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Giorno: 6 Dicembre 2013

solidarieta

Italia, tanti alibi mai un’autocritica

di Valentina Scabbia

MAGONZA – Mi fa paura osservare, da qui, il razzismo crescente in Italia, vedere quanto sia presente fra la popolazione. Tutte le invettive contro i Rom o gli extra comunitari… Se consideriamo l’Italia un paese cattolico ora mi chiedo dove è l’amore per il prossimo? Perché non si divide più ciò che si ha con i bisognosi? In fin dei conti ci si è dimenticati di quanti italiani all’inizio del ventesimo secolo a causa della fame sono espatriati verso l’America nella speranza di una vita migliore. Noi, io e mio marito viviamo da anni insieme ai profughi (sono nostri vicini temporanei). Non hai parole quando vieni a sapere delle loro tragedie, bambini cechi perché colpiti da bombe, cicatrici dovute a torture, problemi psichici conseguenza di anni trascorsi rinchiusi in campi di concentramento. E la lista potrebbe continuare per alcune pagine. Certo in Italia c’è poco lavoro, i segni della crisi sono visibili eppure non penso sia impossibile offrire agli ospiti stranieri una vita dignitosa. In fondo questa crisi economica è stata causata anche dagli italiani stessi. Sono stati loro a sostenere e votare per anni (usiamo le parole di Peer Steinbruek, ex candidato del partito socialista tedesco) “un clown”. Ed ora proteste, manifestazioni, scioperi, ingiurie anche contro la Merkel! Mettiamo in chiaro: non sono una sua sostenitrice e non condivido le sue direttive per quanto riguarda la politica dei tagli per le nazioni come Grecia, Italia, Spagna che non fanno altro che peggiorare la situazione di quei paesi. Mi arrabbio nel vedere, leggere e sentire che si cerca solo un capro espiatorio, un colpevole per non essere costretti a fare un esame di coscienza. Tra le mie conoscenze non ho ancora sentito nessuno recitare il “mea culpa”. La colpa è sempre e solo degli altri. Tutti i politici pensano prima a se stessi e poi forse ai loro concittadini (anche qui, benché in una forma meno palese, ci sono dei piccoli scandali: i tedeschi non sono certo dei santi), ma chi li elegge? La possibilità per un cambiamento c’è sempre e la speranza è sempre l’ ultima a morire anche in una ferrarese che da anni ha lasciato fisicamente la propria città, ma con il cuore vi risiede sempre.

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La biblioteca (e i vituperati dipendenti pubblici) che non t’aspetti

