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Diario in pubblico. Dalla nostra riviera (parte seconda)

Lo spirito investigativo mi perseguita e quindi, novello Sherlock Holmes, continuo la mia ricerca sul rumore, secondo le indicazioni di Raffaella Carrà.

Telefono alla polizia locale, dove mi risponde una gentilissima, a cui espongo il mio problema, cioè, possono le imprese costruttrici avere orari e limiti al rumore di trapani e quant’altro?  e se ci sono leggi al proposito.

Un sospiro doloroso mi coinvolge e la voce mi risponde che, anche se il cantiere apre alle 7, il rumore trapanante non può che cominciare alle 8. Trionfante rispondo che quel mattino la ballata dei trapani è cominciata alle 7 e 31 e che mai si è arrestata fino a sera.

Mi suggerisce di telefonare subito alla polizia, tenendo però conto del tratto di strada e che quindi potrebbero arrivare più tardi. Sarebbe più facile controllare la ripresa che impedisce dalle 12 alle 15 di usare l’arma letale.

Comunico la ricerca ai vicini di strada e all’edicola, dove voci sempre più singhiozzanti denunciano il sopruso. Ma, dico io, perché non si muovono? Esiste un minaccioso veto della ditta costruttrice che non si rivela ma il mondo intero sa chi è? Misteri, misteri laideschi.

Eppure, non demordo. Saluto dalla strada i pets di famiglia e mi sistemo al bar di riferimento. Qui le petulanti abbondano e con gran dispendio di esibizione di cellulari commentano con spirito soddisfatto ma, sarà una mia visuale distorta, il procedere del rumore.

Così tra una brioche appena sfornata, e un caffè macchiato decido di trattarmi alla grande e di comprare il pranzo al bagno di riferimento. Un coro di “ciao, ciao” mi accoglie, poi esce trionfante la cuoca e m’illustra la meraviglia del progetto.

Singhiozzante (quasi) le espongo il tormento, ma lei, sempre più gioiosa, risponde che anche loro i trapanatori prenderanno le ferie in agosto.

A questo punto capisco che non c’è scampo. Progetto di telefonare al Sindaco di Comacchio, ma so già che nulla otterrò, perciò m’imbottisco di cioccolata accompagnata da un sonno malsano.

È forse il destino che ha posto sulla mia strada il Laido?
Helas! Mi sto convertendo a ciò a cui non avevo mai creduto: la maledizione del destino.

Vedo l’occhio triste dei pelosi di casa e del mio Sapientino che non capisce perché non lo porto in libreria o in edicola a rifornirsi di fumetti e libri.

Con la voce rotta dall’affanno gli dico: “Aspetta! Aspetta! Arriverà la stagione del silenzio e nell’orrido Laido calerà il silenzio che indurrà alla lettura“.

 

Per leggere gli altri articoli di Diario in pubblico la rubrica di Gianni Venturi clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autore.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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