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Mese: Febbraio 2016

Where is my mind?

Dov’è la mia mente? Una storia che si ripete ogni lunedì…

Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta…

Where Is My Mind – Pixies

Esiti della giornata di Serie B di Tchoukball

da: Ferrara Tchoukball

La giornata di Serie B disputata a Ravenna domenica 28 febbraio ha avuto esiti non completamente soddisfacenti dal punto di vista dei risultati per il Ferrara Tchoukball.
Gli Afternuts, con due vittorie su tre partite rimangono stabili in seconda posizione anche se la sconfitta nell’ultima partita non rende ancora matematica la qualificazione..
I Wildnuts, invece, decimati da infortuni e malattie hanno perso entrambi gli scontri diretti con le squadre di Empoli: in questo modo le posizioni dalla terza alla sesta nella classifica generale si trovano in due soli punti.

Domenica prossima la giornata di Coppa Italia a cui partecipano entrameb le squadre ferraresi metterà in palio un posto play off. A seguire, la domenica successiva l’ultima giornata emetterà i verdetti definitivi.
Questa la classifica delle prime posizioni dopo la giornata odierna:
1 Lendinara Dragons 33
2 Afternuts Ferrara 27
3 Red Wallers Empoli 24
3 Forlì Non Stop Nerds 24
4 Blue Wallers Empoli 23
4 Wildnuts Ferrara 23.

I risultati della giornata
Afternuts Ferrara 57 – N’Grifati Perugia 25
Blue Wallers Empoli 50 – Wildnuts Ferrara 29
Red Wallers Empoli 52 – Wildnuts Ferrara 38
Afternuts Ferrara 45 – Blue Wallers Empoli 39
Wildnuts Ferrara 54 – N’Grifati Perugia 30
Red Wallers Empoli 45 – Afternuts 43.

Sagra della Salamina da sugo al cucchiaio di Madonna Boschi 2016

da: Pro loco di Madonna Boschi della salamina da sugo

Manifestazione culinaria dell’insaccato più famoso della provincia di Ferrara: la salamina da sugo al cucchiaio, prodotta dai locali norcini che attira degustatori di prodotti tipici e “unici” da molto lontano.
Da gustare in particolar modo il carpaccio di salamina cruda servito con grana e crema di aceto balsamico. Il trittico di salamina composto da salamina cruda, cotta e patè di salamina. L’antipasto del contadino, salumi nostrani prodotti dai nostri norcini. La coppa di testa, squisita prelibatezza dai sapori lontani. Fagottini al ragù di salamina da sugo, lasagne al forno con purea di zucca, tagliatelle del norcino
La salamina da sugo al cucchiaio dentro al suo tipico piatto contornato da purè di patate.
La Pro Loco di Madonna Boschi e la sua sagra è il veicolo trainante per la diffusione e il mantenimento delle tradizioni ferraresi.
Si pregia di aver partecipato con assaggi gratuiti del proprio prodotto a EXPO Milano 2015 e di essere stati ripresi da Rai Expo per la divulgazione della salamina da sugo nel mondo con il video nella terra della salama da sugo Expo (http://www.expo.rai.it/salama-da-sugo-ferrara-expo/)

Giovedì e Venerdì apertura stand ore 20,00
Sabato apertura stand ore 19,30
Domenica apertura stand ore12,15 (Aperto solo a mezzogiorno)

MENU’ SAGRA

ANTIPASTI
Antipasto del contadino (salame,coppa,pancetta,ciccioli)
Coppa di testa nostrana,
Gran trittico di salamina
Prosciutto crudo

PRIMI PIATTI
Lasagne gialle con purea di zucca al forno
Fagottini alla salamina
Tagliatelle del norcino

SECONDI PIATTI
Salamina da sugo al cucchiaio con purè
Cima di purè con cascata di salamina da sugo
Carpaccio di salamina con grana e crema di aceto balsamico
Misto di carne alla griglia
Lumaca di salciccia con patate
Pollo fritto con patate

CONTORNI
Patate fritte
Misto di verdura
Purè

Madonna boschi e’ un piccolo paese di 300 anime incastonato fra i comuni di Poggio Renatico e Vigarano Mainarda nella provincia di Ferrara, in Emilia Romagna.
Madonna boschi è ricordata principalmente per un prodotto culinario tipico della provincia di Ferrara: la Salamina da Sugo legittimato da suo monumento alla salamina da sugo alle porte del paese.

IL PRODOTTO
La salamina da Sugo, è la vera regina della tavola dei ferraresi.
Prodotto dai locali norcini della pro loco (tutti volontari), nei propri laboratori e stagionati in locali idonei la salamina da sugo è un insaccato di carni povere del maiale quali capocollo, guanciale, pancetta, lingua, fegato,sunia, sapientemente dosati in parti dovute, aromi naturali, vino corposo ma giovane, prima che lo mettessero fuori legge il “nostro” famoso Clinto era l’ideale per le nostre salamina
(i nostri vecchi sono campati duemila anni bevendolo ma…..). Il tutto, lungamente mescolato insieme ad amalgamarsi per bene fino all’insaccamento nella vescica del maiale, questa accuratamente pulita e lavata in acqua tiepida, aceto e vino. Chiusa legandola molto bene in cima, viene poi legata a spicchi di 6/8/10/12, nei quali se ne individuano le varie scuole di pensiero dei vari norcini. Dopo la sgocciolatura di una notte, vengono messe a stagionare minimo per 8 mesi, ma se uno vuole assaggiare una vera salamina da sugo deve “penare” almeno sino al decimo/undicesimo mese di stagionatura.

LA COTTURA
Per vedere se la Salamina da Sugo non ha anomalie bisogna “piombarla” in un recipiente d’acqua, affinché ci si renda conto che: se il prodotto è sano, questo piomba giù, se il prodotto rimane a galla, ha dei problemi. Questa è una fase molto importante.
Constatato che il prodotto non ha anomalie, bisogna lasciare la Salamina da Sugo a bagno in acqua fredda per 8/10 ore, dopo di che la si spazzola delicatamente dalle impurità sotto l’acqua e gli si tolgono le varie corde da cui la salamina è legata. Avvolta in un canovaccio la si appende diritta legata a un bastoncino di traverso ad una pentola capiente piena d’acqua e la si lascia bollire delicatamente dalle 4 o 7 ore a seconda della tipicità della salamina. Al giorno d’oggi molti usano il più pratico sacchetto di cottura per alimenti.
Una volta cotta la si posizione su l’apposito piatto rotondo con la propria sede al centro. La si scoperchia in cima. Subito vi accorgerete di un odore intenso e fragrante che solo la salamina da sugo può regalarvi.
Viene servita con un purè di patate. Il tutto molto caldo.
La salamina da sugo la si può mangiare anche cruda con fichi o melone, cotta affettata e fredda.

A Madonna Boschi le manifestazioni sono gestite principalmente dalla Pro Loco, che organizza le manifestazioni più importanti:
la Sagra della Fiera delle Galanine a luglio, ultima fine settimana di luglio
la “Sagra della Salamina da Sugo al Cucchiaio” fine settembre-inizio ottobre, vera e propria kermesse del gusto dedicato alla Salamina da Sugo.
Un nostro menù degustazione: Carpaccio di Salamina all’aceto balsamico,Trittico di Salamina da Sugo, Garganelli alla Salamina da Sugo, Lasagne al forno con zucca, Salamina da Sugo a cucchiaio intera con purè, Cima di Salamina con pure’ di patate.
La Pro Loco di Madonna Boschi della Salamina da Sugo produce in proprio le Salamina da sugo in ambienti idonei rispettando le norme vigenti e le tradizioni.

Cento, Confartigianato al Liceo Cevolani

da: ufficio stampa e comunicazione Camilla Ghedini

Si è parlato di aereo spazio al Liceo Cevolani di Cento. Invitata a partecipare nell’ambito delle ore dedicate all’orientamento scolastico – per gli studenti dell’ultimo biennio che dovranno scegliere percorso universitario o mondo del lavoro – , la Confartigianato ha portato nei giorni scorsi un proprio associato doc, Marco Folegani, poco più che quarantenne fondatore, nel 2004, con altri due coetanei , di Meeo ( Metereological and Environmental Earth Observation), che sviluppa e commercializza prodotti per l’osservazione della terra, con analisi di dati satellitari. Folegani ha raccontato la sua storia, di laureato che ha scommesso su se stesso e sulla propria formazione, scegliendo un ramo di nicchia e sfidando in ingresso, come lui stesso ha rimarcato, la diffidenza dovuta alla giovane età. Ora la Meeo, che vanta una sede anche a Vienna e conta 10 dipendenti, collabora con le più importanti agenzie d’Europa. «Qualsiasi scelta voi facciate – il monito – dovrete seguire le vostre passioni, il vostro talento, nutrendolo però di competenze che non sono più specifiche, ma devono essere trasversali. Bisogna conoscere bene l’inglese e l’informatica – ha esemplificato – , non sono più materie accessorie». Folegani ha così sintetizzato il rapporto con l’artigianato. «La mia è una professione in cui serve creatività, innovazione, dimestichezza con la tecnologia. Requisiti fondamentali di ogni impresa che guardi al futuro e si misuri ogni giorno coi cambiamenti in atto». Ad accompagnare e introdurre Folegani, è stato il segretario generale, Giuseppe Vancini, che agli allievi ha spiegato in cosa si sostanzia la differenza tra realtà artigiana e industriale.

Continua “Japan Extreme” alla Video-Biblioteca Vigor di Ferrara

da: Associazione Feedback

Martedì 1 marzo 2016 alle ore 21, presso la Video-Biblioteca Vigor di Ferrara, continua JAPAN EXTREME, la nuova rassegna d’incontri cinematografici organizzata dall’Associazione di promozione sociale Feedback.
Il quarto regista che affronteremo sarà Hitoshi Matsumoto, protagonista dell’incontro “BIG MAN JAPAN” a cura di Matteo Buriani. Matteo, appassionato cinefilo che anima ormai da anni Ferrara con i suoi innovativi cineforum, ci introdurrà quest’artista molto particolare, nato dagli sketch comici e dalla televisione, che ha sorpreso l’occidente con quattro (per ora) imprevedibili film, nei quali si è divertito a mettere in una luce tutta nuova la società giapponese (samurai compresi). Un artista originale, spassosissimo e con imprevedibili vette di esistenzialismo, per un incontro da non perdere!
Le serate sono riservate ai soci Feedback, le nuove tessere 2016 saranno dedicate, in quattro varianti, al maestro Wes Craven. Sarà possibile tesserarsi la sera stessa.

