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Mese: Maggio 2017

Il Comune di Comacchio vince un premio prestigioso al Forum della Pubblica Amministrazione a Roma.

Da Comune di Comacchio

Premio Best Pratice Patrimoni Pubblici 2017 per il Comune di Comacchio, con la partnership tecnica di EXIT S.p.A.
Al Forum della Pubblica Amministrazione in corso a Roma l’amministrazione lagunare si è aggiudicata il prestigioso riconoscimento grazie al progetto di “Gestione integrata per gli impianti di illuminazione pubblica dell’Ente”, avviata grazie all’adesione alla convenzione Consip Servizio Luce 3.
Il premio, ritirato per il Comune di Comacchio da Leonardo Nascosi – Funzionario del Settore Tecnico-Area Infrastrutture e da Stefano Bonino – Divisione Smart communities service management di EXITone, è stato conferito per la particolare innovazione tecnico/organizzativa, le ricadute positive sui cittadini e gli importanti obiettivi di razionalizzazione dei costi.
Il progetto di gestione integrata degli impianti di illuminazione pubblica del Comune di Comacchio, nato con l’intento di riqualificazione energetica, adeguamento normativo e di manutenzione straordinaria degli impianti di Illuminazione pubblica dell’Ente ha permesso di ottenere, in breve tempo, i seguenti risultati:
Adeguamento dell’impianto di illuminazione pubblica e semaforica alla normativa vigente in materia.
Sostituzione di 4.927 apparecchi non cut-off con una riduzione dei livelli di inquinamento luminoso.
Ampliamento dell’infrastruttura impiantistica con l’installazione di punti luce aggiuntivi rispetto al perimetro di gestione inizialmente rilevato e sostituzione impianti obsoleti.
Riduzione dei consumi mediante il ricorso alle più moderne tecnologie (LED) garantendo elevati livelli del servizio offerto con un risparmio energetico del 60% con conseguente risparmio in termini di TEP e tonnellate di CO2 emesse.
Miglioramento degli standard di illuminamento mediante un’accurata classificazione illuminotecnica delle strade e la conseguente identificazione delle apparecchiature idonee alla categoria di esercizio individuata.
Riqualificazione dell’illuminazione artistica del complesso monumentale Trepponti. Tale intervento si colloca all’interno di un più ampio progetto di ammodernamento e valorizzazione dell’intero centro storico cittadino, a dimostrazione dell’interesse che l’RTI e l’Amministrazione Comunale hanno posto all’innalzamento della qualità del servizio in un’area di elevata fruizione da parte degli utenti finali.
“Il riconoscimento ci gratifica -commenta il Sindaco Marco Fabbri – e conferma, rafforzandolo, l’impegno assunto dall’Amministrazione Comunale nella riqualificazione della illuminazione pubblica, perseguendo l’obiettivo fondamentale del risparmio energetico. Comacchio, cuore del Delta del Po, è una perla tra le riserve della Biosfera Mab Unesco – prosegue il Sindaco – e come tale già da alcuni anni ha posto al centro delle azioni promozionali del territorio la sostenibilità ambientale, tema che ben si concilia con il premio conseguito a Roma. L’impiantistica era vetusta, per cui l’impegno condiviso con Citelum ha permesso al Comune di Comacchio di superare un problema ormai datato.”
Un’ulteriore potenzialità di sviluppo – nell’ambito del progetto di riqualificazione ed efficientamento dell’impianto di pubblica illuminazione del Comune di Comacchio – è rappresentato dalla pianificazione di interventi tecnologici legati all’implementazione dei Servizi Complementari di Smart City. Diversi gli ambiti di possibile implementazione, tra cui: Sicurezza, Controllo del territorio, Mobilità e Connettività.
Ezio Bigotti “È la sesta volta che EXITone si aggiudica in qualità di partner tecnico questo prestigioso riconoscimento a dimostrazione della nostra capacità di utilizzare le tecnologie più all’avanguardia e di un know-how consolidato che ci rende leader in Italia nel settore dei servizi al territorio.” Continua Bigotti “Un grazie speciale va a tutto il team della Divisione Smart Community Services di EXITone, che sotto la guida dell’Ing. Stefano Bonino ha permesso il raggiungimento di questo importante risultato”

Un progetto unico e all’avanguardia per capire la tecnica pittorica del guercino

Da Organizzatori

Realizzare la prima mappatura scientifica delle opere del Guercino, perché da questa ‘carta d’identità’ si possano trarre nuove informazioni sul maestro centese. È l’obiettivo del progetto del Laboratorio Diagnostico del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, Campus di Ravenna, condotto in collaborazione con Comune di Cento e Centro Studi Internazionale ‘Il Guercino’. Il via a questa operazione di elevatissima caratura, che fa della sinergia fra diagnostica e storia dell’arte il proprio punto qualificante, è stato dato mercoledì 24 maggio dalla conferenza‘Dai materiali alla tecnica pittorica: indagini scientifiche sul Guercino’.
Tecnici e studiosi, un team di sei persone dotate di apparecchiature all’avanguardia, saranno nella Pinacoteca provvisoria di San Lorenzo dal 12 al 23 giugno prossimi: fase fondamentale di un programma che prevede due anni di lavoro, l’analisi di oltre una cinquantina di opere e il coinvolgimento di diverse istituzioni, oltre a Cento, a Bologna, Rimini, Genova, Roma e Piacenza.
«Per la prima volta viene condotta un’analisi sistematica su colori e tecniche del Guercino – ha aperto la serata Salvatore Amelio, presidente del Centro Studi –. Lo scopo è arricchire le conoscenza sull’artista, mettendo in luce la presenza di disegni preparatori, di interventi di più mani, di sistemi di preparazione della tela, avere maggiore certezza sull’attribuzione delle opere e sullo stato di conservazione».
A disposizione in Pinacoteca saranno 15 opere, «un nucleo come non ve n’è altri: un primato possibile solo a Cento», come ha rilevato Fausto Gozzi, direttore dei Musei Civici, che ha dato conto di come il 4 giugno torneranno i tre dipinti del Comune e i tre della Curia che sono stati prestati per la mostra a Piacenza.
Mariangela Vandini, associato di Archeometria e Fisica per i Beni Culturali, ha illustrato l’impegno del Laboratorio Diagnostico del Dipartimento di Beni Culturali volto alla salvaguardia, alla tutela e conservazione dei beni. «Le analisi diagnostiche verranno eseguite attraverso il trasporto in situ delle attrezzature portatili di ultima generazione, in grado anche di effettuare l’analisi chimica senza toccare l’oggetto di studio. Il progetto – ha rimarcato – ha il suo punto di forza sia nel contenuto sia nella metodologia, che potrà tracciare la via per la collaborazione fra le discipline, le condizioni di esecuzione e la produzione di dati statisticamente validi».
Un progetto quello sul Guercino che fa dunque da apripista, soprattutto a fronte del fatto che i contributi scientifici sono molto limitati e lontani nel tempo, spesso parziali e in assenza di confronto con la bibliografia precedente. Lo ha spiegato Barbara Ghelfi, associato di Storia dell’Arte Moderna. «Il progetto – ha esplicitato – prevede una prima fase di acquisizione del maggior numero di dati possibili attraverso le indagini diagnostiche: verranno inseriti in un data base digitale e forniti ai proprietari delle opere. Attraverso lo studio, la lettura e il confronto si vuole capire come dipingeva il Guercino: cosa c’è sotto la pittura, come lavorava, come preparava le composizione, se ci sono dei ripensamenti, che tipo di materiale utilizzava, quali ne fossero i colori. Capire, insomma, quanto più possibile la tecnica pittorica del maestro. In una seconda fase vorremmo comporre una sorta di atlante mettendo in relazioni i dati tecnici con l’analisi storico artistica».
Chiara Matteucci, responsabile tecnico dell’Unità Polilaboratoriale del Dipartimento di Beni Culturali, si è soffermata sulla parte tecnica: sui sistemi diagnostici che saranno impiegati in un programma di lavoro che ha trovato ispirazione nell’analisi del ‘San Francesco che riceve le stimmate’ della chiesa dei Cappuccini di Piacenza. «Effettueremo una puntuale ricognizione scientifica, revisione e rielaborazione di tutte le indagini esistenti, quindi eseguiremo la campagna diagnostica vera e propria a livello nazionale e, infine, lo studio comparato di tutti i dati raccolti. Le indagini scientifiche constano dell’applicazione di tecniche di indagine visuale, di imaging multi spettrale, di indagine puntuale non invasiva e, quando autorizzate, l’analisi in spettroscopia su microcammpioni».

Staffetta terremoto Emilia 2017

Da Regione Emilia Romagna

Gli eventi in programma sabato 27 maggio. A Castello d’Argile (Bo) l’intitolazione della Sala polivalente dedicata a Barbara, Salvatore e Giuseppe Asta e a tutte le vittime innocenti di mafia. Il ricordo delle vittime a Mirandola e Medolla (Mo). A Cavezzo (Mo) la vita e le opere dello scrittore cavezzese Antonio Delfini

Bologna – In occasione del quinto anniversario del sisma in Emilia, proseguono le iniziative nei comuni delle aree colpite dalle scosse del 20 e 29 maggio 2012.
La Protezione civile regionale e circa mille volontari (in rappresentanza degli oltre 16 mila attivi in Emilia-Romagna) saranno protagonisti domani, sabato 27 maggio, al Parco Nord di Bologna, della giornata conclusiva degli Stati generali della protezione civile stessa, nella quale è previsto anche il ringraziamento pubblico ai volontari e agli operatori intervenuti nell’emergenza del sisma dell’Italia Centrale da parte delle istituzioni. Alle 14.30 la cerimonia con il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, l’assessore regionale alla Protezione civile, Paola Gazzolo, i rappresentanti della Protezione civile nazionale e della Regione Marche, il commissario straordinario alla Ricostruzione in Centro Italia, Vasco Errani, il presidente regionale dell’Anci Emilia-Romagna, Daniele Manca, e i sindaci di Montegallo, Caldarola e San Severino Marche.
Nel pomeriggio prenderà il via la “Staffetta terremoto Emilia 2017”, manifestazione podistica non competitiva, a carattere commemorativo e di beneficenza, promossa da tutte le associazioni podistiche dei territori del “cratere” delle province di Bologna, Ferrara, Reggio Emilia e Modena. L’evento sportivo, con iscrizione a offerta libera, è aperto a tutti: il ricavato interamente devoluto al Comune di Crevalcore per il sostegno alle attività di ricostruzione in ambito sportivo. Previste 8 staffette con partenze da: Modena, Fossoli di Carpi, Medolla, Massa Finalese, Mirabello, Moglia, Sant’Agostino, San Giovanni in Persiceto, I podisti attraverseranno i centri storici di Comuni e frazioni: Bastiglia, Bomporto, Bondeno, Camposanto, Carpi, Cavezzo, Concordia, Cavezzo, Finale Emilia, Mirabello, Mirandola, Moglia, Ravarino, Novi di Modena, S. Agata Bolognese, Sant’Agostino, S. Felice, S. Giovanni in Persiceto, S. Possidonio, Soliera, Sorbara e Vigarano Mainarda. Sul sito http://www.staffettaterremotoemilia.it/ i dettagli dei percorsi e delle 8 partenze.
Nel bolognese, a Castello d’Argile, alle 10 (via del Mincio 1), è prevista l’intitolazione della Sala Polifunzionale completamente restaurata alla presenza dell’assessore regionale alla ricostruzione post-sisma, Palma Costi. La struttura sarà dedicata alla memoria di Barbara, Salvatore e Giuseppe Asta, la madre e i suoi due figli morti nel 1985 a Pizzolungo, in Sicilia, nell’attentato destinato al magistrato Carlo Palermo, e di tutte le vittime innocenti di mafia.
Tre gli appuntamenti nel modenese. A Mirandola alle 10.30 nel giardino della Scuola media “Montanari” (via Nuvolari 4) si terrà la cerimonia ufficiale di commemorazione delle vittime del sisma, con brani musicali e lettura di poesie da parte degli studenti. Sarà presente l’assessore regionale alla Cultura, Massimo Mezzetti.
Alle 18, nella Chiesa di Medolla sarà celebrata una Messa in suffragio delle vittime (in collaborazione con l’Unione Comuni Modenesi Area Nord).
A Cavezzo, dalle 17.30 a Villa Pacchioni (via Ronchi 39), la vita e le opere dello scrittore cavezzese Antonio Delfini saranno al centro dell’aperitivo letterario realizzato nell’ambito del ciclo di eventi “Dove abitano le parole”. /Gia.Bos.

La tua impresa avanti veloce con noi

Da Ascom Ferrara

Avanti Veloce con la Tua Impresa, i seminari tecnici dedicati al mondo delle imprese affronta con concretezza il tema dell’ e-commerce. Il seminario odierno – promosso da Iscom, Confcommercio regionale ed Ascom Ferrara – ha avvicinato una cinquantina di operatori entrando con praticità sulla gestione aziendale legata al digitale.
Alessandro dell’Anna (SEAC – softwarehouse legata al sistema Confcommercio) ha dunque puntato ad esaminare il flusso dei dati e dei prodotti nella gestione dell commercio elettronico: dalla digitalizzazione dei prodotti per la realizzazione di un accattivante catalogo, alla gestione dei percorsi di pagamento e di spedizione. Un solo esempio tra i tanti a segnalare l’importanza di scatti e video ben realizzati: “La realizzazione di un immagine adeguata e bella può far variare fino al 18% in più la vendita di un prodotto. Insomma siate impeccabili nella presentazione del prodotto” ha commentato il relatore. “Ascom è sempre attenta con la sua realtà formativa Iscom – ha puntualizzato il direttore generale di Ascom Davide Urban – alle nuove forme di supporto al Business: dal sito del commercio elettronico al mondo dei Social, i nostri operatori hanno bisogno di formazione, di marketing per essere ancora più competitivi. Oggi non si può improvvisare nulla ed ogni intervento nel modo del digitale è in continua e velocissima evoluzione. Ascom può fornire gli strumenti per essere al passo”. Il ciclo di seminari (Rif.PA 2016 – 5551 PR1 – Ed2; approvata con D.G.R 1450/2016 del 12/9/2016; co-finanziata dal Fondo sociale europeo PO 2014-2020 Regione Emilia-Romagna) verrà poi seguito ad attività formative ad hoc ancora più specifiche in approfondimento delle tematiche trattate.

Al lido degli Estensi il mercato di Campagna Amica con il cibo sano che prepara tintarella e prova costume

Da Coldiretti

Frutta e verdura di stagione per imparare ad affrontare al meglio le prossime vacanze seguendo la dieta mediterranea. Ma anche laboratori, giochi ed informazioni sabato 27 e domenica 28 maggio sul viale principale di Lido degli Estensi.

