Skip to main content

ARRIVA IL PIANO NAZIONALE DI ADATTAMENTO AI CAMBIAMENTI CLIMATICI (PNACC) . E DELUDE TUTTI

di Emanuele Bompan
Pubblicato su Materia Rinnovabile del 4 gennaio 2024

Dopo sei lunghi anni è arrivato infine il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC). Con decreto firmato dal ministro Gilberto Pichetto Fratin lo scorso 21 dicembre (il n. 434) e ufficializzato il 2 gennaio 2023, il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica pone una prima pietra sui processi di adattamento al cambiamento climatico in un Paese che gli scienziati considerano un hotspot climatico e quindi molto esposto a ondate di calore mortali prolungate, siccità estese, alluvioni fuori scala ed erosione costiera. