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Vagavo per casa con un mal di testa insopportabile dovuto al famigerato virus contratto non si sa come nonostante le precauzioni seguite con estrema ubbidienza. Non riuscivo a leggere né disegnare, figuriamoci! A stento qualche puntata di una serie tv a caso. Non ero abituato a stare senza fare nulla, a rotolare dal letto al divano e dal divano alla sedia della cucina, senza realizzare qualcosa, senza progettare. La condizione di malato mi preoccupava al punto da temere che quell’annullamento dello stimolo creativo perisse del tutto e per sempre rosicchiato dal virus. Sapete, noi inventori di storie nati nel ventesimo secolo, in fondo temiamo che anche questa capacità possa essere a tempo determinato; che un giorno si presenti uno con un impermeabile blu e un cappello e ti revochi la licenza di creare e ciao.

Sulla scrivania il monitor azzurro illuminava le mie perplessità quando decisi di provare a realizzare lavori mignon. Piccole illustrazioni che raccontassero piccole storie: bignami dei miei pensieri imprigionati nella quarantena senza amici, pub e giropizza. “Faccio una vignetta”, pensai. Ne realizzai una e tac, la buttai sul mio impolverato profilo Instagram. A quella ne seguì un’altra che trovò spazio anche su Facebook dove ricevetti numerose facce gialle sganascianti: sproni a continuare. Le mie vignette facevano sorridere e stimolavano pensieri: i miei in fase di realizzazione e quelli dei lettori dopo. Decisi di continuare prendendomi l’impegno di farne una al giorno, una pillola per una cura che andava fatta per bene. Da allora non mi sono mai fermato. Le persone sorridono come sorrido io mentre le disegno e questo per me ha un grosso significato, soprattutto adesso che passati i sintomi del mio virus so cosa significa vivere con un’ombra inquietante dietro alle spalle pronta a fare bubusette! Un sorriso, un pensiero, rendono la vita più leggera e forse l’insostenibile situazione attuale un pochino più digeribile.

Le vignette non si occupano, se non occasionalmente, di satira politica, sarebbe come sparare sulla croce rossa. Preferisco sfottere me stesso e con me i miei amici e alla fine tutti noi, la ‘gente comune’, accendendo un faretto che ne illumini le contraddizioni, le paure, le goffaggini e perché no anche le qualità. I protagonisti sono sgargianti individui che non sembrano appartenere al nostro mondo, forse vivono in un mondo variopinto o più probabilmente i loro colori accesi spiccano in un mondo all-white; un avatar del nostro contesto quotidiano, dove ciascuno di loro assomiglia a tutti e non assomiglia a nessuno. In fondo diverte l’idea di identificarsi con sagome fluo col naso a pera, ma voglio credere che anche questo può contribuire a guardarsi “da fuori” per sorridere e riflettere su ciò che siamo e ciò che stiamo diventando.

Inizia la collaborazione con Ferraraitalia, il tutto grazie ad un mio caro amico che ha immaginato le mie vignette in mezzo ad articoli che indagano a tutto tondo la nostra società, senza ovvietà, senza riportare i tweet di questo o di quello, senza concetti premasticati.
Una telefonata ed eccomi qua a condividere con voi le battute caustiche dei miei amici variopinti. Grazie dell’ospitalità, buon divertimento e benvenuti.

La rubrica di Riccardo Francaviglia si chiama Una botta di vita.
La trovate tutti i giorni nella Home del giornale, nel quadrato al centro in basso.
Per vedrete tutte le vignette 
[Qui]

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Riccardo Francaviglia

Autore, illustratore, racconta storie e burattinaio. Vive e lavora a Catania in un paesino alle pendici dell’Etna. Ha realizzato decine di libri illustrati molti dei quali pubblicati in giro per il mondo. Collabora da sempre con Margherita Sgarlata con la quale condivide il tavolo da disegno, un matrimonio e due figlie. Ha insegnato presso l’Accademia di Belle Arti di Catanie e Reggio Calabria. Attualmente è docente presso L’Accademia di Belle Arti di Brera. www.riccardoemargherita.com

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it