Saranno gli agricoltori di Campagna Amica Coldiretti ad animare il tratto di viale delle Querce e di viale Carducci a Lido degli Estensi il prossimo week end con la ricchezza delle produzioni a km zero della filiera agricola.
Sabato 27 maggio dalle 10 alle 20, e domenica 28 maggio dalle 10 alle 19, i gazebo gialli dei produttori agricoli presenteranno la gamma dei prodotti che arrivano dalla campagna direttamente al banco di vendita, nel rispetto della stagionalità e con i gusti inconfondibili delle cose buone: frutta e verdura di stagione (ciliegie, fragole, albicocche, meloni, insalate, asparagi, i primi zucchini, pomodori, melanzane), miele, confetture, formaggi, vino, riso del delta del Po, piante e fiori, spezie, cosmetici, salumi, una ricca gamma che sarà possibile assaggiare ed acquistare direttamente dai produttori, che potranno anche dare i consigli giusti per abbinamenti tra i cibi, trucchi di preparazione e conservazione, criteri di scelta per acquisti di qualità.
La frutta e la verdura, per le loro caratteristiche costituiscono il perno della dieta mediterranea, adatte in particolare in estate perché molto utili a difendere l’organismo dalle elevate temperature, ma anche importanti per “catturare” i raggi del sole e garantire una tintarella naturale in quanto sono ricche antiossidanti naturali con la vitamina A, C ed E. Questi vegetali sono dunque alimenti che soddisfano molteplici esigenze del corpo: nutrono, dissetano, reintegrano i sali minerali persi con il sudore, riforniscono di vitamine, mantengono in efficienza l’apparato intestinale con il loro apporto di fibre e si oppongono all’azione dei radicali liberi prodotti nell’organismo dall’esposizione al sole, nel modo più naturale ed appetitoso possibile.
Nel corso delle due giornate non mancheranno anche le attività di laboratorio per i più piccoli (ma non solo…), per provare a realizzare le “coppie ferraresi”, a tirare la sfoglia più bella, a costruirsi una canna da pesca e giocare a pescare.
Allo stand Campagna Amica, i laboratori sono previsti alle 11.00, per ripetersi alle 15 e alle 17.30.
In distribuzione anche palloncini e materiale informativo sulla stagionalità dei prodotti e sulla corretta etichettatura.
L’iniziativa è svolta in collaborazione con il Comune di Comacchio e con l’associazione Noi che ci crediamo ancora, oltre che con Fondazione Campagna Amica e Agrimercato Coldiretti Ferrara.

Note di Jazz dall’alba al tramonto a Codigoro

Da Organizzatori

Si inaugura all’alba di domenica 28 maggio la prima edizione della rassegna “Note di Jazz – dall’alba al tramonto a Codigoro”, organizzata dall’Associazione Jazzlife in collaborazione con il Comune di Codigoro (Ferrara), che si terrà da maggio ad agosto 2017 nelle location naturalistiche e monumentali più suggestive dell’area, per unire l’esperienza musicale e culturale con la promozione delle risorse e delle eccellenze del territorio attraverso eventi ricchi di intrattenimento, rivolti sia a turisti e visitatori sia ad un pubblico autoctono.
Il primo appuntamento vede protagonista la jazz singer canadese Lauren Bush in duo con il chitarrista Luca di Luzio impegnato alla chitarra a 7 corde, più, special guest, il sassofonista Alessandro Scala. Un viaggio attraverso il Songbook dei grandi autori americani come Gershwin, Ellington, Berlin, Van Heusen, interpretato dalla talentuosa cantante canadese che sta conquistando la piazza jazz londinese con le sue doti di scat singer, ed oramai molto amata anche in Italia.
Di lei dicono: “Lauren Bush usa la voce proprio come un vero musicista. E’ una perfezione naturale, spontanea, in perfetta sintonia con il resto della band.” (Bill Quinn, Sunday Morning Sunshine, Metromedia Radio)
Ogni concerto è associato sia ad una proposta di qualità in ambito enogastronomico, sia ad attività come visite guidate, equitazione, escursioni e passeggiate in bicicletta. Un programma che favorisce anche la messa in rete di tante realtà imprenditoriali del territorio che collaborano alla riuscita dell’iniziativa.
La giornata del 28 maggio offre il seguente programma:
ore 7:30 colazione offerta gratuitamente ai partecipanti da: Forno Granato, Forno Biolcati Pontemaodino, e da Diamond Coffee Vaccolino (Ferrara); gradita la prenotazione al n. 3351340537.
Dalle ore 8:30 è possibile aderire ad una visita guidata al complesso dell’Abbazia d Pomposa e al museo. Costi per l’ingresso compreso di guida sono: gratis per bambini fino ai 5 anni, €8 adulti, €6,50 dai 18 ai 25 anni, €3 dai 6 ai 18 anni; prenotazione obbligatoria al n. 0533.719110. La visita guidata è garantita al raggiungimento di minimo 15 partecipanti.
Altre attività: la passeggiata a cavallo (anche per principianti) presso ASD Ippogrifo (Strada Giralda 7, Pomposa di Codigoro) con prenotazione obbligatoria al n. 348 9297116 o 328 4236161, oppure la Pedalata Slow con guida esperta. Per questa attività la partenza sarà dal Resort Oasi Bianca (in collaborazione con il B&B “La Via del Volano”) fino alla pineta di Volano; è possibile partecipare con la propria bici o noleggiarla presso il Resort al costo di €10 per l’intera giornata.
Per altre escursioni guidate o libere è possibile contattare lo IAT Pomposa al n. 0533.719110.
Per il pranzo, è previsto l’assaggio di prodotti tipici a km 0 dell’azienda agricola La Giraldina (Strada Giralda 7, Pomposa di Codigoro): menù degustazione di frutta e verdura a km 0, a € 5; menù degustazione salumi e formaggi con miele, confettura e vino locale €10. Per info e prenotazioni 328 4236161 (prenotazioni entro il 26 maggio) www.lagiraldina.com.
Il Vo d’Or Enobrasserie-Degustazione-Enoteca-Osteria (Piazza Matteotti, 54 – Codigoro) propone invece un menu alla carta solo su prenotazione al n. 393.9658402 o 393.9405443.
Possibilità di pernottare presso le strutture adiacenti l’Abbazia di Pomposa: Resort Oasi Bianca Prenotazioni e info al n. 0533 719019 www.oasibianca.it; Hotel rurale Canneviè prenotazioni e info al n. 0533 719014 – 338 7267902 www.oasicannevie.com; B&B La Via del Volano prenotazioni e info al n. 340 7980958 www.laviadelvolano.info.
Tutte le info sono consultabili sul programma cartaceo della rassegna, sul sito www.jazzlife.it e tramite le pagine Facebook dell’Associazione Jazzlife.
GLI ALTRI EVENTI DELLA RASSEGNA:
Domenica 25 giugno dalle ore 18 una escursione con cena e concerto “Jazz & Wine” all’Oasi Cannevié con degustazione vini del territorio accompagnata dal FPF Trio formato dal sassofonista Andrea Ferrario, l’hammondista Emiliano Pintori, batterista Bruno Farinelli, con un repertorio di composizioni originali e brani di grandi artisti americani contemporanei, come Joshua Redman e Kenny Garrett, attraversando con disinvoltura groove, funk, sonorità latin e atmosfere jazz.
Venerdi 21 luglio alle ore 21 in occasione della Cena sotto le Stelle in piazza Matteotti a Codigoro, si terrà un concerto “Omaggio alle dive del Cinema”, con la cantante Nicoletta Fabbri, il pianista Gabriele Zanchini, il contrabbassista Stefano Travaglini e il batterista Stefano Paolini. Saranno dunque ricordate in musica le grandi star del cinema italiano ed internazionale, dalla grande Marilyn Monroe, a Audrey Hepburn ed Ingrid Bergman, da Gina Lollobrigida a Sophia Loren proponendo alcune tra le colonne sonore e le sequenze più famose della storia del cinema, fra cui “Casablanca”, “Colazione da Tiffany”, “Gilda” ,” Ginger e Fred”, “Totò, Peppino e la Malafemmena”.
Giovedì 30 agosto alle ore 21.15 nella Sala delle Stilate dell’Abbazia di Pomposa, in partnership con la nota rassegna musicale “Musica Pomposa”, il concerto “Sotto Le Stelle del Jazz”, con il Luca di Luzio Blue(s) Room Trio, completato dall’hammondista Sam Gambarini e dal batterista Max Ferri e con, special guest, il sassofonista Max Ionata e il trombettista Gianni Ferreri. La formazione, guidata dall’apprezzato chitarrista pugliese, trae ispirazione dal sound dei mitici organ trio anni ’60 corroborato da protagonisti quali Grant Green, Kenny Burrell, Jimmy Smith e Jack McDuff. Il repertorio alternerà brani della tradizione afroamericana a pezzi contemporanei sapientemente arrangiati dall’estro del band leader. Per l’occasione il trio ospita il sassofonista Max Ionata, considerato uno dei maggiori sassofonisti italiani della scena jazz contemporanea e Gianni Ferreri, trombettista e direttore d’orchestra presente da 30 anni nel mondo della musica jazz e non solo.
Tra i partner: Oasi Canneviè, Resort Oasi Bianca, Azienda Agricola La Giraldina, L’Ippogrifo A.S.D., La Via del Volano R&B, Ristorante Pizzeria Abbazia di Pomposa, Enobrasserie Vo D’Or, Azienda Agricola Corte Madonnina, Panificio Granato, Panificio Biolcati, Diamond Coffee, Grafica Hexagon.
Sostengono l’iniziativa: Pasini Mobildesign, Falegnameria Gilli, Punto Moda Italian Fashion.

Tintarella e prova costume, arrivano frutta,verdura e cibo sano

Da Coldiretti Emilia Romagna

Dal visual food ai frullati di frutta di stagione: l’ultimo week end di maggio sarà dedicato a frutta e verdura, prodotti per eccellenza della dieta mediterranea, che fanno bene alla salute e all’aspetto per il potere abbronzante molto apprezzato all’inizio della bella stagione. L’iniziativa – informa Coldiretti regionale – è dei mercati di Campagna Amica dell’Emilia Romagna per aiutare i consumatori a difendersi dall’afa e a prepararsi alla prova costume. Sabato 27 e domenica 28 maggio i mercati di Campagna Amica forniranno tutte le indicazione utili per i consumi di frutta e verdura.
Sabato 27 e domenica 28 maggio, dalle 10.00 alle 20.00, a Lido degli Estensi, nel comune di Comacchio (FE), si svolgeranno assaggi e degustazioni con preparazioni di frutta e verdura e il laboratorio di cosmetica naturale. Il 27 maggio, dalle 10.00 alle 12.00, in piazza Fontanesi di Reggio Emilia toccherà alla frutta di stagione che verrà frullata direttamente “a pedali”.
Domenica 28 maggio, dalle 10,30 alle 12,30, in largo San Francesco a Modena, saranno presentate creazioni di frutta e verdura con le tecniche di visual food, il nuovo modo di concepire l’allestimento dei piatti che coniuga estetica e funzionalità. Sempre frutta e verdura verranno trasformate in opere d’arte in miniatura, in grado di procurare piacere estetico pur lasciando inalterata la sostanza delle materie e quindi la funzionalità e il valore del cibo. Sempre domenica 28, dalle 15.00 alle 18.00, a Podenzano (PC), presso la corte “La Faggiola”, all’interno dell’iniziativa “Biancolatte” si svolgerà la “festa del gelato dolce e salato e dei prodotti della filiera del latte”. Sempre domenica 28 maggio, a casa Artusi di Forlimpopoli (via Andrea Costa 27) in collaborazione con Rialimenta e Bio Macelleria San Bidente e azienda agricola biologica-simbiotica Mengozzi, verrà illustrato il progetto pilota ‘Il cibo è colore, sapore e forma’ mediante il quale si punta a sensibilizzare ad un utilizzo in cucina, comprese quelle delle mense scolastiche, di materie prime stagionali coltivate e prodotte dalle aziende agricole locali aderenti al Consorzio eco-simbiotico Valbidente mediante il sistema dell’agricoltura bio-simbiotica. Le agrichef Luana e Caterina mostreranno come cucinare e trattare i prodotti del territorio attraverso metodi di cottura atti a mantenere inalterate le qualità organolettiche degli alimenti.
La frutta e la verdura, per le loro caratteristiche – spiega Coldiretti Emilia Romagna – costituiscono il perno della dieta mediterranea, adatte in particolare in estate perché molto utili a difendere l’organismo dalle elevate temperature, ma anche importanti per “catturare” i raggi del sole e garantire una tintarella naturale in quanto sono ricche antiossidanti naturali con la vitamina A, C ed E. Questi vegetali – continua Coldiretti regionale – sono dunque alimenti che soddisfano molteplici esigenze del corpo: nutrono, dissetano, reintegrano i sali minerali persi con il sudore, riforniscono di vitamine, mantengono in efficienza l’apparato intestinale con il loro apporto di fibre e si oppongono all’azione dei radicali liberi prodotti nell’organismo dall’esposizione al sole, nel modo più naturale ed appetitoso possibile.

La “carica” dei cinquecento a Comacchio

Da Cia

Il 27 maggio l’associazione regionale dei pensionati sarà nella cittadina del Delta per la
ventiduesima “Festa regionale dell’ANP”

Ferrara– Un territorio profondamente vocato all’agricoltura e una città che ha fatto della cultura e del turismo sostenibile, il suo segno distintivo. Una location davvero perfetta per la ventiduesima “Festa regionale dell’ANP”, organizzata da ANP – Emilia Romagna, l’associazione dei pensionati di Cia –
Agricoltori Italiani, che si terrà a Comacchio, sabato 27 maggio. All’evento parteciperanno oltre
cinquecento pensionati provenienti da tutta la regione, che “invaderanno” letteralmente la cittadina,
per discutere dei temi caldi del settore e visitare i luoghi più significativi del territorio.
La Festa avrà come momento culminante il raduno di tutti i pensionati sui meravigliosi Trepponti,
nel corso della quale interverranno: Marco Fabbri, sindaco di Comacchio e Valter Manfredi,
presidente regionale dell’ANP. Al termine degli interventi, spazio al Coro delle Mondine di Porporana
e alle loro, ormai celebri, “Cante”, capaci di preservare la memoria del passato e i legami con la
tradizione rurale. Nel corso della giornata i pensionati Cia visiteranno, inoltre, i luoghi più belli e
suggestivi di Comacchio e del Delta, un altro modo per celebrare le peculiarità del territorio e la
fruizione lenta e sostenibile dell’ambiente.
«Abbiamo scelto, ormai ventidue anni fa, di definire la nostra assemblea annuale una “Festa” perché
per noi rappresenta un momento importante di confronto e socializzazione – spiega Valter Manfredi, presidente regionale dell’associazione. L’incontro ha due obiettivi principali, fortemente legati tra loro: fare il punto sulle tematiche sociali più stringenti, come l’aumento delle pensioni minime – in Italia sono 8 milioni di anziani che percepiscono assegni sotto i mille euro e più di due milioni sotto i cinquecento euro – e il diritto alla salute e alle cure; promuovere uno stile di vita socialmente soddisfacente e attivo per le persone nella cosiddetta “Età d’argento”. Temi che per noi sono di vitale importanza, ed ecco perché nel corso della giornata ci sarà spazio per il dibattito, ma anche per momenti sociali e conviviali. Vogliamo dimostrare – conclude Manfredi – che gli anziani, se sostenuti da politiche sociali e un reddito adeguato, possono rimanere attivi e in salute e che lo “stare insieme” è una delle medicine più efficaci che esistono».

