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Il sacrificio degli agnelli

L’altra mattina alle 7 sento alla radio che l’ospedale di Gaza City, più volte bombardato dagli aerei israeliani, è completamente fuori uso. Niente Elettricità, niente acqua, niente di niente. L’ospedale non c’è più. Nella nursery muoiono anche i neonati. Muoiono senza scampo, in quello che una volta era il reparto di terapia intensiva. L’invasione israeliana continua. Nella striscia di Gaza muore un bambino ogni 3 minuti.
Oggi al telegiornale sento la conta dei morti nella striscia: oltre 11.000 vittime, 4.650 bambini. In quello che era un ospedale, una fossa comune accoglie oltre 170 ricoverati.

Mi sono chiesto, con tutta l’ingenuità che mi rimane: perché la pace non arriva?

Davanti alla strage, al sacrificio degli agnelli, qualsiasi persona di qualsiasi bandiera vorrebbe che le armi tacessero, che si spegnesse il rimbombo degli aerei, che si levasse il fumo per soccorrere gli inermi e per seppellire i morti. Non è forse vero? Perché allora LA PACE, che appare la cosa più semplice, più naturale, più ragionevole del mondo, non arriva mai? Perché ci raccontano che le cose sono terribilmente complicate, che nemmeno i diplomatici e gli esperti più esperti… figuriamoci noi comuni mortali (e lontani) se possiamo capire le implicazioni politiche strategiche economiche…

Tutte le notti gli agnelli piangono, tendete le orecchie e sentirete i loro strilli. Gli agnelli muoiono, ma la guerra è da sempre la nostra compagna. È la guerra – così ci insegnano – ad essere normale, semplice, naturale, non la pace. Che la guerra, non la pace, corrisponde alla nostra umana natura. Che l’uomo è un lupo per gli altri uomini.  E, ingenui come siamo, non abbiamo ancora imparato  l’antica massima di Carl von Clausewitz, che “La Guerra è la continuazione della politica con altri mezzi” ?

Eppure. Eppure sono in tanti, in tantissimi, a scendere in piazza in tutto il mondo per chiedere il cessate il fuoco, la tregua, la pace. Pochi giorni fa a Londra c’è stata una manifestazione oceanica. Talmente gigantesca che, se vi è sfuggita, merita di essere vista.

Manifestazione a Londra per la tregua a Gaza (Fb del Partito Democratico)

Ma Londra è solo un esempio. Questo “popolo ingenuo che vuole la pace”, in Palestina come in Ucraina manifesta tutti i giorni: in Europa, negli Stati Uniti, in Israele. Sfila per le strade delle metropoli come delle piccole città di provincia.

Lo sappiamo, i pacifisti non godono di buona stampa. Se va bene, sono trattati come sognatori e utopisti, spesso come piantagrane, come agitatori, come terroristi tout court. A pochi viene in mente che la marea umana che si mobilita per la pace rappresenta la grande maggioranza del genere umano. Che nessuna donna e nessun uomo, nessuna madre, padre, ragazzo, bambino può sopportare il pianto disperato degli agnelli.

La natura umana corrisponde alla pace, non alla guerra. Eppure la pace è irrisa. La guerra è in minoranza, eppure insanguina il mondo.  Con tutta l’ingenuità che vi rimane, provate a capire perché la pace “non arriva mai”? Forse non arriva perché i Capi di Stato, gli stessi che si dicono impegnati a fermare le armi, non ne hanno nessuna intenzione. Forse perché se si arriva alla pace, la carriera politica di Netanyahu e Zelensky, ma anche di Putin e Biden, sarebbe finita. Addio potere. E che fine farebbe la potentissima e ubiqua lobby delle armi?

Magari il problema è più generale. Il problema è il potere. Per far prevalere la maggioranza e la pace, bisognerebbe abolire gli Stati e i Capi di Stato. Come stanno facendo le libere città kurde.

Ecco, ho cominciato da ingenuo e ho finito come anarchico. Chiedo scusa al lettore, ma il pianto degli agnelli non mi fa dormire.

Cover:  Bambino di Gaza, acquerello di Miriam Cariani da un fermo immagine di un video reale, l’immagine è stata modificata per rispettare la privacy. 

Per leggere gli articoli di Francesco Monini su Periscopio clicca sul nome dell’autore

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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