Campionato di Serie C di Ginnastica Ritmica: la trasferta ferrarese a Parma

da: ufficio stampa Associazione Ginnastica Estense O. Putinati

Continuano, dopo il 6° Galà delle “Farfalle Azzurre”, gli impegni delle ginnaste della “Otello Putinati”. Domenica 28 febbraio, per il Campionato di serie C, le atlete ferraresi scenderanno in campo al Pala Casalini di Parma per questa tappa di gare federali di Ginnastica Ritmica organizzate dall’ASD “Circolo Inzani”. In pedana saliranno Anais Bardaro, Sara Capra, Enny Andreasi, Alice fontana e Claudia Cavallina.

La politica dei boyscout

pd-gad​In cerca di applausi. Capitan Finco in testa, un drappello di dirigenti e militanti del Pd (assente il segretario Vitellio, non per dissenso ma per indisposizione) si è munito di ramazza per ripulire la “degradata” zona Gad. Una buona azione fine a se stessa, per mettere a posto la coscienza e magari suscitare simpatia e qualche consenso. Ma non è questo che ci si aspetta dalla politica e non sarà in questo modo che i politici recupereranno la credibilità compromessa.
Azioni dimostrative di questo tipo possono avere significato se attuate da gruppi di opposizione, formazioni minoritarie, associazioni e movimenti autorganizzati per testimoniare la propria volontà e mandare un segnale a chi governa. Ma non ha senso che sia proprio chi governa a inscenare iniziative simboliche per rendere evidente la propria intenzione di agire. Chi governa “è” nelle condizioni di decidere e di fare seriamente e quotidianamente ciò che reputa utile e necessario. Non ha bisogno di atti di questo genere.
Invece di rimboccarsi le maniche e munirsi di scopone, i nostri amministratori meglio farebbero a spremere le meningi e svolgere il proprio compito: designare gli obiettivi, mettere a fuoco idee e progetti, definire i programmi e le priorità di intervento, individuare e razionalizzare i mezzi e gli strumenti necessari. E sopratutto operare giorno per giorno in maniera coerente e sistematica. È in questo modo che i politici e i pubblici amministratori onorano il loro ruolo e svolgono le funzioni assegnate. Il resto è folklore. E demagogia.

“I danni del neoliberismo”. Laura Pennacchi indica il problema ma dimentica le responsabilità

Sul sito del Partito Democratico si può trovare la biografia di Laura Pennacchi, economista ma laureata in filosofia, che venerdì sera in biblioteca Ariostea ha parlato di beni comuni e del suo libro “Il soggetto dell’economia”. E’ importante, come sempre del resto, fare una premessa. La professoressa ha un passato politico di tutto rispetto: ben tre legislature, dalla XII alla XIV, cioè dal 1994 al 2006, con Prodi, i Comunisti Italiani, i Ds, fino al Pd, coerentemente con i partiti della sinistra italiana. Con Prodi è stata sottosegretario al Tesoro e tra le sue deleghe c’era lo studio dell’impatto equitativo delle leggi finanziarie. Non poco insomma, stare in Parlamento nel periodo cruciale in cui per gli italiani cambiava tutto.
Una delle bellissime frasi dell’autrice è: “Dobbiamo prendere atto che il neoliberismo è da un lato dissipazione enorme di ‘beni comuni’, specie ambientali, dall’altro drammatica sottoproduzione di ‘beni pubblici’, collettivi e sociali. Bisogna lavorare per costruire un nuovo modello di sviluppo”. Dunque il neoliberismo agisce da ‘raptor’ nell’economia, mentre scompaiono i beni pubblici, come quelli che Prodi cominciò a svendere dal 1992, per intenderci. Ops!

La professoressa Pennacchi ha intrattenuto il pubblico, in una gremita sala Agnelli della Biblioteca Ariostea, con il racconto del suo libro e della sua idea di come il mondo dovrebbe cambiare. Ha tracciato i mali del neoliberismo, una dottrina fondata sulla competizione e sulla creazione delle ineguaglianze. Ha parlato di politiche keynesiane di spesa pubblica e di controllo e direzione statale perché, ha detto, anche Adam Smith ne sentiva la necessità.
E poi ha parlato di moneta e ha detto che non può essere merce, ma dovrebbe essere considerata appunto un bene comune. Ha messo insieme Stiglitz e Soros (un po’ come il diavolo e l’acquasanta!) e ha pontificato, chiedendo emulazione, su quanto sta facendo l’amministrazione Obama (neoliberista?), che sta investendo molto nell’economia reale a differenza dell’Italia, dove avremmo bisogno di tanta spesa pubblica perché abbiamo infrastrutture carenti o fatiscenti che lasciamo a se stesse.
Ovviamente ci sono anche la Cina, che entra a gamba tesa nei nostri mercati, e la Germania ordoliberista che non fa gioco di squadra con gli altri paesi europei.

A una domanda del pubblico che chiedeva come fosse possibile fare spesa pubblica in Italia non avendo sovranità monetaria ha risposto che questo Governo ha sbloccato ben 12 miliardi di euro in politiche di spesa pubblica.
In realtà la Pennacchi fa fatica a rispondere seriamente alle domande, ma ha scritto un libro molto bello dove tocca tutti i mali della società moderna.
Il neoliberismo nasce proprio come opposizione alle idee keynesiane di controllo statale dell’economia, che non è un affare comunista perché, per esempio, lo faceva benissimo il Giappone che comunista non lo è mai stato. Il controllo statale serve proprio per mantenere i rapporti di forza e perché non ci sia sbilanciamento tra chi è troppo forte e chi magari fa un poco fatica: un’azienda di 40 operai ha diritto di esistere esattamente come una multinazionale, se però lasci operare liberamente le forze del mercato, senza controllo dello Stato, la prima viene facilmente distrutta. Allo stesso modo uno Stato più forte, più aggressivo o che produce a basso costo perché magari sfrutta i bambini, avrà la meglio su uno Stato che invece cerca di rispettare le persone e l’ambiente.
Perché le regole e il mercato neoliberista si affermino la prima cosa da togliere di mezzo è lo Stato, cedergli il potere economico e fargli sovrastare la piramide delle competenze. Per avere il controllo dell’economia devo controllare la moneta, ma se questa è un bene comune non posso farlo. Quindi devo rendere la moneta scarsa e assolutamente non pubblica né comune.

La Pennacchi ha ricordato gli accordi di Bretton Woods, ma qui bisogna aggiungere un po’ di cose. A Bretton Woods fu deciso l’assetto della piramide monetaria. Al di sopra di tutto c’era l’oro, poi il dollaro e infine tutte le altre valute. Ogni valuta poteva essere cambiata in dollari, i quali garantivano il cambio in oro. Se avessi voluto avere più dollari, quindi più moneta in circolazione, dovevo scavare delle buche alla ricerca dell’oro.
Il sistema non funzionò, tant’è che il 15 agosto del 1971 Nixon dichiarò pubblicamente che il dollaro non sarebbe stato più scambiabile in oro. Bene, da allora successe quello che la Pennacchi ha detto di volere: la moneta finalmente non era più merce, ma libera di essere prodotta dagli Stati nella quantità giusta, un bene comune e fluttuante rispetto alle altre monete.
Poi però è successo che nel 1979 siamo entrati nello Sme, nel 1981 si è deciso che la moneta non dobbiamo “produrla” noi, ma la dobbiamo chiedere ai mercati finanziari, fuori dal controllo statale. Infine, quando già questi cambiamenti avevano portato il debito pubblico dal 50% a più del 100%, siamo entrati nell’euro abbandonando ogni pretesa di controllo statale dell’economia (e anche di tutto il resto).
Quindi si infrange il sogno della prof. Pennacchi?

In merito ai 12 miliardi sbloccati a deficit per politiche di lavoro bisognerebbe considerare un paio di cose.
Nella situazione odierna di disoccupazione dilagante e di aziende alla ricerca di credito per non chiudere, sono solo una goccia nel mare delle illusioni. E’ stato calcolato che per far ripartire l’economia italiana si avrebbe bisogno di 200 miliardi di euro, ma come farlo senza aumentare il debito pubblico? Farci sforare il deficit nel sistema euro non deve farci gioire perché ogni soldo in più che immettiamo nell’economia lo dobbiamo chiedere in prestito alla Bce, che non è la nostra prestatrice di ultima istanza, ma semplicemente qualcuno che ci presta i soldi ad interesse. Tutto questo grazie ai grandi cambiamenti regalatici dalla nostra classe politica negli ultimi trent’anni, che si frappongono alle riforme auspicate ieri dalla Pennacchi. Forse avrebbe dovuto pensarci prima?
Quindi tutto quello che è stato scritto in quel libro e detto in quella sala è solo una bella favola, perché oggi non è attuabile, a meno che non si vogliano prendere delle serie decisioni politiche di rottura, ma questo la professoressa non lo auspica, anzi.

Ma riflettiamo sulla premessa. La professoressa Pennacchi dice che il neoliberismo non va bene, che la moneta deve essere un bene pubblico e che lo Stato deve intervenire nel direzionale l’economia. Chi o quale parte politica ha voluto fortemente che lo Stato cedesse sovranità politica e monetaria a partire dagli anni Ottanta? Chi materialmente ha proceduto alla svendita dell’Iri con dentro tutto il patrimonio di banche pubbliche, rendendo di fatto la moneta un bene privato? E chi o quale parte politica ha voluto lo smantellamento delle leggiche prevedevano, in Italia, la separazione tra banche commerciali e banche d’investimento, che ha portato di fatto anche piccole banche locali a investire in derivati? Non sarà, per caso, che la compagine di cui ha fatto e fa parte la professoressa Pennacchi ne è un poco responsabile? E’ tutto questo ad aver portato al comando il neoliberismo, i mercati e la finanza, nonchè distrutto beni comuni, ambiente e Stato.

E per concludere, ha nominato Stiglitz. Ebbene quest’ultimo ha scritto un libro sulle diseguaglianze negli Stati Uniti, “Il prezzo della diseguaglianza”, spiegando con dati precisi che queste dagli anni Ottanta sono sempre più aumentate e che la tendenza è incrementata con l’era Obama. Obama è, inoltre, la persona che ha impiegato tutti gli ex manager e amministratori delegati responsabili dei fallimenti bancari del 2008 che hanno innescato al crisi globale di cui paghiamo ancora lo scotto, facendone i propri consiglieri economici. Chi mai potrebbe aspettarsi politiche anti-neoliberiste da coloro che hanno sfasciato l’economia americana? Joseph Stiglitz ricorda che Obama riusciva con volto imperturbabile ad annunciare che non si poteva non pagare milioni di dollari in buonuscite ai manager che avevano fatto collassare le più grandi banche e ridotto sul lastrico milioni di lavoratori; poi però, ai lavoratori del settore dell’auto, con lo stesso volto, spiegava che dovevano accettare riduzioni salariali perché il mercato era in crisi.

