario posto non è mai interessato molto.

E la terra divenne Terra Viva

Lo coltivarono ad agricoltura biodinamica dal 1987 fino al 2000 i fondatori di Terraviva (Silvio Vignali, Francesca Squarzoni, Paolo Pistis, Alessandro Grandi e Paolo Poggi).
Nel 2000 siamo arrivati anche noi e lo abbiamo ulteriormente trasformato in un posto bellissimo: alberi, siepi, percorsi spirituali (come quello a lemniscata suggerito da Paolo Pistis, oggi in abbandono come quasi tutto), un frutteto di 15 alberi patriarchi (i più antichi della loro specie) che consente a Ferrara di entrare nella rete regionale dell’Arpa di studio sul clima e far vedere a bambini e scolaresche come sono fatti i veri meli o il melograno di Forlì (che i gestori di oggi chiamano di Piacenza).
Poi le due casette sugli alberi e il percorso arboreo, il tunnel verde dentro una gigantesca siepe, mentre Riccardo Sarto curava le api come fossero sue figlie. Inserito pecore, capre, sculture e installazioni artistiche (oggi scomparse).

Lo abbiamo fatto per creare bellezza e un luogo ricco di incontri, corsi e spiritualità. Nuova Terraviva ha vissuto un periodo d’oro fino al 2017, arricchito dai campi estivi che il maestro Waldorf Mattia Gandini ha sviluppato portando le presenze dei bimbi da 100 a 600. Tante iniziative culturali e corsi di maestri/e come gli acquerelli di Maria Pia Tonioli, Anna Tambini, la potatura di Massimo Casoni, la lana cardata, le conferenze di Marcello Girone, le feste di primavera, le pizze della Marianna, i pranzi di Gianni, Alessio e Vasuki, le domeniche di avvento in preparazione del Natale, l’entusiasmo dei soci e di una presidente architetto come Costanza Cavicchi, la bellissima esperienza degli orti condivisi di Anna Faccini, Riccardo Guirrini, Marcello Guidorzi, Mirco Micheli e gli altri 30 loro soci, inventando un modo di coltivare in cui si stava insieme. Giorni felici e comunità viventi con qualche litigio, come avviene dove c’è vita.

Il colpo di mano dentro l’Associazione

Nel 2017, in una fase di riorganizzazione interna dell’Associazione per la partecipazione al nuovo bando, si sono introdotte persone che hanno estromesso tutti i soci volontari di lunga data e cambiato volto e finalità dell’Associazione, appropriandosi senza alcuno scrupolo di tutto ciò che l’Associazione aveva costruito e seminato nei precedenti 30 anni. Fu subito chiaro che questo gruppo non voleva partecipare ad un bando pubblico ma trovare un modo per rimanere nell’area sfruttando il posto straordinario e l’avviamento “ereditato”.

Giovanni Dalle Molle, contadino bio, che ha curato la terra dal 2007 e venduto le sue verdure per 10 anni, arricchendo il posto col suo insopprimibile protagonismo – tra concerti estivi, colazioni letterarie e cene d’autore – dopo aver chiesto di poter ulteriormente prorogare la concessione, ha accettato civilmente l’esito della sentenza del Tribunale dell’11.2.2020 che lo intimava a lasciare questo “raro brano di campagna dentro le mura”, come lo ha sempre definito la Sovrintendenza.
Questo amato luogo, che è prima di tutto un luogo pubblico, meritava infatti una nuova procedura trasparente per l’affidamento della gestione, valutata per merito del progetto e affidabilità e professionalità dei gestori, al fine di portare nuova linfa e risalto per il bene della città e oltre. La Convenzione prevedeva (giustamente) a fine periodo (11.11.2017) di smantellare i manufatti incongrui (confermata dalla sentenza del Tribunale dell’11.2.2020) contro Nuova Terraviva che voleva rimanere “a tutti i costi” nell’area.

Finalmente il bando pubblico

Dopo che per 2 anni il Comune concede a Nuova Terraviva una gestione temporanea (senza intimare di abbattere i manufatti incongrui, come pure chiedeva il Tribunale), finalmente indice nel 2022 un bando dove si prevedevano importanti investimenti nell’area per il gestore ed un canone annuo minimo di 11.500 euro.
Pensavamo che la nuova Amministrazione avesse capito l’importanza di valorizzare questo posto e dare spazio a nuovi protagonisti e nuove idee, come il bosco in città dell’ass. Patriarchi della Natura, leader in Italia coi suoi 650 alberi patriarchi e tante altre idee lungimiranti, che in effetti sono state elaborate da un ampio gruppo di oltre 10 tra associazioni, imprese e Università sotto la guida dell’Azienda Agricola Corte Frazza e coordinate dall’ing. Alberto Minotti.