La Sagra della Canocchia e della Seppia 2017 saluta

Da Organizzatori

irotecnico week end di chiusura per la 7° Sagra della Canocchia e della Seppia: sabato 27 e domenica 28 maggio a Porto Garibaldi è in programma il secondo ed ultimo fine settimana della grande kermesse dedicata a prodotti e tradizioni della marineria dell’Antica Magnavacca. Accanto alle bancarelle dell’expo commerciale e di prodotti tipici e del mercatino del riuso, dell’arte e dell’ingegno che coloreranno un po’ tutte le principali strade del paese insieme allo stand gastronomico allestito di fronte al Mercato Ittico – operativo in entrambe le giornate dalle 11,30 alle 14,30 e dalle 19 alle 21,30 – il cartellone della manifestazione prevede, ogni sabato e domenica, escursioni in motonave con imbarco dal PortoCanale e navigazione, al mattino, fino al Delta del Po ed al Faro di Gorino e, nel pomeriggio, verso Comacchio e le Valli (info tel. 393 3765759). Ma anche gli appuntamenti – ritrovo all’InfoPoint Sagra – sabato 27 alle 16,30 con “Il PortoCanale racconta”, passeggiata guidata e gratuita fra storia, curiosità e i luoghi della pesca dell’Antica Magnavacca e, domenica alle 10,30, con la “Pedalata della Canocchia”, biciescursione slow nelle Valli con pranzo allo Stand (info 329 9341581). Largo spazio anche a sport, danza e musica con gli spettacoli che si susseguiranno sui palchi allestiti lungo il PortoCanale ed in zona Traghetto. Si comincia sabato alle 17 con la dimostrazione di ju jitsu a cura dei maestri Diurno, cui seguiranno mezz’ora più tardi la performance dell’associazione sportiva dilettantistica “Easy Dance” proposta da Stefan e Adriana e, alle 18, l’esibizione di danza classica a cura dell’Akemi Dance Center. Alle 18,30 – con replica domenica alle 17,30 – a salire sul palcoscenico sarà invece Muovidea. Mentre ad animare la serata di sabato sarà un doppio live con protagoniste le cover degli “Insoniko” e la musica anni ‘60/’90 delle “Dogato Sister”. E, domenica dalle 18,30, la presentazione delle attività con istruttori ed allievi della palestra Methaphysical Body.
Assolutamente da non perdere, infine, sabato 27 alle 23,30, il grandioso spettacolo piromusicale che riempirà di luci e suoni la Darsena del PortoCanale.

Cibo…ma che cibo? Una domanda che ha aperto scenari interessanti per gli studenti dell’IISAP

Da Organizzatori

Si sta concludendo all’IISAP il ciclo di incontri sull’alimentazione.
Si tratta di un progetto messo a punto dalla Commissione Benessere a scuola e dal Dipartimento di Scienze dell’Istituto che ha coinvolto le classi del Liceo e dell’IPSIA Servizi Socio-sanitari di Argenta.
Il progetto “Cibo.. ma che cibo” rientra nell’ambito del potenziamento delle competenze di cittadinanza e di educazione a corretti stili di vita. Le lezioni sono state tenute da insegnanti della scuola, e hanno riguardato diverse tematiche quali l’acqua e l’idratazione, l’alimentazione dello sportivo, lo zucchero come centro di piacere, i disordini alimentari fino alla differenza tra cibarsi e nutrirsi. Gli incontri sono stati interessanti per gli studenti, che hanno dimostrato di gradirli con domande di chiarimento e approfondimento e una grande partecipazione, chiedendo che il progetto venga riproposto anche l’anno prossimo.

A cinque anni dal sisma.

Da Organizzatori

Quarto e ultimo convegno a Cento, Palazzo del Governatore, il 29 maggio 2017, ore 14
Palazzo del Governatore, Sala Zarri, Piazza Guercino n. 39

Nel corso del convegno saranno illustrate le problematiche della Rocca Possente di Stellata di Bondeno e della Chiesa della Madonnina di Ferrara e i lavori di ripristino e miglioramento sismico della Collegiata di S. Biagio a Cento

Introducono
il Sindaco di Cento, Fabrizio Toselli
l’Arch. Keoma Ambrogio, coordinatore area sisma della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
l’Arch. Antonino Libro, coordinatore responsabile ricostruzione post sisma degli immobili sottoposti a tutela – Agenzia Regionale per la Ricostruzione Emilia-Romagna
l’Ing. Davide Parisi, coordinatore per le attività connesse al rilascio dei pareri di congruità per gli interventi di ricostruzione pubblica – Agenzia Regionale per la Ricostruzione Emilia-Romagna

Collegiata di S. Biagio a Cento. Lavori di ripristino con miglioramento sismico
Relatori:
Arch. Gabriele Pivari, Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
Ing. Andrea Bucchi, Regione Emilia-Romagna
Ing. Fabio Cristalli, Responsabile Unico del Procedimento
Arch. Alberto Ferraresi e Ing. Alessandro Strozzi, progettisti

Rocca Possente di Stellata di Bondeno
Relatori:
Arch. Maria Luisa Laddago, Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
Arch. Alberto Borghesi, Regione Emilia-Romagna
Ing. Maria Orlandini, Comune di Bondeno
Arch. Vincenzo Vandelli e Ing. Giorgio Serafini, progettisti

Chiesa della Madonnina di Ferrara
Relatori:
Arch. Keoma Ambrogio, Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
Arch. Matteo Carobbi, Regione Emilia-Romagna
Arch. Raffaela Vitale, Comune di Ferrara
Ing. Alberto Alberti, progettista strutturale

Conclusioni e domande
20 e 29 maggio 2012, il terremoto in Emilia-Romagna ferisce anche centinaia di beni tutelati: chiese, palazzi, edifici storici e culturali di ogni genere subiscono lesioni di varia entità, crolli totali o parziali.
A cinque anni esatti dal sisma che ha colpito l’Emilia, la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara ha organizzato quattro convegni a Reggiolo, Finale Emilia, Crevalcore e Cento per informare cittadini e professionisti sul lavoro di valutazione, guida e supporto svolto dalla Commissione Congiunta nel periodo intercorso dall’approvazione del Programma di Ricostruzione da parte della Regione Emilia-Romagna.
I primi tre convegni si sono svolti a Reggiolo, dove si è parlato del recupero di Palazzo Sartoretti e della Chiesa di Santa Maria Assunta a Reggiolo, a Finale Emilia, con focus sul restauro e miglioramento sismico del Liceo Carlo Sigonio di Modena e sui lavori nella Chiesa di San Biagio in Padule a San Felice sul Panaro e nel palazzo Municipale di Mirandola, e a Crevalcore, dove sono stati illustrati i lavori nella Chiesa Collegiata di Santa Maria Maggiore a Pieve di Cento, il restauro delle della chiesa di San Silvestro di Crevalcore e gli interventi nella Torre della Specola di Bologna.
L’ultimo convegno, il 29 maggio a Cento, verterà sulle problematiche della Rocca Possente di Stellata di Bondeno e della Chiesa della Madonnina di Ferrara e sui lavori di ripristino e miglioramento sismico della Collegiata di S. Biagio a Cento.
Nei singoli incontri viene per prima cosa presentato il ruolo della Commissione Congiunta e una sintesi dell’attività generale di coordinamento tra gli enti preposti all’autorizzazione ai lavori e all’approvazione della congruità sismica e finanziaria degli interventi.
Segue l’illustrazione di alcuni casi di particolare interesse afferenti il territorio della provincia dove si svolge il convegno, con la presentazione del progetto e degli aspetti che più hanno interessato il lavoro della Commissione Congiunta, in un dialogo tra i professionisti e i funzionari istruttori della Soprintendenza di Bologna e della Regione Emilia-Romagna.
I convegni sono promossi dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara (referenti gli arch. Keoma Ambrogio e Valentina Oliverio) in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna, Agenzia Regionale per la Ricostruzione e Servizio geologico-sismico e dei suoli, gli Ordini degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ferrara e gli Ordini degli ingegneri di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ferrara.

Cerimonia di conferimento della Medaglia e del Diploma d’Onore dell’Università degli Studi di Ferrara a Carlo Amadori

Da Unife

Martedì 30 Maggio alle ore 17:30 verranno conferite a Carlo Amadori la Medaglia e il Diploma d’Onore dell’Università degli Studi di Ferrara, presso il Salone D’Onore di Palazzo Tassoni-Estense sede del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara; oltre al Rettore, Giorgio Zauli, saranno presenti i membri togati quali, Alfonso Acocella (Dipartimento di Architettura), Riccardo Dalla Negra (Dipartimento di Architettura), Marcello Balzani (Dipartimento di Architettura), Francesca Cappelletti (Dipartimento di Studi Umanistici), Carmela Vaccaro (Dipartimento di Fisica e Scienza della Terra) e Monia Castellini (Dipartimento di Economia e Management). Dopo la cerimonia, Carlo Amadori terrà la lectio “Percorsi di sperimentazione: innovazione, creatività e ricerca”.

Carlo Amadori, personalità poliedrica e ricca di passioni che spaziano dall’arte, all’archeologia, dal mondo del design all’architettura, si è distinto negli anni per aver ideato, promosso e realizzato importanti manifestazioni ed eventi culturali e commerciali, che sono stati centrali, in Italia e a livello internazionale, per lo sviluppo e la diffusione non solo dell’innovazione, ma anche della ricerca nei settori dei Beni Culturali e del Design d’Interni. Una passione che dalla metà degli Ottanta si è concretizzata nella fiera “Abitare il Tempo”, giornate internazionali dell’arredo di Verona, durata ben venticinque anni con il coinvolgimento di esperti del settore, designer e architetti da tutto il mondo, e ultimamente a Milano con altre innovative idee sul progetto e l’allestimento d’interni, come “Macef”, “AbitaMI” e “Homi”. Nel 1991 a Ferrara decide di creare il “Salone Internazionale dell’Arte del Restauro e della Conservazione dei Beni Culturali ed Ambientali”, giunto oggi alla XXIV edizione nell’attuale versione di “Restauro-Musei, Salone dell’Economia della Conservazione, delle Tecnologie e della Valorizzazione dei Beni Culturali ed Ambientali”. Una manifestazione diventata punto di riferimento del MiBACT e dei principali Istituti ed Enti italiani ed europei indirizzati ai temi della conservazione e della valorizzazione dei patrimoni culturali e dei sistemi museali, e che negli anni ha visto l’Università degli Studi di Ferrara e i suoi Dipartimenti particolarmente coinvolti. Un rapporto virtuoso che si è strutturato grazie a una stretta collaborazione con i Centri di ricerca dell’Università di Ferrara e il Tecnopolo della Rete Alta Tecnologia Emilia-Romagna.
Una ricerca personale, coltivata con studio, attenzione e sensibilità non comuni, capacità relazionali, reputazione intellettuale, ma anche con particolari abilità grafiche e rappresentative, come dimostrano le realizzazioni dei suoi Taccuini, piccole opere in miniatura tracciate a china, oltre alle tante mostre personali di pittura. Ad oggi, Carlo Amadori ha disegnato, scritto e decorato oltre un centinaio di taccuini di piccole, medie e grandi dimensioni, con soggetti che spaziano dai ricordi di viaggio a grandi tematiche storiche e artistiche. Percorsi di ricerca e meta-progettazioni, dunque, spesso sfociati in allestimenti e mostre, e che rappresentano perfettamente le capacità d’intuizione artistica e culturale, che sono state alla base di tutta la sua vita e del suo successo.

I DIALOGHI DELLA VAGINA
Gli uomini unici

Abbiamo ammiccato, categorizzato e d’istinto ne abbiamo parlato male. Le iperboli che sono uscite hanno divertito le donne, ma infastidito alcuni uomini dai quali ho ricevuto commenti piccati. Uomini che non si sono riconosciuti nelle categorie descritte e molto critici verso quei colleghi di genere che fanno di tutto perchè noi donne troviamo abbondanti esempi di egoisti, naufraghi, anaffettivi, immaturi et similia.
Sono gli uomini dalla nostra parte, che non vogliono stare in mezzo a quelli contro cui troppo spesso sbattiamo.
Sono gli uomini che rifiutano le classificazioni e le svuotano dall’interno della categoria tanto quanto noi le riempiamo da fuori.
Sono gli uomini della partecipazione perchè vogliono sapere e conoscere senza sfuggire.
Sono gli uomini che il disimpegno ostentato lo ritengono aridità.
Sono gli uomini per i quali restare a fianco non è debolezza ma solidità.
Sono gli uomini che non si vergognano se il loro baricentro è un punto condiviso con una donna.
Sono gli uomini della stima reciproca e non dell’utilità.
Sono gli uomini che ci sono e non come un’epifania.
Questo ho trovato nei loro messaggi.
E’ stato un gioco, ma possiamo, anzi dobbiamo, tentare di andare oltre.
Nelle categorie, scherzando, abbiamo messo il peggio che abbiamo conosciuto e c’è da chiedersi perchè il primo filtro sia stato negativo, quasi iconoclasta.
Vi propongo allora, amiche lettrici, di cercare il dettaglio, l’essenza che faccia la differenza. Per tutti gli egoisti che hanno preso più di quanto abbiano dato, ne abbiamo sicuramente trovato uno che non ha voluto niente in cambio, per i troppi narcisisti persi nella propria immagine, ci sarà stato qualcuno che ha saputo guardare oltre se stesso.

Avete voglia di raccontare un altro tipo di uomini, quelli unici?

