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Il CdS (Centro ricerche documentazione e studi) ha presentato ieri il suo Annuario 2015. Si tratta di un lavoro prezioso, utile per interpretare la realtà socio economica del territorio e comprenderne le linee di sviluppo. Riportiamo integralmente la relazione di sintesi elaborata dai ricercatori del Centro. 

Le tre province – Il territorio ferrarese si è connotato, nel tempo, come fatto di tre “sotto province”: il Basso Ferrarese, il Medio Ferrarese e l’Alto Ferrarese, ognuna di esse con caratteristiche proprie e moltiplicando i centri decisionali ed i servizi: due agenzie di sviluppo, Sipro e Delta 2000; 4 aziende rifiuti ed energia con Area, Soelia, CMV e la presenza di HERA; 4 Aziende Servizi alla Persona (Ferrara, Copparo, Argenta-Portomaggiore, Codigoro) e i Servizi Associati dell’Alto Ferrarese. Tale modello sembra non essere più sostenibile perché si riducono le risorse e perché c’è la necessità di liberarne altre a favore dello sviluppo, dell’occupazione e delle infrastrutture.

Con la riforma delle province, il sindaco del Comune capoluogo, è chiamato a rappresentare un’area vasta e avrà un compito arduo nel far sintesi di micro-istanze campanilistiche per dare invece risposte progettuali a favore della coesione sociale, dell’inclusività e della solidarietà.

Il lavoro – Il Pil provinciale è sceso ancora, per cui si stima che nel 2013 la variazione del valore aggiunto sia stata del -9,1% rispetto al 2007 (la provincia di Bologna e di Ravenna hanno invece già recuperato i livelli pre-crisi).

I lavoratori di oggi… – L’effetto più vistoso della crisi in provincia di Ferrara è comunque sull’occupazione, se si considera che il tasso di occupazione 15-64 anni è caduto in modo rovinoso di 8 punti (da 69% del 2007 al 61,5% del 2013), creando una vera e propria voragine rispetto le altre province limitrofe.

Il tasso di disoccupazione provinciale che aveva raggiunto il suo punto minimo nel 2007 con appena 2,7% si è così “alzato al 14,2% nel 2013 superando anche la media nazionale (12,2%).

La crisi occupazionale ha colpito in modo diverso le aree della provincia di Ferrara. Il comune di Ferrara mostra una buona tenuta dell’occupazione in quanto gli occupati sono scesi dal punto massimo del 2007 (58.500) di “sole” 1.200 unità nel 2013. Il tasso di disoccupazione del comune, che pure è cresciuto in modo vistoso (dal 6,1% al 10,8%), rimane così al di sotto della media nazionale. I valori più bassi di disoccupazione si registrano nell’Alto ferrarese che si è difeso con la buona qualità della propria manifattura (con valori vicini al 9%).L’area più colpita è il Basso ferrarese con una perdita di occupati eccezionale (Comacchio 20,7%; Lagosanto 17,3%; Migliaro15%).

Le classi di età più colpite. Anche in provincia di Ferrara la crisi ha colpito soprattutto i giovani, sia con la drastica riduzione degli ingressi, sia con il licenziamento di chi era appena entrato: hanno perso il lavoro il 13% di coloro che avevano fino a 29 anni e il 5% di quelli da 30 a 44 anni. Le mancate assunzioni dei giovani sono stimate in 2-3mila unità per anno. Ciò spiega perché sia “esploso” al 39% il tasso di disoccupazione in provincia di Ferrara nella fascia di età 1529. La caduta di occupazione è stata, peraltro, attenuata da lavoratori a tempo pieno passati a part-time, da chi è emigrato e da chi è in Cig.

Cassaintegrazione. Con la crisi, si è avuto un enorme incremento delle ore di Cassa Integrazione: dal mezzo milione del 2007 fino a 5,9 milioni nel 2013. Quella di Ferrara è la provincia che ha fatto il ricorso maggiore alla Cig tra le province dell’Emilia-Romagna in termini di ore pro-capite.