Insomma, il messaggio che lancerei alla professoressa è più che altro una richiesta: mettere insieme i pezzi del suo libro e del suo discorso, fare i giusti collegamenti, considerare in che direzione è andato il suo partito e dove sta andando adesso e poi prendere una decisione. La Sinistra che si parla addosso, che sogna un mondo perfetto e ne parla ai cuori solitari non fa bene al Paese e in questo momento non serve a niente. Dire delle cose, ma nasconderne altre non fa altro che aumentare quella asimmetria culturale e di informazione di cui non abbiamo proprio più voglia e bisogno.

LA SEGNALAZIONE
Uomini visti dalla parte dei cani. Imperdibile Paolini al teatro Comunale

Contastorie come lui in giro non ce n’è altri. Stavolta Marco Paolini rilegge Jack London e, in “Ballata di uomini e cani”, attraverso la metafora della Grande Frontiera, mentre ci fa appassionare all’epopea dell’età dell’oro e ci rende partecipi della disperata ebrezza dei cercatori, in fondo in fondo parla a noi, ai tempi presenti e rivela i tic e le ansie di un’epoca – la nostra, appunto – costellata da esseri traviati, ora come allora: qualcuno all’inseguimento di un nuovo orizzonte di vita, altri più stoltamente abbacinati dal miraggio della ricchezza e pronti per essa a rinunciare a ogni cosa, sentimenti e dignità, fino al sacrificio ultimo della vita stessa.
Ma pure di altri uomini traccia il profilo. Uomini il cui passo è agitato dallo spettro della miseria e della disperazione. E la cui tormentata marcia di fuga è inevitabile. Così, in filigrana, si disegna l’odissea dei migranti, di coloro che, reietti come cani ma come i cani utili e asservibili, sono alla ricerca di un porto sicuro, attraversano le intemperie e patiscono il gelo della vita senza mai perdere la speranza. E ostinatamente proseguono il cammino.

La narrazione si gioca anche sull’ambivalenza dei sentimenti, lo scambio e la commistione dei ruoli. L’allegoria rende bestiali gli umani e umane le bestie, e viceversa, in ribaltamenti continui. E in questo ubriacante caleidoscopio, alla fine sono i cani che ci osservano e ci giudicano. E scorgono l’assurda ostinazione dell’uomo moderno, costretto da sé medesimo ad andare avanti senza requie, all’inseguimento di un imprescindibile obiettivo.

Alterna drammaticità e ironia, Paolini, com’è nelle sue corde. Gioca sui paradossi, come quello dei pionieri che intimano agli indiani di tornarsene a casa loro… E’ sarcasmo: una provocazione fatta con lo sguardo puntato sull’intolleranza e le mistificazioni del nostro presente. Fa il verso alle prepotenze di chi cela debolezze e fragilità alzando la voce e il tiro. Riporta il filo della narrazione al presente e alla realtà. E parla così di sacrifici e di vittime vere: ostaggi della storia, non dei miraggi. Allude ai morti sui quali nessuno può versare lacrime, freddi numeri buoni solo per le statistiche.

Affiora così, narrato sul palco e non solo evocato, l’irrealizzato sogno di riscatto di Zaer, “saldatore errante dell’Asia”, ragazzo sfuggito a guerra e miseria che ultima tragicamente la sua fuga verso la libertà travolto sul selciato di una strada nostrana dopo essere scivolato dal camion nel quale aveva cercato rifugio. Nel suo diario, ritrovato e tradotto, sono espresse parole che poeticamente testimoniano la consapevolezza della fragilità della vita. Paolini le canta, nella sua conclusiva originale appendice al testo di London, e rende così omaggio alla diaspora di questo nostro secolo. Ne fa un manifesto contro l’ingiustizia e l’incomprensione che colpisce uomini trattati da cani. E si pone dichiaratamente dalla parte delle vittime quando, infine, al pubblico confessa: in queste storie io sono sempre stato il cane. Usato, scacciato, bastonato.

In un proscenio essenziale e suggestivo, con la sua sola presenza l’attore regge magistralmente la scena. Ma non è solo. Gli orchestrali che danno note e ritmo ai racconti (Macchia, Bastardo e Preparare un fuoco) sono ben più che un complemento. Il canto finale di commiato dal pubblico, affidato a Lorenzo Monguzzi, è la voce ostinata e contraria di chi non si rassegna e sommessamente sussurra: “a tutti piace chiudere la porta, ma io vorrei tenerla aperta”. E’ ciò che prima o poi ci auguriamo di riuscire a fare davvero.

Chi può, non perda l’occasione per vedere questo spettacolo. Oggi alle 16 al teatro Comunale di Ferrara c’è l’ultima rappresentazione.


[La foto è di Marco Caselli Nirmal]

Ed ecco vostra maestà il tartufo estense

Pregiato come l’oro bianco, più prelibato del porcino, era per gli Estensi un cibo divino. Nasce spontaneo come le acque dei ruscelli e il suo profumo afrodisiaco si propaga per il bosco… fino ad arrivare alle delizie di corte e ai castelli.

Il tartufo estense tra ville e castelli” è un iniziativa in quattro serate a tema per associare il tartufo, il circuito storico e monumentale delle delizie estensi e l’esperienza e professionalità in fatto di ristorazione locale sulla specialità.

Si parte giovedì 3 marzo al Castello di Mesola con il ristorante La Romantica nella preparazione dei piatti.
Il secondo appuntamento è in calendario per giovedì 10 marzo nella Villa Mensa di Copparo, dove in cucina sarà al lavoro il ristorante La Supa.
L’ex villa dei vescovi sarà anche teatro della terza serata, giovedì 17 marzo, con il ristorante L’Abate Ghiotto ai fornelli.
Chiude il ciclo l’appuntamento di giovedì 24 marzo in Castello Estense a Ferrara, serata durante la quale il menù sarà a cura del ristorante Quel Fantastico Giovedì.

Per saperne di più clicca qui.

Immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

Due parole sul tartufo – Il tartufo appartiene al genere Tuber e viene definito un fungo ipogeo, cioè che cresce sotto terra. Appartiene alla famiglia delle Tberaceae. I tartufi crescono spontaneamente nel terreno accanto alle radice di alcuni alberi o arbusti, detti piante simbionti, che ne consentono la crescita.
Il tartufo presenta numerose proprietà benefiche. E’ famoso per la sua ricchezza di antiossidanti, che aiutano a combattere i radicali liberi. Ha proprietà elasticizzanti che stimolano la produzione di collagene. Al tartufo vengono inoltre attribuite proprietà afrodisiache, in quanto pare che le sostanze emanate da questo alimento possano provocare un particolare stato di benessere e favorire l’attrazione da parte del partner. Il tartufo è rimineralizzante e il suo consumo facilita la digestione.

Persone di peso

Geppi-Cucciari
Geppi Cucciari

Molto spesso noi donne siamo grasse, ma voi uomini siete pesanti, e per questo mettersi a dieta non basta. (Geppi Cucciari)

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

Dna

Il 28 febbraio 1953 la biologa Rosalind Franklin, attraverso i raggi X, fotografava per la prima volta il modello base della molecola del Dna.

Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta…

Dna – Mario Venuti

Coldiretti Ferrara: nella giornata dei pensionati il ricordo e la riconoscenza per Faccini e Cristofori

da: ufficio stampa Coldiretti Ferrara

Nel corso della consueta Giornata Provinciale dei Pensionati Coldiretti all’Ottocento di San Vito, consegnati gli Attestati di Riconoscenza ai familiari di due figure storiche per l’organizzazione dei coltivatori ferraresi. Ma i pensionati guardano avanti e mettono in campo progetti per il futuro, per lasciare ai giovani una eredità vera per il domani.

Grande partecipazione alla Giornata Provinciale del Pensionato, organizzata dall’Associazione Pensionati di Coldiretti Ferrara presso il ristorante Ottocento a San Vito di Ostellato lo scorso venerdì 26 febbraio.
Di rilievo il tavolo dei relatori con il presidente di Coldiretti Ferrara Sergio Gulinelli, il presidente dei Pensionati di Ferrara Alberto Sartori, il presidente di Coldiretti Emilia-Romagna e vice presidente nazionale dell’organizzazione agricola Mauro Tonello, il presidente nazionale di Federpensionati Giorgio Grenzi oltre al direttore della federazione ferrarese, Claudio Bressanutti.
Ospiti speciali i funzionari della questura di Ferrara, Mario Barbato e Marco Coralli.
La Giornata si è aperta con la celebrazione della Santa Messa officiata dall’assistente ecclesiastico della federazione, Don Gino Boattin e dal parroco di San Vito, Don Isaia, per proseguire con i saluti di apertura di Sartori e di Gulinelli, che hanno evidenziato lo stretto legame ed il filo che collega l’esperienza e la maturità degli anziani coltivatori, molti dei quali peraltro ancora titolari e attivi nella propria azienda agricola, ed i giovani che nella scelta di dedicarsi all’attività agricola possono ricevere non solo il bene materiale del fondo agricolo, ma anche l’eredità delle conoscenze e dell’esperienza di chi li ha preceduti. Un concetto ripreso dalla parabola evangelica e che ben si è prestato ad essere il filo conduttore della giornata.
Interesse per gli interventi di Barbato e Corallo, l’uno sul tema della sicurezza per quanto riguarda furti, raggiri e truffe (distribuito a riguardo un semplice vademecum, particolarmente adatto proprio per le persone più anziane e per chi risiede in aree isolate tra i campi), l’altro sui corretti comportamenti sulla strada per assicurare sicurezza per se e per gli altri viaggiatori, con l’obiettivo primario di arrivare a prevenire tutti gli incidenti, che purtroppo sulle strade del nostro territorio sono ancora numerosi e spesso con esiti fatali.
Ma “l’eredità” è stata anche la chiave di lettura per la consegna degli Attestati di Riconoscenza a due figure di particolare impatto sulla Coldiretti ferrarese., che sono stati attribuiti dopo il saluto di Monia Dalla Libera, nella sua veste di responsabile provinciale di Donne Impresa Coldiretti, che ha esordito ringraziando gli suoceri per quanto ricevuto ed evidenziato quanto sia importante l’impegno nel formare e presentare il mondo agricolo e la visione di Coldiretti ai cittadini, a partire dalle attività nelle scuole, poi con le altre iniziative che avvicinano e fanno conoscere l’agricoltura ed i nostri prodotti ai consumatori sotto ogni punto di vista.
Ad Antonio Camerani, ex presidente provinciale dell’organizzazione il compito di tratteggiare i profili e la storia di Vilmer Faccini e di Nino Cristofori, che ciascuno nel proprio ruolo, con passione e dedizione, contribuirono a radicare Coldiretti e soprattutto ad operare per dare dignità sociale e riconoscimento ai coltivatori diretti.
Nel ricordare per esperienza personale quegli anni e la collaborazione con loro, sia Camerani che Sartori e più tardi anche Tonello, hanno sottolineato gli aspetti umani, la dedizione e la capacità di ascoltare e di decidere, ma anche di suggerire e consigliare che hanno caratterizzato la misura della loro “eredità” alla Coldiretti di oggi.
Particolarmente intenso il momento della consegna ai figli di Faccini e di Cristofori delle targhe a ricordo, con la riconoscenza dell’organizzazione e la vicinanza umana e personale alle loro famiglie.
E di eredità non materiale, ma soprattutto di ideali, di progetti e di stile di azione hanno poi ragionato sia Giorgio Grenzi, da alcuni mesi presidente nazionale di Federpensionati, sia Mauro Tonello, prendendo spunto dai temi propri della condizione dei pensionati (con la precisa richiesta di rivedere l’importo minimo pensionistico per i coltivatori diretti), dal progetto di incontro con tutti i governatori delle regioni, per affermare la necessità di un diverso welfare dove si riconosca l’assistenza familiare con un nuovo quadro legislativo di favore, con un progetto europeo volto alla ricerca dei fattori di benessere per la qualità della vita, nel quale la buona e corretta alimentazione è una delle voci più rilevanti.
E tuttavia non sono mancati gli accenni alle difficoltà del momento ed alla difficoltà di fare fino in fondo il proprio ruolo di rappresentanza per i soci, in un quadro nazionale (e non solo) in crisi, non solo economica, ma anche di spessore politico e di affidabilità e coerenza, con tempi di risposta non adeguati alle necessità delle imprese e dei cittadini. E se qualcosa per il settore si è riusciti a fare è per come Coldiretti ha costruito il proprio percorso, con progetti concreti, con la ricerca della condivisione sociale, con i grandi impegni e gli sforzi che lo hanno fatto uscire dall’ambito della rivendicazione corporativa, per divenire forza sociale e coniugare gli interessi degli agricoltori con quelli dei consumatori. Il che richiede certamente capacità, ma anche coerenza, trasparenza e organizzazione, in un sistema che a livello nazionale condivide obiettivi e modalità di azione e che dunque non deve essere letto come un “semplice soggetto erogatore di servizi per i soci”, ma come un complesso organismo che giorno per giorno lavora e pur nella difficoltà del sistema italiano genera obiettivi e percorsi per le imprese agricole italiane.