Potete inviare le vostre lettere a: parliamone.rddv@gmail.com

IL TEMA
Accoglienza, voce del verbo dividere

Grande è il potere delle parole, più grande ancora quello delle immagini, ma più forte di tutto è il peso dell’esperienza personale e diretta. Allineare concetti in forma di discorso, immagini costruite da altri ed esperienze personali è una sfida che bisogna affrontare ogni giorno e che diventa tanto più difficile quanto meno i concetti sono condivisi, la parole date per scontate, le immagini assunte come rappresentazioni stereotipate della realtà.

Accoglienza, ad esempio, è una parola che scalda il cuore ma che esiste solo se accompagnata da un’altra parola oggi abusata: libertà.
Posso accogliere solo liberamente, solo se accetto come persona, come famiglia e come comunità di aprire le porte del cuore, della mente e del luogo che sento come casa all’altro; posso accogliere solo se ho sufficienti risorse morali, relazionali ed economiche per farlo e posso accogliere se l’altro accetta quel poco o tanto che posso offrire in spirito di condivisione. Posso accogliere se sono in grado di voler comprendere le differenze, se voglio gestirla in un’ottica di reciproco arricchimento. Per accogliere devo ammettere suoni, parole, odori, costumi che non conosco; ma, per poter accogliere, devo contare anche sulla disponibilità dell’altro.
L’accoglienza così intesa non può essere quella imposta con la forza di decreti legge ed ordinanze che obbligano ed impongono con l’impersonalità tipica della burocrazia. Né può essere quella imposta dal timore di incappare nella distruzione della reputazione da parte dei pasdaran del pensiero politicamente corretto. Queste sono, semplicemente, la negazione dell’accoglienza: sono, anzi, un’altra forma di violenza, un calcolo cinico, che scarica su cittadini impreparati problemi e responsabilità che riguardano innanzitutto la politica, gli stati, la comunità internazionale, la grande finanza, le grandi imprese.
Per poter accogliere, una comunità deve essere forte, deve avere un’identità, una sicurezza e una coesione che oggi, in molti casi manca; per accogliere bisogna poter offrire lavoro ed essere in grado di far rispettare le regole, senza se e senza ma. E la possibilità di lavoro deve esserci realmente, così come, dall’altra parte, ci deve essere la volontà di guadagnarsi da vivere onestamente.
Oggi purtroppo la situazione italiana è ben diversa: la disoccupazione è drammatica, milioni di italiani, compresi gli stranieri residenti regolarmente (oltre 5 milioni di persone) e i sempre più numerosi immigrati naturalizzati e di seconda generazione (probabilmente 2 milione di “nuovi italiani”), sono a rischio di povertà; a fronte di questo, il flusso in aumento di migranti sulla rotta mediterranea (oltre 500.000 negli ultimi 3 anni) è composto in stragrande maggioranza da giovani maschi subsahariani, poche le donne, pochissime le famiglie, come attestano al di là di ogni ragionevole dubbio i dati ufficiali del Ministero e di Unhcr che ovviamente pochissimi hanno voglia di andare a vedere. I problemi del lavoro si mescolano con l’insicurezza percepita e la paura.

In tale situazione, l’obbligo di accoglienza senza se e senza ma, professato e sostenuto da alcuni, ma non accompagnato da piani, programmi e soprattutto, opportunità di lavoro rischia di acuire un profondo malessere sociale, di produrre risentimento e rancore soprattutto in quella parte di popolazione esausta e impoverita dalla crisi, che vede come fumo negli occhi la presenza sempre più numerosa di nullafacenti che ciondolano per ogni angolo d’Italia in attesa che l’Amministrazione faccia lentamente il suo corso.
Vi sono in Italia persone ed organizzazioni oneste pronte ad accogliere ed è giusto e nobile che possano farlo. Vi sono persone ed organizzazioni ben protette dai loro privilegi che parlano di accoglienza ed aggrediscono in modo violento chiunque osi rompere il tabù del politicamente corretto ma sono ben lontane dal voler condividere qualcosa. Vi sono persone che parlano male, in modo politicamente scorretto, ma sono sempre in prima linea quando c’è bisogno di fare, nell’emergenza e nell’impegno volontario. Vi sono organizzazioni e persone che campano e prosperano con il business dell’accoglienza e persone e famiglie che hanno saputo costruire relazioni genuinamente umane e reciprocamente arricchenti; vi sono persone che non condividono affatto questo modo di fare accoglienza che scarica le esternalità sulle collettività più fragili ed hanno tutto il diritto di esprimere le loro perplessità e il loro dissenso senza essere tacciati di razzismo, almeno fin che siamo in democrazia. E vi sono anche persone che non sopportano più tutto questo, contrarie all’industrializzazione dell’accoglienza, persone spaventate ed incattivite, che protestano e criticano. Forse vi sono anche persone razziste, ma quasi sempre il rifiuto non si estende al migrante straniero che lavora e produce, ma si indirizza fortemente contro chi pretende e ne approfitta, chi non lavora, chi delinque, chi non intende affatto conformare i propri comportamenti a quelli previsti dalla cultura ospitante. E piace pensare che tutti questi siano comunque cittadini che votano e pagano le tasse, esseri umani, spesso fragili che, come i migranti, richiedono tutele, cure e attenzioni.
Si fa presto dunque a dire accoglienza senza se e senza ma, soprattutto quando non se ne pagano le esternalità negative; altra cosa è subirne le conseguenze inattese indesiderate (Hirshmann ci ha insegnato che esse esistono sempre), direttamente e in prima persona, soprattutto quando l’accoglienza è malamente organizzata e peggio gestita.

Esemplare in tal senso la polemica sulla recentissima manifestazione di Milano per l’abbattimento dei muri e l’accoglienza dei migranti, definita da alcuni nobile esempio di un’Italia aperta ed inclusiva e, da altri, spettacolo insensato ed indegno. Non stupisce certo il commento di Salvini che l’ha definita “la marcia della sinistra col portafoglio pieno” che “dimostra che si chiedono più diritti e più accoglienza per i migranti senza conoscere davvero i problemi”. Stupisce – e molto – invece il commento spietato quanto lucido di Luca Ricolfi, sociologo di chiara fama e uomo di sinistra, pubblicato su “Il Giorno” e ripreso da altre testate che così commenta quanto affermato dal leader leghista: “Spiace doverlo dire, ma mi pare sostanzialmente vero. Aggiungerei una cosa: spesso chi è per l’accoglienza ‘senza se e senza ma’ più che non conoscere i problemi, semplicemente non ne ha. Ad esempio, non vive in un quartiere degradato o non abita in un alloggio popolare in cui il racket delle occupazioni, non di rado gestito da stranieri, la fa da padrone. O semplicemente guadagna abbastanza da potersi permettere un impianto di allarme moderno o qualche altra forma di protezione personale. Per non parlare dei casi più sgradevoli, tipo i politici che predicano il dovere dell’accoglienza e girano con la scorta”. E proseguendo nel discorso, commentando la svolta proclamata dal ministro Minniti, il sociologo rincara la dose: “Una simile svolta è uno degli eventi più improbabili dell’universo perché qualsiasi politico di sinistra sa perfettamente che, se appena accenna sa usare il cervello, il proprio cervello intendo, non quello del partito o se per caso gli scappa di dire quel che pensa è pronto il plotone di esecuzione dei difensori dell’ortodossia buonista: vedi la pioggia di contumelie che i vari Saviano hanno riservato alla Serracchiani che aveva espresso un concetto di puro senso comune morale: il male che fai a un tuo benefattore è particolarmente spregevole».
Parole dure, intellettualmente corrette, politicamente scorrettissime.

Ora, va detto che tra i firmatari del manifesto di sostegno all’evento (e si suppone partecipanti alla marcia) vi erano non solo politici e militanti del pensiero globale politicamente corretto, ma anche persone socialmente impegnate e, diciamolo, al di sopra di ogni sospetto speculativo. I vari Zanotelli, Ciotti, Erri de Luca sembrano difficilmente etichettabili come ipocriti tout court o personaggi meramente legati all’interesse finanziario connesso alla cosiddetta accoglienza. Tra i partecipanti vi saranno certo stati rancorosi che abbisognano di un nemico da etichettare come fascista e razzista, schiere di giovani extracomunitari reclutati alla bisogna, politici che hanno fiutato qualche tipo di futura convenienza, organizzazioni altamente interessate nello spartire il ricco bottino messo a disposizione dal governo, ipocriti ben lontani dal condividere la vita con i più bisognosi; ma, altrettanto certamente, vi saranno state molte associazioni pulite, persone e famiglie in assoluta buona fede, cattolici, atei e mussulmani favorevoli al dialogo interreligioso, operatori del sistema di accoglienza seriamente impegnati, giovani dei centri sociali orientati alla creatività e magari pure qualche curioso festaiolo interessato al colore e ai ritmi africani.

Si tratta di sciami, più che di strane alleanze ideologiche, dove in nome di uno slogan diventato brand, marchio di successo (“bisogna costruire ponti ed abbattere muri”) si ritrovano insieme interessi diversificati e non raramente totalmente opposti. Sciami che si aggregano intorno ad emozioni e sentimenti più che a serie riflessioni, che però lasciano tracce, impronte digitali, storie che girano alimentando opposte visioni, suscitando sentimenti ed emozioni diverse. Ecco allora, guardando un po’ oltre la manifestazione milanese, parlare fra loro gli operatori di pace genuini con i cattolici vicini a Bergoglio (che pure non fa sconti al neoliberismo imperante basato sulla cultura dello scarto e parla, senza mezzi termini, di “terza guerra mondiale a pezzi”); ecco i finanzieri che appoggiano e sponsorizzano certe Ong (open society ad esempio) riversandovi le quote dei loro guadagni sanguinosi generati con la speculazione finanziaria che pure, i primi, riconoscono come causa dei drammi del cosiddetto terzo mondo; ecco strane comunità di intenti che condividono l’idea della globalizzazione e della distruzione di stati e nazioni per opposti motivi ed interessi: gli apostoli del neoliberismo e di quella libera circolazione di merci e persone che sposta i benefici in mano privata socializzando le perdite e i difensori delle vittime di questo processo singolarmente marciano insieme sotto la stessa bandiera (“abbattere muri, costruire ponti”). Eppure sembra del tutto evidente che i valori degli uni e degli altri, i loro intenti, le loro passioni siano molto differenti. Gente impegnata concretamente per qualcosa (per gli scartati appunto, i poveri, i vecchi, i disabili) insieme a gente che lotta contro qualcosa; gente che lotta per costruire, insieme a gente che lotta per distruggere un nemico che deve essere innanzitutto costruito, entrambi con il segreto scopo di dare un po’ di senso al proprio essere. Associazioni di quartiere insieme ad Ong globali che raccolgono le donazioni di cittadini onesti non meno che quelle, cospicue, dei grandi finanziatori che hanno causato la crisi (e con questa continuano ad arricchirsi) o delle multinazionali che, attraverso queste donazioni, si presentano come moralmente e socialmente responsabili.

Per certi versi è il trionfo di quel pragmatismo neoliberista che ha conquistato il cuore e le menti delle persone di ogni credo e di ogni cultura (tanto meglio quanto più scolarizzate), che si organizza su temi specifici in nome del profitto (qui ben schermato dalle dichiarazioni umanitarie), basato su una concorrenza spietata, dove ognuno è imprenditore di se stesso e non esistono né beni pubblici né beni collettivi che devono essere privatizzati in nome dell’efficienza. La vittoria di quello stile di pensiero, fatto proprio anche da molti imprenditori morali, tutto focalizzato sulla massimizzazione dell’interesse di breve periodo e totalmente indifferente verso le estraneità negative che altri dovranno affrontare o subire: tanto saranno comunque pagate dalla collettività. L’abiura del grande pensiero che osa guardare nel lungo periodo in un mondo dove la struttura e il futuro stesso sono demandati al gioco impersonale della grade finanza, la cui realtà ha preso il posto del tempo meteorologico e delle bizze della natura.
Per altri versi l’emergere di una nuova costellazione di attori le cui relazione stanno cercando nuove forme di interazione finalizzata ad affrontare un futuro emergente tutt’altro che chiaro. Ma è proprio tra i confini degli spazi presidiati da attori che hanno idee e posizioni all’apparenza inconciliabili che si celano le migliori opportunità di apprendimento e di innovazione.

Strani effetti della complessità e di una globalizzazione non più definibile tramite le vecchie categorie della tramontata società industriale, un mondo dove le opinioni non devono essere disturbate dai fatti. Un mondo dove il problema non è più quello dei migranti che passa, per così dire, in secondo piano, ma quello di uno scontro tra gruppi (con relative organizzazioni e rappresentanze politiche) che nel bel mezzo del dichiarato relativismo sono convinti di avere una superiorità morale a prescindere e gruppi che si sentono fortemente minacciati da qualcosa che non approvano e percepiscono come profondamente ingiusto. Ma un mondo che comunque deve essere interpretato nella sua globalità non meno che nelle sue manifestazioni.

