Trent’anni fa scompariva prematuramente Augusto Daolio, storico fondatore, con il batterista Beppe Carletti, dei Nomadi, uno dei gruppi più longevi e importanti della musica italiana, simbolo della beat generation e delle proteste giovanili.
Nato nel 1947 a Novellara in provincia di Reggio Emilia, dal 1963 Daolio e la sua band partono dalle balere dell’Emilia-Romagna per sbarcare in Italia e nel mondo. Ma la musica qui non c’entra.
Daolio dai capelli lunghi e dalla barba brizzolata era anche un bravissimo pittore e scultore autodidatta: dalla prima mostra personale a Novellara nel 1991, le sue opere sono oggi ancora esposte e sono approdate a Ferrara alla Palazzina Marfisa d’Este, dove le potremo ammirare fino al prossimo 11 settembre.
“La musica la coltivo come mezzo sociale per comunicare con gli altri: ansie, rabbia, amore, idee e progetti. La pittura per scavare dentro me, per interrogarmi, per lo stupore, la meraviglia e il segreto.”
Augusto Daolio
“Ho sempre ascoltato molto – diceva Daolio – guardato, osservato, e mi sono sempre lasciato sedurre dalla natura, sentendomi parte di essa. Fisicamente, voglio dire. Ho provato stordimenti e capacità visionarie. Mi sono abbandonato agli odori della terra, dell’erba, della corteccia degli alberi. La mia piccola natura sente tutto lo sconvolgimento di un temporale di primavera”. “Non disegno per riempire un vuoto”, diceva, “ma per vuotare un pieno che è dentro di me e preme”. “Sono gravemente ammalato di quello strano male che spinge a guardare tutto con grande stupore”. Lo stupore, il motore della creazione.
E a raccontare questo sentire, l’avvolgente respiro della natura, Ferrara espone una selezione di 56 lavori, tra olii e chine colorate, realizzati tra il 1973 e il 1992, ispirati dalla natura intesa come insieme di tutte le cose che nascono, vivono e si trasformano, uomo compreso, “non sempre visibile” nei suoi “spaesati” paesaggi, ma che “sa mescolarsi alle cose, scambia i ruoli, diventa cavallo e albero”. Ancora gli alberi… sempre presenti.
Eccoci allora stupiti dalla forza di un’una emblematica china del 1990, abbracciato, e protetto, dalla corteccia di una quercia nella grande e amata pianura emiliana.
“Quando guardo la campagna, larga, lunga, infinitamente piatta all’orizzonte”, scriveva Daolio, “provo una strana nostalgia per un paesaggio di foreste e di grandi alberi che da noi, forse, non è mai esistito”. L’albero diventa così uno dei protagonisti del suo immaginario, forse perché gli assomigliava: “L’albero trae forza e nutrimento dall’oscurità della terra, silenziosa e misteriosa. Essere metafisico. Esce dalla terra acquistando corpo fragile e robusto, si spinge verso l’alto. Essere fisico. Rompe in una specie di delirio fantastico di rami, foglie, teneri germogli, gemme. Essere poetico”. E l’artista ne aveva capito la grande intelligenza. Essere alberi (e pensare come loro) resta importante.
L’albero, silenzioso, che in questa calma e silenzio, con le sue immense, portentose e vitali radici, fa tutto per noi. Lì fermo, in attesa di ogni nostro rientro, paziente ci sostiene. E si mescola, si fonde con il resto.
L’albero si stacca dal suolo e l’ombra delle sue radici diventa la chioma delle pietre perenni, che, altrove, s’accordano nel profilo di un elegante destriero. Che, a sua volta, nasce dall’intreccio delle frasche degli arbusti cresciuti sugli scogli. Un eterno ritorno.
Emerge, l’albero, dal coccige di una sensuale fanciulla, come una coda, ne diventa i capelli, la testa. corpo muscoloso con la testa di rami.
Rami che paiono volersi fondere con i corpi, in un tutt’uno cosmico. Perché il mondo è uno. Spicchi di luna un poco spaesati. Sublimi emozioni.
Un’unione fisica e metafisica, un amore vegetale, la fusione, lo svettare verso il cielo. Pure le pietre parlano. Poesia e Bellezza della natura eterna: spettacolo straordinario.
Siamo nuovamente immersi nel “surrealismo padano”, indica Vittorio Sgarbi, e la città, anche con le più recenti mostre come quella di Adelchi Mantovani, ne continua la narrazione. Come per Adelchi, anche qui c’è un mondo onirico, magico, evocativo e simbolico dove si coglie la connessione Uomo-Natura, le affinità tra essere viventi e inanimati. Un tempo di sempre, curioso. Il meraviglioso mistero di cose, oggetti e sentimenti.
Augusto Daolio – Il respiro della natura, Ferrara, Palazzina Marfisa d’Este, 18 giugno – 11 settembre 2022
Organizzatori: Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara e Fondazione Ferrara Arte in collaborazione con l’Associazione “Augusto per la vita”. Patrocinio della Regione Emilia-Romagna.
“Augusto per la vita” è stata fondata dalla compagna di sempre, Rosanna Fantuzzi, per raccogliere fondi a favore della ricerca oncologica.
Giorni e orari di apertura – 9.30-13 / 15-18 – Chiuso il lunedì
Immagini cortesia Ufficio Stampa Fondazione Ferrara Arte
Daolio, foto di Dario Lasagni
Simonetta Sandri
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Caro lettore
Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.
Se già frequentate queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.
Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani. Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito. Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.
Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta. Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .
Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line, le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.
Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.
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