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Maturando, stai sereno…  Un’ambiguità incendiaria incombe sul ritorno dell’Esame di Stato

Occorre premettere che chi scrive vedrebbe molto di buon occhio, e non da oggi, l’abolizione del cosiddetto Esame “di Maturità” e la sua sostituzione con un qualche passaggio finale meno illogico e anacronistico.

Le ragioni sono molte. Prima fra tutte il fatto che in due settimane (con tutte le casualità avverse o propizie che vi si possono addensare) si decida del 60% dell’esito di un percorso formativo durato cinque anni. All’università, per esempio, l’esame di laurea pesa in una misura molto inferiore.

Per capirsi, è teoricamente possibile che uno studente che negli ultimi tre anni di scuola superiore abbia ottenuto dieci decimi in tutte le discipline sia bocciato all’esame qualora in nessuna delle tre prove riesca ad avere più dell’equivalente di tre decimi. Non è un controsenso?

Chi scrive ha dunque letto con favorevole interesse le dichiarazioni attribuite da autorevoli organi di stampa al Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara: «La prova orale di maturità sarà solo un colloquio su quanto si è assorbito durante l’anno e sulle scelte future». Niente più domande su italiano, matematica e «preparazione disciplinare». Perciò, «gli studenti che si stanno preparando in modo stressante all’esame, stiano tranquilli». [Vedi qui] 

L’esame, insomma, non è più un esame. Esso è abrogato di fatto, se non ancora di diritto. Bene, la direzione è quella giusta.

Sospinto dall’entusiasmo, sono andato a vedere cosa diceva in proposito il documento tecnico sottoscritto dallo stesso Ministro in primavera, la Ordinanza Ministeriale 45/2023. E lì, all’Art. 22, si legge:

1. Il colloquio è disciplinato dall’art. 17, comma 9, del d. lgs. 62/2017, e ha la finalità di accertare il conseguimento del profilo educativo, culturale e professionale della studentessa o dello studente (PECUP). Nello svolgimento dei colloqui la commissione d’esame tiene conto delle informazioni contenute nel Curriculum dello studente.
2. Ai fini di cui al comma 1, il candidato dimostra, nel corso del colloquio: a. di aver acquisito i contenuti e i metodi propri delle singole discipline, di essere capace di utilizzare le conoscenze acquisite e di metterle in relazione tra loro per argomentare in maniera critica e personale, utilizzando anche la lingua straniera”.

Ne ho dedotto, poiché non posso pensare che il Ministro non legga i documenti che firma, che le dichiarazioni attribuitegli dai giornali fossero state inventate, o gravemente travisate, e che egli avrebbe provveduto a smentirle a stretto giro. Ma nessuna smentita è finora arrivata.

Per questa ragione, sento l’esigenza di provare a far arrivare al Ministro Valditara un invito ragionevolmente fiducioso a intervenire.

L’ambiguità generata dalla contraddizione tra i documenti da lui sottoscritti e le parole attribuitegli è infatti incendiaria, e ancor più lo diventerebbe se sopravvivesse irrisolta fino alle soglie dell’esame o, peggio ancora, nel cuore del suo svolgimento.

Non vi è dubbio, infatti, sul fatto che dei pubblici ufficiali – quali sono i commissari d’esame – debbano attenersi con scrupolo a ciò che viene prescritto formalmente, ovvero alla lettera dell’Art. 22 sopra citato.

D’altro canto, è altrettanto certo che la stragrande maggioranza degli esaminandi e delle loro famiglie non frequenti i documenti ministeriali e quindi possa legittimamente formarsi delle aspettative sulla base delle dichiarazioni che organi di stampa autorevoli attribuiscono a un Ministro.

Non credo sia difficile prevedere che ogni aula d’esame si trasformerebbe in un Vietnam, nel quale gli studenti e le famiglie percepirebbero di essere vittime di un’imboscata. Ne nascerebbero dei conflitti tanto certi nella loro capillarità quanto imprevedibili nelle loro conseguenze. Ricordiamo che il Ministro è così consapevole del clima ostile che circonda la categoria dei docenti e della gravità dei rischi che ne derivano da aver annunciato iniziative politiche in proposito [Leggi il comunicato e la circolare del ministro].

È un congegno che deve essere assolutamente disinnescato, o smentendo le dichiarazioni attribuite al Ministro, o almeno esplicitando in quali punti esse sono state travisate e quale sia la loro interpretazione autentica coerente con le disposizioni ministeriali.

Oppure, si potrebbe rettificare l’Ordinanza allineandone le prescrizioni al contenuto delle dichiarazioni di stampa e, magari, spiegando anche come graduare l’attribuzione dei venti punti previsti per il colloquio (l’equivalente di un anno e mezzo di lavoro a scuola) rispetto alla chiacchierata prevista.

Una terza soluzione non v’è o, meglio, sarebbe in ogni caso sintomo di una drammatica allergia alle responsabilità che l’assunzione di una carica come quella di Ministro dell’Istruzione implica.

Se incredibilmente dovesse essere questo il caso e il Ministro non volesse trarne le conseguenze per intero, lo potrebbe sempre fare per metà: tenendosi il Ministero del Merito!

In copertina: Il Ministro per l’Istruzione e Merito Giuseppe Valditara.

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Alessandro Teja

Alessandro Teja è nato nella realtà ma è presto migrato nella fantasia, dove vive tuttora. Per questo ha deciso diversi anni fa di lavorare in un liceo: non deve allontanarsi molto da casa.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
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PAESE REALE
di Piermaria Romani


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