Pesca – In provincia di Ferrara l’economia del mare, ha creato, una sua filiera e un bacino economico fortemente connotato che ha tutte le caratteristiche per diventare un Distretto Blue, avendo creato l’intera filiera con attività riconducibili in senso stretto alla pesca e acquacoltura (filiera ittica), alla cantieristica navale e industriale (filiera della cantieristica), alla movimentazione di merci e passeggeri in acque marittime e lagunari, alla ristorazione turistica e alberghiera (filiera turistica), alle attività di ricerca e regolamentazione e tutela ambientale, alle attività sportive e ricreative.

Nel Delta del Po il primato ferrarese è nella filiera ittica con 1.880 imprese, con un’incidenza dell’intera economia del mare, sul totale dell’economia provinciale, del 6% seconda solo alla provincia di Rimini con il 12,7%, dove invece è preponderante l’economia turistica e della ristorazione. Altrettanto significativo è l’impatto occupazionale, sia a livello provinciale, che nell’ambito più circoscritto del Basso Ferrarese e del Delta, con 4.500 occupati nelle filiere delle diverse attività.

Il settore manifatturiero – In provincia di Ferrara nel decennio 2001-2011 (Dati Istat) il settore manifatturiero ha subito un ridimensionamento del -27% (in Emilia Romagna è stato del -21%) , con la perdita di circa 900 imprese industriali e oltre 8 mila addetti (-26%). Nel periodo più intenso della crisi (2008-2012) sono stati persi altri 4.800 posti di lavoro.

Le rilevazioni di diversi istituti mostrano come anche nel 2014, rispetto al 2013, tutti gli indicatori produttivi e commerciali delle aziende industriali abbiano subito una contrazione: solo l’export è stato un driver di crescita.

L’andamento delle imprese artigiane, che rappresentano in regione quasi il 29% delle aziende attive e in provincia di Ferrara il 28%, è similare a quello dell’industria in senso stretto: è stato registrato (nel 2014 rispetto al 2013) una contrazione di tutti gli indicatori produttivi e commerciali, nonché dell’occupazione.

Gli aspetti positivi – Pur in un quadro complessivo dell’industria complessivamente deteriorato, vi sono nicchie e settori che registrano andamenti positivi e imprese che, specie grazie alla domanda estera, continuano ad avere tassi di crescita significativi.

Nella crisi e nello scenario di recessione delineato non mancano settori e filiere anche nella nostra provincia in fase espansiva e dalle potenzialità future interessanti.

Nel segmento manifatturiero territoriale è presente un cluster di 728 aziende classificate a medio-alto livello tecnologico, che occupano oltre 10 mila addetti, che anche nella crisi hanno registrato ottime performances produttive ed occupazionali.

Nel tessuto manifatturiero territoriale, Cds ha analizzato un gruppo di 35 aziende di differenziate classi dimensionali e operative in diversi settori di attività (che occupano 8 mila addetti e rappresentano il 33% dell’occupazione industriale locale), che si qualifica come un core di eccellenza con posizioni di leadership sia nei settori di riferimento che a livello internazionale:

  • le aziende di grandi dimensioni (con un numero di dipendenti superiore a 200), dopo alcuni periodi di crisi si sono ristrutturate ed hanno ripreso a produrre su buoni livelli; in alcuni casi sono stati modificati gli assetti societari e sono subentrati nella gestione operativa nuovi manager;
  • la fascia di società di piccole e medie dimensioni (classe di addetti 30-150) hanno continuato ad investire,svilupparsigenerare ricavivalore aggiunto e consolidare l’occupazione.

 I fattori strategici delle imprese eccellenti:

  • internazionalizzazione (si tratta di società che sviluppano, anche a fronte della stagnazione della domanda interna, oltre il 60% dei ricavi all’estero e sono ben posizionate nei mercati emergenti ad elevato tasso di crescita);
  • ricerca (trasferimento tecnologico) e innovazione di processo e di prodotto;
  • investimenti focalizzati sul rafforzamento del core produttivo (automatizzazione dei processi);
  • qualificazione e formazione costante del personale.

