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da: organizzatori

DRAMMA GIOCOSO in tre atti di Carlo Goldoni, musica di Baldassarre Galuppi

Esecuzione a cura degli allievi del programma internazionale di formazione in musica FronterasmusicalesAbiertas, direttore artistico Francesco Grigolo, produttore esecutivo José Luis Rhi-Sausi.
FronterasmusicalesAbiertas è promosso da:
DGCS – MAECI / Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
IILA / Istituto Italo-Latino Americano
CeSPI / Centro Studi di Politica Internazionale

Personaggi e interpreti
Eugenia, figlia nubile di Don Tritemio: soprano Silvia Brizuela (Mexico)
Rinaldo, amorevole gentiluomo di Eugenia: tenore Jorge Chinolla (Mexico)
Nardo, ricco agricoltore, chiamato “Filosofo”: baritono Eduardo Fernández (Paraguay)
Lesbina, cameriera della casa di Don Tritemio: soprano Angelica Rodríguez (Paraguay)
Don Tritemio, cittadino che abita in Villa: basso – baritono Alan Chomik (Argentina)

La compagnia di canto è composta da 5 giovanissimi cantanti selezionati da Fronteras Musicales Abiertas nei suoi laboratori 2015 in Bassa California – Messico e a Misiones – Paraguay e Argentina.
L’Orchestra di Fronteras Musicales Abiertas 2015 è composta da 20 giovani e giovanissimi musicisti provenienti dalle città di Tijuana, Mexicali e Ensenada in Bassa California – Messico, da San Ignacio Guazú e Encarnación in Paraguay, oltre che da Posadas in Argentina.
La prima rappresentazione de “Il filosofo di campagna” data 26 ottobre 1754 a Venezia, presso il Teatro San Samuele. In questa opera, di squisita fattura, il tema della saggezza del filosofo si impone come una nuova figura nell’opera del secolo XVIII°. Sono molte le versioni di questa opera, a causa del grande successo avuto al tempo. Nel 2012 Francesco Grigolo ha realizzata una versione in due atti de “Il filosofo di campagna”, basata sulla copia manoscritta datata Venezia 1754, conservata nella Bibliothèque Nationale de France.
Baldassare Galuppi (1706-1785) è considerato il più ispirato fra i compositori veneziani del suo tempo. Inizialmente clavicembalista nei teatri d’opera, fu poi direttore del coro della Cattedrale di San Marco a Venezia e Maestro presso l’ospedale della Incurabili. Fu amico di Carl Philip Emanuel Bach e Johann Adolf Hasse, ed ebbe l’onore di ricevere la visita del futuro zar di Russia, Paolo. Galuppi fu anche parte di una piccola cerchia di compositori italiani che regolarmente Caterina la grande chiamava in Russia, dove le sue opere teatrali e le sue composizioni sacre erano molto popolari.
Carlo Goldoni (1707-1793) è stato il più regolare collaboratore artistico di Galuppi, e fu un rapporto proficuo per entrambi: Goldoni guadagnando un pubblico internazionale per il suo lavoro, che altrimenti sarebbe stato limitato dalle barriere linguistiche (nel teatro di prosa europeo dell’epoca si sostenevano già molto le lingue nazionali, a differenza che nel teatro musicale), e d’altro canto Galuppi divenne il compositore operistico più popolare del momento in Europa anche grazie alla qualità dei libretti di Goldoni. Attualmente Goldoni è considerato un caposaldo del teatro di prosa italiano, e meno si conosce la sua opera nel teatro musicale, ma le sue commedie sono essenziali per il teatro italiano ed europeo. Galuppi, a sua volta, utilizza tutte le risorse musicali che l’opera buffa italiana del momento mette a disposizione, con grande attenzione ai dettagli di carattere. Nella tecnica di gestione drammaturgica possiamo affermare, a posteriori, che l’esperienza Goldoniana differisca significativamente dall’esperienza successiva di Da Ponte, librettista italiano di Mozart. Mentre questi bada soprattutto allo sviluppo rapido dei soggetti, alle complicazioni umoristiche, Goldoni si concentra sulla caratterizzazione del personaggio; questo fa sì che i recitativi acquisiscano ne “Il filosofo di campagna” una importanza fondamentale per lo sviluppo della commedia. Galuppi asseconda questa tendenza sostenendo dinamicamente lo svolgersi musicale delle frasi parlate. L’umorismo è nei caratteri e si esprime nelle conversazioni. Nulla a che vedere fare con le posteriori figure congelate di un Così fan tutte: i caratteri dei libretti di Goldoni, come pure delle sue opere in prosa, sono ispirati alla vita reale. Don Tritemio, vecchio Borghese, è un guardiano attento dei suoi averi e della sua famiglia, ma si esprime anche con un divertito umorismo, una libido attiva e un senso spiritoso delle relazioni interpersonali. Lesbina, cameriera ambiziosa, governante cinica, nel modello delle Serpine e delle Despine, ironicamente cade nella trappola dell’amore. Il filosofo a cui fa riferimento il titolo, Nardo, è un ricco agricoltore, che parla decentemente, ma è anche sentimentale e un po’ misogino. L’origine della coppia di amanti, Rinaldo e Eugenia, potrebbe risiedere nella tradizione della Commedia dell’Arte, ma l’inventiva che caratterizza il lavoro e l’intrusione occasionale di luoghi comuni e tragici ci ricordano persino Molière:
