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Da: Ufficio Stampa
Martedì 7 maggio alle ore 21.00 verrà proiettato al Cinema Boldini, in versione originale con sottotitoli in italiano, JOHN MCENROE – L’IMPERO DELLA PERFEZIONE, documentario di Julien Faraut.
“Il cinema mente, lo sport no”, dice Godard, segnando la distanza tra l’immagine e il gesto. E Julien Faraut parte dalla graffiante traccia di quest’affermazione per condurre il suo fenomenale viaggio tra lo sguardo cinematografico e lo sport. Due campi di gioco in cui la realtà e l’illusione, i limiti materiali e le utopie entrano in rotta di collisione. Al principio c’è il ritrovamento, tra gli archivi polverosi dell’INSEP, l’Institut National du Sport, de l’Expertise e de la Performance, di ore e ore di vecchi filmati di Gil de Kermadec, sportivo e regista, votato sin dalla fine degli anni ’50 alla didattica del tennis attraverso le immagini, l’analisi dei movimenti e lo spettro della loro perfetta riproducibilità. All’inizio si trattava di veri e propri film d’istruzione, tutti incentrati sull’insegnamento e lo studio. Ma ben presto Kermadec si rende conto che le posizioni di un istruttore ripreso al ralenti non dicono la verità sugli effettivi movimenti di un giocatore durante una partita reale. E soprattutto non restituiscono nulla dello stile, unico, personale, dei singoli tennisti. Ecco la menzogna del cinema, colta nell’arco di separazione tra la teoria e la pratica, sia essa dell’immagine o dell’azione. Per questo Gil de Kermadec passa ben presto al racconto dei grandi personaggi della storia del tennis, fino ad arrivare a John McEnroe, il più imprevedibile dei geni, il più refrattario ad essere inquadrato dalla gabbia di un obiettivo o dalle norme da etichetta aristocratica di uno sport che, almeno sino a quel momento, sembrava propendere più al rito che alla sfida.
Nel 1984 McEnroe è all’apice della forma e della carriera. È il numero uno del mondo e vince ovunque, su qualsiasi superficie. E nonostante i proverbiali scatti d’ira, le intemperanze sul campo, la scorbutica ritrosia nei confronti dei fotografi e dei fan, il suo gioco in quel momento è la cosa più prossima alla perfezione che si sia mai vista, è un sublime racconto di eleganza, leggerezza, precisione. Per Gil de Kermadec poter riprendere McEnroe in azione deve essere sembrato il punto d’arrivo di un lavoro di anni, la sfida definitiva. Per questo si piazza con i suoi collaboratori sugli spalti del Roland Garros, a carpire i segreti del campione. Ed è un numero impressionante di ore di riprese in 16 mm, che Faraut ripercorre tra le immagini “depositate”, quelle non montate nella versione definitiva del lavoro di Kermedec, i rushes, i punti di vista parziali, le angolazioni più disparate, gli incidenti di percorso.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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