Welfare

Welfare sanitario – Prosegue l’azione di integrazione tra Ospedale e Territorio potenziando percorsi che garantiscano la continuità assistenziale e promuovendo processi di ottimizzazione nell’uso delle risorse. Tra Ospedale e Territorio non più competizione, ma integrazione per servizi sociosanitari dinamici e flessibili, basati sulla collaborazione operativa anche tra professionisti e operatori sociosanitari. Obiettivi: rispondere in modo appropriato all’invecchiamento; all’aumento di malattie croniche; pensare ad una riorganizzazione delle cure data la disponibilità di tecnologie avanzate e strumenti terapeutici di dimostrata efficacia. Ragionare come Area Vasta. Lefunzioni amministrative completamente unificate in una unica sede fisica e progressivamente in servizi interaziendali o di Area Vasta, superando i residui di frammentazione territoriale. I principali processi in atto. Tre Ospedali di prossimità/Ospedali Distrettuali, CentoArgenta e Delta, ciascuno caratterizzato da una organizzazione per livelli diversificati di intensità di cura; un servizio cittadino connotato dal ridimensionamento dell’Anello San Anna e dalla costruzione di una Casa della Salute, altre Case della Salute/Ospedali di Comunità; un territorio in rete, nel quale l’integrazione con le strutture ospedaliere consenta di creare percorsi completi, affidabili per il paziente, sostenibili per il sistema e di alta qualità.

Welfare sociale – In questi lunghi anni di crisi le Aziende Servizi alla Persona sono state stressate da una forte domanda di intervento a favore della povertà, dei minori, degli adulti e famiglie in difficoltà. A fronte di un taglio di risorse superiore al 90% nel quinquennio 2008-2012, non è più possibile pensare all’esistenza sul territorio provinciale di 4 Asp e di Gestione Associata di Comuni, ma si tratta invece di unificare per ridurre i costi e per liberare risorse da destinare a chi ne ha bisogno.

Lavorare nel sociale. La cooperazione sociale

Dal 2000 al 2013 si è assistito in provincia di Ferrara ad un aumento delle cooperative che si occupano di assistenza sociale e sanitaria (nel 2010-2013 +6 unità). Tale aumento, accompagna la crescita dell’invecchiamento della popolazione, in risposta alla domanda di cura e di assistenza.

Il dato delle cooperative sociali appare, per la nostra realtà provinciale, estremamente positivo in ragione del numero degli addetti (2.500 nel 2014) e per alcune caratteristiche:

  • la maggior parte delle persone impiegate sono donne;
  • sono in aumento le persone laureate;
  • il personale partecipa periodicamente a corsi di formazione e di aggiornamento.

Le caratteristiche della popolazione scolastica (di secondo grado e universitaria) ferrarese… i lavoratori di domani

Nella provincia di Ferrara nell’anno scolastico 2014/2015, gli alunni frequentanti le scuole superiori risultano essere 14.554, di cui 3.545 iscritti alle prime classi. Si registra una crescita del 2% sull’anno precedente. Sono confermate le tendenze degli ultimi quattro anni scolastici, con licei ed istituti tecnici in crescita, e istituti professionali in calo. Dei 3.545 nuovi iscritti il 42% ha scelto un indirizzo liceale, il 35% ha scelto un indirizzo tecnico e il 23% un indirizzo professionale.

Si riduce di un punto percentuale il divario (la forbice) tra istruzione tecnica e licei, a discapito del già osservato aumento del divario tra istruzione professionale e istruzione tecnica. Positivo, a nostro parere, il coinvolgimento di alcuni istituti tecnici e professionali della nostra provincia (Aleotti, Vergani, Copernico) al Programma FIXO S&U (Scuola e Università) per la realizzazione di un servizio di placement scolastico, rivolto a diplomandi/neodiplomati e finalizzato a migliorare la loro occupabilità ovvero il loro percorso personale e professionale.