Bisogna allora e con assoluta urgenza, come ha suggerito Barbara Arcari, ricercatrice sociale, commentando un articolo apparso di recente su questo giornale, “trovare una via fattiva di riflessione e di intervento che coniughi l’inevitabile senso di frustrazione e smarrimento che ci coglie se osserviamo la complessità dei problemi ad un livello globale (infinitamente grande) e il senso di possibilità, di creazione, generazione che sperimentiamo ogni volta che lavoriamo sul livello locale più prossimo a noi, qualunque esso sia (infinitamente piccolo)”.
Perché è a questo livello che si costruisce integrazione e questa può fiorire solamente in un ambito di libertà non distorta dalla violenza verbale e sempre aperta all’argomentazione.

strage-capaci

LA MEMORIA
Osteggiati in vita, compianti da morti: l’ipocrisia nella lotta alla mafia

Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare. Ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare (Giovanni Falcone)

Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Sono i nomi più conosciuti, più celebrati, di quell’annus horribilis che fu il 1992: i due magistrati del pool di Palermo e gli agenti delle loro scorte. Padri, madri, figli e figlie, fratelli e sorelle, che hanno dato la propria carne e la propria vita – segnando inevitabilmente anche quella dei propri cari – per lo Stato e le Istituzioni.
Se ne fossero degni allora e se ne siano degni ora, anzi mi correggo, se ne fossimo degni e se ne siamo degni (perché in fondo lo hanno fatto anche per noi, i cittadini di questo Stato, anche se a volte sia lui sia noi ce ne dimentichiamo): beh questo è ancora tutto da vedere!
In questo venticinquesimo anniversario delle stragi di Capaci e di via d’Amelio, un piccolo passo in avanti è stato fatto, per esempio, uscendo almeno in parte dalla stucchevole retorica. Quel Csm con il quale i rapporti sono sempre stati, per bocca dello stesso vice presidente Legnini, “difficili e conflittuali”, lunedì 22 maggio ha dedicato alla memoria di Giovanni Falcone un plenum straordinario presieduto dal Presidente della Repubblica, nel quale la sorella Maria ha lanciato un duro ‘j’accuse’: “non posso fare a meno di pensare alle sofferenze che quest’aula ha inflitto a Giovanni”, ha affermato scossa Maria Falcone, in particolare la bocciatura della sua candidatura alla guida dell’Ufficio istruzione di Palermo, da allora “Giovanni cominciò a morire”. Anche per questo forse il consiglio superiore della magistratura ha deciso di rendere consultabili i suoi atti che riguardano Giovanni Falcone e Francesca Morvillo.
E prima di intervenire martedì sera alla trasmissione di Fabio Fazio sulla rete ammiraglia nazionale, Roberto Saviano così ha scritto su Instagram: “L’Italia è il Paese felice in cui per essere credibili bisogna essere ammazzati, diceva Giovanni Falcone. A ogni commemorazione della strage di Capaci, non posso fare a meno di ricordare che solo sui cadaveri gli italiani riescono a esprimere una solidarietà e un’empatia disinteressate. Chi ricorda Falcone solo come un uomo amato e un magistrato apprezzato fa torto alla sua memoria. Falcone in vita è stato invidiato, odiato, criticato, diffamato e isolato. E una volta solo, è stato ammazzato”.
Lo Stato sa piangere i suoi morti, i funzionari, gli investigatori fedeli, bravi e sopravvissuti spesso finiscono con l’essere dimenticati, ancora prima dei morti. È quello che è successo a Rino Germanà, commissario e poi questore che quegli eventi li ha vissuti giorno per giorno e che nel settembre 1992 ha rischiato anche lui di essere un altro di quei nomi celebrati.

Entrato in polizia nel 1979, dal 1984 al 1987 è dirigente del commissariato di Mazara, poi diventa capo della Squadra mobile di Trapani, proprio nei giorni in cui Borsellino assume l’incarico di procuratore di Marsala. Lavorano insieme, in quegli anni, a tante indagini sugli intrecci fra organizzazione mafiosa, massoneria, politica, riciclaggio di denaro, individuano la matrice mafiosa dell’omicidio di Mauro Rostagno. Germanà arriva alla Criminalpol siciliana, ma quasi d’improvviso nel 1992 viene trasferito nuovamente a Mazara. E’ appena avvenuta la strage Falcone, Borsellino è già procuratore aggiunto a Palermo e vuole Germanà per le indagini antimafia del suo ufficio. Non si spiega quella retrocessione, che espone fra l’altro il commissario a gravi rischi. Non avrà il tempo di far pervenire la richiesta al Viminale: muore assassinato in luglio in via d’Amelio.
Alla Criminalpol, Rino Germanà si stava occupando di indagini su mafia e politica ed era spuntato fuori il nome del ministro Calogero Mannino.
Il 14 settembre sul lungo mare un commando di Cosa nostra tenta di farlo fuori a colpi di Kalashnikov, i killer sono nientemeno che Leoluca Bagarella, Matteo Messina Denaro e Giuseppe Graviano. Germanà risponde al fuoco, è ferito ma si salva. Secondo il pm Andrea Tarondo, che ha chiesto e ottenuto le condanne per mandanti ed esecutori di quell’agguato, una “manina” aveva scritto quel trasferimento quasi a portarlo a pochi metri dagli assassini più spietati di Cosa nostra.
Il ministro dell’Interno che lo accoglie a Roma dopo l’agguato è Nicola Mancino, sua la decisione di allontanarlo dalla Sicilia e dalle indagini che stava facendo. La nuova destinazione è: dirigente del commissariato di frontiera all’aeroporto di Bologna. “Per la sua sicurezza”.
Solo diversi anni dopo il Viminale si ricorda di lui: viene mandato alla Dia di Roma e poi nominato questore, prima a Forlì e poi a Piacenza, incarico con il quale è andato in pensione nel 2015. Per la medaglia d’oro al valor civile ha dovuto attendere 24 anni, gli è stata conferita, sicuramente non ‘concessa’, nel maggio 2016.
Martedì 23, invitato dal Presidio di Libera del Centopievese ‘Barbara, Giuseppe e Salvatore Asta’, ha incontrato a Cento i ragazzi delle scuole superiori e la cittadinanza.

“Non penso di essere stato bravo e che i miei colleghi lo fossero meno di me”, esordisce il commissario, “non ho scelto di fare il poliziotto per fare la lotta alla mafia. Fui chiamato ad Agrigento (la sua seconda sede di lavoro, ndr) non perché fossi bravo, ma perché non voleva andare nessun altro: non sapevo ancora nulla di polizia giudiziaria, ma mi ci sono messo con impegno e umiltà”. Proprio ad Agrigento “ho avuto la possibilità di conoscere il sistema mafioso, i mafiosi veri, quelli descritti da Sciascia ne Il giorno della civetta”. Con il suo racconto Germanà sembra voler scalfire appunto quel racconto retorico degli eroi irraggiungibili, quello che spesso serve da alibi per la nostra coscienza: non ha fatto il poliziotto per vocazione, “quello è affare da missionari”, “io facevo il poliziotto, facevo il mio dovere con impegno”, “nelle attività di polizia chi fa indagini per andare sulle prime pagine prima o poi ne verrà travolto”, l’importante è aver fatto sempre tutto il possibile, “non ho nulla da rimproverarmi”.
Parla però di conversione a proposito dei mafiosi, perché “noi – dice – siamo il bene”: “loro maneggiano la morte e non hanno memoria e non hanno rimorso”. Ed è sicuro, come lo era Falcone, che un giorno saranno sconfitti: “lo Stato è più forte”.
“Ho imparato a interrogare i mafiosi, a intervistare il nemico da Giuliano Guazzelli, un maresciallo ucciso ad Agrigento nel giorno del suo compleanno”, anche lui nel 1992: è un dialogo basato sulla continua ridefinizione di “un rapporto di forza”. Così Germanà ha interrogato il padre di Matteo Messina Denaro, anche lui boss, Pietro Rampulla, “che ha predisposto l’esplosivo per la strage di Capaci, una mente diabolica” e Gioacchino Calabrò, “che ha fornito l’auto per la strage di Pizzolungo”, quella nella quale sono morti proprio Barbara Asta e i suoi due gemelli nel 1985: “non vi voglio dire cosa ho visto quando sono giunto sul luogo dell’attentato”.
Ad Agrigento Germanà ha lavorato anche con Rosario Livatino, il giudice ucciso nel 1990 a 38 anni. Di Paolo Borsellino ha detto: “era una persona semplice, con un sorriso accattivante, di lui ho sempre avuto per lui un timore reverenziale. Lui aveva stima di me: me lo ha dimostrato il 4 luglio 1992 quando è venuto a Marsala, a fare il saluto ai colleghi da Procuratore uscente. Mi ha detto “Preparati, devi venire a Palermo con me”, era la prima volta che mi dava del tu”.

 

Leggi il settimanale n.29 del 26 maggio 2017

DIARIO IN PUBBLICO
Il nostro viaggio in Sicilia nel giorno della strage

Dalla valigia dei ricordi estraggo, con l’aiuto di Enrico Grandi e Sandra Chiappini, preziosi memorizzatori, la cronaca del viaggio in Sicilia organizzato dagli Amici dei Musei che si svolse dal 23 al 29 maggio 1992. Viaggio che ha reso i partecipanti inconsapevoli testimoni della strage di Capaci in quanto abbiamo vissuto in diretta le ripercussioni della tragedia, soggiornando negli ultimi giorni a Villa Igiea a Palermo, dove erano stati ricoverati alcuni protagonisti della strage e la folla dei giornalisti tra cui l’allora speaker del Telegionale delle 20 di Rai 1 Piero Badaloni.

Partimmo da Ferrara il giorno stesso della strage e prima tappa fu Taormina, alloggiati al mitico san Domenico, dove fummo raggiunti dal convulso tam tam dei media che davano notizia della strage, tanto da essere costretti a cambiare continuamente il percorso del viaggio. Soprattutto tra il 24 e il 25 maggio, quando fu chiaro di dover trovare altre alternative, causa la difficoltà di muoverci con sufficiente souplesse per la nomina di Scalfaro a presidente della Repubblica e per la città di Palermo paralizzata dai funerali delle vittime, che si tennero nella chiesa di San Domenico. Come si legge nelle notizie della strage che riprendo da Wikipedia,i fatti si svolsero in questo modo:

“Falcone venne assassinato in quella che comunemente è detta strage di Capaci, il 23 maggio 1992. Stava tornando, come era solito fare nei fine settimana, da Roma. Il jet di servizio partito dall’aeroporto di Ciampino intorno alle 16:45 arriva all’aeroporto di Punta Raisi dopo un viaggio di 53 minuti. Il boss Raffaele Ganci seguiva tutti i movimenti del poliziotto Antonio Montinaro, il caposcorta di Falcone, che guidò le tre Fiat Croma blindate dalla caserma “Lungaro” fino a Punta Raisi, dove dovevano prelevare Falcone; Ganci telefonò a Giovan Battista Ferrante (mafioso di San Lorenzo, che era appostato all’aeroporto) per segnalare l’uscita dalla caserma di Montinaro e degli altri agenti di scorta. Appena sceso dall’aereo, Falcone si sistema alla guida della Fiat Croma bianca e accanto prende posto la moglie Francesca Morvillo mentre l’autista giudiziario Giuseppe Costanza va a occupare il sedile posteriore. Nella Croma marrone c’è alla guida Vito Schifani, con accanto l’agente scelto Antonio Montinaro e sul retro Rocco Dicillo, mentre nella vettura azzurra ci sono Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. Al gruppo è in testa la Croma marrone, poi la Croma bianca guidata da Falcone, e in coda la Croma azzurra, che imboccarono l’autostrada A29 in direzione Palermo. In quei momenti, Gioacchino La Barbera (mafioso di Altofonte) seguì con la sua auto il corteo blindato dall’aeroporto di Punta Raisi fino allo svincolo di Capaci, mantenendosi in contatto telefonico con Giovanni Brusca e Antonino Gioè (capo della Famiglia di Altofonte), che si trovavano in osservazione sulle colline sopra Capaci.

Tre, quattro secondi dopo la fine della loro telefonata, Brusca azionò il telecomando che provocò l’esplosione di 1000 kg di tritolo sistemati all’interno di fustini in un cunicolo di drenaggio sotto l’autostrada la prima auto, la Croma marrone, venne investita in pieno dall’esplosione e sbalzata dal manto stradale in un giardino di olivi a più di dieci metri di distanza, uccidendo sul colpo gli agenti Montinaro, Schifani e Dicillo; la seconda auto, la Croma bianca guidata dal giudice, avendo rallentato, si schianta invece contro il muro di cemento e detriti improvvisamente innalzatosi per via dello scoppio, proiettando violentemente Falcone e la moglie, che non indossano le cinture di sicurezza, contro il parabrezza; rimangono feriti gli agenti della terza auto, la Croma azzurra, che infine resiste, e si salvano miracolosamente anche un’altra ventina di persone che al momento dell’attentato si trovano a transitare con le proprie autovetture sul luogo dell’eccidio. La detonazione provoca un’esplosione immane e una voragine enorme sulla strada.

Circa venti minuti dopo, Giovanni Falcone viene trasportato sotto stretta scorta di un corteo di vetture e di un elicottero dell’Arma dei Carabinieri presso l’ospedale civico di Palermo. Gli altri agenti e i civili coinvolti vengono anch’essi trasportati in ospedale mentre la polizia scientifica eseguì i primi rilievi ed il corpo nazionale dei Vigili del Fuoco provvide all’estrazione dalle lamiere i cadaveri – resi irriconoscibili – degli agenti della Polizia di Stato di Schifani, Montinaro e Dicillo. Intanto la stampa e la televisione iniziarono a diffondere la notizia di un attentato a Palermo e il nome del giudice Falcone trova via via conferma. L’Italia intera sgomenta, trattiene il fiato per la sorte delle vittime con tensione sempre più viva e contrastante, sinché alle 19:05, a un’ora e sette minuti dall’attentato, Giovanni Falcone muore dopo alcuni disperati tentativi di rianimazione, a causa della gravità del trauma cranico e delle lesioni interne. Francesca Morvillo morirà anch’essa, intorno alle 22:00. La salma del magistrato italiano venne tumulata in una tomba monumentale nel cimitero di Sant’Orsola, a Palermo. Nel giugno 2015 la salma venne poi traslata nella Chiesa di San Domenico situata nel capoluogo siciliano, suscitando però polemiche circa l’opportunità”.

Al ritorno dal viaggio fummo edotti dalla dura lotta che Ilda Boccassini ingaggiò con tanti elementi della giustizia compresi i magistrati che conducevano l’inchiesta su “mani pulite” .

Così un viaggio nato all’insegna dell’arte ci fece toccare con mano la cupa realtà della tragedia. A Palermo ci aggiravamo tra i lenzuoli appesi alla finestra, mentre la superba bellezza di una tra le città più belle del mondo ci accoglieva con i manifesti che Enrico Grandi ha fotografato per esprimere la ribellione di una città apparentemente sottomessa alla mafia… Eravamo invitati a scoprire le bellezze segrete di Palermo da un collega architetto di giardini, ma nella sala affrescata da Basile i commenti non erano sulla bellezza della proprietaria di Villa Igiea, quella straordinaria donna che dai siciliani era chiamata Donna Franca, la regina di Sicilia, il Kaiser Guglielmo II la soprannominò Stella d’Italia, mentre Gabriele D’Annunzio la definì l’Unica. Il suo meraviglioso ritratto, esposto quest’anno alla grande mostra del Vittoriano, dipinto da Boldini è ora in vendita. Tra l’eleganza art nouveau e la pesante atmosfera di una città che si sentiva essere in scacco e testimone di una morte annunciata ripercorrevamo le testimonianze della grande Storia siciliana: dalla Kalza alla Martorana, da SanCataldo alla villa Malfitano Whitaker, fino all’Orto Botanico. Parte del gruppo stabilì di recarsi a Erice, ma dovette tornare a Palermo per l’impossibilità di raggiungerla. Ripiegammo dunque alla visita di Palermo scoprendo il senso caldissimo di una città che viveva tra gli odori e i sapori della sua Vucciria, che si mescolavano a una specie di ansiosa compartecipazione e poi Monreale e il Parco della Favorita a cui da giovane lavorai con grandi architetti dei giardini amici tra l’altro di Giorgio Bassani.