Biblioteche che ti bloccano il prestito per un mese perché hai riconsegnato il libro con un ritardo di sette giorni (Sala Borsa di Bologna); biblioteche che ti danno una penalità un po’ più compassionevole uguagliando i giorni del tuo ritardo con quelli di blocco dei tuoi prestiti (Ariostea di Ferrara). Addirittura biblioteche che ipotizzano di fare loro il metodo di “una sanzione pecuniaria a chi riporta il materiale in ritardo”. Che tristezza: la notizia era riportata il mese scorso sull’Unità-Emilia Romagna come proposta della rappresentante della Filcams-Cgil per finanziare i servizi appaltati del Comune di Bologna.
Poi ci sono le biblioteche che ti immaginavi tu, quelle dove il lettore è guardato con comprensione, che ti fanno entrare come un gradito ospite, ti consigliano, ti guidano. Bloccati o temporaneamente sospesi, a sorpresa e in piena crisi d’astinenza, può capitare di mettere il piede dentro a quella che viene definita una biblioteca di quartiere, la Rodari, a Ferrara in viale Krasnodar. Entri nell’edificio nuovo, semplice, tutto finestrato e c’è subito uno scaffale con libri in cerca di adozione, lasciati lì all’ingresso da persone che non sono più interessate ad averli, o che casomai hanno dovuto fare uno di quei traslochi generatori di orrore da scatoloni e allora lasciano lì i libri che in quelle occasioni si trasformano in puro peso. Piccole perle inaspettate: la raccolta degli articoli scritti da don Franco Patruno su cinema e arte, Colette, un piccolo atlante con illustrazioni a colori degli alberi. Poi si passa alla sala prestiti, dove ti vengono incontro nuovi arrivi, freschi di stampa e ben in evidenza per essere presi. Riviste di giardinaggio, musica e attualità. Tre computer sono accesi su Internet e davanti ci sono persone di colore venute apposta, in collegamento per guardare cose dei loro Paesi, per aprire la loro casella di posta o cercare informazioni utili a livello locale. Dei ragazzi sono seduti attorno a una grande scrivania forse per una ricerca scolastica, un padre con il figlio cercano un dvd per il loro fine settimana casalingo. C’è silenzio, ma un silenzio pacato e laborioso, niente di scostante.
Al banco dei prestiti una ragazza timidamente tira fuori i volumi da rendere e subito cerca di giustificarsi dicendo “in effetti credo di essere un po’ in ritardo”. La bibliotecaria Claudia Pirani la guarda sorridendo poi sposta lo sguardo sul monitor del suo computer. La giovane involontariamente stringe la mano con le unghie lunghe che ha e che devono conficcarsi un po’ nel palmo, ma l’addetta all’eventuale rimbrotto non aggrotta le sopracciglia, non la fissa intenzionalmente con occhi truci e commenta: “Sei giorni. Un ritardo ragionevole, direi. Prendi pure altri libri, se vuoi”. Le mani della ragazza si distendono, le sue labbra disegnano la stessa curva dell’espressione della bibliotecaria. Se ne va a caccia di libri e torna al bancone dove, nell’entusiasmo, anziché gli otto pezzi consentiti (tra libri, riviste, dvd), ne deve avere accumulati nove. Stavolta c’è il bibliotecario Andrea Poli che dice: “No, non mettere giù proprio ‘Acciaio’! Quello tienilo”. E lei lo tiene, lo porta a casa, magari lo legge e potrebbe essergliene pure grata. Grata della gentilezza, dell’incoraggiamento, del sorriso. Grazie bibliotecari Claudia e Andrea, grazie a tutte le persone appassionate che contraddicono i pregiudizi sui dipendenti pubblici scocciati e svogliati, grazie persone che fate il vostro lavoro con piacere e coinvolgimento e ci fate sentire in un mondo migliore. Il mondo dove i servizi sono possibili, facilitati, accoglienti.

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La disoccupazione colpisce soprattutto gli over 40

Qualche giorno fa la Provincia di Ferrara ha pubblicato gli ultimi dati relativi ai disoccupati iscritti alle liste dei propri centri per l’impiego. Si tratta dei dati riferiti al 30 settembre 2013.
Poiché il numero degli iscritti, soprattutto in un territorio a forte vocazione agricola e turistica, è fortemente condizionato dall’andamento stagionale, è poco significativo il confronto con il dato immediatamente precedente, quello di giugno 2013.
Ricostruendo invece la serie storica, dal 2008 al 2013, delle rilevazioni riferite alla stessa data (come evidenzia la tabella) si possono fare alcune considerazioni.
La prima è che dopo il vero e proprio balzo degli anni dal 2008 al 2012, l’aumento registrato nel 2013 è assai più modesto.
E’ un dato che si presta ad almeno due opposte interpretazioni. O l’economia sta un po’ meglio e la fase più dura della crisi è passata, come diversi messaggi mediatici oggi cercano di dirci, oppure siamo ormai arrivati ad un punto tale che l’assenza di lavoro crea scoraggiamento e quindi una parte dei potenziali disoccupati pensa che non valga neanche la pena di iscriversi alle liste del collocamento. Paradossalmente, potrebbero anche essere vere entrambe le cose.
In secondo luogo è evidente dai dati che il problema principale, nella nostra realtà, è quello della disoccupazione in età “matura”, oltre i 40 anni di età. E’ qui che si colloca ormai lo stock maggiore di disoccupati e la tendenza è senz’altro quella ad un ulteriore acutizzarsi del fenomeno.
Questo non significa che la disoccupazione giovanile non sia un problema molto serio, che tra l’altro emerge solo parzialmente da questi numeri, visto che la gran parte dei giovani neo-laureati, pur essendo a tutti gli effetti alla ricerca di un lavoro, difficilmente si affida all’iscrizione alle liste di disoccupazione. Ma non c’è dubbio che la novità più socialmente dirompente, effetto della crisi di questi anni, è il forte aumento della disoccupazione in età matura, spesso accompagnata da scarsa capacità di autonoma riqualificazione. Un buon punto di partenza per parlare di formazione professionale e di come andrebbe forse radicalmente ripensata.