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Treno treno delle mie brame, qual è il più bello del reame? Sicuramente lui, sempre e solo lui, l’Orient Express, il treno della magia, dell’amore, del sogno, del mistero, della storia. Lui che partì per la prima volta 130 anni fa, il 4 ottobre 1883, dalla Francia alla Romania, passando per Vienna. Era la prima volta che quel treno sbuffava e cigolava, ma era anche la prima volta che una macchina su rotaia attraversava l’intera Europa, correndo dritta verso Oriente. Nella rumena Giurgiu, i passeggeri erano trasportati attraverso il Danubio via nave fino in Bulgaria, per poi prendere un altro treno per Varna, da dove completavano il viaggio per l’antica Costantinopoli in traghetto.
Un altro percorso cominciò a essere usato nel 1885, raggiungendo Costantinopoli per ferrovia da Vienna a Belgrado e Niš, poi su carro fino a Filippopoli, in Bulgaria, e di nuovo su ferro fino a Costantinopoli. Nel 1889 si completò la linea ferroviaria diretta. I favolosi anni Trenta conobbero l’apice del successo dei servizi di questo favoloso treno, con vari collegamenti in funzione allo stesso tempo: l’Orient Express (che univa Parigi a Istanbul – Costantinopoli prese questo nome nel 1923 – , via Strasburgo, Monaco, Vienna, Budapest e Bucarest), e il Simplon Orient Express (il collegamento con l’Italia fu possibile dal 1919, a seguito dell’apertura del tunnel del Simplon – da cui il nome del treno che copriva quella tratta, che univa Calais e Parigi a Istanbul e Atene via Losanna, Milano, Verona, Venezia, Trieste, Zagabria, Belgrado, Sofia e Salonicco).

 

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In questo periodo di massimo splendore, l’Orient Express divenne famoso per lusso, confort e raffinata cucina. Era frequentato da reali, nobili, diplomatici e ricchi uomini d’affari. La storia del treno più famoso di tutti i tempi, il più romantico, che ha ispirato per generazioni il cinema e la letteratura si intreccerà con un secolo di storia politica europea. La Prima Guerra mondiale si concluse, infatti, a bordo di esso. L’armistizio venne firmato nella carrozza 2419 dell’Orient Express, in sosta presso Compiègne in Piccardia, nel nord della Francia. Il generale Ferdinand Foch impose ai tedeschi sconfitti pesanti risarcimenti e sanzioni, di fatto creando uno dei motivi dell’ascesa al potere di Adolf Hitler. La carrozza 2419 fu conservata in un museo parigino fino al 1940, quando la marcia di Hitler su Parigi si concluse con la resa francese firmata proprio a bordo di questa carrozza, riportata a Compiègne in segno di sprezzo, per essere distrutta subito dopo.
Il genio creativo di Agatha Christie ha poi ambientato il suo romanzo “Assassinio sull’Orient Express” su una carrozza della tratta Simplon Orient Express.

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Gli storici ed eleganti vagoni, dagli arredi e dai decori lussuosi e curati, hanno ospitato storie di membri di famiglie reali e borghesi, sono state bombardate, sono rimaste intrappolate in bufere di neve, sono state teatro di romantiche storie d’amore, hanno accolto scrittori e poeti che hanno tratto grande ispirazione dalla raffinatezza dei luoghi e dei profumi. Quei luoghi di indimenticabili avventure, romanzi, film, ci riportano alla mente Dracula di Bram Stoker (mentre Dracula fugge dall’Inghilterra via mare, la cabala che ha giurato di ucciderlo arriva a Parigi a bordo dell’Orient Express, precedendolo a Varna), “Il treno d’Istanbul”, di Graham Greene, la versione del 2004 de “Il giro del mondo in 80 giorni” (un comico inglese, ex Monty Python, Michael Palin che lascia Londra a bordo dell’Orient Express per ripercorrere le tappe del viaggio di Phileas Fogg), la fuga di James Bond in “Agente 007, Dalla Russia con amore”, l’episodio 8 della serie animata “le nuove avventure di Lupin III, intitolato, appunto, “L’Orient Express”.

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Un sogno del passato, t’immagini Mata Hari passeggiare per i corridoi, spie che cercano di carpire inconfessabili segreti, contesse russe e austriache con vistose pellicce, grandi cappelli e lunghe sigarette, alti ufficiali che rientrano dalle colonie, profumi intensi e conturbanti che fanno girare la testa, colori accesi che ti lasciano senza parole, lunghe collane di perle e spille un po’ frou frou. Tutto questo mentre dalle tendine bianche leggere e ricamate, entra, con delicatezza, il venticello leggero della sera.

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Anche noi per un attimo siamo lì, quasi trasportati da un’incredibile macchina del tempo che ci fa dimenticare tutti i problemi quotidiani. Quell’atmosfera d’altri tempi ci riporta all’odore del cognac e del brandy, alle passioni amorose che si nascondevano dietro le porte, alle chiacchiere e ai pettegolezzi davanti ai bicchieri di cristallo, alle rose offerte alle belle dame, alle parole sussurrate, ai paesaggi di brughiere e colline che scorrevano lentamente sotto gli occhi attenti dei fortunati viaggiatori.

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Oggi il percorso rimane lo stesso, c’è chi dice che il fascino sia rimasto immutato, chi lo trova un po’ decadente e spento. Noi lo sogniamo come allora, e come allora lo vogliamo immaginare. Perché quando andremo (perché ci andremo, un giorno), ci perderemo nel passato. Come spesso facciamo, da perfetto viaggiatore-sognatore.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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