Questo ricordo rimane indelebile come lo fu per tutti noi, gitanti che si trovarono brutalmente di fronte la Storia nella sua più lacerante crudeltà.

La foto è di Enrico Grandi

LA LETTURA
In un romanzo introspettivo segreti e redenzione nell’Italia del boom

‘Boccadaride’, edito da Sensibili alle Foglie nell’aprile 2017, è un romanzo che entra in testa e non ti lascia fino all’ultima pagina, incalzante, privo di tempi morti, intenso ed emotivamente coinvolgente. Marco Milli ne è l’autore, colui che ti prende per mano e ti accompagna ad affrontare argomenti scomodi e urticanti del passato e del presente, dimostrando un grande rispetto per il lettore e la sua sensibilità. Una storia di solitudine, che fa emergere in tutto il suo impatto la stigmatizzazione della società di fronte a grandi temi come la disabilità, le origini e l’appartenenza, l’omosessualità, la malattia, le differenze sociali e la prevaricazione, le relazioni complesse; una storia in cui le ‘colpe’ inconfessate e i segreti rappresentano una catena che condizionerà fino alla fine un uomo, l’io narrante del romanzo. Leggiamo di emigrazione, di scandali familiari occultati e poi riemersi, di relazioni tra vecchie e nuove generazione, tra ricchi proprietari terrieri e povera gente. Leggiamo anche di un mondo che si lascia alle spalle la guerra e affronta la ricostruzione e il successivo boom economico degli anni ’60, aggredendo e travolgendo il passato in modo non sempre indolore.

Milli ci trasporta nei luoghi rurali dell’Appennino umbro dove i borghi, vivaci e colorati un tempo, si trasformano inesorabilmente in ammassi di case spopolate in rovina e ci descrive una Roma del passato, dove le macchine si contavano sulle dita delle mani e ogni quartiere era una piccola borgata, quasi un’emanazione dei paesi che ci si lasciava alle spalle per cercare lavoro in città. ‘Boccadaride’ è una storia di vita vissuta nell’ombra, in quella zona dove la realtà chiede di rimanere, in certe situazioni, per la propria stessa sopravvivenza interiore. I personaggi entrano ed escono dalla narrazione, lasciando il segno del loro passaggio attraverso le loro azioni, le loro caratteristiche, le loro parole, gli aneddoti divertenti o drammatici che li hanno resi immortali e il sorriso, bocca da ride, amaro, gioioso, ironico, dolce, triste, stirato o autentico che sia, fa da cornice alla storia di tutti loro. Ride anche il sole, sulle colline umbre…

Com’è venuta l’idea di questo toccante romanzo?
È stata suggerita da una vicenda di famiglia. La storia c’era già, era lì pronta che mi attendeva, ho dovuto solamente riconoscerla come tale e non solo come ricordo. Il romanzo è in parte realtà e in parte fantasia; ma, al di là degli episodi inventati di sana pianta, sono intervenuto in modo particolare nel dar voce all’animo del protagonista, cercando di sopperire ai silenzi, alle cose accennate, sottaciute, a quelle non dette dalla persona cui mi sono ispirato. Suo libro si percorre il cambiamento epocale di un’Italia che dalla ricostruzione e il successivo boom degli anni ’60 approda ai giorni nostri. Si legge della metamorfosi economica, urbanistica, sociale, e di una decisa svolta culturale. Cambia anche la percezione e l’atteggiamento davanti ai tabù, alle tematiche impronunciabili e inaffrontabili, da nascondere o rimuovere.

Cosa ci dice delle sue scelte narrative a proposito di questo?
Era la narrazione, che sinteticamente copre un cinquantennio circa, a richiedere uno sfondo temporale in cui la nostra società è mutata radicalmente. In Boccadaride il tempo riveste poi un’importanza per nulla secondaria. Ad attribuirgliela è il protagonista, che radicato com’è alle paure che l’infanzia e l’adolescenza con i loro traumi gli hanno trasmesso, non si avvede dei mutamenti che sono nel frattempo sopravvenuti. Egli elabora un meccanismo di difesa che, alla presa di coscienza della sua omosessualità, lo deve proteggere dal ritorno – certo, a suo avviso – dello stigma, della emarginazione, della sofferenza. E allora concepisce una temporalità del tutto personale, nella quale egli fa crescere l’illusione che il mondo e il luogo che lo hanno visto felice per l’ultima volta lo attenderanno immutati per ripagarlo delle difficoltà incontrate nel corso della sua esistenza. Il protagonista racconta in prima persona la sua vita intrecciata da fatti e avvenimenti che, fin dalla tenera età, lo segneranno per sempre. Suscita innumerevoli emozioni e sentimenti ma non compassione o commiserazione.

Ci può spiegare l’impatto di questa figura sul lettore, nelle intenzioni dell’autore?
Ho voluto raccontare una storia di solitudine. Credo che le emozioni, finalmente libere di agire nella narrazione, toccheranno chi leggerà il romanzo, perché c’è tanta materia viva, pulsante, sofferente, desiderosa di esprimersi e di essere ascoltata. A cominciare dall’equivoco sorto sui suoi genitori la cui rivelazione produrrà smarrimento, passando per lo sradicamento dall’ambiente originario, le difficoltà di ambientamento nella grande città, in cui si parlano lingue diverse da quella conosciuta, che fondamentalmente è il dialetto, la condizione di figlio di una ragazza madre, da trattare come zia, pena la perdita del lavoro e dell’alloggio, l’ipocrisia circostante. L’io narrante accumulerà in sé tante di quelle emozioni da poter essere paragonato a un vulcano ricolmo di magma incandescente. E, rimanendo nella metafora, la voce di quel vulcano è difficile che possa lasciar indifferente chi la ode.

Lei descrive il paesaggio dell’Alta Valle del Tevere, la campagna e l’Appennino umbro, con grande dovizia di particolari e osservazioni che solo un grande amore per le proprie origini può permettere. Come definirebbe, con qualche pennellata, la sua gente e la sua terra?
Semi-moderni custodi di un’antica sapienza, mi piace molto pensarli così. In genere erano persone semplici, buone, che sapevano dimostrare il loro affetto più con i fatti che con le parole. Era un altro mondo quello, una società oramai riscontrabile soltanto in certi musei. Il tessuto sociale era fittissimo, le campagne erano molto popolate, il sapere si tramandava di generazione in generazione. La loro fu una vita difficile, all’insegna della fatica e del sacrificio ma, potrà forse sembrare paradossale, era più facile della nostra. La necessità dell’aiuto reciproco in occasione dei grandi lavori estivi rafforzava ulteriormente i legami, già saldati in virtù dei matrimoni endogamici. E poi erano tutti più o meno uguali, avevano tutti poco, non c’era nulla da invidiare; non erano esposti a continui bombardamenti mediatici di modelli sbagliati da seguire a tutti i costi, pena il sentirsi emarginati. La figura di Elsa, la madre, più di ogni altra è una presenza fondamentale nel romanzo, destinataria di sentimenti ed emozioni contrastanti, a volte stridenti, fortemente conflittuali nel protagonista.

Come ha vissuto lei, autore, questa figura?
Elsa ha rappresentato per me l’occasione di mettere insieme i pochi ricordi che ho della figura cui si ispira e di legarli alla narrazioni che ho raccolto in seguito. Ne è emersa la figura di una donna che nella vita ha dovuto affrontare non poche difficoltà, conoscendo l’emigrazione, la crescita tutta sola di un figlio e il confronto con un mondo che di certo non le avrà risparmiato la sua riprovazione. È una persona che a dispetto dei tanti sacrifici compiuti ha saputo mantenere sempre il sorriso e diffondere gioia intorno a sé.

La ‘ricerca’ continua, incessante, è il filo conduttore della sua opera e della vita stessa del protagonista. Una ricerca che alla fine si interrompe bruscamente con un click. E’ un epilogo positivo e risolutorio oppure una resa incondizionata di un uomo affranto e ormai svuotato?
In tutta franchezza preferirei che a scoprirlo fossero i lettori.

La risata, il sorriso, sbucano nel suo romanzo a intervalli regolari anche nei momenti più dolorosi di sofferenza. ‘Bocca da ride’: sorrisi radiosi, divertiti, estasiati, malinconici, amorevoli, di circostanza, sereni, coraggiosi. Ride perfino il sole. Ma cosa sta dietro il sorriso?
Boccadaride, l’atto del sorridere, o l’accenno di esso, questo il significato della parola, rappresenta il lato della luna illuminato, quello che conforta, che è di sostegno nei momenti più bui; può essere inteso anche come una maniera di vivere, di impostare la propria interiorità, al fine di non lasciare che l’oscurità prevalga sulla luce. Il protagonista lo vive come una corda in mezzo al cielo cui aggrapparsi per non sprofondare nel suo io tormentato, ma non riuscirà mai a farlo proprio.

Cosa significa per lei, Marco, scrivere?
Talvolta mi sento come un moderno cantastorie. C’è una parte in me, temo sempre più preponderante, che si nutre di libri e di ricordi. Ebbene, quando riesco a fondere le due fonti di sostegno e a riversarle in uno scritto, posso dire di sentirmi soddisfatto. Scrivere, come leggere del resto, rappresenta la mia ‘uscita di sicurezza’ dalla realtà. Il solo sapere che c’è mi rassicura.

CREATIVITA’
Sul veliero del totem Arti Festival naviga la follia dei visionari

Dal 1 al 4 giugno Pontelagoscuro torna a essere il porto della città estense con il veliero del Totem Arti Festival, arrivato quest’anno alla sua quinta edizione: “una nave di folli saltimbanchi che per quattro giorni vi trasporterà in un’altra dimensione”, scherza Natasha Czertok, direttrice artistica della rassegna.

“Abbiamo scelto l’illustrazione di Marco Smacchia del Collettivo Lele Marcojanni come simbolo legato al fiume – spiega Natasha – perché quest’anno ci siamo avvicinati un po’ di più, con l’idea di connetterci sempre di più con il territorio circostante e diventare sempre di più un’oasi sulle rive del Po. Dall’altro lato ci piaceva questo mezzo di trasporto antico, senza motore, che scorre, non si ferma e resiste alle intemperie”.
Per questa edizione 2017 il Totem non si vuole far mancare nulla: videoinstallazioni, teatro, musica, danza e soprattutto le arti circensi. “Abbiamo cercato di aprire al circo contemporaneo sia per continuare il lavoro che abbiamo fatto con le residenze artistiche di Gravità Ø, sia perché è un linguaggio che ci piace e ci interessa: è adatto a tutte le generazioni, ha una natura inclusiva”. Venerdì 2 giugno alle 19 nella sala 2 del Teatro Cortazar andrà in scena ‘Fischietta torna a casa’, spettacolo di clown di Tehano Vavatziani (posti limitati prenotazione consigliata). E poi sarà uno spettacolo circense a chiudere la rassegna: domenica sera alle ore 21 dall’altopiano etiope arriverà ‘Be-on’ di Fekat Circus che porterà gli spettatori in un mondo sospeso fatto di bellezza. “Fekat non è soltanto una compagnia circense – sottolinea Natasha – è un progetto di scuola di circo sociale nato e sviluppatosi ad Addis Abeba. La tournèe è un modo per far conoscere questa realtà e anche per finanziarla economicamente”.

Il teatro, la performance, come spazio di comunità e condivisione e momento di creazione di relazioni è un tratto distintivo del Totem fin dalle sue origini, per questo in realtà ogni spettacolo in programma è frutto di una rete di contatti e di amicizie nate e intessute dentro, fuori, intorno al lavoro del Teatro Nucleo. “Ci piace portare sempre compagnie e spettacoli nuovi, ma sfruttando relazioni e amicizie che abbiamo costruito nel tempo. Per esempio il Teatro Cosquillas è con noi per il quarto anno consecutivo e anche Corpo e azione in rete rimane un progetto unico, anche se ogni anno si presenta a Pontelagoscuro con coreografi diversi. Vogliamo dare visibilità a entrambe queste realtà per il lavoro che fanno su inclusione e sensibilizzazione verso la diversità”. Teatro Cosquillas e Corpo e azione in rete saranno le protagoniste della giornata di venerdì 2 giugno con ‘Prima luce’ (ore 17), realizzato dai giovani attori di ‘Nati dal nulla’, ‘Yjet ne Kaçele’ e con la classe quinta P PentaPix dell’Istituto Einaudi, e con le due performance (dalle ore 18) ‘Tell me’, proposto da NncDance lab, Eleonora Gennari e Valeria Fiorini, e ‘Per portare alla perfezione la propria forma’, di compagnia Iris, Valentina Caggio e Paola Ponti.

Anche lo spettacolo inaugurale, ‘Dov’è finito Marcovaldo?’, giovedì 1 giugno alle 19.30 nell’area del campo da calcio alle spalle del parco Tito Salomoni, rispecchia questo senso di comunità: è frutto “di un anno di laboratorio con le classi della scuola primaria di Pontelagoscuro”. Prima dello spettacolo, alle 18.30, siete tutti invitati all’aperitivo inaugurale nel parco tito Salomoni e poi la prima giornata si chiuderà in musica con il concerto della banda Rulli Frulli alle 21 nel parco Tito Salomoni.
Infine, conclude Natasha, “il festival è anche un’occasione per far conoscere giovani compagnie che spesso rimangono fuori dal circuito teatrale main stream”. Sarà così per ‘IoHero’ di Respirale Teatro (sabato 3 giugno ore 19.30): uno studio presentato dal gruppo al termine di una residenza di venti giorni al Teatro Cortazar.
Sabato 3 giugno da non perdere alle 17 lo spettacolo ‘Re tutto cancella’ di Teatro Perdavvero e l’ultimo spettacolo alle 21: il Centro Teatrale Umbro presenta ‘Archivio delle anime’ ispirato all’Amleto di Shakespeare. Alle 22.30 nel parco concerto di Howie Reeves e Bob Corn.

Dulcis in fundo, la novità di quest’anno: il laboratorio gratuito ‘Giornalisti spettatori’ tenuto da Lorenzo Donati, giornalista è critico teatrale e Alex Giuzio che invita spettatrici e spettatori a prendere parte a un percorso laboratoriale con l’obiettivo di trasformare le visioni dei singoli in una narrazione collettiva del festival, mettendo a fuoco strumenti e possibilità del giornalismo partecipato. La call per la partecipazione è scaduta mercoledì 24 maggio, ma Natasha ci ha detto che c’è ancora qualche posto disponibile. “Questo esperimento è nato dalla collaborazione con l’associazione Altre Velocità in occasione di ‘Crescere spettatori’, è stato così che abbiamo conosciuto Lorenzo Donati, giornalista e critico che scrive su diverse riviste specializzate. L’idea è utilizzare i social networks in un modo più narrativo per veicolare la critica teatrale sugli spettacoli e sul festival in generale. Il pregio è che Alex e Lorenzo hanno allo stesso tempo uno sguardo originale sull’arte, ma anche la freschezza necessaria per approcciarsi ai social”.

