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Un mix perfettamente armonico di parole e musica, un gruppo di amici che in uno scantinato o in un salotto si divertono a costruire un percorso poetico e musicale: è “La musica provata”, performance di e con Erri De Luca, tratta dal suo libro (Feltrinelli, 2014) e andata in scena sabato sera al Teatro Comunale De Micheli di Copparo.
De Luca, seduto davanti a un buon calice di vino rosso, come se fosse nel suo salotto di casa, battendo il tempo con il piede o tamburellando sullo schienale con la mano, ascolta le sue parole diventare musica, grazie ai virtuosismi della splendida voce jazz di Nicky Nicolai e della band composta da Aldo Bassi alla tromba, Daniele Sorrentino al basso, Andrea Rea al pianoforte e Roberto Pistolesi alla batteria.
Fra un brano e l’altro lo scrittore che ha venduto milioni di copie in trenta lingue, il conoscitore delle Sacre Scritture, si alza in piedi e diventa un aedo, un cantastorie: trasforma lo scritto in racconto e guida il pubblico in un viaggio fra le parole e i ricordi sul “tappeto volante della musica”.
Nella Galilea dell’Annunciazione e della Natività, con Miriam/Maria scintilla dell’accoglienza senza obiezioni e Giuseppe/Joseph, “colui che aggiunge” in ebraico. Quest’uomo ha aggiunto la propria fede in una “verità inverosimile”, il proprio amore contro ogni legge del tempo e il proprio nome, facendo entrare di diritto Jeshua ben Joseph nella stirpe di Davide.
Nella sua Napoli, con quel golfo straripante di bellezza, una bellezza temporanea se consideriamo i tempi della geologia, nata contrastando la forza di gravità, dal basso verso l’alto, dalla terra tumultuosa al cielo. E mentre racconta della canzone napoletana “alleanza fra poeti e musicisti”, con l’unico difetto che è fatta solo di maschi, o di quando “San Gennaro è stato destituito” da santo protettore della città per opera dei francesi nel 1799, non può trattenere il suo accento partenopeo: nulla di strano, in fondo “il napoletano è la sua lingua madre”, “l’italiano è una seconda lingua, imparata in un secondo tempo, mi è piaciuto perché è educato, se ne stava zitto dentro i libri di mio padre”.
Poi parla di e con Chisciotte, fra i suoi libri preferiti, letto due volte a 18 e a 50 anni, ma che ha compreso solo quando lo ha guardato attraverso gli occhi del poeta turco Nazim Hikmet, secondo cui egli è “il cavaliere invincibile degli assetati”: “battuto continuamente, non si dà per vinto, ma si rialza per continuare a combattere”.
Infine l’Italia e il Mar Mediterraneo, “mare nostro che non sei nei cieli”, campo seminato con i corpi di “cavalieri erranti trascinati al Nord”. Tutto ciò che abbiamo è arrivato dal mare: la matematica, la filosofia, i cibi. “Nulla di paragonabile è arrivato dal Nord, forse solo il baccalà, che prontamente abbiamo condiviso e che ora si cucina e si gusta lungo tutti i porti del Mediterraneo”. “Siamo una terra di passaggio”, “una terra aperta”; a scuola ci insegnano che l’Italia è uno stivale, ma in realtà “è un braccio teso che si allunga in mezzo al Mediterraneo” e la Sicilia “è un fazzoletto che saluta”.
Ne “La musica provata” ci sono lo stile e l’eleganza discreti, ma indiscutibili e inconfondibili di Erri De Luca, una splendida band che dà il suono alle parole, la potenza della parola e la forza della musica, la dolcezza di una nanna e il sogno di una fiaba.

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Federica Pezzoli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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