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di Barbara Diolaiti

Quando, leggendo il “Bill of Rights” del 1689, chiedo agli studenti di Quarta Itis di individuare quali affermazioni secondo loro confermino con maggiore chiarezza la vittoria del Parlamento inglese sul Re, sempre citano: “Che imporre tributi in favore o ad uso della Corona, per pretese prerogative, senza l’approvazione del Parlamento, per un periodo più lungo o in altra maniera che lo stesso Parlamento non ha e non avrà concesso, è illegale.” Il potere fiscale sottratto al Re.

Penso a questo sabato 7 dicembre mentre ascolto Franco Russo, relatore del terzo appuntamento della scuola di formazione popolare “Invertire la rotta”, organizzata dal Comitato Acqua pubblica di Ferrara in collaborazione con Attac Italia e Insolvenzfest.

“I trattati dell’Unione Europea – spiega, infatti, Russo – sono basati sul criterio dell’efficienza e non della democrazia. L’obbligo degli Stati membri di approvare e inviare alla Ue le leggi di stabilità entro il 15 ottobre di ogni anno, leggi che devono uniformarsi alle indicazioni della Ue stessa, dimostra che il potere fiscale non è più nelle mani dei Parlamenti nazionali e nemmeno del Parlamento europeo, ma di organismi tecnocratici che, in pratica, svolgono il ruolo che era dei Re nelle monarchie assolute.”
L’incontro è dedicato al tema “Stati sovrani? Economia del debito e democrazia economica”; i due precedenti a “Finanziarizzazione dell’economia e dei servizi pubblici” (30 novembre, Roberto Errico e Ivan Cicconi) e a “l’Europa delle istituzioni, dei popoli, della finanza” (23 novembre, Stefano Risso e Claudio Gnesutta).
Cinquanta, settanta persone ad ogni incontro, molte domande e riflessioni.
Alessandro Somma, Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Ferrara, ha coordinato l’intero ciclo e con lui hanno dialogato i diversi relatori.
Somma ricostruisce la progressiva perdita di sovranità ricordando che già il fascismo si presentò come una soluzione sul piano prima di tutto economico: “La liberalizzazione del mercato era in profonda crisi e vi era il rischio che l’economia venisse presa in mano da un movimento operaio forte. Il fascismo rappresentò così la “terza via” per riformare il mercato e la politica divenne lo strumento per presidiare l’ordine economico attraverso l’applicazione dell’ordoliberalismo: lo Stato interveniva nell’economia difendendo la proprietà e l’iniziativa private, garantiva alcune misure di protezione sociale, ma lasciava il singolo individuo solo di fronte al potere politico ed economico.”
“Non è un caso – prosegue Somma – che le Costituzioni democratiche dei Paesi che, pur in momenti diversi, hanno vissuto la dittatura (Italia, Grecia, Spagna, Portogallo) siano fortemente caratterizzate da una reazione anche alla dittatura economica.”
Perché per difendersi da involuzioni autoritarie non è sufficiente garantire la democrazia politica, ma è indispensabile prevedere la socializzazione dei beni economici. E sono proprio questi, oggi, gli Stati sotto attacco costante della Troika europea, che impone – e ottiene – modifiche di quelle Costituzioni e delle Leggi conseguenti proprio nelle parti relative alla democrazia economica. Ecco allora il pareggio di bilancio in Costituzione o la modifica dell’art.18 che affievolisce la difesa del lavoratore e lo lascia più solo di fronte al potere politico ed economico.
“Per la Germania andò diversamente – chiarisce Somma – perché decisero gli Alleati, prevedendo già una Costituzione con l’obbligo di pareggio di Bilancio, ad esempio. L’Unione Europea nacque con l’obiettivo di realizzare un’ “economia sociale di mercato”, che di fatto reintroduceva il concetto di ordoliberalismo al quale ora si sta via via riconducendo l’economia dei singoli Stati membri.”
“Il federalismo europeo di marca liberale – riprende Russo – riteneva che si dovesse agire sul mercato per superare la volontà di potenza degli Stati sovrani, che, in effetti, era stato elemento determinante nello scoppio delle due guerre mondiali. L’idea era unificare i meccanismi economici per giungere anche all’unità politica. Ma quelle posizioni vennero velocemente eliminate e si costruì, invece, un’Unione funzionale all’economia capitalista, basata sul criterio dell’efficienza e non della democrazia economica. Oggi siamo in presenza di un ordine giuridico del mercato, che prescinde dai diritti delle persone.”

“Non è questione di difendere la sovranità dei singoli Stati o dell’Europa – incalza Somma – ma di difendere la sovranità dei cittadini ai quali questa sovranità è stata tolta. Ogni volta che si ristruttura il debito per adeguare un Paese ai parametri europei si compie una violenza sulla sovranità dei cittadini tagliando servizi, dismettendo il patrimonio pubblico. Per citare lo storico Marc Bloch, se tutti i debiti venissero saldati, il sistema capitalista crollerebbe. Non a caso ora nessuno permette ai Paesi di fallire: occorre mantenerli indifesi di fronte a cambiamenti strutturali. Eppure nella Storia sono numerosi gli esempi di Stati falliti. Gli Stati dovrebbero avere il diritto di fallire anche perché questo significherebbe avviare una rilettura di ciò che è accaduto, delle scelte compiute, assicurarsi la possibilità di cambiare rotta.”

Che fare, allora, per restituire a tutti noi quei diritti democratici che non possono prescindere dalla democrazia economica?
“Non è facile – riflette Somma – anche perché abbiamo introiettato il metro economico per valutare ogni cosa. Ma vi sembra normale che si pensi di eliminare le Province per risparmiare soldi? O di ridurre il numero di parlamentari sempre per risparmiare soldi? Nell’entusiasmo generale si sceglie di privarsi di strumenti democratici per risparmiare soldi e contemporaneamente si afferma però di rivolere la sovranità. Il tema dovrebbe essere il controllo democratico delle scelte, come recuperare spazi di democrazia e di conflitto.”

Franco Russo è chiaro: “Per contrastare questo disegno, per invertire davvero la rotta occorre prima di tutto mantenere un atteggiamento etico, essere consapevoli che alle ragioni dell’economia vanno contrapposte le ragioni delle persone. Smettiamola di pensare che coloro che decidono siano degli idioti inconsapevoli della realtà, che propongano ricette fallimentari poiché incapaci. Sanno perfettamente ciò che fanno e di certo operano consapevolmente contro noi cittadini.”

“La nostra alfabetizzazione – conclude Russo – è un passaggio ineludibile: basta con la superficialità. Dobbiamo studiare, approfondire, rifuggire dalle banalità e dalle scorciatoie. Troppo a lungo la Sinistra ha sottovalutato l’importanza dell’Unione Europea e la necessità di agire per modificarne la direzione. E poi il sindacato…i sindacati sono presenti in tutti i Paesi aderenti alla Ue eppure non lottano contro le scelte dell’Unione Europea; si accordano, sembra abbiano rinunciato a difendere i diritti dei lavoratori. Occorre aprire un confronto anche su questo.”

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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