Il Borgo San Giorgio ha colorato ieri, domenica 22 marzo, il cielo nuvoloso del cortile di Castello Estense. Con un Omaggio al Duca dedicato alla primavera, il Borgo Giallo Rosso ha voltato le spalle ai rigidi rigori invernali, presentando una piccola disfida di poesia fra dame conclusasi con un elogio alla bella stagione da parte di un nobil’ uomo. E proprio la Primavera è giunta a salutare il Duca sorprendendo tutti i presenti, con la sua corte di bambini e fanciulle danzanti, portando per la Corte Ducale i primi frutti che la dolce stagione: fiori, verdure, primizie. Lo spettacolo si è concluso con coreografie di danza e di bandiere, con la partecipazione dei piccolissimi di Borgo San Giorgio e degli sbandieratori “non più giovani”, che non si sono certo risparmiati in acrobazie.
Arriva dall’Emilia Romagna quello che è stato definito il “più antico vino del mondo”. È stato presentato questa mattina al Vinitaly di Verona allo stand di Coldiretti presso il Centro Servizi Arena, nel corridoio tra i padiglioni 6 e 7. La riscoperta della storia – informa Coldiretti Emilia Romagna – è la principale leva di innovazione su cui puntano quest’anno i produttori italiani per catturare i consumatori italiani e stranieri.
Quello presentato al Vinitaly deriva sicuramente dalla tecnica più antica del mondo – spiega Coldiretti Emilia Romagna – ma ha un cuore molte romagnolo: le uve di Albana. La tecnica arriva dalla Georgia dove 13 mila anni fa è sopravvissuta la vitis vinifera, la madre di tutti i vitigni moderni. È qui che migliaia di anni fa è nata l’arte di fare il vino conservato in grandi anfore di terracotta messe sottoterra. Gli uomini di queste parti hanno insegnato a fare il vino ai Babilonesi, agli Egizi, ai Greci e ai Romani. Ancora oggi in Georgia fanno il vino come in origine, in grandi anfore di terracotta messe sottoterra. Da questo presupposto – informa Coldiretti Emilia Romagna – l’azienda Tremonti di Imola ha preso le mosse per iniziare la prima produzione di vino in anfore di terracotta. I titolari dell’azienda, Sergio, Vittorio e David Navacchia, hanno chiamato gli esperti georgiani a far da maestri e utilizzando una delle loro grandi anfore da 400 litri per la vinificazione. Oggi raccolgono il frutto del loro lavoro con le prime 600 bottiglie di un vino che hanno chiamato “Vitalba”. Si tratta di Albana ottenuto con 120 giorni di macerazione con le bucce in anfora, solo con lieviti indigeni dello stesso vino e senza solfiti.
martedì 24 marzo, ore 18 – Giulia Ciarpaglini presenta il romanzo di Ester Aparo Il cacciatore di albe
giovedì 26 marzo, ore 17 – Goldoni femminista: dai Rusteghi a La locandiera. A cura di Luciana Tufani. In collaborazione col teatro comunale Abbado.
sabato 28 marzo, ore 17.30 – per il ciclo Tesi al CDD, presentazione della tesi di Carlotta Monini, Nuove ed antiche forme di doppia presenza femminile nel welfare fai-da-te: la delega della cura a badanti per anziani ed entourage famigliare. Ospite Laura Lepore
Settimana piena alla biblioteca del Centro Documentazione Donna, oltre alle consuete lezioni di inglese riservate alla socie e condotte da studentesse americane che svolgono un periodo di studi presso la CIEE di Ferrara, tre incontri di diverso tipo: martedì 24 la presentazione dell‘ultimo romanzo di Ester Aparo, siciliana che vive ormai da anni a Ferrara e che continua con successo la sua attività di scrittrice;
giovedì una discussione sul “quasi femminismo” di Goldoni in occasione dello spettacolo che in questa settimana si rappresenta al teatro Comunale Abbado con il quale il CDD collabora organizzando incontri collaterali agli spettacoli; infine sabato 28 la presentazione di una tesi del ciclo “tesi di genere al CDD” che sta proseguendo dall’autunno 2014 e che proseguirà nei prossimi anni per valorizzare l’attività della biblioteca come luogo in cui chi svolge tesi o ricerche inerenti ai temi della presenza delle donne nella cultura e nella società può trovare materiale utile all’approfondimento degli argomenti che intende analizzare.