Totem Arti Festival 2017 è ideato e realizzato dal Teatro Nucleo, con il sostegno del Comune di Ferrara, della Regione Emilia-Romagna e del MiBACT, in collaborazione con AltreVelocità, con il sostegno di Nl Proporties e Cooperativa Le Pagine.
I biglietti sono acquistabili in loco mezzora prima degli spettacoli, con la possibilità di prenotare anticipatamente scrivendo a totemfestival.info@gmail.com
Prenotazione spettacoli con posti limitati: organizzazione@teatronucleo.org

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STORIE
La musica coast to coast, il sogno di un cantautore lucano

«Che cos’è la musica per me? Credo sia il senso di tutto. Il motivo per il quale la mattina mi alzo dal letto e la notte resto sveglio a guardare il cielo. Tra una stella e l’altra scrivo canzoni. È il centro della mia vita, in lei confluisce tutto ciò che mi accade, donne, amicizie, amori, delusioni, rabbia, paure, gioie, semplicemente la quotidianità». Per Gianni Basilio, giovane cantautore lucano che ha fatto dell’Emilia la sua «seconda casa», la musica rappresenta «la più alta forma di espressione e di comunicazione che mi è stata concessa, e non perché io parli poco, anzi, ma perché con la musica parla il cuore, parla lo stomaco: si è veri, senza limiti e senza veli. Poi con il rock esce fuori tutto ciò che sono e non è un caso se l’ho scelto». Rock è la sua voce, calda e potente quando interpreta ‘Vestita di vero’, il suo primo videoclip e singolo da solista, uscito in questi giorni su YouTube.
Occhi chiari, sguardo trasparente e profondo, Gianni Basilio ti travolge con il suo entusiasmo e la sua passione: il suo grande amore è… la chitarra, «compagna di vita e di avventure».

Raccontaci un po’ di te. Come hai incontrato la musica? A che età?
Ero piccolissimo e, come mi raccontano spesso i miei genitori, ogni volta che salivo in auto con loro insistevo per ascoltare le cassette di Zucchero, Rino Gaetano, Vasco Rossi, Pino Daniele, Antonello Venditti o Michele Zarrillo. All’età di 8 anni entrai a far parte della banda musicale del mio paese, Oppido Lucano (Potenza): grazie al maestro Rocco Imperatore, iniziai a studiare la teoria musicale e il sax contralto, fu proprio lui ad accorgersi che ero portato per la musica e che avevo un “buon orecchio”. Un’esperienza formativa incredibile, gli insegnamenti appresi in quegli 8 anni di banda sono ancora vivi nella mia mente! A 11 anni arrivò il mio grande amore, la chitarra: da 14 anni è la mia compagna di vita e di avventure, rifugio per momenti meno positivi e divertimento puro per quelli belli… è sempre con me!

Poi sei passato al rock…
Quando arrivò fra le mie mani la prima chitarra elettrica, una squier, regalatami da Fausto (il mio padrino di Cresima) si aprì un mondo nuovo. Iniziai a divorare tutto ciò che avesse il sapore del rock: dai Pink Floyd, con il mio grande idolo David Gilmour, ai Toto, agli assoli nei brani di Vasco, Bon Jovi, Hendrix, la Pfm e tanti altri. Da lì la necessità di formare una band e di scrivere brani originali, così a 13 anni, con il mio amico batterista Gerardo Leone, fondai i Red Fire. Questo progetto ci ha accompagnato per 6 anni; dopo lo scioglimento ho fondato una cover band di Bruce Springsteen e gli ArteriA, un gruppo che suona per divertirsi e per far divertire, per emozionarsi e per far emozionare, ma soprattutto per comunicare qualcosa.

Degli Arteria sei il chitarrista e la voce. Come è nata questa collaborazione?
Prima di essere musicisti, siamo tutti amici. La rock band è nata nel luglio 2013 – fondata da me, insieme a Gerardo – con l’esigenza di suonare brani inediti, originali, che nelle nostre scalette live vengono intervallati da cover del mondo del rock. Testi e musica li scrivo io, poi ognuno mette la sua creatività: gli arrangiamenti vengono fatti insieme in sala prove. Nel 2015 è uscita la nostra prima demo ufficiale dal titolo «Attimi» e a settembre 2016 è uscito il primo videoclip su YouTube del brano «Nuvole per gradini», ispirato dall’omonimo libro dello scrittore lucano Mauro De Felice, che ha ricevuto parecchi consensi. Voglio ricordare Michele Parrella alla chitarra (il mio chitarrista preferito), Antonio Lancellotti al basso e Vittorio Velucci alle tastiere.

In parallelo stai scrivendo la tua storia con un progetto da solista. Di che cosa si tratta?
Sento il bisogno di dare vita ai tanti pezzi che scrivo e che spesso restano lì fermi per tanto tempo. Vorrei ricercare un sound più moderno senza perdere la “botta rock”, ma allo stesso tempo lavorare su sonorità pop, cercando un mio filone di riconoscibilità. Ho scritto una quarantina di canzoni, mi piacerebbe piano piano inciderle tutte, ma l’autoproduzione è dura. È inseguire un sogno e fare il possibile affinché si avveri, poi lascio tutto nelle mani del destino!

‘Vestita di vero’ è il tuo primo videoclip da solista. Puoi raccontarci la storia di questo brano? Quando è arrivata l’ispirazione?
‘Vestita di vero’ è nata in una notte di gennaio 2017 nella mansarda di casa mia, tra la prima e la seconda fase al Cet, la scuola di Mogol, che ho avuto l’onore di frequentare e dove ho avuto il piacere di conoscere tante anime belle, professionisti e maestri come Giuseppe Anastasi, Maurizio Bernacchia e Cheope, che hanno migliorato il mio modo di vedere le cose. Dovevamo registrare il brano con il quale dare l’inizio al mio progetto solista nell’homerecording studio del mio amico Luigi Gabriele De Rosa: lui sentì ‘Vestita di vero’ e gli piacque molto. Ogni brano ha la sua cosiddetta ‘musa ispiratrice’, ma non si svela mai, altrimenti si perde la magia. È una canzone d’amore, profonda e giovane: racconta la certezza di avere un amore forte nel mistero della vita, la verità tra due persone che si vogliono bene, che si amano senza rinunciare ad essere ribelli, insieme, cercando di raggiungere la libertà in due; infatti c’è un passaggio del pezzo che dice: «Noi siamo così, due pirati coi jeans, registi del film, temporali liberi». Siamo noi a decidere tutto, quando poi nelle decisioni c’è tanto cuore, allora il gioco è fatto!

A chi lo dedicheresti?
È un brano che dedicherei ad ogni donna innamorata del proprio uomo, ogni donna che oltre al rossetto, agli orecchini e al trucco sia vestita costantemente di verità e non di apparenze. Amare è il grande miracolo della vita, non si vede ma si sente. Io credo nell’amore. Il videoclip lo trovate su YouTube, iscrivetevi anche al mio canale (e se vi va lasciate un like!). Il video è stato girato dall’Ozne Production di Enzo Petrucci, il pilota drone è Francesco Mancuso, la protagonista del video è la bella Annarita Renna, le comparse sono Giuseppe Mancuso, Alessandro Mancuso e Annamaria Di Palma. Il video clip è stato girato tra Oppido Lucano e Matera, in Basilicata, tua regione d’origine.

Ti sei trasferito per frequentare l’Università, ma è importante il senso di appartenenza alla tua regione?
Assolutamente sì, la mia terra la amo e, come ogni cosa che si ama, a volte, c’è il rischio di soffrire. Ho sofferto molto quando ho dovuto abbandonare Oppido per andare a Bologna, ma poi ho ringraziato l’Emilia per avermi accolto: è una seconda casa ormai, che mi ha dato modo di crescere sia mentalmente che artisticamente. La Basilicata è una terra magica, ma con tanti problemi e poche opportunità, quindi i paesi si svuotano, la gente va via, ma la maggior parte di quelli che si allontanano portano con sé il desiderio di tornare… io sono uno di loro! Vivo in una realtà bella, ho degli amici straordinari, una famiglia che mi sostiene e la comunità di Oppido Lucano che mi vuole bene e questo mi rende molto sereno. Poi noi lucani siamo un popolo buono, accogliente, caldo, generoso, ogni lucano ha un vulcano dentro di sé che sa far eruttare al momento giusto! Vi invito qui in Basilicata, si mangia benissimo, si fa bene l’amore e i paesaggi sono mozzafiato.

A chi ti ispiri nella tua musica?
Sono tanti gli artisti che mi hanno dato qualcosa,che mi hanno arricchito, ma senza dubbio Bruce Springsteen è al vertice. Sono un suo fan sfegatato, dopo averlo visto la prima volta dal vivo a Firenze nel 2011, ho deciso di cominciare a cantare! E non ho smesso più, come una droga. Il Boss ha grinta ed energia da vendere nonostante l’età. Vorrei invecchiare come lui! Qual è la tua canzone preferita? Tra le mie canzoni la preferita è quella che ancora non ho scritto! (Sorride). Scherzi a parte, non ho una canzone preferita, ma ne ho tante speciali, legate a momenti di vita, ad esempio ‘Jungleland’ di Bruce Springsteen, o ‘Sirens’ dei Pearl Jam, ‘Cosa c’è’ di Vasco.

Non sei solo cantautore e musicista, sei anche redattore di Rock Streets radio, un’emittente molto seguita sul web…
Rock Streets Radio è la web radio nata per gioco con il mio grande amico Teo Giacomino (un fratello per me): a Bologna, all’Università, bisognava trovare un diversivo allo studio. Ci divertiamo e soprattutto facciamo divertire, così la gente ha iniziato a seguirci. Spaziamo da temi seri a temi simpatici, ma direi che quelli divertenti sono i più gettonati! Ora insieme a me nella conduzione c’è anche il prof Giuliano De Felice, che stimo davvero e al quale voglio molto bene. Questo il nostro slogan: ‘Rock Streets Radio: Ok? On Air! Good Morning Babilonia!’ e poi si ride a non finire!

Come sei tu? Come ti definiresti?
Beh, direi buono (a volte fin troppo), determinato, istintivo, sensibile, ribelle, rispettoso, e giocherellone. Essendo del segno dei Gemelli, a volte combatto con le mie metà: una metà di me dice A e l’altra vuol fare B, ma la sera le mando a dormire sempre insieme dopo aver fatto la pace. Mia madre spera che arrivi una donna che mi metta in riga! Ma se devo darti una definizione, direi sicuramente un ‘inguaribile sognatore’. Come dico in un mio nuovo pezzo che si chiama ‘Le nostre notti’: «Siamo tutti ribelli armati di sogni e di troppi cd».

Quindi, avrai certamente un ‘sogno nel cassetto’…
Il sogno più grande è quello di riuscire a trasformare questa forte passione per la musica in lavoro, anche se so che è estremamente complicato. Il mio desiderio è entrare nel cuore di chi ascolta, in modo che il brano nato in una mansarda o in una camera possa diventare di tutti, ognuno ci possa ritrovare dentro un pezzo della sua vita ed emozionarsi. Tutto ciò è molto difficile, ma io credo che i sogni vadano inseguiti sempre, bisogna lottare per far nascere la speranza di vederli realizzati. Servono sacrifici, lavoro, lacrime e sudore: io nel mio piccolo sono già sul ring a ricevere e dare colpi!

https://www.facebook.com/giannibasilioofficial/

Guarda il video ufficiale di Vestita di nero

INSOLITE NOTE
“Il profumo di un’era”, tra desideri, paure e ricordi, il nuovo album di Amelie

Amelie al pianoforte (ph. Nicola Gargani)

Ci sono voluti due anni di lavoro per realizzare ‘Il profumo di un’era’, l’album più recente di Amelie, il tempo necessario per compiere un viaggio tra sentimenti, desideri, ricordi, paure e visioni virtuali.
La sintesi di questa introspezione trova, nelle parole e nelle sonorità del disco, un equilibrio tra solarità e lati oscuri, favole e realtà, come nell’introduzione di ‘Mondobit’, dove si accenna ‘Billie Jean’ di Michael Jackson, uno dei punti di riferimento musicali della cantante milanese, come lo è Piero Ciampi, di cui fu splendida interprete di ‘Confiteor’.
‘Il profumo di un’era’ è un concept album in cui tutti i brani ruotano attorno al tema del tempo, un percorso necessario per ritrovarsi dopo essersi perduti, lasciando che suoni, pensieri e parole si contaminano a vicenda, in un susseguirsi di sonorità pop, rock e new age, artefici di un innovativo pop italiano.
Amelie parte dai ricordi e dagli insegnamenti del passato di ‘Il profumo di un’era’, ‘Con il naso all’insù’, ‘Milano’, per ritornare al presente con ‘Il nuovo mostro’, ‘L’alieno delle 3′ e ‘Un’altra vita’. I momenti personali prendono il sopravvento in ‘Messaggi’, ‘Zero’, ‘Dicembre’ e ‘Polaroid’, sino a diventare visioni istintive con ‘Mondobit’ e ‘Ti ho ucciso con un click’.
Il talento di Amelie non si limita alla voce, infatti, dieci delle tredici canzoni sono state composte da lei al pianoforte e di ‘Che cosa c’è’ ha realizzato anche gli arrangiamenti. Si tratta di uno dei brani più significativi in cui canta con Rebi Rivale, autrice del testo: “E piangere si può, si perde, si vince, si vedrà, il tempo con il tempo ti dirà, e ciò che senti adesso cambierà…”. Con una semplice domanda si tende una mano verso una persona in difficoltà, trasmettendole comprensione e speranza.
‘Profumo di un’era’ é una ballata legata al ricordo della madre e dell’infanzia, in cui si rivela l’animo romantico dell’interprete. La voce “leggera” di Amelie ben si adatta al testo firmato da lei stessa e da Fabio Papalini. Nel video ufficiale, girato da Michele Piazza, la protagonista, adulta e bambina, si muove in un luogo senza tempo, circondata da oggetti che richiamano il passato e i ricordi.

