Skip to main content

Cinquemila litri di acqua: critica alle critiche agli ambientalisti imbrattatori

di Dario Manni
Tratto da Comune-info, 20.03.2023

L’imbrattamento di Palazzo Vecchio a opera degli attivisti e delle attiviste della campagna Ultima Generazione e la folcloristica reazione del sindaco di Firenze, Dario Nardella, hanno rilanciato il dibattito sull’efficacia della modalità d’azione del movimento ambientalista – e quello sull’efficacia delle azioni radicali (o percepite tali dall’opinione pubblica) in generale. Si tratta di un rilancio perché in effetti, da quando Ultima Generazione (UG) è attiva in Italia, il dibattito sul tema non si è mai completamente arrestato; il che è uno dei meriti da ascrivere alla campagna.
Solo un paio di mesi fa, per esempio, in occasione dell’imbrattamento del senato sempre a opera di UG, il quotidiano  Domani lanciò un confronto pubblico con i suoi lettori e le sue lettrici. Oggetto della questione, furbamente posta in termini dicotomici, era se a proposito degli imbrattamenti si trattasse di disobbedienza civile o di mero vandalismo. Il direttore di Domani, Stefano Feltri, scrisse un editoriale difendendo la tesi della disobbedienza civile e giustificando le azioni di UG, mentre la risposta degli intervenuti e delle intervenute fu varia, spaziando dall’apologia alla condanna netta. Segno di una spaccatura anche nell’universo genericamente progressista cui si rivolge quel giornale.
Certo, riflettere sulle strategie è un bene; se non lo facessimo, non potremmo migliorarle e correggere gli errori compiuti. Ma l’impressione è che il nocciolo del problema sia altrove rispetto all’opportunità di agire più o meno radicalmente; che sia altrove rispetto alla percezione di certe azioni come vandaliche o meno; e che sia altrove anche rispetto a ciò di cui più ci si preoccupa a proposito di blocchi stradali su vie cittadine e simili, cioè se “la maggioranza” condivida.
Militante di Ultima Generazione all’opera (tratta da pag. fb Ultima Generazione )

Sui suoi social, dopo l’accaduto a Palazzo Vecchio, il sindaco Nardella ha pensato bene di tornare sull’azione di Ultima Generazione scrivendo: “A proposito di ambiente e siccità, per ripulire Palazzo Vecchio dal ‘blitz ambientalista’ sono stati consumati più di 5 mila litri d’acqua. Cinquemila”. Cioè più o meno un terzo di quanto occorre, in media, per produrre un kg di carne bovina.

Eppure non risulta che Nardella si sia mai preoccupato di ridurre o eliminare la carne nelle mense di competenza del suo Comune. Piuttosto, in alcune occasioni il sindaco ha mostrato un’attenzione nei confronti della gestione idrica curiosamente bassa per chi come lui fa certi conti; come quando ha fatto bagnare scalinate e sagrati delle chiese cittadine così da allontanare i turisti che vi sostavano per riposare e rifocillarsi (invece, magari, di sedersi a consumare e spendere in qualche ristorante locale). Dopo l’azione di UG, Nardella ha addirittura preso parte attiva ai lavori di pulitura, dando il buon esempio – e mostrando il lato migliore a favore di camera. Il sindaco si è impegnato con spazzole, spugne, idranti e i famosi “cinquemila litri di acqua” per lavare via la vernice dalla facciata dell’edificio. Se fosse la persona più competente a svolgere quel particolare lavoro o se non abbia invece contribuito, con la sua inadeguatezza, allo spreco idrico messo in conto agli attivisti è materia complessa da affrontare e non ne tratteremo qui.

L’accusa di incoerenza nei confronti degli attivisti che percorre il fondo dell’ideologia nardelliana è, del resto, il sempreverde della flora anti-ambientalista: “Tu manifesti ma poi usi l’auto, hai lo smartphone…”.Ma si tratta di un albero che non pianta radici solo nel terreno dell’anti-ambientalismo. Gli animalisti radicali, per esempio, sono abituati a sentirsi rinfacciare le formiche inavvertitamente schiacciate sotto le suole o i moscerini sul parabrezza. Come se ad essere in gioco fosse la coerenza individuale, come se si manifestasse per rivendicare superiorità morale nei confronti dei passanti e degli spettatori e non per denunciare il massiccio sfruttamento degli animali non umani e degli ecosistemi tutti.

Certo, si tratta delle argomentazioni pretestuose di chi non vuole cambiare e vuole che anche gli altri non cambino, così che non si senta costretto ad agire e che nemmeno sembri peggiore di chi, invece, agisce. Certo, c’è una componente di conformismo: la massa e le élite vogliono l’uniformità; eccezionale deve essere chi ce l’ha fatta a riprodurre il modello dominante, non a sovvertirlo.

Infine: certo, nei Nardella parla l’ideologia destrorsa del decoro (Pitch, 2013). Ma non si tratta solo di questo. Nell’era della politica-show in cui la spunta chi si vende meglio, gli avversari politici non si superano tanto criticandone idee e azioni; quanto scovando retroscena imbarazzanti sulla loro vita che li delegittimi, che gli faccia perdere credibilità agli occhi di un pubblico ambiguamente prossimo a quello televisivo.

La direzione non è più dall’individuo alla società, ma da una società materialmente svuotata – di luoghi di incontro, confronto, aggregazione e organizzazione, di strumenti e risorse per la solidarietà pubblica – all’individuoIl politico si è tradotto interamente nel personale. Nel tipo di reazioni suscitato dalle azioni di UG si legge in controluce, insomma, lo schiacciamento neoliberale della dimensione politica dell’esistente su quella individuale, dove tutto ciò che conta sono lo stile di vita e il consumo.