A chiusura dell’incontro il pranzo conviviale che ha suggellato la buona riuscita della Giornata.

Lunedì 29 febbraio per il “Monday Night Raw” il quartetto Atti, Pugliesi, Senni e Cappellato

da: ufficio stampa Jazz Club Ferrara

Lunedì 29 febbraio, ore 21.30
Monday Night Raw
FRANCE DJ SET

+

ATTI – PUGLISI – SENNI – CAPPELLATO
Carlo Atti, sassofoni;
Fabrizio Puglisi, pianoforte;
Stefano Senni, contrabbasso;
Tommaso Cappellato, batteria

+

JAM SESSION

Lunedì 29 febbraio, Monday Night Raw ospita la multidirezionalità stilistica e la spiccata personalità del collettivo formato da Carlo Atti, Fabrizio Puglisi, Stefano Senni e Tommaso Cappellato. Quattro protagonisti del jazz italiano alle prese con sonorità che rendono omaggio alla visionarietà di Sun Ra e Pharoah Sanders. Ad aprire la serata è il consueto aperitivo a buffet accompagnato dall’intrigante selezione musicale, rigorosamente in vinile, di France Dj. Seguono il concerto scatenate jam session.

Quella che calcherà il palcoscenico del Jazz Club Ferrara, lunedì 29 febbraio (ore 21.30) per un nuovo appuntamento firmato Monday Night Raw, è una combinazione di musicisti dalla spiccata personalità e multidirezionalità stilistica, in grado di pervenire ad esiti convincenti in quanto ad uniformità di linguaggio e simbiosi musicale.
Si tratta del collettivo formato dal tenorsassofonista Carlo Atti, da Fabrizio Puglisi al pianoforte, Stefano Senni al contrabbasso e Tommaso Cappellato alla batteria: musicisti provenienti da esperienze e vissuti alquanto diversi, ma con una grande passione e riverenza verso la musica afro-centrica; protagonisti indiscussi del panorama jazzistico italiano sia come sideman, sia a capo di proprie formazioni. È proprio in questo centro, all’interno di un vortice ritmico, che i quattro si incontrano per dare vita a una sonorità che rende omaggio a volte a Coltrane, Pharoah Sanders o Archie Shepp, altre ancora a Sun Ra, o Alice Coltrane. Il repertorio prevede altresì composizioni di McCoy Tyner e Abdullah Ibrahim, alternate ad una sapiente interpretazione di alcuni standard ed improvvisazioni collettive spontanee, colorate da ritmi lenti e ipnotici droni.
Ad impreziosire l’appuntamento di lunedì 29 febbraio è il ricco aperitivo a buffet (a partire dalle ore 20.00) accompagnato dalla forbita selezione musicale, rigorosamente in vinile, di France Dj. Segue il concerto la scatenata jam session. Ingresso a offerta libera riservato ai soci Endas.

INFORMAZIONI
www.jazzclubferrara.com
jazzclub@jazzclubferrara.com

Infoline: 339 7886261 (dalle 15:30)

Il Jazz Club Ferrara è affiliato Endas, l’ingresso è riservato ai soci.

DOVE
Torrione San Giovanni via Rampari di Belfiore, 167 – 44121 Ferrara. Se si riscontrano difficoltà con dispositivi GPS impostare l’indirizzo Corso Porta Mare, 112 Ferrara.

COSTI E ORARI
Ingresso a offerta libera riservato ai soci Endas.
Tessera Endas € 15

Non si accettano pagamenti POS

Apertura biglietteria 19.30
Aperitivo a buffet con dj set a partire dalle ore 20.00
Concerto 21.30
Jam Session 23.00

Conferenza sui lavori dei parcheggi ai Lidi di Comacchio

da: ufficio stampa Comune di Comacchio

Sono stati presentati questa mattina durante una conferenza stampa a Palazzo Bellini alla presenza del Sindaco Marco Fabbri e di Walter Cavalieri Foschini, responsabile del servizio Comacchio Parcheggi, il secondo e il terzo stralcio dei lavori che interesseranno i Lidi di Comacchio da qui a maggio prossimo.
Grazie al piano dei parcheggi a pagamento, infatti, già dall’anno scorso sono stati avviati una serie di lavori per il ripristino delle strade e dei retrospiaggia, oggetto in passato di sosta selvaggia da parte di automobilisti e campeggiatori, con un’aggressione continua, tra l’altro, delle aree verdi e dunose. A fronte dei 2,4 milioni di euro previsti per l’interno progetto, il primo stralcio è stato concluso lo scorso anno per un totale di 1,2 milioni di euro, mentre per la seconda e la terza serie di interventi, già partiti a gennaio, si prevede un ulteriore spesa di un milione circa.
“Da qui a maggio interverremo ulteriormente sui lidi completando la sistemazione delle strade e della segnaletica, apportando più di 500 nuove piantumazioni per rendere più accoglienti gli spazi protetti dalle staccionate e sistemando diversi elementi di arredo urbano per la creazione di aree picnic, parchi gioco e fitness – ha spiegato Toscanini – un intervento consistente sarà quello dedicato alla pubblica illuminazione che già l’anno scorso ci ha permesso di rendere fruibili aree dei lidi che invece la sera rimanevano deserte o poco sicure. L’intervento più qualificante sarà, però certamente la realizzazione della pista ciclabile illuminata di via Genova, che grazie al percorso di ciclabili già realizzato sia da noi che dall’Amministrazione Comunale, permetterà di poter percorrere finalmente in sicurezza tutti i lidi, da Spina a Volano. Aggiungo, infine, che proprio alla riqualificazione di quest’ultimo sarà dedicato il quarto stralcio di lavori, non previsto da noi in sede di gara, ma fortemente voluto dal Comune”.
“Lo scorso anno abbiamo fatto partire questa concessione con la quale la ditta si è fatta carico anticipatamente dei costi di realizzazione delle opere in attesa di poter usufruire degli introiti della sosta a pagamento – ha spiegato il Sindaco Fabbri –. È stata una concessione sperimentale con la quale abbiamo chiesto la realizzazione di lavori, ma anche la creazione di un laboratorio protetto per l’assunzione di un minimo di 50% più uno di lavoratori con difficoltà di vario tipo”.
“Questo primo anno ci ha permesso di intervenire su aree abbandonate a se stesse ormai da decenni e di rispondere ad un forte bisogno occupazione – ha concluso il Primo Cittadino – Queste azioni, però, non sono le uniche che stiamo programmando per riqualificare il territorio. Sono già in fase di affidamento la gara per la manutenzione di strade e marciapiedi e quella per il ripristino della segnaletica orizzontale e verticale e stiamo mettendo a punto l’estensione della fibra ottica che già da questa stagione permetterà anche al Lido degli Estensi e al Lido delle Nazioni di usufruire di un servizio, rientrato ormai negli standard di qualità dell’offerta turistica, che è quello del wifi gratuito”.

Lunedì 29 febbraio Daniele Lugli parlerà di Alda Costa al Centro Documentazione Donna

da: Centro Documentazione Donna

Lunedì 29 febbraio, ore 16.30, al Centro Documentazione Donna di Ferrara Daniele Lugli parlerà di Alda Costa.
Il ciclo “E che? Le donne servono solo a fare figli?”, in cui si inserisce questo prima incontro al CDD, nasce, da un’idea di Daniele Lugli che lo presenta così:
Siamo nel 1946 e Mario Pinna, già professore al liceo di Silvano Balboni, ora giovane assessore, osserva “Che fianchi che ha quella ragazza. Che bei figlioli potrebbe fare!”, e Silvano: “ E che? Le donne servono solo a fare figli?”.
Donne notevoli, grazie alla mia ricerca su Balboni, ne ho incontrate. Di qualcuna mi piacerebbe parlare assieme. Comincio da Alda Costa, maestra straordinaria di cultura e di pace agli scolari, ai compagni, a una generazione di antifascisti.

Alda Costa è stata una grandissima insegnante italiana, nata a Ferrara il 26 gennaio 1876.
Aderiva all’ala riformista del Partito socialista, collaborava all’organo di stampa Pensiero socialista e nel 1913 ne fondò uno nuovo: Bandiera socialista.
Nel 1916 venne eletta responsabile per la provincia di Ferrara della propaganda per la pace e dell’organizzazione femminile del partito.
Nel suo operato dominava la convinzione che fosse la scuola lo strumento più importante per formare le classi lavoratrici, e insistette sul carattere laico dell’istruzione.
Con l’avvento del fascismo, Alda Costa si batté con ardore contro il movimento di Mussolini, e collaborò con Matteotti. Il regime, infatti, la arrestò più volte.
Il 15 novembre 1943 fu rinchiusa nelle carceri di Copparo, dove fu ricoverata per leucemia nel locale ospedale. Qui morì il 30 aprile 1944.
Alda non tradì mai né i suoi compagni, né i suoi ideali.