“Mi concederà quindi la mano (di sua figlia)? – Chiede Rinaldo – “No, signore”, – risponde Tritemio “Oh! Muoio!” – esclama il giovane – “Per favore, non venite a morire in casa mia!” – risponde Tritemio, che pretende di essere serio.
La maggior parte della musica di Galuppi è emotivamente sensibile, e mette in evidenza i momenti di dramma come quelli estatici. Il compositore si sforza a caratterizzare musicalmente ogni personaggio nelle sue emozioni. Ad esempio, l’aria di Lesbina del secondo atto, Compatite signor, è molto raffinata: caratterizzata da una apertura frenetica e travolgente, a questa segue immediatamente un ritmo ternario di gusto civettuolo; l’alternanza con il ritmo binario nella sezione centrale, riflette brillantemente il travaglio di una giovane donna che non conosce l’amore come sentimento. La mia ragion è questa (Don Tritemio, atto primo) è una meravigliosa ed esilarante descrizione del nulla, sostenuta da Don Tritemio con indifferenza.
Se forse i due amanti sono, almeno presi singolarmente, meno interessanti come personaggi, Galuppi compensa questa debolezza con una serie di melodie che evocano la magia della musica lirica di peso; l’aria di questa poveretta (Eugenia, atto primo) ne è un esempio toccante, mentre nel duetto d’amore se voi m’amate sono evocate melodie quasi infantili, molto vocali anche nella parte orchestrale. Il brillante concertato finale è una serie di veloci e intelligenti melodie, incroci scenici e accenti drammatici per creare più interesse, un prototipo per un finale a sorpresa “alla Rossini”, anche se di gusto squisitamente settecentesco.
La vicenda: Tritemio, ricco vedovo, vuole sposare sua figlia Eugenia ad un ricco contadino, Nardo, ma lei è innamorata di un giovane esponente della locale piccola nobiltà, Rinaldo. Dopo alcune complicazioni, e con l’assistenza della serva Lesbina, Eugenia finisce per sposare Rinaldo, mentre la stessa Lesbina si accasa con Nardo. Tritemio, frustrato come amante, dovrà accontentarsi della progenie.
Il libretto ci racconta della vita emotiva di Lesbina e Don Tritemio, Rinaldo e Eugenia e del “filosofo” Nardo, tra scoppi d’ira, patetici problemi, brevi arie, aggraziati duetti e brillanti concertati.
Personaggi: Lesbina, che si esprime con semplicità nelle parole, rivela il suo istinto nell’azione drammatica. La parte di soprano richiede una buona emissione nel registro medio e basso. Eugenia, meno marcata come figura drammatica, canta in un modo più classico rispetto all’epoca di composizione dell’opera. Le due parti hanno bisogno di mettere senso femminile nelle parole, più di ogni altra cosa, come richiesto in una commedia. Le linee melodiche chiedono di eseguire sospensioni occasionali e cadenze vocali in pianissimo, come d’uso del 1700. Notevole l’incipit musicale assegnato al duo, candidetto gelsomino, nel quale la giovane Eugenia si manifesta candida ma non troppo, e Lesbina si mostra razionale e disincantata. Rinaldo rappresenta una classe in declino, deve mettere timbro sul carattere e le buone maniere, come un Don Ottavio ante litteram, cercando accenti eleganti e nobili, anche se stilisticamente un po’ logori; ma la parte ci sorprende, richiedendo nell’unica aria impuntature di carattere eroico. Tritemio è il personaggio che esprime il più alto livello drammaturgico. Personaggio descritto come un anziano, rivela una eccellente caratterizzazione del personaggio, che deve essere espressa con misura in ogni suo dettaglio, e si esprime nel canto con una solida comprensione dello stile buffo. Il personaggio deve mostrare segni di ironia, ma senza le esagerazioni di un Bartolo rossiniano. La vocalità spazia dal barocco al rococò, ma sempre nell’ansa della commedia. Il carattere del tono è misurato nel XVIII secolo, e si posiziona con eleganza di fronte agli ortaggi che una esilarante allegoria, specificamente rurale, ci porta a considerare l’ardore d’amatore di questo Don Tritemio padre severo come radicchio invecchiato, ridicolizzato da Lesbina che aspira a godersi un po’ “di radicchio fresco…”. Nardo è più aperto, sia dal punto di vista drammatico che musicale e vocale; ruolo di baritono, assai meno grave di Tritemio, richiede una più ampia gamma vocale, che per l’epoca della composizione dovrebbe essere definito senza eccessiva plasticità. Non è un Figaro: una precisa caratterizzazione del personaggio deve portare ad interpretare il personaggio come un uomo brillante e attraente, ma diverso dagli altri, un “originale”. Un carattere moderno, in cui è possibile percepire qualcosa di Voltaire e molto dei temi cari a Rousseau: Nardo è “illuminato dalla ragione naturale”, e le sue speculazioni rurali ispirano simpatia.
E’ una opera deliziosa.
Francesco Vittorio Grigolo

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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