Quasi quattro chilometri di strada invasi da una festante e variopinta marea umana. Gente di tutte le età, dagli 8 agli 80 anni, studenti, lavoratori, pensionati, famiglie con bambini e cani al seguito, ieri hanno percorso il cammino fra lo stadio Dall’Ara a piazza VIII agosto a Bologna, per il ventennale di “Venti Liberi”, la manifestazione in memoria delle vittime della mafia.
Cittadini, tra i quali il segretario della Fiom Maurizio Landini e l’ex-magistrato torinese Giancarlo Caselli, e istituzioni, rappresentate dal presidente del Senato Piero Grasso e dalla presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, ma anche dai tanti gonfaloni seguiti dai sindaci presenti in corteo. “Ogni due km si possono contare circa 100.000 persone, i conti sono presto fatti: la piazza già si riempiva, mentre la coda del corteo stava ancora lasciando il Dall’Ara, siamo circa 200.000 persone”, afferma Daniele Borghi, referente d Libera Emilia Romagna. Tutti insieme per affermare con forza insieme a don Ciotti: “La nostra memoria e il nostro impegno perché finalmente la verità illumini la giustizia”.
Bandiera di Libera
Questo 21 marzo, infatti, non si è festeggiato solo il ventennale di Libera-Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, ma ricorrono anche i 25 anni dalla strage del 2 agosto alla stazione di Bologna e dalla strage di Ustica del 27 giugno del 1980: tutti i famigliari sono accomunati dalla richiesta di verità e, insieme a tutti i cittadini italiani, vogliono capire “perché questo Paese si porta dietro questa scia di sangue”, come ha affermato dal palco Margherita Asta, figlia di Barbara e sorella di Giuseppe e Salvatore, morti nella strage di Pizzolungo, nel trapanese, il 2 aprile 1985. “Mi auguro – continua Margherita – che questo sia l’ultimo anno in cui dobbiamo chiedere che il 21 marzo diventi per legge la Giornata nazionale in memoria delle vittime di tutte le mafie”. E dopo la memoria, di nuovo un richiamo all’impegno: “a volte ci chiediamo se questo è un paese realmente democratico”, per cambiarlo “ciascuno di noi può fare qualcosa, pensando che ogni giorno sia il 21 marzo”.
Il corteo nel centro di BolognaIl corteo in Piazza Maggiore
L’intervento don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, si apre con un omaggio al pontefice, che nell’edizione 2014 della Giornata della memoria e dell’impegno a Latina ha voluto incontrare i famigliari delle vittime delle mafie e che quest’oggi era a Scampia a ribadire la scomunica per chi fa parte delle organizzazioni mafiose e ad affermare che “la corruzione puzza, è putrefazione”. Papa Francesco e don Lugi Ciotti: due esempi di una Chiesa che invita a guardare al cielo “senza dimenticare le responsabilità qui sulla terra”. Anche don Ciotti si scaglia contro i misteri d’Italia: “il nostro è un Paese di stragi, ancora in gran parte impunite, ancora troppe ombre” gravano sulla nostra storia recente, ma “la democrazia è incompatibile con il potere segreto”. Il tono della sua voce si fa ammonitorio nei passaggi sulla prescrizione, sul falso in bilancio, e soprattutto della corruzione, “il più grave rischio della democrazia, l’avamposto delle mafie”. Le sue parole sono pesanti come macigni e inchiodano la classe politica alle proprie responsabilità: “niente negoziati”, “eccessi di prudenza”, “ci sono questioni che chiedono di schierarsi”.
Il coordinamento di FerraraPresidio Giuseppe Francese, Ferrara
E infine mette in guardia: “chi non vuole una legge contro la corruzione fa un favore alle mafie”. È preoccupato don Ciotti perché ormai “non si può più parlare di infiltrazione, quella delle mafie è occupazione”, resa possibile dal fatto che “in questi anni hanno trovato porte aperte e strade spianate”. Per questo “c’è bisogno di una nuova Liberazione dalla presenza criminale e dalle varie forme di corruzione, c’è bisogno di una nuova Resistenza etica, sociale, politica”. Proprio qui nella terra di don Dossetti, uno dei padri della nostra Costituzione, don Luigi afferma con forza che la riforma più urgente non è quella della Carta Costituzionale, ma “quella delle coscienze” perché “la legalità spesso è scritta più nei codici che nelle coscienze”. Le prime scintille di questa rivoluzione devono essere nella scuola, dove è necessario far crescere “coscienze inquiete”, che vadano alla ricerca dell’altro da sé e che abbiano il coraggio di seguire la via della verità e della giustizia anche quando è scomoda. La sua speranza sono i tanti ragazzi presenti oggi in piazza e quelli che incontra nel suo costante peregrinare per l’Italia: “giovani determinati e schierati dalla parte della giustizia e della pace”, ma allo stesso tempo “portatori di una nostalgia del futuro” perché troppo spesso le istituzioni italiane e quelle europee ragionano in termini di cifre economiche e di bilancio, piuttosto che in termini di dignità e di diritti dei propri cittadini.