Le iniziative della prossima settimana dell’Istituto Gramsci Ferrara

da: Istituto Gramsci Ferrara

MARTEDI 1 MARZO ore 17 Biblioteca Ariostea
LE PAROLE PER QUESTO MILLENNIO
ABILITA’: LE NUOVE FRONTIERE DELL’EBOOK
Conferenza di Fausto Natali – Introduce Daniela Cappagli
Uno spettro si aggira per il mondo dell’editoria: l’ebook. Scrittori, librai, editori, biblioteche, insegnanti e lettori si stanno interrogando sul futuro del libro. Cartaceo o digitale? Fisico o virtuale? Con che dispositivi leggeranno e studieranno le future generazioni? L’ebook è solo un surrogato tecnologico del “vero” libro o l’inizio di una nuova era editoriale? Di quali abilità avremo bisogno per adattarci alla temuta apocalisse digitale? Come cambia l’editoria con l’introduzione delle tecno-letture? È più ecologico il paper-book o l’e-book? Le nuove tecnologie minacciano il libro o sono un’opportunità? Moda passeggera o qualcosa destinato a durare? Quanto incide la pirateria sul mercato librario?
A cura di Istituto Gramsci di Ferrara e Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara

MERCOLEDÌ 9 MARZO ORE 17 RIDOTTO DEL TEATRO COMUNALE
Dario Favretti tratterà di Vittore Veneziani, “l’uomo che faceva cantare anche le sedie” e parlerà della vita musicale di Ferrara tra Otto e Novecento
A cura di Agenda Ridotto e Istituto Gramsci di Ferrara

VENERDI 11 MARZO ORE 17
Ricordo di Mario Miegge
Sala M. L. King, Chiesa Evangelica Via Carlo Mayr 110 Fe
Ne parlano Piero Stefani e Raffaele Atti
coordina Fiorenzo Baratelli
A cura di CGIL FE e Istituto Gramsci

Lunedì 29 a Ravenna l’avvio del processo partecipativo per la candidatura dell’area sud del Parco del Delta a Riserva Mab Unesco

da: ufficio stampa coop. Aleph

E’ in programma lunedì 29 febbraio alle 17 nel salone del Consiglio Comunale a Ravenna, in piazza del Popolo 1, l’iniziativa di apertura del processo partecipativo per la candidatura a diventare Riserva della Biosfera MAB UNESCO da parte dei Comuni di Alfonsine, Argenta, Cervia e Ravenna, i cui territori comprendono aree che fanno parte del Parco del Delta del Po Emilia-Romagna.

Il programma UNESCO Man and Biosphere (MAB) ha l’obiettivo di stabilire una base scientifica per il miglioramento delle relazioni tra le persone ed il loro ambiente. Le Riserve della Biosfera sono aree che comprendono ecosistemi terrestri, marini e costieri in cui si promuovono soluzioni per conciliare la conservazione della biodiversità ed il suo uso sostenibile. Oggi le aree MAB coprono una rete mondiale di 651 riserve distribuite in 120 paesi.

Durante l’International Co-ordinating Council del programma MAB svoltosi a Parigi a giugno 2015, il Delta del Po è stato ufficialmente inserito in questa rete: il territorio a cui si riferisce l’attuale riconoscimento comprende vari Comuni del Delta veneto e una parte del Delta emiliano in provincia di Ferrara.

L’attuale candidatura ha l’obiettivo di estendere il riconoscimento a diverse aree del Comune di Argenta (che rientra parzialmente nella perimetrazione già riconosciuta) e dei Comuni di Alfonsine, Cervia e Ravenna.

Il prestigioso riconoscimento darebbe ai nostri territori ulteriore prestigio, aprendo nuove possibilità di sviluppo sostenibile in termini economici, ambientali, turistici. Ecco l’importanza di avviare un percorso partecipativo – così come richiesto dall’UNESCO – affinché la richiesta di allargamento possa coinvolgere il maggior numero possibile di stakeholder.

All’iniziativa di apertura saranno presenti:

– Andrea Corsini, assessore al Turismo della Regione Emilia-Romagna
– Luca Coffari, sindaco di Cervia
– Antonio Fiorentini, sindaco di Argenta
– Fabrizio Matteucci, sindaco di Ravenna
– Mauro Venturi, sindaco di Alfonsine
– Mara Roncuzzi, assessore all’Ambiente della Provincia di Ravenna
– Marcella Zappaterra, consigliere della Regione Emilia-Romagna con delega a seguire il MAB UNESCO
– Massimo Medri, presidente dell’Ente Parco di Gestione “Delta del Po”

All’Apollo Cinepark arriva “Astrosamantha”

da: ufficio stampa Apollo Cinepark

L’Apollo Cinepark non è solo grande cinema: sul grande schermo arriva “Astrosamanta – La donna dei record nello spazio”, un docufilm sulla vita nello spazio dell’astronauta italiana che ha portato nelle case degli italiani un po’ di … spazio intergalattico.
A Ferrara, in via del Carbone, il film sarà in programmazione martedì 1 e mercoledì 2 alle ore 21.00, al Cinepark di Cento martedì 1 alle ore 20.30 e mercoledì 2 alle ore 22.30.
La voce dell’attore Giancarlo Giannini accompagnerà lo spettatore negli ultimi tre anni della vita di Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana nello spazio.
Astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e pilota dell’Aeronautica Militare, tra le donne europee Samantha detiene il primato di giorni consecutivi di permanenza nello spazio (200) nell’ambito della seconda missione di più lunga durata dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).
L’avventura vissuta dalla protagonista e dal suo team è documentata nel dettaglio dal giornalista e autore di reportage Gianluca Cerasola.

La macchina da presa segue le diverse fasi di preparazione della missione, l’inedito momento del lancio, l’arrivo nello spazio e il ritorno a casa di Samantha, mostrando anche aneddoti e curiosità della vita nello spazio. AstroSamantha svela al grande pubblico una versione inedita della donna che, grazie alla sua impresa, è diventata un simbolo di coraggio e determinazione ed è stata insignita dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce.

Commissione ambiente: parole, parole, parole…

da: Movimento 5 Stelle Ferrara

Per nulla rassicurante e affatto soddisfacente quanto è emerso dalla lunga seduta della Commissione Ambiente straordinaria del 23 febbraio scorso! Fortemente voluta dal M5S per avere risposte sul grave stato di salute della nostra aria e valutare le iniziative che l’amministrazione Tagliani ha preso in questi mesi e soprattutto che ha intenzione di intraprendere, la commissione non ha raggiunto affatto i risultati sperati lasciando inevase la maggioranza delle richieste.
La lunga presentazione autoreferenziale dell’operato di Arpae a colpi di slide da parte di una nutrita delegazione di tecnici e funzionari dell’Agenzia, guidati dal direttore Trentini, a fronte della conferma dei dati di sforamenti dei limiti di legge preoccupanti nel numero e nella quantità, ha allontanato il dibattito dalle esigenze di risposte alle domande dei consiglieri M5S, e non solo, che vertevano principalmente sull’affidabilità dei controlli del petrolchimico e la sua incidenza sullo stato di salute dell’aria (soprattutto in condizione di reiterati “incidenti” come nel 2015), sulla diffusione dei dati delle centraline in tempo reale come servizio ai cittadini, sulla situazione dei controlli sul livello dei riscaldamenti soprattutto negli edifici pubblici e scuole, sul progetto di intervento strutturale per l’incentivo all’utilizzo del trasporto pubblico locale e della mobilità condivisa, sull’accesso ai 376 milioni di euro che il Ministero dell’Ambiente si è impegnato a mettere a disposizione per la qualità dell’aria.
Dopo aver definito la situazione “non particolarmente drammatica” perché riferita ad anni peggiori, pur a fronte di grafici che si impennavano vistosamente al di sopra della linea dei limiti di legge, abbiamo anche appreso da Arpae che in una città con un petrolchimico controllato prevalentemente da sé stesso “perché così prevede la legge “, un inceneritore da 130 mila tonnellate di rifiuti/anno, una turbogas che anche se sottoutilizzata somma le proprie emissioni a tutto il resto e un traffico urbano ancora prevalentemente privato per mancanza di una rete innovativa di trasporto pubblico, i maggiori responsabili del mix che ammorbano l’aria di Ferrara sono i riscaldamenti a legna privati e la posizione geografica sfortunata. Le risposte alle domande del consigliere Simeone, legate a proposte di interventi per risolvere, almeno in parte, quella che è sempre di più da considerare come un’emergenza ambientale e sanitaria, sono rimaste inevase. Soprattutto da parte dell’assessora Ferri, a cui il Presidente Bova ha dato inspiegabilmente il permesso di rispondere solo in coda, quasi in chiusura, quando ormai l’attenzione e l’interesse erano venuti meno. Riconoscendo inutili gli interventi a spot di cui poi nessuno misura l’efficacia, (vedi fermo del traffico e ordinanze sul riscaldamento) come dimostrato da una recente inchiesta giornalistica sulle temperature negli uffici pubblici e candidamente ammesso dagli stessi relatori, si chiedeva all’assessora a che punto fosse il progetto di intervento sulla mobilità urbana presentato in stile renziano come una panacea e se esiste un controllo delle temperature di riscaldamento negli edifici pubblici, non solo in ottemperanza all’ordinanza fantasma del sindaco , ma soprattutto per il rispetto delle numerose e stringenti condizioni del capitolato d’appalto con il gestore a cui è stato affidato il servizio energetico. Da quello che si è capito il progetto per contenere il traffico auto è agli albori, forse nella fase di prima convocazione, giusto per parlarne. Quanto al controllo dei picchi di riscaldamento , è stato risposto che non è facile. Con buona pace dei blocchi al traffico, delle ordinanze di facciata e del rispetto di appalti energetici milionari.
Abbiamo infine appurato che la mozione del M5S approvata, per il miglioramento della qualità dell’aria, risulta a tutt’oggi inapplicata. Prevedeva l’indicazione su cartelli esposti all’ingresso della città dell’obbligo di spegnimento dei motori in prossimità dei passaggi a livello chiusi e durante le procedure di carico e scarico, ivi compresi i bus pubblici. Prescrizione non rispettata, amministrazione inadempiente.

