Skip to main content

 

I meccanismi perversi non cambiano mai, l’uomo non migliora i suoi atteggiamenti e comportamenti nel tempo, non muta. La storia si ripete e da essa non impariamo. Cinema e star system non fanno eccezione.

Dai tabloid patinati apprendiamo spesso di come questo o quell’artista non si rassegni a non essere più sulla cresta dell’onda, di attori un tempo famoso precipitati nell’oblio e, spesso, nella miseria più nera e tragica. Dimenticati e abbandonati, è durissima non essere più nessuno e non trovarsi più assaliti da paparazzi impudenti o da fan impazziti che cercavano solo te, il tuo sorriso, un tuo cenno o un tuo semplice autografo.

A riproporre questo tema oggi arriviamo con un capolavoro della storia del cinema, Viale del tramonto, di Billy Wilder, del lontano, ma sempre attuale, 1950.

Ricordiamo solo che il film ricevette 11 candidature agli Oscar, vincendone tre per la migliore sceneggiatura originale, la miglior colonna sonora e la miglior scenografia e che, nel 1989, venne scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

Gloria Swanson e William Holden

Protagonisti sono Norma Desmond, interpretato da una magnifica Gloria Swanson, e Joe Gillis-William Holden, in un ruolo che era stato scritto e pensato per Montgomery Cliff che rifiutò la parte, si dice intimoritone. Altri grandissimi attori sfilano man mano sullo schermo, in una sorta di meta-cinema, dove in un’ambigua alternanza tra realtà e finzione, qualcuno interpreta anche sé stesso. La Swanson era davvero una celebre attrice del cinema muto ritiratasi dalle scene dopo l’avvento del sonoro (grazie a questo film ritorna al successo) ed Erich von Stroheim (il maggiordomo Max von Mayerling) era stato uno dei registi che l’avevano diretta. Durante una scena viene poi proiettato uno spezzone di Queen Kelly, kolossal di Stroheim interpretato proprio dalla Swanson, mentre il regista Cecil B. De Mille interpreta sé stesso, quando, durante le riprese di Sansone e Dalila, la vecchia diva gli piomba sul set, così come la cronista Hedda Hopper compare in un breve cameo nel ruolo di sé stessa. Per non dimenticare l’apparizione di Buster Keaton, convitato a un tavolo di poker.

Buster Keaton

Ma torniamo alla trama. Morto che parla, flashback, sei mesi prima. La voce fuori campo del protagonista, lo squattrinato sceneggiatore Joe Gillis, ripercorre la tragica storia del suo incontro con la ex diva del muto Norma Desmond, mentre il suo cadavere, trapassato da terribili pallottole, galleggia nella piscina della villa gotica della donna. Sono le cinque del mattino e una folla di poliziotti è accorsa a recuperare quel corpo. Codazzo di cronisti, i soliti. Ciak, sempre buio.

Joe per sfuggire agli esattori si ritrova in una vecchia casa lugubre e decadente, ma dagli antichi splendori, che pare abbandonata e buia. Lì, invece, nella piena oscurità, isolata dal mondo, abita Norma, la vecchia gloria del cinema muto che vive del suo passato, protetta dal suo maggiordomo Max, che si scoprirà essere stato il suo primo marito, e dalle ombre dei suoi film continuamente proiettati nella sua sala cinematografica esclusiva. La donna vive immersa nel culto di sé stessa, null’altro.

Gloria Swanson, William Holden e Erich von Stroheim

Norma chiede a Joe di rivedere un terribile copione che lei stessa sta scrivendo, un testo con cui la donna spera di poter tornare alle glorie passate, protagonista di un ultimo e clamoroso film. Le luci della ribalta. Quella ribalta che il terribile arrivo del sonoro le aveva negato, un sonoro che fa dire a Norma “noi eravamo grandi, è il cinema che è diventato piccolo”. In una vita che ormai, per lei, è diventata in bianco e nero (d’altronde da lì veniva…), con immensa sottintesa angoscia.

Siamo appieno nel mondo del cinema, tutto parla di lui, immersi nella sua bellezza ma anche nella sua terribile crudeltà e, a volte, spietatezza. Ci sono gli sceneggiatori a caccia di successo, alcuni più sognatori e visionari di altri, gli studios della Paramount con il suo mitico cancello d’ingresso, gli attori e le comparse, le macchine per le riprese, le luci, gli oggetti, le scenografie e i sipari. Gli oggetti che vorrebbero essere anche l’Isotta Fraschini di Norma ma che non si può.

Joe è in crisi tanto economica che di ispirazione e accetta quel lavoro che lo porterà a divenire amante e mantenuto della vecchia diva (vecchia si fa per dire, capiamo che Norma ha cinquant’anni …). Mentre il giovane inizia a frequentare Betty, con la quale lavora a una sceneggiatura, nelle sue fughe notturne, e che si innamora di lui, la convivenza con Norma, accecata dalla gelosia, diventa impossibile e porterà alla tragedia, fino ad una sua ultima passerella ormai in preda alla follia.

Viale del tramonto è un capolavoro a metà tra thriller, noir e melodramma. Un cinico, grottesco e sarcastico ritratto del lato oscuro di Hollywood e del mondo degli attori che vivono, con melanconia e malinconia, fuori della ribalta di un tempo che fu.

Spietate regole del successo. Quelle che non perdonano. Magistrale davvero, originale, ferocemente ironico, da (ri)vedere.

 

 

 

 

Viale del tramonto (Sunset Boulevard), di Billy Wilder, con William HoldenGloria SwansonErich von StroheimNancy OlsonFred ClarkLloyd GoughJack WebbAnna Q. NilssonSidney SkolskyRay EvansBuster KeatonHedda HopperRuth CliffordCecil B. DeMilleH.B. WarnerJay Livingston, USA, 1950, 110 min.

Trailer 

 

tag:

Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it