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8 agosto 1956
Marcinelle: a 975 metri sottoterra, muoiono bruciati 262 minatori, 136 erano italiani 

Oggi il presidente Mattarella commemora, come ogni anno, i caduti sul lavoro di Marcinelle: dal 2001 la ricorrenza è stata proclamata Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo. Una tragedia collettiva da non dimenticare.

Sono passati 66 anni da quella terribile mattina dell’8 agosto 1956, quella della tragedia di Marcinelle, nel distretto di Charleroi in Belgio, tragedia consumatasi nella miniera di carbone Bois du Cazier.

Un incendio si era sviluppato a 975 metri sottoterra, inizialmente nel condotto d’entrata d’aria principale, e presto aveva riempito di fumo tutto l’impianto sotterraneo, provocando la morte di 262 persone delle 274 presenti, in gran parte emigrati italiani, ben 136. Nessuno scampo.

L’incidente, il primo dell’Italia repubblicana, è il terzo per numero di vittime tra gli italiani all’estero dopo i disastri di Monongah e di Dawson (il primo avvenuto, nel 1907, in Virginia, dove morirono molti emigranti molisani, il secondo, avvenuto nel 1913 nel Nuovo Messico, dove persero la vita 146 italiani sulle 263 vittime).

Il sito Bois du Cazier, ormai dismesso, fa parte dei patrimoni storici dell’UNESCO. Era una miniera di carbone, quel materiale che inquina e che oggi si cerca di mettere da parte ma che all’epoca lasciava sperare in un nuovo sviluppo industriale dell’intera Europa che si risollevava dalla guerra, un luogo dove pare che le operazioni di soccorso fossero state particolarmente lente, con pompieri arrivati a mezzogiorno quando già il fumo usciva dalle ciminiere, il cielo era diventato nero e le donne erano attaccate alle grate del cancello ad aspettare e a piangere. Quando era troppo tardi.

Tanti italiani erano partiti per fuggire dalla povertà, alla ricerca di un po’ di benessere, con un governo italiano che, nel 1946, aveva firmato un accordo con Bruxelles che prevedeva uno scambio: per 1000 minatori mandati in Belgio, sarebbero arrivate in Italia almeno 2500 tonnellate di carbone. Uno scambio uomini-merce che ha portato una grande tragedia, una di quelle che nella storia di un paese non vanno dimenticate.

A futura memoria, quindi, per non far cadere nell’oblio un pezzo di storia triste e di passato doloroso.

Perché quel pezzo di passato è ancora, purtroppo, più attuale che mai.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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PAESE REALE
di Piermaria Romani


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