In questi 20 anni, il movimento dell’antimafia ha raggiunto molti traguardi, ora per don Ciotti è giunto il momento di voltare pagina tutti insieme e mettersi ancora una volta in gioco con coraggio. Per tre volte ripete il suo “non basta”: non basta mettere una targa, non basta intitolare una piazza, nemmeno una manifestazione come quella di oggi sembra essere sufficiente. “Questi nomi ci devono scavare dentro: ci devono dare la forza e la motivazione per un impegno ancora più determinato e consapevole”. I nomi scanditi dal palco sono 1035, quelli delle vittime delle mafie e delle stragi, come 1035 sono i palloncini bianchi liberati in cielo al termine della manifestazione: ognuno porta legato un nome e passerà a chi lo raccoglie il testimone della memoria e dell’impegno.
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NOBEL PER LA PACE – Soffocati dalla pubblicità, schiaffeggiati da immondi spettacoli televisivi, umiliati dalla politica e dal Festival di Sanremo che ci ha ricondotto all’éra di Nilla Pizzi, degradati da una stampa che non va oltre il pettegolezzo, offesi da una corruzione trampolino di lancio dei venduti che diverranno potenti, non ci accorgiamo che sotto i nostri occhi e vicino ai nostri confini si stanno compiendo massacri tra i più spaventosi e indegni della storia dell’uomo. Del Mediterraneo, da sempre testimone di orrende avventure umane, abbiamo fatto un immenso cimitero, ma non c’è una croce a ricordare le vittime di pelle nera, giovani donne, bimbi, ragazzi, una spazzatura che tutti vogliono venga gettata nella grande discarica marina, pasto immondo per i pesci che poi ritroveremo sulle nostre tavole, cameriere per me un fritto misto e una spigola ai ferri. L’Europa è sempre stata una divoratrice di popoli e persone, ma ora sta oltrepassato ogni limite sotto la conduzione del suo vero presidente, un tedesco, anzi una tedesca, memore evidente delle smanie di potere che in ogni epoca sono state evidenziate in modo indiscutibile. Scriveva in “Tre uomini a zonzo” Jerome K. Jerome, dopo aver ridicolizzato i seriosi difetti, il principale dei quali è rappresentato dall’obbedienza al capo, scriveva che la fortuna dei cittadini allemanni è stata quella di aver avuto, tutto sommato, dei governanti sagaci: ma se per caso – si domandava il grande umorista inglese – se per caso al potere dovesse arrivare un pazzo il mondo dovrà tremare. Era l’inizio del Novecento. Trent’anni dopo Jerome Klapka Jerome avrebbe avuto una risposta dal maresciallo Hitler, ma ormai aveva chiuso gli occhi e non ebbe coscienza di quello che stava succedendo. Io vorrei che gli europei, anche soltanto i corrotti italiani, comprendessero che stiamo dando fondo a tutte le perversioni politiche e sociali di cui siamo stati e siamo capaci. Con tutto il pessimismo che mi accompagna senza il gramsciano ottimismo della volontà, debbo però dire che nel nostro disgraziato Paese ci sono anche persone degne, e indico, in primo luogo, i volontari che accettano di pescare morti e di soccorrere i superstiti di quei gommoni, di quei barconi, che lo scrittore B. Traven metterebbe nella lista del romanzo “La nave dei morti”, imbarcazioni che salpano soltanto per affondare e non devono arrivare in nessun porto. Ricordo che il presidente della Somalia Siad Barre, prima di essere ucciso, mi disse con toni accorati durante un’intervista, concessami dentro una baracca ai limiti del deserto, “l’Europa non ci vuole aiutare, vuole continuare a spremerci”. Siad Barre aveva appena fondato il movimento di liberazione “Africa for Africans”, ma ben presto la cooperazione italiana, in concorrenza con gli interessi europei, russi, cinesi e quant’altri stavano lì a