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È cominciato da poco il 2062 con molte preoccupazioni e molte speranze, come l’inizio di tutti gli anni che ricordo.  Cosmo-111 è qui, sul tappeto di mollan a quadri rossi e marroni del nostro soggiorno, che canta la sua solita canzone: “Saputo, saputo aku aku, saputo saputo aku totù”.

Ogni tanto si ferma e mi guarda: “Valeria saa ballassama, anza stra-ballassama! (Valeria sei bellissima, anzi stra-bellissima)”. Già, bellissima. Bellissima forse lo sono stata quando avevo vent’anni, ma in aprile di quest’anno ne compirà quarantotto e ormai la mia bellezza è indissolubilmente legata all’investimento affettivo che ciascuno può fare sulla mia persona.

Sempre in aprile di quest’anno la zia Costanza compirà novant’anni, quella straordinaria donna ha raggiunto una ragguardevole età ancora arzilla. Le organizzeremo sicuramente una festa. Novant’anni sono tanti, vissuti come li ha vissuti lei, pieni di eventi, impegni e imprevisti, sono tantissimi.

Alla zia l’idea di festeggiare il compleanno non piace particolarmente, dice che si sente a disagio, che non le sembra bello festeggiare una vecchia tutta piena di rughe e con i capelli bianchi quale è diventata; invece, a noi piace proprio perché è così: sarà vecchia ma ha ancora uno spirito molto frizzante ed è sempre creativa.

Scrive ancora con lo pseudonimo Alba Orvietani e le sue poesie vendono sempre bene. Chissà se mai si deciderà a raccontare alla stampa che la Orvietani è lei. Credo che non lo farà, ormai è passato molto tempo da quando è nato questo pseudonimo e, nonostante il trascorrere degli anni, la zia non ha mai cambiato idea su questo mistero da svelare. Credo che si diverta così e che consideri Alba Orvietani un pezzo indissolubile di Costanza Del Re. Come se una sua falange avesse acquisito un nome proprio invece di chiamarsi solo, e un po’ banalmente, “falange”.

La zia non riesce più a correre, nuotare e marciare come quando aveva sessant’anni, ha smesso molto tardi con queste attività sportive, però è ancora atletica. Dice che le feste la intristiscono perché le ricordano i suoi parenti morti, i suoi nonni, i suoi genitori e alcuni suoi amici, tra i quali Albertino Canali, che ci ricordiamo tutti. Ma noi vogliamo organizzarle una festa lo stesso e faremo il possibile perché non sia una giornata di rimpianti, ma di buoni presagi per il futuro. Ormai ci sono molte persone che superano i cent’anni e noi speriamo che lei sia tra queste.

Mia madre Cecilia ha ottantantadue anni, anche lei non è più giovanissima. La sua folta chioma di capelli biondi è diventata candida e la sua altezza si è un po’ ridimensionata. Resta comunque alta e bella, come è sempre stata.

Gyanny, l’ultimo arrivato del grande clan dei Santoniani (gli abitanti di via Santoni Rosa o discendenti dei primi) ha un anno e mezzo, cammina, parla e gioca con Orsino-121, il robot che funziona con una pila a fissione nucleare e che ha delle prestazioni stupefacenti. Gliel’ha regalato mio marito Luca per il battesimo.

Il robot è resistente, veloce e sa eseguire compiti complessi, sovrapposti e multipli. Sa camminare, cantare, contare e verificare la presenza di altri robot tutt’assieme, neanche fosse un umano. La sua pelliccia di mollan marrone piace tanto ai bambini che, quando lo vedono con Gyanny, gli corrono incontro e cominciano ad accarezzarlo, a parlare con lui e ad offrirgli caramelle e marzapane.

Orsino-121 non ha alcun bisogno di mangiare per produrre l’energia che gli serve per funzionare, ma mangia lo stesso, per far contenti i suoi fans. Se ha già la bocca piena, mette l’ultima caramella ricevuta in tasca e la regala al primo robot-121 che incontra.

I bambini gli regalano anche mattoncini di Prigo, quei cubetti che stanno insieme perché dotati di calamite e che hanno colori sgargianti, oppure sono trasparenti o luccicanti. Ci sono anche Prigo che al loro interno hanno ologrammi, altri dei piccoli caleidoscopi colorati, altri ancora che si possono annusare e, quando i sensori interni al mattoncino individuano un naso umano in avvicinamento, emanano un forte profumo di rose, o di lillà, o lavanda.

I fiori da cui provengono queste essenze esistono ancora “in natura”, anche se il pianeta Terra è molto diverso da quello che ha visto la nascita della zia Costanza e, ancor di più di, da quello che ha accolto i natali della bisnonna Adelina.

Il modo in cui si propagano e annusano i profumi è sicuramente cambiato da quando la zia Costanza era piccola o da quando la nonna Anna stava a Cremantello e vendeva il profumo “La violetta di Parma” estraendo, le bottigliette di vetro che contenevano l’essenza, dal cassetto centrale della merceria di sua madre.