Ecco che, se per spostarti usi l’auto, non puoi coerentemente manifestare per maggiori investimenti nel trasporto pubblico. Se per curarti ricorri alla sanità privata, non puoi coerentemente manifestare per maggiori investimenti nella sanità pubblica. Poco conta se trasporto e sanità pubblica non sono efficienti: per assurdo che sia, se li critichi devi farteli andare bene. In questo contesto, è ovvio che le critiche agli ambientalisti (e quelle agli antispecisti, ai comunisti invariabilmente “col Rolex” ecc…) non siano quasi mai sulla giustezza delle loro idee o sulla praticabilità delle loro proposte politiche, ma quasi sempre sulla loro coerenza. Da virtù individuale, la coerenza si è fatta paradigma (pseudo)sociale.

Oggi questo paradigma della coerenza, intrinsecamente inscritto nelle logiche della reazione e funzionale al mantenimento dello stato di cose presente, finisce per formare non solo la risposta moderata e conservatrice; ma, paradossalmente, anche quella progressista e rivoluzionaria. Per i vegani moralisti, per esempio, se si mangiano prodotti animali non si può coerentemente manifestare per la trasformazione del sistema alimentare in senso vegetale, tanto che molti di loro sono stati ostili all’ondata dei nuovi movimenti ambientalisti fin dai primi Climate Strike. Cosa avrai mai da chiedere un futuro migliore se tu non sei vegan..?

Malgrado certa retorica sull’intersezionalità e la convergenza delle lotte, insomma, è avvenuta un’interiorizzazione del “discorso” dell’oppressore anche nei movimenti di liberazione, con il risultato di un aumento della loro divisione e dei sospetti reciproci. Ma c’è di più. Alla base dell’introiezione del discorso dell’oppressore c’è la dimensione socio-economica dei nuovi movimenti, che ne è quasi condizione di possibilità. Molti dei nuovi attivisti ambientalisti e animalisti, infatti, condividono l’estrazione borghese con i loro avversari politici, e dunque i loro interessi e la loro ideologia di classe.

Se quindi è vero che tentare di rispondere al discorso dell’oppressore senza cambiare linguaggio significa legittimarlo, è altresì certo che tale uscita non potrà essere determinata da un semplice atto della volontà, né dalla semplice scelta di diverse pratiche discorsive: per cambiare il discorso occorre cambiare la struttura materiale e di potere che lo genera, cioè allentare le maglie fittissime del neoliberalismo.

Da una parte occorre coinvolgere le classi popolari nel progetto di trasformazione dell’esistente, cosa che a oggi è riuscita solo in maniera liminare. Dall’altra, considerato quel che diceva già Marcuse a proposito della cooptazione capitalistica della classe operaia, occorre ricreare il senso dell’interesse e del bene comune moltiplicando gli spazi sociali, le scuole e le università popolari e politiche, riaprendo i molti circoli e le molte sezioni chiuse, gli sportelli d’ascolto e di solidarietà.

Ma anche per questo non basterà la volontà, che del resto non è mai mancata a chi fa politica sui territori; volontari e volontarie, perlopiù, del mondo dell’associazionismo e delle organizzazioni informali che crescono nel vuoto della politica partitica, della sconfitta della sinistra. Per riuscire occorrono, piuttosto, soldi e tempo; e dunque occorre rientrare nei partiti e nei sindacati, punti di leva dai quali contrastare il potere delle classi dominanti strappandone brani per sé e mettendo i movimenti nella condizione di crescere, in un gioco di sponda che rafforza tutte le parti e ne corregge gli errori.

Allora, e solo allora, le obiezioni sulla coerenza individuale non saranno praticabili come oggi; verranno anzi viste come pretestuose e fuori fuoco, come effettivamente sono. Fino a quel punto, però, continueremo a riceverle e qualcuno, se sarà stato abbastanza coerente – e, soprattutto, abbastanza moderato da non mettere davvero in pericolo l’ordine costituito – si sarà guadagnato un po’ di credito presso la maggioranza; ma non avrà comunque cambiato nulla, sia perché il coerentismo è un pozzo senza fondo (non c’è mai un “abbastanza”, e se c’è non è conoscibile né ri-conoscibile, perché manca un parametro condiviso); sia perché i moderati, nascondendo la loro inefficacia dietro la gonna del pragmatismo, cambiano sempre troppo poco. Qualcun altro, invece, avrà vissuto la sua radicalità con meno infingimenti, e quindi con meno rimorsi – e meno fortune. Ma non avrà comunque cambiato nulla.

Comune-info 
Chi siamo? Non lo sappiamo bene, siamo in movimento. Comune  abita lo spazio web (in particolare facebook) e ama stare in mezzo alle persone (comuni), a quelle che resistono nella vita di ogni giorno e si ostinano a ribellarsi facendo. Adesso e ovunque si trovino. Quello che vedete in queste pagine è prima di tutto un tentativo di rispondere al bisogno di cambiare la direzione del nostro sguardo, un sito che cerca di raccontare, accompagnare e moltiplicare i cambiamenti sociali profondi, spesso poco visibili. Ci interessano le trasformazioni e i movimenti che mettono in discussione il profitto e la mercificazione delle relazioni ma soprattutto il muoversi che sperimenta, tra limiti e contraddizioni, relazioni diverse da quelle di tipo capitalista. Le relazioni di chi mette (e si mette) in comune.

Cover: cattura da parte di un vigile urbano e del sindaco di Firenze Dario Nardella di un imbrattatore militante ambientalista davanti a Palazzo Vecchio. (Dalla pag. Fb di  Ultima Generazione)

tag:

Scelto da Periscopio

Comments (1)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it