Il colpo di mano del Comune: annullata la gara a buste aperte

E infatti, la qualità della proposta della nostra ampia cordata è stata apprezzata dai 3 dirigenti valutatori con il massimo punteggio tra i partecipanti (67 punti) contro i 53 dell’associazione Nuova Terraviva.
Ma a qualcuno non andava bene che vincesse un soggetto diverso, per cui (a buste già aperte!) la gara è stata annullata, con la falsa giustificazione che “non c’era ancora il PUG”, Il Piano Urbanistico Generale che il Comune avrebbe dovuto approvare nel 2021.

La giustificazione si è rivelata palesemente falsa anche perché il PUG ha continuato a non esserci anche 6 mesi dopo, quando è stata fatta una seconda gara ad hoc, organizzata velocemente (con soli 15 giorni di informazione tra le festività di San Giorgio e del Primo Maggio), presentata dal Direttore Generale, cosa non vietata, ma molto anomala e successa pochissime volte nella legislatura, a cui potevano partecipare però solo le associazioni del Terzo settore residenti a Ferrara (guarda caso, come l’associazione Nuova Terraviva che poi ha vinto).

Salta fuori un secondo bando. E un vincitore sicuro.

Il nuovo bando appare “strano”,  tanto da far pensare a un testo sotto dettatura, ma quello che più colpisce è che  –  a differenza del Bando originale che prevedeva un introito positivo per i cittadini in termini di lavori, manutenzione di qualità e valorizzazione dell’area e di affitto per le casse del Comune – viene previsto un contributo a fondo perduto per l’associazione aggiudicataria e nessuna traccia degli obblighi di sviluppo dell’area e di manutenzione ordinaria e dei grossi investimenti previsti nel primo bando (illuminazione della pista ciclabile pubblica, demolizione dei manufatti esistenti e realizzazione di nuovi a norma, etc.,).

Si è così “privilegiato” (ho usato un eufemismo)  quel gruppetto che si era impadronito per interessi personali della storica Associazione Nuova Terraviva.  Stupisce la miopia degli amministratori del Comune che buttano nel cestino il lavoro prezioso di progettazione di tante associazioni, imprese, esperti per il bene della città (validato dai commissari valutatori) in spregio alle più elementari regole di gestione della cosa pubblica.

Cosa ha perso Ferrara, cosa dobbiamo riconquistare

Si depotenzia così un futuro che poteva essere straordinario, anche se ancora aleggia la bellezza del luogo e quella creata da 300 soci e migliaia di cittadini che hanno fatto viva questa terra bio, ora abbandonata.
E tutto a che scopo? Perché qualche soldino si può fare comunque non pagando l’affitto (che incredibilmente il Comune ha tolto), limitandosi ad una manutenzione minima, e tanto l’orto la fanno i lavoratori socialmente utili, che non costano (collaborazione anche questa ereditata dalla precedente gestione). Si pagano poco le giovani educatrici dei campi estivi, si prende il cibo al Metro (quello che c’è scritto sul sito web risale a 10 anni fa).
Ben altra cosa era l’idea di costruire e manutenere un luogo magico e di attrazione internazionale, con tanti servizi per la città.

Da 4 anni abito in Trentino. E quando racconto come vanno le cose in quel di Ferrara ai leghisti di qui, mi guardano straniti, perché i Trentini, che ci tengono tantissimo alle loro comunità, sanno che per “tirar vanti”, insieme alle buone tradizioni e alla difesa del local, bisogna valorizzare chi ha talenti, professionalità, risorse, se si vuole generare qualità e bellezza (e sviluppo locale).
Non credo sia un caso che nel 2022 a Trento l’occupazione sia cresciuta di 3mila unità sul 2021, mentre a Ferrara sia calata di 1.500 persone (siamo al 6° ultimo posto in Italia su 106 aree, insieme a Caserta, Crotone, Caltanissetta; fonte Istat). Gli amministratori hanno annullato anche le indagini che si facevano sull’occupazione locale, sperando che nella nebbia, nulla si veda, ma la realtà (e la verità) prima o poi viene a galla.

Ma non priviamoci di sperare, seppur nel “paese delle banane” (quale stiamo diventando) perché al bel l’è in t’l’ultim!”.

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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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