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C’era una volta (chissà dove?, chissà quando?) un paese in cui si viveva bene; c’era il sole, il mare, qualche volta la neve e la gente era davvero simpatica.
Mangiava, dormiva, studiava, lavorava, giocava…
Per fare questo aveva bisogno di poche cose che usava e riusava; poi quando queste cose sembravano non servire più… mistero: c’era sempre qualcuno che se ne occupava trasformandole in qualcosa di completamente diverso, ma nuovamente utile. Tutto avveniva in modo naturale. Vivevano così comodamente che non si erano mai preoccupati di sapere chi fosse questo qualcuno, dove abitasse e come facesse.
Si ritrovarono però, inconsapevolmente, a inventare le cose più strane, creando nuovi materiali… mischiando e rimischiando davano forma ai loro desideri.
Più passava il tempo più si sentivano nuove esigenze: necessità di strumenti, di attrezzature particolari, di prodotti di ogni genere. Cominciarono ad aumentare carta, plastica, vetro, metalli e altro ancora.
Erano soprattutto gli imballaggi a fare da padrone: in ogni angolo delle strade si trovavano mucchietti di cassette, scatole e bottiglie.
Qualche frigorifero, qualche lavatrice, dei mobili e perfino dei materassi giacevano abbandonati su aree verdi o sugli argini dei fiumi. Come mai?
Forse qualcosa si era rotto? Il “mistero” misterioso che prima faceva sparire tutto adesso lasciava cumuli di cose! Con il tempo la popolazione si rese conto che tutto ciò stava diventando un grande problema. Innanzitutto diede un nome a queste montagne di “cose vecchie”: spazzatura, rifiuti, immondizia, pattume… Poi decise di raccogliere i rifiuti e di portare tutto su un prato, ma presto il prato non bastò più. Pensò allora di utilizzare aree dei paesi vicini, ma anche questa, con il trascorrere del tempo, si dimostrò non essere la soluzione più adatta: infatti anche i paesi vicini cominciavano ad avere problemi per i troppi rifiuti. Si diffuse allora una grande preoccupazione che coinvolse l’intera popolazione.
Si riunì dunque il gruppo dei saggi per tentare di risolvere il problema. Iniziarono a studiare “come si faceva prima”, scoprirono il grande meccanismo della natura che non lasciava resti, né produceva rifiuti. Ipotizzarono ingegnosi sistemi per aiutare la natura, per accelerare i processi di trasformazione. Dopo aver scartato alcune proposte che non davano garanzie per il futuro, decisero di affrontare con grande determinazione la questione, coinvolgendo tutti gli abitanti del paese.
Furono individuate soluzioni che taluni considerarono eccessivamente drastiche; tuttavia la maggior parte della popolazione le valutò come ragionevoli e, soprattutto necessarie.
I saggi presero a parlare con gli abitanti per indurli a ridurre la quantità di rifiuti prodotti (con scarsi risultati: molte cose erano troppo belle e troppo “utili”, era difficile rinunciare a qualcosa…, le loro borse della spesa erano sempre più traboccanti di nuovi prodotti considerati “indispensabili”) e a raccogliere i materiali scartati in modo separato. Un po’ per gioco, un po’ per la nascita di programmi e incentivi e un po’ per obbligo iniziò la raccolta differenziata.

Come fiori spuntarono campane di tutti i colori e gruppi di ragazzi trovarono lavoro in questa attività. I terreni, impoveriti dal tempo e dalla continua produzione di frutti, furono arricchiti con il compost ottenuto dagli scarti degli stessi prodotti agricoli e così si riprese a vedere il paesaggio di una volta.
Certo non fu facile, anche perché era necessario mettersi d’accordo con altri paesi e si sa come spesso ciò sia difficile, tuttavia i risultati che si ottennero, nonostante le molte difficoltà iniziali, facevano ben sperare.
I saggi ritennero necessario reperire risorse nuove per nuovi impianti, per produrre calore ed energia elettrica, per bruciare rifiuti, per non rovinare il territorio con brutte discariche, per non inquinare. Ritennero soprattutto necessario mettere d’accordo tante persone, che però svolgevano lavori diversi e quindi erano portatori d’interessi diversi. Vennero raccolti carta, vetro, plastica, metallo: materiali che dovevano essere riciclati, non smaltiti! Per questo iniziarono anche a discutere sulle soluzioni tecnologiche migliori e nacquero i primi contrasti tra produttori, distributori e consumatori.
I saggi pensarono di tassare di più chi non collaborava e di premiare chi lo faceva. Avviarono anche dei controlli e qualche risultato iniziò ad arrivare. I frigoriferi non più utilizzati vennero raccolti in specifici centri, fu venduta più carta riciclata, i rifiuti pericolosi erano trattati a parte; insomma, poco alla volta venne rallentato il grande pericolo della invasione dei rifiuti! Ma tutto questo non bastava e non basta; i saggi stanno ancora lavorando per far crescere imprese serie e persone ragionevoli. Tuttavia ci sono molte presenze scomode, molti esempi del passato che fanno capolino sull’argine di un fiume, in una vallata, a volte anche dietro l’angolo di casa… ma questa è storia recente che voi tutti conoscete.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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