L’INTERVENTO
Abbiamo perso

da: Elias Becciu

Niente, lo devo davvero dire, a costo di risultare prolisso. ABBIAMO PERSO
Abbiamo perso come cattolici, abbiamo perso come politici, abbiamo perso come società, abbiamo perso come individui.
Abbiamo perso come cattolici, non vinto, perso su tutta la linea. Perché ci siamo trincerati dietro qualche trucco di retorica, un paio di fallace argomentative, mescolando tutto con un paio di carriolate di sano allarmismo psico-sociale, per portare a casa cosa poi? la “perdente” convinzione che imporre differenze tra realtà sociali sia equivalente a formare ad un determinato valore una società, e che quello che gli altri non possono avere rafforzi il senso di ciò che noi abbiamo… da cattolico non trovo dove sia in tutto questo il valore del mio sacramento e non sento che sia più forte il senso del “mio” matrimonio oggi, né avverto particolare sollievo per il pericolo scampato dalla mia famiglia, e non credo che intorno a me oggi questo mio valore sia diventato più forte, anzi.
Abbiamo perso come politici perché qualunque sia stato il risultato siamo entrati in un dibattito che si muove attraverso gli ambiti più preziosi delle nostre vite con la delicatezza con cui mio figlio devasta tranquillamente le sue costruzioni di gomma: con la serena ingenuità di chi crede non ci saranno particolari conseguenze sulle cose che lo riguardano e a cui tiene. Peccato che qui non maneggiassimo morbidi cubi di silicone… Abbiamo perso perchè abbiamo tirato muri così alti e solchi così profondi tra le chiacchiere e la realtà che ci sarà da lavorare il triplo e spalmare quintali di pomata sulle piaghe che abbiamo aperto. Abbiamo perso come società e come adulti perchè fatta la tara di tutte le storie che abbiamo vomitato in giro, una volta guardato dentro noi stessi, io lo so che alla fine dietro tutto il punto è che permane la pericolosa, tacita equazione omosessuale=pervertito con l’annesso corollario =pedofilo. Perchè questo è il punto: “difendiamo i nostri bambini” da questi pervertiti, che vedrai che alla fine vogliono i bambini per abusare di loro. Ed è questo schifo che è il vero fallimento, che rivela tutta l’ottusità e miopia di noi, adulti, cattolici e cittadini. Che abbiamo lottato con le unghie e con i denti, barcamenandoci tra studi di psicologia su “effetti nei bambini cresciuti con coppie omogenitoriali” e generatori automatici di emendamenti soltanto perché abbiamo paura. Abbiamo perso amici, tutti, nella giornata della fiera della vittoria dell’amore abbiamo veramente fatto pena. Domani ricominceremo, sperando solo di non combinare di peggio.

PUNTO DI VISTA
Caso Carife: perchè non è stata salvata

Richard Werner dal 2004 insegna il funzionamento del sistema bancario internazionale all’Università di Southampton e ha spiegato a più riprese come le banche creino la maggior parte del denaro in circolazione ‘ex nihilo’, cioè da nulla. Ha anche smontato la teoria della ‘riserva frazionaria’, secondo la quale le banche creerebbero denaro in percentuale alle riserve detenute presso la banca centrale.
Werner non è un professore qualunque, ha un curriculum di tutto rispetto. Ha lavorato alla Oxford University, a Tokyo alla Banca per lo Sviluppo del Giappone e all’Istituto Monetario e di Studi economici della Banca del Giappone, nonché come visiting Scholar all’Istituto per gli Studi Monetari e Fiscali del locale Ministero delle Finanze.
Proprio sul funzionamento delle banche giapponesi ha scritto un libro, da cui è stato tratto un documentario, “Princes of the yen”, che spiega in maniera chiara come funzionano gli istituti di credito e una Banca Centrale, soprattutto come questa possa determinare lo sviluppo di una Nazione attraverso la direzione e il controllo del credito e del processo di creazione della moneta bancaria.

Uno dei cavalli di battaglia di Werner è l’importanza che in una società rivestono le banche territoriali e legate alla realtà locale. Questo tipo di banca vive di prestiti ‘sicuri’, di una solidità dovuta al fatto di prestare all’economia reale, all’imprenditore locale e alle famiglie di cui conosce l’eventuale solvibilità. Non ha attività sproporzionate rispetto ai suoi compiti e, laddove ci sia un controllo effettivo dello Stato attraverso una Banca Centrale Nazionale che ne direziona il credito, un suo fallimento diventa impossibile.

Una lunga premessa questa, per introdurre il discorso iniziale del deputato penta-stellato locale Vittorio Ferraresi che, sabato 20 febbraio alla Sala della Musica, nel primo dei tre incontri organizzati dal consigliere ferrarese Claudio Fochi “Risparmio Consapevole”, ha piacevolmente dimostrato di conoscere queste dinamiche. Ha parlato, infatti, dell’importanza delle piccole banche, che vivono di imprenditori, di famiglie e di prossimità, e dell’attacco dei grandi interessi, che tendono a tagliare le loro radici locali e la loro inclinazione al territorio. Un discorso del genere in un contesto nazionale dove la propaganda ci dice che il grande è non solo bello, ma anche funzionale, va contestualizzato e rafforzato.
Ferraresi ha introdotto i suoi colleghi della Commissione Finanza che hanno ricostruito le vicende della Carife. E, a volerci ragionare quel tanto che basta, le spiegazioni e le ricostruzioni dell’On. Dino Alberti rientrano perfettamente nel quadro generale: le banche territoriali sono quelle più gestibili, con criteri di solidità maggiori rispetto a banche enormi, come la Deutche Bank che, come ha sottolineato il suo collega Alessio Villarosa, con un capitale di 530 miliardi di euro ha un’esposizione verso derivati di 54.000 miliardi.

Il Presidente dell’Adusbef Elio Lannuti usa parole forti come “esproprio criminale delle banche”, riferendosi al cosiddetto Bail in, ovvero il modello Cipro di esproprio dei risparmi dei cittadini. Parla del sistema delle “porte girevoli”, ovvero l’assicurare i posti di comando sempre alle stesse persone, che passano da controllori incaricati della Banca d’Italia a funzionari delle stesse banche che poco prima avevano ispezionato. Chiede ai deputati Cinque Stelle presenti di impegnarsi a fare una legge che impedisca la possibilità di passare da un incarico all’altro se c’è o può esserci un evidente conflitto di interessi.
Con una ricostruzione chirurgica, Alberti racconta come Banca d’Italia sia sempre stata presente nelle vicende Carife. Nel 2010, quando prestiti consistenti si rivelano a rischio per 100 milioni, tra l’altro per investimenti nel milanese, impone una Vigilanza Rafforzata e dei correttivi, ovvero:
– riduzione perimetro del gruppo: vengono cedute due banche e le restanti accorpate con riduzione dei cda e dei relativi costi di gestione;
– riorganizzazione della struttura interna;
– aumento di capitale per 150 mlm reso necessario a causa della svalutazione dei crediti tra cui 75 mlm riguardano la sola posizione Siano.
Il tutto riesce, la Carife viene ricapitalizzata e ha 4.000 nuovi soci ma Banca d’Italia non sembra soddisfatta, infatti nel 2013 impone il commissariamento.
I Commissari, si badi bene di Banca d’Italia, avevano proposto soluzioni alternative al fallimento già a luglio 2015, ma… Banca d’Italia non rispose alle richieste dei suoi stessi commissari.

Nel pubblico in Sala della Musica c’è chi ha vissuto la vicenda sulla propria pelle e ci tiene a dire che detenere azioni e obbligazioni subordinate non significa essere speculatori, come in qualche caso li si è voluti far passare per giustificare la loro mancata difesa da parte delle Istituzioni. A una banca territoriale si affidano i propri risparmi con fiducia, anche con ingenuità, perché le si da un’importanza storica, di legami. E non si parla di milioni, ma quasi sempre di migliaia di euro, che però vengono passati di padre in figlio e rappresentano a tutti gli effetti un risparmio, con conseguenze gravi in caso di perdita.

La Carife poteva essere salvata, questo il succo degli interventi. Non solo poteva ma doveva, come racconta Alessio Villarosa, ripetendo quanto rappresentato con veemenza in molti interventi parlamentari, perché lo prevede il dettato Costituzionale e perché la normativa con la quale è stato operato questo Bail in nostrano non rispetta le sue stesse previsioni. Ma intanto fa una considerazione interessante anche sulla tutela dei 100.000 euro, “immaginate un’azienda” dice Villarosa “con 40 dipendenti che abbia dei risparmi propri, sudati, di 200.000 euro, il Bail in gliene porta via la metà con sicure conseguenze sui lavoratori oltre che sull’azienda stessa. Il risparmio và tutelato nella sua interezza, anche controllando in anticipo le attività di una banca, vietandole attività speculative e rischiose. Invece si continua a legiferare in senso opposto e anche le Bcc con patrimonio sopra i 200 milioni di euro diventeranno Spa, cioè dipendenti da quel mercato che si regge su speculazione e finanza sfrenata. Non è questo il modo di salvaguardare gli interessi dei cittadini.”

Le “infrazioni” della legge rilevate da Villarosa sono, in primis, quella dell’art. 47 della Costituzione che tutela in maniera esplicita il risparmio in tutte le sue forme, e poi dell’art. 43, che permette l’espropriazione, ma salvo giusto indennizzo. E poiché Villarosa sostiene che i risparmiatori siano stati espropriati, un indennizzo non può essere negato, stesso principio con il quale una sentenza ha reso giustizia a espropriati austriaci. Per quanto riguardo il livello normativo inferiore, il Bail in, previsto all’art. 52 del D.lgs 180 del 2015, si poteva applicare solo a partire dal 1 gennaio 2016, come da art. 130 dello stesso provvedimento.

Daniele Pesco spiega, invece, gli effetti della creazione della Bad Bank. Quando una banca ha crediti in sofferenza, cioè ha crediti che non riesce più a esigere, si dovrebbe rifare sulle garanzie chieste in sede di elargizione del prestito. Chiaro che per farlo si ha bisogno di tempo, perciò più è alto il bisogno di liquidità, meno tempo ha a disposizione per farlo. Nei casi gravi in cui si va incontro a un fallimento si può costituire una bad bank, cioè una banca che si prende in carico tutti i crediti ‘cattivi’ e poi con il tempo cerca di recuperare quelle garanzie. Il punto è: a quanto vengono vendute quelle garanzie? Nel caso Carife al 17,3%, cioè un credito ‘cattivo’ della ‘vecchia banca’ di 100 euro viene ceduto alla bad bank a 17,3 euro. Una volta vendute a un nuovo soggetto, la banca che aveva elargito il credito iniziale perderà la possibilità di rivalersi su quelle garanzie, mentre chi le acquista ha grandi margini di guadagno, come dimostrato da molte esperienze passate.
Alla banca che nasce alleggerita di sofferenze, nonché di azioni e obbligazioni da restituire, spetta uno sconto fiscale sulle perdite subite. “Le quattro banche” – dice Pesco – “avevano crediti in sofferenza per 8,5 miliardi che sono stati svalutati dell’83%, quindi il valore nominale decresce fino a 1,5 miliardi. La differenza sono 7 miliardi, che messi a perdita creano un credito d’imposta di quasi 2 miliardi di euro: se fosse stato lasciato alle vecchie quattro banche probabilmente sarebbero rimaste in piedi. Invece non l’hanno fatto.”