succhiare mammelle ormai rinsecchite, mise la parola fine all’esperimento. Ilaria Alpi aveva scoperto qualcosa e qualche nome in merito. Oggi, dunque, paghiamo un debito antico, salatissimo e, soprattutto, lo pagano soltanto gli italiani e, tra gli italiani lo pagano quegli eroici volontari, i quali tentano con le sole proprie forze di saldare un conto troppo caro. Senza retorica, io sostengo che questi nostri connazionali vengono lasciati soli a solcare il mare per tentare di sottrarre alle bocche affamate dei pesci i morti ammazzati dalla vergognosa violenza di capi che si combattono tra loro, come mille e più anni fa, e dall’indifferenza di noi europei così fieri delle nostre gentili culture: quelli, i volontari, sono gli unici, veri eroi di questi vacui giorni, meritano, davvero, il Nobel per la pace, un premio che di solito viene assegnato (dopo laboriose e interessate discussioni) a chi appartiene – e fa comodo – all’intruglio dei potenti. No, non è un bel premio il Nobel, no. Già i premi…
INFLAZIONE – Nessuna novità, non capisco più niente, soprattutto quando gli esperti mi parlano di inflazione e deflazione. Dirò come la Berlinguer che comincia ogni suo discorso in Tg3 con “allora…”: allora, fino a pochi giorni si veniva informati con preoccupazione estrema che eravamo precipitati nella deflazione, poche ore dopo i soliti esperti ci hanno detto che fortunatamente è arrivata l’inflazione, il tradizionale mostro delle moderne economie ci salverà: a questo punto il mio cervello ha avuto un collasso improvviso. Chiedo: sono io il cretino o mi fanno cretino? Poi, ho capito che con l’inflazione mangiano la mia pensione e, allora, mi sono messo tranquillo, mi fanno cretino. Pazienza.
LANDINI – Povero segretario Fiom!, aver ragione ed essere additato come il più pericoloso nemico della società, una sorta di bandito che si aggira sulle pubbliche piazze a sgombrarle dalle riforme. Ma vi ha mai detto Renzi quali sono le riforme? Finora quelle conosciute sono tutte favorevoli alla Santa Impresa, sono quelle che riguardano licenziamenti più facili, posti di lavoro insicuri… mentre i perversi magistrati continuano a indagare gli imprenditori che s’intascano con enorme facilità i soldi pubblici. Guai essere innocenti in questa chiavica di Paese.
STANDING OVATION: I PIU’ ACCLAMATI SPETTACOLI TEATRALI DEL XXI SECOLO
“Il Grigio”, di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, regia di Serena Sinigaglia, Teatro Comunale di Ferrara, dall’11 al 12 aprile 2006
Penultimo appuntamento per la stagione di prosa del Teatro Comunale, oggi pomeriggio alle 15, dedicato ad uno dei maggiori compositori e interpreti della canzone impegnata d’autore degli ultimi quarant’anni in Italia: l’indimenticato Giorgio Gaber. Artefice di grandi successi relativamente ‘leggeri’ nella prima parte della sua carriera, Giorgio Gaber (1939-2003) si è cimentato, anzi ha letteralmente inventato il cosiddetto teatro-canzone a partire dall’inizio degli anni Settanta con il famoso spettacolo “Il signor G.”, cui hanno fatto seguito nel tempo altri straordinari allestimenti quali: “Dialogo tra un impegnato e un non so”, “Libertà obbligatoria”, “Far finta di essere sani”, “Polli d’allevamento”, “Anni affollati”, “Il Grigio” e altri ancora, tutti – tranne il primo – scritti a quattro mani con l’amico artista Sandro Luporini. A questi spettacoli di riflessione socio-politica, Gaber ha alternato album incisi in studio e vere e proprie commedie non musicali; il testo di una sua canzone è finito anche sulle antologie scolastiche: si tratta del celeberrimo “La libertà”, un brano che accomuna un po’ provocatoriamente i concetti di ‘libertà privata’ e di ‘partecipazione sociale’.