Per quanto riguarda l’Ateneo estense si osserva un aumento degli iscritti del 4% rispetto all’anno precedente, registrando così un’inversione di tendenza del calo di iscrizioni, iniziato nell’a.a. 2010/11 ed accentuatosi con l’effetto sisma del 2012. Gli immatricolati “puri” (coloro che si iscrivono per la prima volta all’Università) passano da 2.553 nell’a.a 2012/13 a 2.643 di quest’anno.

Le femmine sono ancora in prevalenza, confermando il trend degli ultimi anni. Le scelte attuate da chi si è immatricolato per la prima volta, nell’anno accademico 2013/14 evidenziano una preferenza per le materie umanistiche. Al primo posto troviamo il Dipartimento di Studi Umanistici con il 18% di immatricolati, seguito da quello di Economia con il 17% e da Giurisprudenza e Ingegneria con il 10%.

Anche i laureati sono in crescita (+12%): nell’anno 2013 sono stati 3.085 (di cui 1.834 femmine) contro i 2.755 laureati nel 2012.

Il lavoro dei Diplomati e dei Laureati? È “poco, scarsamente retribuito e spesso precario”.

Decisive, da questo punto di vista, risultano essere:

  1. la promozione di politiche attive del lavoro in grado di far dialogare il sistema dell’istruzione con il mondo del lavoro
  2. la diffusione delle buone pratiche che operano a favore dell’incontro tra domanda delle aziende e “offerta” dei diplomati e laureati.

L’Università di Ferrara è promotrice di un modello virtuoso, attraverso il progetto PIL (Percorsi di Inserimento Lavorativo). In quattordici anni di realizzazione di questo progetto di transizione studio-lavoro sono state coinvolte 278 aziende (alcune di queste più volte) e sono stati inseriti in azienda per un periodo formativo di lavoro (della durata di 12 mesi) circa 470 giovani laureandi / laureati. La Metodologia PIL, inoltre, è stata applicata anche ad altri percorsi formativi corsuali come ad esempio i “Master in Alto Apprendistato”. Unife è il primo Ateneo della regione ER che ha attivato più contratti in alto apprendistato (legati al conseguimento di un titolo di Master o di Laurea) nel biennio 2011-2013. Sono in tutto 21 contratti in AA, contro i 17 dell’Università di Modena e Reggio, i 16 di Parma e i 12 di Bologna;

Anche la Monografia dell’Annuario 2015 è dedicata al tema dell’integrazione tra l’Istruzione scolastica/universitaria ed il Lavoro stesso. Il tema viene affrontato sia dal punto di vista dell’ “alternanza studiolavoro”, che di quello della “transizione” dei giovani dallo studio verso il mondo del lavoro. Istruzione e lavoro, da integrarsi grazie alla realizzazione pratica di percorsi formativi inclusivi di fasi di “lavoro vero” nelle aziende, finalizzati non solo a favorire i giovani nel loro inserimento attivo nel “mercato del lavoro” ma anche a dotare i giovani stessi, mentre ancora studiano, di saperi, conoscenze e competenze (insomma, di elementi-base per una vera professionalità) che li possano mettere in grado non solo di “trovare lavoro”(occupabilità), ma di “creare” essi stessi nuovo lavoro (imprenditorialità).

Proposta CDS: il territorio ferrarese è pronto per applicare e/o replicare la metodologia PIL anche in altri contesti, ad esempio:

  • gli ultimi anni degli istituti tecnici/professionali (attraverso l’istituto dell’alto apprendistato)
  • l’ITS di Ferrara per il “Risparmio energetico nell’edilizia sostenibile e per la qualificazione e riqualificazione del patrimonio edilizio”.
  • I percorsi formativi per gli operatori del mare
  • lavoratori e lavoratrici usciti dal mercato del lavoro che necessitano di una nuova occupazione
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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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