Sono nata in un paese di mare. Si dice che chi ci è nato non ne può fare a meno. Credo sia vero, almeno per me. Ogni volta che torno a Gaeta, faccio lunghe sedute di sole e sabbia, e occhi che abbracciano l’orizzonte, anche in pieno inverno. La vacanze natalizie sono ormai finite, c’è chi le ha passate al mare, chi (molti di più forse) in montagna, chi semplicemente a casa con la famiglia. Io da qualche anno sto scoprendo la montagna, in primavera, estate, autunno e anche inverno.

La montagna è per me scoperta e immensità. L’immensità del mare tende ad andare oltre, ti porta al di là del confine, di tutti i confini, quelli mentali e quelli fisici. Sei lì che contempli l’orizzonte e ti vedi in un altro posto.
L’idea del viaggio legata al mare è quella più popolare.
L’immensità della montagna è ferma, come raccolta, e abbraccia il cielo con le sue vette che lo sfiorano e le nuvole che sembrano celare il cammino. Le nuvole, ti abbracciano quando ci passi in mezzo, bagnano i capelli e poi ti ritrovi d’un tratto il sole in faccia. Allora, non ti immagini oltre, sei semplicemente là, in quel momento. Aspetti che accada qualcosa. In quel movimento.
Non sei tu che vuoi andare, tu rimani fermo e tutto si muove attorno a te. Cambiano le nuvole, il sole, il freddo e il caldo, il terreno sotto i tuoi piedi, il cielo sopra.

Credo ci si prepari a un altro tipo di viaggio. Noi nati in paesi di mare siamo così abituati a cercare, remare, andare oltre, che la montagna ci fa all’inizio un po’ paura. Non siamo abituati ad essere trovati, scoperti, essere guardati mentre tutto attorno cambia e ci cambia.

Forse sarà troppo metaforica, ma è così che la vedo… la montagna.

Cover:  Duna di neve,  ©Ambra Simeone
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Ambra Simeone

Ambra è nata in un paese di mare e ogni volta che si trova in un posto nuovo, lì lascia qualche goccia salmastra. Quando scrive si lascia trasportare dalle brezze marine, quando disegna non usa squadre o righelli, e per entrambe le cose la bussola fa più di un giro. Quello che legge e ascolta non è assimilabile ad un solo genere, perché per lei le parole e la musica non seguono nessuna corrente.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchera.

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