“Il Grigio”, lo spettacolo di oggi, debuttò sul palcoscenico nel 1988 e venne portato in tournée da Gaber fino al 1991. Si tratta di un ‘monologo con partitura sonora per pianoforte e percussioni’, e racconta di un intellettuale di mezza età che «si rifugia in campagna disgustato dalla volgarità del mondo che lo circonda, ma un invisibile topo mette a dura prova il suo equilibrio fino a costringerlo a prendere atto della ‘parte oscura’ che vive in lui, come in ogni individuo». In scena Fausto Russo Alesi, accompagnato da Dario Grandini al pianoforte e da Stefano Bardella alle percussioni. Alesi, diplomato alla Civica Scuola di Arte Drammatica Paolo Grassi, nel 2000/2001 ha interpretato la parte di Kostja nel “Gabbiano” di Cechov, diretto da Eimuntas Nekrosius (al Comunale con il suo “Cantico dei Cantici” nella stagione di prosa 2004/2005), e gli è stato attribuito il premio Ubu 2002 come migliore attor giovane per “Natura Morta in un fosso” di Fausto Paradivino. Con “Il Grigio” Alesi si è guadagnato il premio ETI 2004 e il premio Annibale Ruccello 2004. La regia dello spettacolo è di Serena Sinigaglia, le scene di Giorgio Gaber e Daniele Spisa, le musiche di Carlo Cialdo Capelli e le luci di Claudio De Pace.
Ha aspettato diciannove anni per vederlo. Non sapeva nemmeno se fosse maschio o femmina. L’aveva partorito a quattordici anni, nella confusione dell’età e nella solitudine che ti prende quando l’amico di famiglia, l’amico di tuo padre che è morto da poco, ti mette incinta.
Le avevano dato quel ridicolo soprannome da piccola, durante una recita scolastica, ed era stata ‘Non abbiate paura’ per tutta la vita, ma il suo nome era Susan, che strano sentirlo pronunciare, un giorno, da quel figlio sconosciuto. Avevano scelto per lei, e così aveva dovuto darlo in adozione appena nato, ma, nel suo intimo, non l’aveva mai rifiutato. Era troppo giovane per tenerlo e lui troppo impegnato per accettarlo, che scandalo.
Non abbiate paura era tornata alla sua vita, diversa da prima perché aveva perso il prima e il dopo, un padre e un figlio, e lei era lì nel mezzo a dovere andare avanti, studiare, diventare adulta.
C’era stato un marito, buono e bravo, una vita agiata, due splendide bambine, gli studi e il circolo di lettura. Era la moglie di un medico, si era specializzata in letteratura russa, era “sempre così illuminante” agli occhi degli altri. Ma ‘Non abbiate paura’ non godeva della sua stessa luce, “si può essere portatori di luce, senza esserne riscaldati?”.
E intanto quella creatura partorita, quella sua creatura, era cresciuta negli anni dentro la sua testa. Quante ipotesi aveva fatto su di lui o lei. Se te lo immagini per nove mesi, chissà per vent’anni che cosa puoi arrivare a pensare.
Finalmente Michael era lì, davanti alla sua porta di casa. Si erano cercati, un desiderio che era maturato parallelo, potente, biunivoco. Nemmeno con le bambine le era successo: si vedeva in lui, anzi, vedeva in lui quanto era bella. Come porsi davanti a tuo figlio che non conosci? Si sentiva piccola, minuscola, abbagliata. “Solo alla fine lo riconobbe con la testa”, prima vennero i sensi e le emozioni tutte insieme.
L’arrivo di Michael fu il ritorno della Fortuna, fu un concentrato di amore che, solo fino a quaranta minuti prima, ‘Non abbiate paura’ non aveva mai vissuto.
Allan Gurganus, “Non abbiate paura”, Playground, Roma, 2014, pp. 125
Da Masterchef arriva al cuore della città Simone Finetti, 24 anni, cuoco-elettricista, che fa anche un po’ ritorno a casa, visto che è di Consandolo di Argenta. Negli spazi in piazzetta della Repubblica, a ridosso del castello, un’intera domenica in compagnia di questo talentuoso inventore di piatti, tra i partecipanti più giovani della trasmissione di cucina. Una giornata che sarà dedicata ai prodotti tipici ferraresi per il concorrente che su pasta fresca tirata a mano e ingredienti emiliano-romagnoli ha puntato fin dalla sua prima prova ai fornelli in tv. L’evento è organizzato per festeggiare il secondo compleanno del negozio Ferrara Store all’insegna della promozione del territorio, in collaborazione con l’associazione Strada dei vini e dei sapori della provincia di Ferrara. In piazza Repubblica davanti ai civici 23-25. Orario: 10.30-14 e 16.30-21.
OGGI – IMMAGINARIO DEL GUSTO
Simone Finetti da Consandolo a MasterChefSimone Finetti di fronte a Carlo Cracco in una puntata di MasterChef
Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…
Proprio oggi, nel 1963, cambiava la musica: con l’uscita del loro primo Album “Please please me”, i Beatles gettarono le basi del loro successo. “Love me do” è ufficialmente il primo brano del gruppo di Liverpool, singolo estratto dallo stesso album.