In ‘Milano’ la cantautrice rivisita i luoghi più significativi della città in cui è nata. Pianoforte, archi, chitarre acustiche ed elettriche creano un senso di attesa, rivelando una città che la tecnologia ha ringiovanito al contrario delle persone. ‘Milano’ è uno dei brani più intensi dell’album, così come ‘Dicembre’, dove nevica e c’è il sole e il mistero ha i chiaroscuri di un quadro di Magritte. Il sound “anni sessanta” riporta al bianco e nero, emblema di contrasto e del tempo passato.
‘Zero’ è un numero e un punto di partenza. Il brano, interpretato da Amelie e Stefano Ardenghi, descrive l’incomunicabilità tra due persone che non riescono più a rapportarsi, suggerendo di ritornare al punto zero per ricominciare.
‘Polaroid’ è il pezzo che chiude il disco, un fermo immagine rivelatore di verità, preambolo di “ere” ancora da vivere nel bene o nella difficoltà: “Chi non teme mai la verità, che sia imbarazzante o scomoda, fa pensare un poco alla falena, che è in amore con la sua candela, e si brucia e non ha paura…”. Il brano chiude il disco a tempo di rock, così com’era iniziato con ‘Il nuovo mostro’.
L’album di Amelie è un lavoro completo, un viaggio nel suo mondo fatto di ricordi, di esplorazione e spiritualità. “Il profumo di un’era” non è un simulacro delle emozioni, quello che traspare è reale e sincero, così come lo sono le diverse influenze musicali che ne determinano lo spessore e ne confermano la valenza. Il giusto merito va dato anche a Giovanni Rosina (arrangiatore di quasi tutti i brani), Fabio Papalini, Rebi Rivale e i bravi musicisti, tutti all’altezza della situazione.

Video ufficiale di “Messaggi”:

Visite Cavalli Palio di Ferrara

Da Ente Palio

Giornata di Visite Veterinarie, quella odierna per il Palio di Ferrara.
Presso la clinica veterinaria, tutti i Cavalli sono stati accuratamente visitati dall’equipe veterinaria del Palio di Ferrara.
Tutti sono stati ammessi, ad eccezione di due cavalli:
Narcisco – Borgo San Giorgio;
Querino – Borgo San Giovanni.
Domani mattina si entra nel vivo a partire dalle ore 10.00 la prima prova ai canapi, a cui seguirà alle ore 18.00, la seconda prova.
Alle ore 21.00, Benedizione dei Palii ed Offerta dei Ceri in Cattedrale, officiata da S.E. Mons. Luigi Negri.

Ma cosa mi balena in mente? Giovani attori di Ferrara Off invitati a Firenze

Da Organizzatori

Dopo la replica in Toscana, la performance torna al Museo di Storia Naturale domenica 28 maggio

Balene e adolescenti, sono veramente così diversi? La domanda è inusuale, le originali risposte a cui può portare meritano attenzione. É proprio da questo strano quesito che si sviluppa l’intreccio di “Ma cosa mi balena in mente?”, la performance site specific – rivolta a bambini e adulti – che si terrà domenica 28 maggio, alle 11, all’interno del Museo di Storia Naturale di Ferrara, in via Filippo De Pisis 24.
Protagonisti di questa divertente rappresentazione – ideata da Margherita Mauro e diretta da Giulio Costa – saranno tre giovanissimi attori cresciuti a Ferrara Off, già allievi del corso di recitazione per adolescenti condotto da Marco Sgarbi: Matilde Buzzoni, Giacomo Vaccari, Penelope Volinia.
«I tre ragazzi confronteranno il loro modo di esistere con quello dei misteriosi mammiferi marini – spiegano i due autori -. Prendendo spunto dalle varie specie di cetacei presenti negli alti mari e dalla loro evoluzione, intraprenderanno un percorso fatto di indugi e scoperte, che li porterà a realizzare che ci vogliono milioni di anni di pazienza, coraggio e tentativi sbagliati prima di trovare il proprio posto nel mondo. Il confronto sarà serio e giocoso allo stesso tempo: gli animali considerati diventeranno esempio di tenacia e di estrema adattabilità, ma anche un modello di solitudine. Suggeriranno atipiche strategie di sopravvivenza».
Il biglietto per assistere alla performance costerà 5 euro, è consigliata la prenotazione poiché la sala accoglie un numero limitato di spettatori. Per informazioni e prenotazioni scrivere a info@ferraraoff.it oppure telefonare al numero 3336282360.
L’appuntamento chiude il ciclo di rappresentazioni organizzate per accompagnare la mostra tematica “Pesci? No grazie, siamo mammiferi”, che resterà in esposizione fino al 4 giugno al piano terra del museo.
Lo stesso spettacolo andrà in scena sabato 27 maggio presso il Museo di Storia Naturale di Firenze: «siamo felici che una produzione nata all’interno di Ferrara Off riesca a farsi apprezzare fuori dalle mura estensi – racconta Giulio Costa -. L’obiettivo che ci siamo posti per il prossimo anno va esattamente in questa direzione: far conoscere al nostro pubblico le più interessanti realtà attive nel panorama del teatro italiano contemporaneo, parallelamente promuovere a livello nazionale i talenti cresciuti a Ferrara. I corsi riprenderanno il prossimo autunno, in vista di quel momento sicuramente l’invito nel capoluogo toscano servirà da stimolo per definire con ancora maggiore efficacia un programma formativo capace di incentivare l’espressione delle nuove generazioni».

Ultima assemblea dei soci Area: dal 1° giugno è operativa Clara

Da Organizzatori

La società chiude il bilancio 2016 con un utile di 165mila euro

Si è tenuta oggi, alla Delizia Estense del Verginese, l’ultima assemblea dei soci di AREA. Si conclude così un pezzo di storia per la società che ha servito i comuni del basso e medio ferrarese per due decenni (dapprima come consorzio CAIAS, poi come consorzio AREA, e infine, dal 2001, come AREA s.p.a.). Dal prossimo 1° giugno, data in cui diventerà operativa la fusione con CMV Raccolta, l’azienda assumerà definitivamente la nuova denominazione di CLARA spa e i soci saranno 21 dei 23 Comuni della provincia.
All’ordine del giorno dell’assemblea di oggi c’era l’approvazione del bilancio consuntivo del 2016, che presenta un utile netto di circa 165mila euro. «Chiudiamo un bilancio con margini operativi più che soddisfacenti, tenuto conto anche degli obblighi e adempimenti legati alla fusione» – ha commentato Gian Paolo Barbieri, il cui mandato scadeva proprio in corrispondenza dell’approvazione di questo bilancio, e per il quale oggi è stata riconfermata la nomina di Presidente fino al prossimo 30 settembre. Rinominate per il CdA di Clara, per lo stesso periodo, anche le due consigliere attualmente in carica per AREA, Alida Padovani e Martina Pacella.
Proprio in questi giorni Atersir, l’Agenzia Territoriale dell’Emilia-Romagna per i servizi idrici e i rifiuti, ha formalizzato l’affidamento del servizio di gestione rifiuti a CLARA, a partire dal prossimo 1° giugno, per tutti i 21 Comuni soci.
Portomaggiore, 25 maggio 2017

Ferrara, nuovo appuntamento con “Il Fè nel Baule”

Da Organizzatori

Domenica 28 maggio nei Giardini del Grattacielo

Nuova edizione per “Il Fè nel Baule”: il mercato dell’usato con finalità di recupero prenderà forma domenica 28 maggio 2017 nel parco situato a poche centinaia di metri dalla stazione ferroviaria di Ferrara, pronto ad ospitare le colorate piazzole allestite dagli espositori, tra oggettistica e design, modernariato e collezionismo, e tanto altro ancora. Appuntamento dalle 8.30 alle 17.30; l’ingresso per i visitatori è gratuito.
La Mostra Mercato “Il Fè nel Baule” ha come filosofia quella di “dare nuova vita alle cose”, la stessa che caratterizza le altre iniziative del circuito, già consolidate e di grande successo, “La Pulce nel Baule” a Ravenna e “Il Fè in Fiera” a Ferrara. La filosofia è sempre quella del recupero, del riciclo e del riuso, con un impatto positivo a livello ambientale, per dare nuova vita agli oggetti che per taluni ormai non servono più mentre per altri possono rappresentare proprio l’oggetto che stanno cercando. Al “Fè nel baule” ci sarà spazio anche per l’associazionismo, con le bancarelle gestite dai volontari, che in tal modo potranno sostenere le loro importanti attività.

Formazione. Dalla Regione due bandi per favorire una occupazione qualificata nei settori spettacolo dal vivo e industria cinematografica e audiovisiva

Da Regione Emilia Romagna

Ulteriore obiettivo incentivare la crescita di due comparti culturali importanti per il territorio regionale. Priorità alle operazioni proposte in partenariato socio-economico con imprese e istituzioni

Bologna – Favorire una occupazione qualificata nell’industria cinematografica e audiovisiva e nel sistema regionale dello spettacolo dal vivo, per alzare le competenze delle persone e contribuire alla crescita di questi comparti in tutto il territorio dell’Emilia-Romagna.
Sono gli obiettivi dei due bandi approvati dalla Giunta regionale e rivolti agli enti di formazione accreditati, che dovranno ora progettare le azioni formative in questi ambiti specifici. Destinatari di entrambi gli interventi dovranno essere persone che hanno assolto l’obbligo d’istruzione e che hanno bisogno di formazione per ridurre il divario tra le competenze possedute e quelle richieste per esercitare professionalmente nel settore.
Per quanto riguarda lo spettacolo dal vivo, sono disponibili 2 milioni di euro di risorse del Fondo sociale europeo. Tre i tipi di intervento formativo finanziabili, che devono essere presentati entro il prossimo 21 giugno: percorsi di formazione (240-600 ore) progettati con riferimento al Sistema regionale delle qualifiche nell’ambito “Produzione artistica dello spettacolo”; percorsi di formazione permanente (50-150 ore) per persone già in possesso di conoscenze in quell’area professionale e che abbiano necessità di nuove competenze tecniche; percorsi di alta formazione (300-1.000 ore) per acquisire alte competenze specialistiche.
Priorità sarà data alle operazioni formative presentate da un partenariato socio economico ampio e pertinente, in coerenza con la “Strategia regionale di ricerca e innovazione per la specializzazione intelligente”, e con una attenzione particolare all’internazionalizzazione, per rafforzare la dimensione internazionale dei sistemi produttivi regionali.
Il bando nell’ambito del cinema e dell’audiovisivo è finanziato con 1 milione e 200 mila euro di risorse sempre del Fse e scade il prossimo 20 giugno. Potranno essere candidate operazioni riguardanti percorsi di formazione (240/600 ore) per il conseguimento di una qualifica professionale dell’area “Produzione artistica dello spettacolo”; percorsi di formazione permanente (35/70 ore) per la valorizzazione delle competenze tecnico professionali necessarie per la permanenza nel mercato del lavoro e per la mobilità professionale; oppure, percorsi di alta formazione (300/1.000 ore) a sostegno dei processi di innovazione e qualificazione del settore del cinema e dell’audiovisivo regionale.
Le operazioni proposte dovranno fondarsi su un partenariato socio-economico con le imprese, eventualmente allargato a enti e istituzioni, formalizzato in un protocollo di collaborazione. /BM

A scuola di solidarietà con il liceo Roiti e “l’Europa siamo noi”

Da Organizzatori

Ferrara, 25 maggio 2017.
L’anno scolastico in corso ci ha visti impegnati in un progetto di alternanza scuola-lavoro inerente all’ambito della comunicazione, volto a sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto alla condizione dei migranti nei campi profughi. In particolare, ci stiamo occupando di monitorare la condizione delle persone ospitate nel campo di Katsika, in Grecia.
L’attualità è segnata oggigiorno dalle terribili vicende che riguardano i migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo, in fuga dai loro Paesi d’origine verso l’Europa. Le immagini degli enormi flussi migratori di persone disperate, dei terribili naufragi in mare, delle condizioni insostenibili presenti in tanti campi profughi, non possono lasciarci indifferenti. Per fare fronte alle necessità vitali di tante persone, tra cui famiglie con bimbi piccoli, ci stiamo impegnando a dare vita a una raccolta fondi.
Il progetto “l’Europa siamo noi”, nato nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro, non ha alcun scopo di lucro, e si dedica esclusivamente a informare e sensibilizzare quante più persone possibile. Intendiamo dedicare il nostro lavoro al sostegno dei migranti e, in particolar modo, dei bambini che necessitano di cure mediche e istruzione.
Per questo vi chiediamo di sostenere la nostra causa, e unire le nostre forze per dare loro la possibilità di un futuro migliore. Aiuta noi, studenti del Liceo Roiti di Ferrara, a realizzare questo gesto di solidarietà dando visibilità alla nostra azione, e dona il tuo contributo attraverso la pagina dedicata su BuonaCausa.org, dove sono specificati gli obiettivi della raccolta fondi.

“Il Cigno” torna in scena al Teatro Nuovo di Ferrara

Da Organizzatori

Il gruppo danza “Il Cigno” di Melania Durca torna in scena Sabato 27 Maggio al Teatro Nuovo di Ferrara alle ore 20,30 con il saggio finale “Prove Generali”, titolo nato dalla considerazione che salire sul palco di questo bellissimo teatro sarà per loro una novità. Passando dal classico al contemporaneo fino al moderno verrà presentato lo Schiaccianoci con coreografie di repertorio e musiche di Leonardo Bortolotto. «È stato un lavoro difficile ma allo stesso tempo molto stimolante, soprattutto per i nostri allievi che aspettano con entusiasmo e la giusta emozione questa serata» queste le parole della direttrice artistica.
L’anno accademico che sta per concludersi si è rivelato ricco di esperienze positive, crescita professionale, riconoscimenti e soddisfazioni. Oltre alle lezioni di danza classica con Melania, contemporanea con Stella Zangirolami, moderna con Julia Ocejo Durand e Jazz con Laura Govoni gli allievi hanno partecipato a stage e concorsi conquistando diversi podi. Al Big Bang Grand Prix il duo classico Marieta Georgieva e Camilla Guerra ha vinto 1° premio con borsa di studio per la Danzart Academy, mentre le ragazze del quinto corso hanno conquistato il 3° premio con la coreografia contemporanea “Soldatini”. Sempre 1° premio con borsa di studio e accesso alle semifinali nazionali di Roma al festival “Ballando Ballando” se l’è aggiudicato Chiara Rossatti a Verona con la coreografia di Stella Zangirolami ed infine anche le 16 piccole allieve del secondo corso hanno conquistato, alla loro prima esperienza, il 3° posto al concorso “Talenti alla ribalta” di Argenta.
I biglietti saranno acquistabili il giorno dello spettacolo dalle ore 18:30 alle ore 20:30 presso la biglietteria del teatro.