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20 Maggio 2020

La mia soffitta

Tempo di lettura: 5 minuti


La mia casa ha tre piani e la cantina. Al  primo piano c’è la zona giorno, al secondo la zona notte e al terzo la soffitta. La soffitta è mansardata, centralmente ci sta in piedi una persona alta, ai lati potrebbe starci solo un nano. Sono quattro stanze una inanellata all’altra, senza corridoio. Ognuna ha un abbaino che guarda direttamente sul tetto e permette alla luce e all’aria di entrare. E’ una soffitta vecchia maniera, senza aria condizionata, senza pavimenti (solo la gettata di cemento), piena zeppa di cose inutili, che nessuno sa più da dove siano arrivate. La polvere imperversa e gli sporadici tentativi di Rosa di aspirarla, sono quasi inutili.

Rosa parla con la polvere: “vattene maledetta, cosa ci fai qui, sei peggio dei ragni e degli scarafaggi, puzzona”. E’ una soffitta autentica, a me piace così. Là dentro il tempo è fermo. Non ci sono segnali chiari che siamo nel 2020, fatto salvo che per i libri dello scorso anno di mia nipote Valeria che fa la seconda media. Guardando la data in cui sono stati stampati si capisce che siamo all’incirca nel doppio venti.

Il tempo fermo è sorprendente, insegna.  Nell’ultima delle quattro stanze c’è una vecchia libreria e scatoloni di cose inutili. Ne apro uno. Esce un lampadario. Tanti riccioli di ottone e dei porta lampadine vuoti. Sull’ottone si è appiccicata la polvere e il colore del lampadario è quasi nero. Prendo un giornale, lo appoggio sull’ottone, strofino. Ritorna color oro scuro, brilla di nuovo. Azzarderei a dire che è degli anni ’70. Mi siedo in terra, sopra un vecchio giornale di ricami all’uncinetto e cerco di fare mente locale su cosa è successo negli anni ’70.  Guardo dall’abbaino, vola un aereo nel cielo, si vede la scia bianca che diventa prima panna montata, poi nebbia chiara, infine scompare.

Negli anni ’70 ci sono state grandi novità in ambito musicale, si sono affermati cantanti che hanno fatto la storia, un pezzo di vita. Per i generi derivanti dal rock: Bruce Springsteen, Elton John, James Taylor, John Denver, Eagles, America, Paul McCartney. Per l’heavy metal: Deep Purple e Led Zeppeling. Per il rhythm and blues: Stevie Wonder e i The Jakson Five. Sempre negli anni ’70 è nata anche la disco music: Bee Gees, Abba, Village People. Quell’appariscente incantatore di Elvis Presley raggiunge l’apice del successo.
Un fermento musicale incredibile. Provo a battere con un bastoncino sul lampadario d’ottone, fa un rumore attutito ma piacevole. Dan, dan, din, diiin. Anche questa è musica. Tanti grandi artisti hanno iniziato suonando in soffitta, con strumenti artigianali, guadagnandosi l’ira dei vicini di casa e delle colf.

Nella mia soffitta dove oggi il tempo si è fermato agli anni ’70, si possono anche rivedere vecchi film. Sul riflesso d’ottone del lampadario che ho in mano si accendono insegne luminose, la luce fa un capriola e ridà forma a immagini di vecchie riprese. Il lampadario d’ottone fa da schermo, si riflettono i colori del tempo che fu.
Lo Squalo, Guerre stellari, La Febbre del sabato sera, Il Padrino. Dei veri blockbuster!. Guardo le luci della Febbre del sabato sera. Brillano di gioventù, di amicizia, di serate in discoteca. Un Jonh Travolta giovanissimo e danzante che sa di trasgressione e scoperta. La colonna sonora è fatta dai Bee Gees: “Stayin Alive, Stayn Alive u u u u Stayn Aleiiiiiiv”.
Ripensando alla trama del film, la trovo attuale: l’emigrazione, l’uso di sostanze stupefacenti, il razzismo, la violenza sessuale e la violenza tra bande. C’è tutto, da rivedere, lo farò. Intanto sul riflesso del lampadario d’ottone c’è un’astronave in avvicinamento. Una forma quasi sferica e bianca, che attraversa il nero dell’iperspazio. Uno strano mezzo di trasporto che si avvicina a velocità supersonica. Guardo meglio, metto a fuoco, è proprio lui: Guerre stellari! Star Wars!.  Questo è un film di fantascienza che ha davvero iniziato un’epoca. Ambientato in una galassia e in un tempo immaginario, rappresenta l’eterna lotta tra il Bene e il Male. Jedi (buoni) e Sith (cattivi) sono impegnati in una guerra all’interno di un campo di energia che si chiama ‘Forza’. L’ho visto molte volte, come milioni di altre persone e lo ritrovo adesso in soffitta.
La colonna sonora del film è stata composta da Johm Williams, il quale ha ancorato il suo lavoro all’uso di leitmotiv che ricorrono per accompagnare i personaggi e i temi della saga. Tra i più famosi il Main Theme, che apre il film e il The Imperial March che sottolinea le apparizioni di Dart Fener. Una storia da vedere più volte. Un viaggio in avanti, indietro, su se stessi, in fondo. Guardo sull’ottone del lampadario e l’astronave si allontana, velocissima come è arrivata. Viaggia verso nuove avventure, in uno spazio che è infinito. Corre incontro a una rinnovata fascinazione e possibilità e, contemporaneamente, ci permette di riscoprire ciò che di più antico e consolidato sappiamo. La genesi dell’universo, della terra, l’uomo. La lotta tra il bene e il male che dura da allora. Guardo l’astronave sul lampadario d’ottone. E’ diventata un puntino lontano, sempre più piccolo, molto piccolo, piccolissimo, non si vede più. Ora riguardo e vedo che una mosca ha lasciato il segno del suo passaggio. Mitici anni ’70, ci hanno regalato molto, c’è molto da riscoprire, da rimparare.

Ripongo il lampadario, cerco di chiudere la scatola. Mia madre dice che prima o poi a qualcuno quel lampadario servirà. Può sempre succedere una carestia mondiale, una glaciazione, una nuova peste (quella per la verità c’è già, ma non credo che possano essere utili dei lampadari).
Mi rimetto in piedi, raccolgo il giornale con i lavori all’uncinetto. Devo ricordare di dire a mia sorella che è lì. A lei piacciono i vecchi ricami e le vecchie carte.

La mia soffitta è sempre piena di polvere, la polvere è come una coperta leggera che ovatta tutto e lo invecchia, un po’ lo protegge con la sua opacità. Basta passare uno strofinaccio e tutti i ricordi contenuti in quella soffitta rinascono per qualche ora. Là si trovano storie che prendono vita, forma, consistenza, spessore. Come tante parole e immagini che si animano se qualcuno lo desidera, come tanti maghi che escono dalla lampada di Aladino, come tanti tesori che escono dagli scrigni incantati, come tanti specchi rivelatori che ti dicono come sarà il tuo futuro, dove andremo, dove torneremo, chi sarà il più bello del reame.
La polvere fa starnutire, nella mia soffitta si avverte sempre un po’ di fastidio al naso e dopo un po’ anche un po’ di prurito sulla pelle. Credo che un allergico alla polvere potrebbe morire.
Ma sotto la polvere c’è la storia della mia famiglia e di tanti di noi. E noi siamo anche la nostra storia. Nessuno di noi saprebbe chi è senza di essa.

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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