Insomma, conclude Alberti, la Carife doveva fallire e il tutto nel quadro della programmata scomparsa delle banche territoriali, sacrificate in nome di interessi molto più grandi di loro.
E il discorso va infatti riportato nei suoi giusti canali, ovvero il disegno macroeconomico di svuotamento del potere degli Stati nell’era neoliberista del mercato refrattario alle regole e ai controlli. Disegno che implica necessariamente il deterioramento delle tutele e il peggioramento della qualità della vita dei cittadini. L’incremento dei profitti delle istituzioni finanziarie, che avviene soprattutto attraverso la creazione dei prodotti derivati, è inversamente proporzionale ai controlli. Meno controlli assicurano profitti più elevati, lo abbiamo visto nella crisi del 2007-2008 a seguito della quale non solo non si è introdotto alcun correttivo, ma si continua a legiferare in maniera da tenere sempre più lo Stato al servizio delle banche. Un po’ quel “governo cameriere” citato dal Elio Lannuti a inizio pomeriggio.

Gli incontri proseguiranno sabato prossimo e il 4 marzo con un intervento finale del Gruppo Cittadini Economia di Ferrara.

LA NOTA
Discorso per la terra

Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell’Occidente è che perdono la salute per fare soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in maniera tale che non riescono a vivere né il presente né il futuro. Vivono come se non dovessero mai morire e muoiono come se non avessero mai vissuto. Dalai Lama

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Copertina Internazionale

Tre parole e un nome, José Pepe Mujica, classe 1935, quarantesimo Presidente dell’Uruguay dal 1 marzo 2010 al 1 marzo 2015. Un uomo che ha fatto parlare di sé, anche se non se ne è mai scritto abbastanza, per uno stipendio da presidente, all’epoca del mandato, di circa 8.000 euro al mese, di cui il 90% donato a organizzazioni non governative e persone bisognose; per il viaggiare alla guida di un Maggiolino del 1987; per la scelta di vivere in una piccola fattoria alla periferia di Montevideo, anziché nel palazzo presidenziale. Con un passato da comandante guerrigliero del movimento dei Tupamaros, arrestato e poi liberato per un’amnistia, Mujica è stato prima ministro e poi presidente molto popolare, per la sua vicinanza alla gente, al popolo, alla vita normale. Paladino della sobrietà, concetto per lui ben diverso dall’austerità (termine che considera “prostituito in Europa, tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro” e quindi spesso senza dignità), l’ex presidente uruguayano ammette la necessità di consumare, ma senza lo spreco, terribile piaga. Perché quando si compra una cosa, non la si compra con i soldi, ma con il tempo della vita servito a guadagnarli. Ecco perché oggi, vi riproponiamo due discorsi di Mujica che invocano rispetto per la terra e per il tempo prezioso della nostra vita. Due momenti intensi da riascoltare.

Uruguay's president Jose Mujica waves at the press upon his arrival at La Moneda presidential palace in Santiago, on March 10, 2014.
Jose Mujica, 10 Marzo 2014.

Il primo discorso è quello fatto al Summit Rio+20, il 5 luglio 2012 (vedi), quando Mujica sfidava una platea attonita (e impettita nella sua rigida uniforme diplomatica) dicendo che: 
”…. la sfida che abbiamo davanti è di dimensioni colossali e la grande crisi non è ecologica, è politica! L’uomo non governa oggi le forze che ha sprigionato, ma queste forze governano l’uomo… e la vita! Perché non veniamo alla luce per svilupparci solamente, così, in generale. Veniamo alla luce per essere felici. Perché la vita è corta e se ne va via rapidamente. E nessun bene vale come la vita, questo è elementare. Ma se la vita mi scappa via, lavorando e lavorando per consumare un plus e la società di consumo è il motore, perché, in definitiva, se si paralizza il consumo, si ferma l’economia, e se si ferma l’economia, appare il fantasma del ristagno per ognuno di noi. Ma questo iper consumo è lo stesso che sta aggredendo il pianeta.

Però loro devono generare questo iper consumo, producono le cose che durano poco, perché devono vendere tanto. Una lampadina elettrica, quindi, non può durare più di 1000 ore accesa. Però esistono lampadine che possono durare 100mila ore accese! Ma questo non si può fare perché il problema è il mercato, perché dobbiamo lavorare e dobbiamo sostenere una civilizzazione dell’usa e getta, e così rimaniamo in un circolo vizioso…..”. Un messaggio ai governi per ripensare le loro priorità. Inascoltato? Non da tutti, qualcuno sta riflettendo, noi per primi. Consumare meno e meglio, senza che questo significhi tornare all’età della pietra, un invito a non sprecare il nostro tempo e a passare la nostra corta vita a pagare rate continue per beni spesso inutili, case e macchine sempre più di lusso. Solo nella nostra infanzia, non poi tanto lontana, le cose si riparavano, con cura a attenzione. Oggi si butta, tutto. Il mercato fa sì che costi meno ricomprare che riparare. E montagne di rifiuti ci sovrastano.

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Green report

Il secondo discorso di Mujica, di soli 45 secondi, manda lo stesso identico messaggio, con semplicità: una critica che cerca di dare soluzione, in un piccolo video realizzato quando il regista Arthus Bertrand lo ha intervistato per il suo documentario “Human” (vedi), di cui abbiamo parlato (leggi). Anche qui si invita ancora a pensare a una sola cosa, a non sprecare: “Quello che stiamo sprecando”, spiega Mijuca, “è tempo di vita perché quando io compro qualcosa non lo faccio con il denaro, ma con il tempo di vita che hai dovuto utilizzare per guadagnare quel denaro. L’unica cosa che non si può comprare è la vita. La vita si consuma. Ed è da miserabili consumare la vita per perdere la libertà”. Quella libertà oggi toltaci da un mercato concorrenziale spietato, che non abbiamo saputo domare e che oggi ci governa come vuole. Abbiamo perso il controllo della nostra stessa creatura. Come l’ex presidente uruguayano ricordava anche a Rio, non è povero chi possiede poco, ma veramente povero è chi necessita infinitamente tanto, chi desidera e vuole sempre di più. Bisogna rivedere il nostro modo di vivere, lo sviluppo non può essere contro la felicità, ma deve essere in suo favore. In favore dell’amore per la terra, per le relazioni umane, a cura dei bambini, l’avere amici e tempo per loro, il possedere l’indispensabile, tutti, perché il primo elemento dell’ambiente è l’uomo e la felicità umana. Io ci sto pensando, sempre di più.

LA SEGNALAZIONE
Il Novecento e la seduzione dell’antico

di Maria Paola Forlani

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Foto di Tiberio Zucchini

La mostra “La seduzione dell’Antico. Da Picasso a Duchamp, da De Chirico a Pistoletto” a cura di Claudio Spadoni narra l’ininterrotto richiamo dell’antico lungo tutto il nostro secolo.
Ecco allora che le opere esposte al Mar – Museo d’Arte della città di Ravenna fino al 26 giugno 2016, di grandi protagonisti italiani e stranieri, attraversano l’intera storia del Novecento documentando la ripresa della tradizione in una restituzione moderna di modelli e valori dell’antico: talora attraverso la citazione esplicita, in forma evocativa o come pretesto per una rilettura inedita di opere e figure mitizzate del passato, altre volte con la riproposizione in veste di icone contemporanee, fino a operazioni ironiche o dissacranti.
Il clima italiano fra le due guerre non è certo propizio alle avanguardie. Esso rimane sostanzialmente provinciale. Ad aggravarlo sono le mitologie nazionalistiche agitate dal Fascismo, che conquista il potere nel 1922. Il clamore delle manifestazioni futuriste, relativamente vicine nel tempo, va ormai spegnendosi: scomparso Boccioni, ritiratosi Carrà, che dopo l’esperienza della pittura metafisica si rivolge a una pittura caratterizzata da una severa sintesi arcaizzante, abbandonato virtualmente anche da Severini, che riconduce il proprio linguaggio in una diversa sfera di interessi, al Futurismo vengono a mancare dei contributi più qualificati.
Così alle speranze degli innovatori, si sostituisce un desiderio di ripensamento e di revisione dei valori ritenuti tradizionali. Quel vasto fenomeno che passa sotto il nome di “retour à l’ordre” e che investe tanta parte dell’arte europea si manifesta in Italia subito dopo l’armistizio. Nel novembre del 1918 viene pubblicata a Roma a cura di Mario Broglio, la rivista “Valori plastici”, alla quale collaborano fra gli altri Carrà, Savinio e De Pisis. “Valori plastici” insiste sulla necessità di un ritorno alla linea italiana e propone quali modelli Giotto e Masaccio.
Ѐ in quest’aria di restaurazione che nasce il Novecento. Il movimento viene fondato a Milano nel 1922. La denominazione di Novecento è coniata da Anselmo Bucci (1887-1955) e fra i primi aderenti si contano: Leonardo Dudreville, Achille Funi, Pietro Marussig, Emilio Malerba, Ubaldo Oppi e Mario Sironi.
È una denominazione ambiziosa, che sottintende il proposito di associarsi alle grandi epoche storiche – come dire: il Quattrocento, il Cinquecento – con ciò rendendo palesi gli intenti conservatori. Carlo Carrà dimostra ai tanti adepti di una tradizione malintesa quale fosse l’autentica lezione di Giotto e dei primitivi: un sapiente governo dei rapporti di linee, forme e colori nello spazio, una disciplina costante vissuta in pari tempo a livello artistico e morale. L’agire di Carrà nelle stagioni fra le due guerre illumina la misura raggiunta dal proprio linguaggio, la sua volontà cioè di costruire l’immagine sul dettato di una geometria ideale, capace comunque di assorbire i moti dell’animo, le variazioni del sentimento, l’urgere dell’emozione, per fissarli in un ordine superiore e incontaminato dall’accademismo esistenziale.
Dopo essere stato un pioniere delle avanguardie, Carrà avverte il bisogno di un ripensamento e di una revisione, soprattutto di ricondurre l’opera a quella ‘durata’ che l’artista riconosce appunto negli antichi. Sironi e Carrà: due casi, cui pochi altri s’aggiunsero.

