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Epilogo del caso Carife: da grandi poteri derivano grandi irresponsabilità

Con un pezzo comparso su questo giornale nel novembre 2021 (si può leggere qui) prendevo atto con sconcertata desolazione dell’accordo tra Banca d’Italia e Gennaro Murolo, direttore generale di Carife fino al 2009. Accordo con il quale la stessa Banca d’Italia, dopo aver proclamato a mezzo stampa che avrebbe chiesto un centinaio di milioni di danni a CdA, Sindaci, Revisori, Direttori, Presidenti e giù giù fino ai commessi, ha liberato Murolo (nel 2019) in cambio della miseria di 500.000 euro; con ciò depotenziando tutta la parte civilistica delle azioni di risarcimento nei confronti dei presunti responsabili “minori” del dissesto della banca. Ovvio infatti che, se ti accontenti di mezzo milione dal presunto “capo della banda”, agli altri membri della masnada nessuno – non i risparmiatori e tantomeno tu, Bankit – potrà mai chiedere di più. Oggi assistiamo forse all’epilogo di quella che, a questo punto, non ho remore a definire una farsa dagli effetti tragici. Nel versante dell’accusa penale ancora aperto – quello per bancarottai Pubblici Ministeri (quelli che hanno il ruolo e la funzione di pubblica accusa) hanno chiesto l’archiviazione delle accuse contro i nove indagati. Ripeto: chi istituzionalmente dovrebbe motivare l’accusa nei confronti degli indagati, ha detto che non ci sono ragioni per andare avanti. Si archivi.

Sembra un episodio di Topolino. Sei il custode di una ricca casa. Un giorno, un poliziotto ti accusa di avere rubato in questa casa, e ti inserisce dritto in una banda Bassotti di lestofanti come te. Dopo dieci anni il capo del poliziotto dice al giudice che non hai commesso nessuno dei reati contestati. Nel frattempo, la casa in questione è stata espoliata di tutti i suoi beni rimasti, e ce n’erano ancora tanti. Sparisce tutto: denari, risparmi, argenteria di famiglia e metà dei dipendenti. A fare sparire tutto però, apprendiamo oggi, non sono stati i custodi, la presunta banda Bassotti. Al massimo possono essere accusati di avere dato la chiave di casa alle persone sbagliate. Già. E chi sono le persone sbagliate?

Beh. Basta guardare i nudi fatti. All’atto del commissariamento di Banca d’Italia (maggio 2013), Carife aveva 350 milioni di patrimonio. Dopo due anni di commissariamento, di quel patrimonio rimangono le briciole. Il minimo è fare scroscianti applausi ai commissari per l’oculatissima gestione. Segnalo che costoro avrebbero per compito istituzionale quello di preservare il patrimonio dell’istituto che gestiscono.

A questo punto, a buoi già quasi tutti scappati dalla stalla, su proposta di Banca d’Italia (evidentemente risoltasi al male minore, dopo la formidabile gestione dei suoi emissari) un Fondo privato – non pubblico, privato – con dentro i soldi di tutte le banche (Fondo Interbancario Tutela Depositi) delibera di mettere 300 milioni in Carife, per ricapitalizzarla e salvare i risparmi dei clienti. Gli azionisti dicono “va bene” (luglio 2015). Eppure questi soldi tardano ad arrivare. Si comincia a capire che non arriveranno mai quando il governo Renzi diffonde la bufala che la Commissaria Europea alla concorrenza avrebbe scritto che questa specifica operazione è vietata, perchè sono fondi pubblici (come scrivevamo già qui e anche qui).

Abbiamo chiesto pubblicamente all’onorevole Luigi Marattin di esibire questo documento della commissaria europea.  Lui ne dovrebbe sapere qualcosa, visto che allora era il consigliere economico di Palazzo Chigi e grande propugnatore dell’operazione di scioglimento in acido di Carife, nostro concittadino di formazione, ex assessore, oggi deputato di Italia Viva e genio dell’economia. Non avremo mai nè la risposta nè il documento. Non avremo la risposta, perchè non siamo degni di lui. Non avremo il documento, perchè un documento che contenga questo divieto non esiste.

Questo infine sanciscono i magistrati inquirenti: da una parte abbiamo alti funzionari di banca dalla gestione disinvolta, un organo di vigilanza prima distratto poi draconiano, commissari di dubbio spessore e un governo ballista che, ciascuno per la propria quota di responsabilità, hanno contribuito a smantellare pezzo dopo pezzo la principale realtà economica del territorio. Di costoro, non paga nessuno. Dall’altra parte abbiamo tutti i cittadini e i lavoratori che hanno riposto soldi e fiducia nella banca del loro territorio. Costoro pagano tutti senza avere avuto alcuna colpa.

“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità” è una frase divenuta celebre nelle serie Marvel dell’Uomo Ragno. Evidentemente Peter Parker non ha mai volteggiato per i tetti di Ferrara, altrimenti avrebbe dovuto aggiornare la massima.

Cover: l’Uomo Ragno (licenza Creative Commons, https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/)

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

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Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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