In questo nostro mondo attuale non ci sono solo i fiori naturali, ma ci sono anche quelli meccatronici che spuntano vicino agli altri e rendono i prati colorati in qualsiasi momento dell’anno. Anche in novembre, quando le giornate sono corte e nebbiose e lungo le sponde del Lungone si respira un’umidità sorprendente e malsana, si possono vedere i nostri fiori meccatronici sbocciare. Li si vede sbucare dalla terra come palline, distendere i petali, aprire il pistillo, girare verso la luce e diffondere l’essenza per cui sono stati programmati.

Ci sono così le viole-FF, le rose-FF, le margherite-FF che hanno la stessa fragranza delle loro antenate naturali. Ci sono anche le Giafio-FF, le Rofio-FF, le Viofi-FF fiori che presentano una fragranza sintetica complessa. Giafio-FF ha un aroma di margherita e bergamotto, Rofio-FF di rosa e menta, Viofi-FF di viola, calendula e limoncello.  Questi fiori sintetici possono sbocciare in qualunque periodo dell’anno e profumare intensamente e a lungo.

La zia Costanza dice che a lei quegli -FF non piacciono, che rovinano il vero profumo delle sponde del Lungone. A me invece piacciono, sono coloratissimi, resistenti e profumati. Il fatto che siano meccatronici, non vedo che differenza possa fare.

C’è molta resistenza all’apprezzamento dei fiori-FF, soprattutto da parte delle persone che appartengono alla generazione della zia Costanza. Sembra che proprio questi boccioli incarnino una idea di progresso discutibile, un’evoluzione verso un mondo con caratteristiche non migliori del precedente.

La zia Costanza pensa che se le peculiarità del novo mondo non sono belle, allora è meglio tornare al vecchio. Non sa cosa farsene dei fiori-FF, li trova un’orrenda deriva di questo mondo arrivato al 2062. Considera inimitabile l’efflorescenza naturale, la profumazione dei ‘fiori veri’ che colorano le sponde del Lungone soprattutto in primavera.

La presenza dei fiori meccatronici cambia radicalmente l’estetica delle sponde del fiume e lei li detesta.  Non li vuole nel suo giardino e non le fa nemmeno piacere che ce ne siano nelle vicinanze. Dice che rovinano il profumo delle sue ortensie che è più delicato, meno percepibile ma anche molto particolare, unico.

Io credo che ognuno debba poter fare come preferisce. Dove ci sono persone che non apprezzano i boccioli-FF bisogna avere l’accortezza di non incubarli. Ognuno ha il diritto di definire i confini e le caratteristiche del suo ‘mondo’, almeno per quel che riguarda la sua casa, i muri perimetrali che circondano i giardini privati e gli orti di famiglia.

In alcuni orti ci sono anche alcune verdure meccatroniche. Stanno negli orti per abbellirli. Ovviamente non le si può mangiare. Avere ferraglia in bocca non piace a nessuno. Ma i finocchi-JV, le rape-JV e le cipolle-JV possono fare bella mostra di loro in qualunque periodo dell’anno e riempiere l’orto di colore e di profumo di verdura in ogni momento, con qualunque tempo ed evento meteorologico, fatta eccezione per le catastrofi come i terremoti, i maremoti e le glaciazioni.

Gli ortaggi-JV stanno sempre lì e danno l’impressione che il padrone di casa sia un ortolano provetto. Ma se ci si avvicina bene, si vede chiaramente che sono dei -JV anche perché, se sono in vena, ti schiacciano l’occhio e ti salutano. “Ciao”, dicono. Non sanno dire altro, almeno per ora.

Per tutto ciò, la zia Costanza prova molto scetticismo e di finocchi che salutano non ne vuole proprio sapere. “Se a qualcuno piacciono, se li tenga pure” dice. “Io non li voglio. Mi fanno impressione e hanno un odore che mi infastidisce”. Dice che la verdura non deve parlare, che i fiori non devono sbocciare d’inverno e che le cipolle-JV puzzano quanto quelle vere senza servire a nulla, se non a far piangere i bambini che hanno gli occhi particolarmente sensibili.

Una volta, in un momento di nervosismo, che ogni tanto le viene e che ha caratterizzato tutta la sua lunga vita, ha preso tre cipolle meccatroniche che le avevano regalato i bambini di Parda e, saltandoci sopra con gli zoccoli, le ha distrutte. Poi ha raccolto la ferraglia rimasta e l’ha buttata nella pattumiera.

Subito dopo, con molta soddisfazione, ha estirpato tutte le palline di boccioli-FF che stavano per “squbare”, le ha cosparse di alcol etilico e le ha bruciate saltellando di qua e di là sempre con i suoi zoccoli malefici. Infine, finalmente tranquilla, si è dedicata alle sue ortensie.

La zia è cresciuta in un mondo diverso che il suo cuore e la sua pelle non hanno dimenticato. Vive con ciò che le piace e che considera familiare e così facendo annienta un pezzo della nostra storia recente e anche un pezzo della tecnologia che avanza e che sta affiancando ciò che di ‘vero’ esisteva già. Ma Costanza è Costanza e, a noi che la conosciamo da sempre, continua a piacere così.

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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