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Foto di Tiberio Zucchini

Morandi, nell’ambito della nota limitatezza dei soggetti – le composizioni con bottiglie e pochi paesaggi – ha saputo condurre il processo di interiorizzazione dell’immagine fino ai gradi più profondi, legittimandolo poeticamente attraverso sottili e sempre rinnovate combinazioni spaziali e rapporti tonali con un rigore morale : “una lunga instancabile, solenne ‘elegia luminosa’ – com’ebbe a dire Roberto Longhi – una così poetica ricognizione del mondo di natura da non trovar pari nel cinquantennio che gli toccò attraversare con la sua ombra densa di alto, austero viandante la cui ‘vox clamantis’ raggiungeva anche le plaghe più desertiche dell’arte che gli fu contemporanea”.
Con Campigli poi, all’arte italiana viene proposta una nostalgia di moduli arcaico-micenei passati attraverso la raffinatezza di un gusto coltivato nella temperie parigina: una magistrale eleganza di ritmi in un’aria di ‘tempo perduto’; con De Pisis, la miracolosa facoltà di concludere nel volgere rapidissimo di una ‘scrittura’ stenografica il senso poetico di un paesaggio, di una figura, di un interno, colti all’improvviso e fissati nella retina un istante appena sufficiente per essere eternati.
La mostra ravennate attraverso una sequenza di sezioni tematiche, presenta oltre 130 opere di grandi protagonisti e di alcuni ‘outsider’ particolarmente significativi, oltre ad un video di Bill Viola.
A introdurre la prima sezione, che riprende le parole di Carrà “Quel non so che di antico e di moderno” sono opere notissime come “Il figliol prodigo” di Martini, “Il vecchio e il nuovo mondo” di Savinio, “Composizione metafisica” di De Chirico, “Bagnanti” di Carrà, “Maternità” di Severini.
Attraverso le opere rappresentate in questa sezione, che coprono quasi l’intero arco del Novecento, si comprende come il tema della seduzione dell’antico non alluda a un recupero di temi o forme del passato in chiave nostalgica, ma si riferisca piuttosto a un’inconsapevole o deliberata rielaborazione di forme classiche che si trasformano in temi nuovi e originali.
L’ultima sezione racconta la sorprendente continuità dalle neoavanguardie al postmoderno attraverso alcuni grandi esponenti del rapporto tra Modernità e Antico, con opere e installazioni. L’Antico – rappresentato dall’arte classica e rinascimentale – è ormai veramente lontano e il distacco inevitabile.

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Foto di Tiberio Zucchini

Ecco allora Luigi Ontani, poetico Narciso, che si cala nei modelli del passato; gli stessi modelli proposti in chiave concettuale anche da Giulio Paolini con la sua scultura, intitolata “Mimesi”: due busti classici di Ermes posti in posizione speculare, si guardano e sembrano interrogarsi l’un l’altro.
Non di minore importanza Andy Warhol con la “Nascita di Venere di Botticelli” in versione pop e l’istallazione di Pistoletto nella quale una copia della “Venere con mela” dell’artista neoclassico Bertel Thorvaldsen, sembra lentamente avanzare verso un cumulo di stracci colorati.

IL FATTO
La forza di Caricento? Resta ancorata al territorio

“Questo è l’inverno più freddo attraversato dalle banche, meteorologia a parte”, ha detto ieri mattina Carlo Alberto Roncarati, presidente di Cassa di Risparmio di Cento, nell’aprire la conferenza stampa di presentazione del bilancio 2015 dell’istituto. Fra la congiuntura economica internazionale negativa, l’instabilità politica internazionale e la crescita dei paesi europei in stallo, pare di capire che per l’economia mondiale la primavera sia ancora lontana. In realtà Caricento può  vantare invece ancora un discreto praticello verde e fiorito.
“Il sistema bancario risente pesantemente della situazione economica globale – ha spiegato Roncarati – le sofferenze continuano a crescere, con un pesante contraccolpo sulla vita degli istituti di credito”. Nel citare le sofferenze il presidente non si riferiva ai mali di stagione, bensì ai finanziamenti ad aziende e privati, famiglie, che non vengono coperti, restituiti ma – a quanto pare – la Cassa di Risparmio di Cento presenta ancora una stabilità e solidità invidiabile per una banca di piccole dimensioni. “Negli anni abbiamo costruito un buon credito, mantenendo una esposizione più bassa rispetto alle banche più grandi e garantendoci un margine di sicurezza con attente politiche di capitalizzazione, distribuzione dei dividendi e accantonamento. Queste politiche hanno permesso di avere una copertura sicura alle sofferenze attuali, come un fenomeno previsto, già calcolato”.
Fortemente legata al suo territorio di riferimento, con 47 filiali distribuite fra le province di Ferrara, Bologna e Modena, la Cassa ha operato nel corso del 2015 per ottimizzare le proprie risorse. “Abbiamo ridotto i costi di gestione e investito sulla riorganizzazione della struttura, sulla comunicazione, sulla stabilizzazione e formazione dei nostri giovani collaboratori.” ha incalzato Roncarati. A guardare le cifre fornite dall’ufficio stampa, la Banca ha un impatto forte e positivo sulla sua comunità territoriale di riferimento. Con un utile netto di oltre 3 milioni di euro, un patrimonio stabile a 197 milioni e il Cet1 (indice di solidità bancaria) all’11,80%, quasi 5 punti sopra quanto richiesto dalla Bce, la Cassa conferma di riuscire a navigare nel mare in tempesta della finanza contemporanea.
Nel frattempo ha aperto una nuova filiale operativa a Comacchio, ha riaperto la filiale di Pieve di Cento, chiusa per il sisma 2012, ha assunto a tempo indeterminato 12 giovani e ne ha inseriti 20 nella rete commerciale. Nel 2015 il numero dei clienti è cresciuto di circa 5.000 unità: +12% per ciò che riguarda le imprese e +53% per i privati, mentre il parterre degli azionisti è salito a quota 10.004 e il mercato dei mutui – nonostante la crisi del mattone – ha registrato un +8,8%. “Questi numeri sono il segnale che abbiamo la fiducia del territorio, con il quale noi continuiamo a colloquiare: nel 2015 abbiamo partecipato alla vita culturale e sociale con circa 400 sponsorizzazioni, abbiamo altre 9 nuove filiali in arrivo e l’implementazione dei nostri sistemi di digitalizzazione dei sistemi, che facilita la vita dei nostri clienti, è una realtà ineluttabile.”

La Cassa di Risparmio di Cento si conferma quindi una banca del territorio per il territorio, ma come si pone nei confronti delle grandi? “La Banca centrale europea impone le stesse regole alle grandi e alle piccole banche locali. Questo da un lato impone un maggiore sforzo gestionale, dall’altro ci permette di studiare la nostra posizione nell’ambito del mercato bancario generale. Il quadro che ne abbiamo è rassicurante e dimostra che le nostre politiche, volte alla ricerca della stabilità nei periodi positivi, stanno effettivamente sostenendo la banca in questo brutto momento”, ha spiegato Ivan Damiano, direttore generale dell’istituto, sciorinando dei dati interessanti.
Secondo gli studi comparativi commissionati dalla Caricento e condotti da un famoso istituto di analisi finanziaria di Bologna, la Cassa di Cento guadagnerebbe la fiducia delle Bce per quanto riguarda lo Srep (la pagella che la Bce dà alle banche), e lo “Stress Test” e lo Asset Quality Review, ossia l’indice di solidità: i parametri di CrCento vanno infatti ben oltre il minimo richiesto dalla stessa Bce. La CrCento, come piccola banca, non ha l’obbligo di sottoporsi a questi studi ma applicare la valutazione di questi parametri, gli stessi utilizzati per misurare le grandi banche, consente di capire precisamente in che direzione va la corrente e in quale posizione l’istituto si trova. “Alla luce dei risultati ottenuti, possiamo affermare che tutto quello che è stato fatto, in proiezione attuale quanto prospettica, attesta positivamente la solidità della banca e ci dà ragione degli investimenti fatti in passato e nell’anno appena chiuso.”
Se non avessero dovuto sostenere la “cambiale del bail-in” per salvare le banche in crisi, i conti della Cassa di Cento si troverebbero in attivo, meglio dell’anno passato: “Al 7 dicembre 2015 siamo stati informati che avremmo dovuto esborsare 3,2 milioni di euro per salvare delle banche concorrenti, a bilancio ormai chiuso. Fatto questo ci siamo trovati con un utile di 3,036 milioni di euro: se non avessimo dovuto sostenere questa spesa avremmo chiuso a 5.080 milioni di euro, con una crescita del 2,9% rispetto al 2014.”

Ciclismo per tutti i gusti all’Unesco cycling tour di Ferrara

Ferrara città delle biciclette non poteva certo mancare tra gli appuntamenti dell’Unesco cycling tour, manifestazione ciclistica che si svolge nelle città Siti Italiani Unesco o in quelle il cui percorso ne attraversa una porzione consistente.

Alla seconda edizione, la Granfondo del Po si terrà sabato 5 e domenica 6 marzo. Le novità di quest’anno vedono il raddoppiamento del percorso della prova di domenica 6 marzo, un doppio percorso che affianca un tratto corto di 80 km a quello tradizionale di 136 chilometri, e un programma arricchito: sabato 5 marzo, infatti, la manifestazione si svolgerà in centro storico per aprirsi agli appassionati e ai turisti. Sempre sabato 5 sono poi prevsite altre due gare, La Furiosa e la Baby Granfondo. La prima sarà una ciclostorica che, una volta usciti dal Sottomura, si addentrerà per 60 km nella campagna estense sino alla Delizia del Belriguardo. La seconda, una pedalata ecologica non competitiva di 5 km, sarà invece interamente dedicata ai più piccoli (dai 6 ai 14 anni), ai quali sarà garantita una totale autonomia grazie allo sguardo vigile della Polizia Municipale: da corso Ercole I d’Este procederà a ridosso delle Mura con una tappa per la merenda agli Orti della Fasanara.

Per saperne di più clicca qui.

La manifestazione “Granfondo del Po” prova dell’Unesco cycling tour 2016 è organizzata da Po River asd – Link Tours.

La segreteria organizzativa, localizzata negli Imbarcaderi del Castello, fungerà da punto di partenza per due nuove pedalate.

Luce e tenebre

Alda-Merini
Alda Merini

La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra cadente e della luce che ne è venuta fuori. (Alda Merini)

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

The Lumineers are back

Dopo il grande successo ottenuto nel 2013 con l’album “The Lumineers”, l’omonima band di Denver è tornata con il primo singolo estratto da Cleopatra, album in uscita il prossimo 8 aprile: si tratta di Ophelia, brano che trasmette tutta l’energia country del trio. Due le date italiane annunciate per questa estate: il 20 luglio al Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera e, il giorno successivo, in piazza Castello di Sesto al Reghena.

Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta…