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di Massimo Piazza, Direzione Cinema Mibact

“Piazza Cinema” è uno spazio in cui parlare della settima arte affrontando gli aspetti meno divulgati delle culture cinematografiche, dei problemi del settore e dei protagonisti attuali. E magari anche per divertirci un po’ insieme.

“È assolutamente evidente che l’arte del cinema si ispira alla vita,
mentre la vita si ispira alla televisione” (Woody Allen)

Cinema “settima arte”, una frase conosciuta e usata come un mantra. Settima, sì, ma anche la più popolare, insieme alla musica. Un’arte che, nonostante la crisi del piccolo esercizio, offre un circuito di distribuzione e presenza ampio e capillare.
Eppure, quanta attenzione le viene dedicata dal nostro circuito di comunicazione mediatico, a parte il facile glamour dei red carpet e delle stelle e stelline? E, soprattutto, quanto spazio è dedicato dal nostro sistema educativo-scolastico alla conoscenza della storia del cinema?
La risposta è sotto gli occhi di tutti: l’insegnamento del cinema a scuola è saltuario, affidato alle iniziative dei singoli operatori didattici. Unici in Europa, i nostri programmi scolastici non prevedono forme di divulgazione della cultura cinematografica.
In tutto il mondo occidentale il cinema si studia nelle scuole, fa parte del patrimonio culturale comune, diventa strumento di crescita anche sociale e partecipativa; da noi invece no, in ossequio ad una concezione ancora elitaria, spesso passatista e appassita, della cultura, che trascura in particolare la formazione delle giovani generazioni, che potrebbero utilizzare e metabolizzare più facilmente e proficuamente questo strumento.
Tanto per dire, nel Regno Unito il British Film Institute agisce in sinergia con il sistema educativo, e l’insegnamento del cinema è presente, sia pure spesso in modo facoltativo, nei programmi scolastici, in particolare delle materie letterarie; in Francia il cinema fa parte dei programmi, facoltativi e obbligatori, di educazione ai media e alle materie letterarie, tanto che si stima che oltre il 10% degli studenti svolga sistematico apprendimento specifico in campo cinematografico. Anche in Germania l’apprendimento dei media, e nello specifico del cinema, è previsto nelle scuole di ogni ordine e grado. E così accade, in diverse modalità, in Spagna, nei Paesi Bassi, e a seguire negli altri Paesi dell’area occidentale.
In Italia, invece, il sistema scolastico è fermo a programmi e ispirazioni di 50 anni fa, prevede percorsi che vengono conclusi senza aver mai nemmeno sfiorato materie divenute nel frattempo fondamentali, come la conoscenza dei media e delle nuove tecnologie, dei meccanismi fondamentali dei sistemi e degli strumenti economici, delle principali culture internazionali, in particolare extra europee.
Così un giovane può concludere un percorso didattico nella più completa ignoranza dei rudimenti della storia del cinema e dei film, e perdere dunque tutto quel patrimonio che racconta le emozioni, le estetiche, gli stili, le tecniche e i contenuti del cinema.
Non parlare mai di Nascita di una nazione di Griffith, della “fantozziana” Corazzata, del neorealismo, o della nouvelle vague, è un po’ come ignorare la Divina Commedia, La Gerusalemme liberata, Leopardi e via dicendo. Non è un problema solo culturale, ma soprattutto una carenza che va a colpire un aspetto fondamentale, perché il cinema produce e materializza i canoni estetici ed espressivi che divengono il codice interpretativo delle realtà e dei tempi; il cinema è come uno specchio nel quale viene proiettata una immagine idealizzata, sintetica e simbolica, di una società o di un tempo; propone frammenti, schegge dei modi di vivere, di parlare, di muoversi, di vestire, ci parla e ci fa vedere luoghi e architetture sociali spesso scomparse; in sintesi potremmo dire che è un dispositivo del racconto storico-sociale, è la storia che racconta le nostre Storie.
Rappresenta le emozioni, le gioie, le paure, le sconfitte e le vittorie, vissute negli ambiti illuminati, ma anche in quelli oscuri, della nostra mente e della nostra psicologia.
E’ in sostanza uno strumento di conoscenza, razionale ma anche emozionale, indispensabile per la piena realizzazione di una personalità completa e matura.
Nonostante frequenti impulsi e richieste in tal senso, nel nostro paese niente si muove. Per ora vive l’auspicio che il prossimo ventilato intervento sulla scuola annunciato dal Governo comprenda anche questo aspetto, e che il Ministro della Cultura e del Cinema Dario Franceschini possa immaginare qualche percorso che porti più cinema di qualità nelle nostre scuole e ai nostri ragazzi, con particolare attenzione alle “periferie” sociali e urbane del nostro Paese.
Nell’attesa noi proviamo a fare divulgazione cinematografica a modo nostro, con una comunicazione creativa e partecipativa: qui a seguire un primo articolo e un test con cui il lettore potrà verificare la propria conoscenza della storia del cinema, indicando il film e se possibile il regista, senza che un esito non entusiasmante debba gettarlo nello sconforto: si può sempre recuperare.
E se invece le indovinerete tutte, non perdeteci di vista, perché dalla prossima volta andremo più sul difficile …

TEST DI CULTURA CINEMATOGRAFICA

1) Due suonatori di jazz per sfuggire a una banda di mafiosi si travestono da donna
Risposta:
2) Una giovane donna ha un passionale incontro senza parole in un appartamento parigino
Risposta:
3) Un film americano racconta l’intreccio delle storie di vari personaggi nel corso di un festival di musica country
Risposta:
4) Una comparsa muore in croce per aver mangiato troppo
Risposta:
5) Due motociclisti attraversano gli USA per andare al festival di New Orleans
Risposta
6) Un film inglese del ’70 che tra i primi racconta in un drammatico crescendo un interno gay
Risposta:
7) Un cameriere ubriaco distrugge una festa con finale in una piscina
Risposta:
8) Una epica esplosione di un frigorifero nel deserto americano
Risposta:
9) Quattro personaggi hanno una brutta avventura in un bosco, ognuno racconta una versione diversa dell’accaduto, film giapponese del ‘50
Risposta:
10) Un cavaliere gioca a scacchi con la Morte

Risposte: [clic per vedere]

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Redazione di Periscopio

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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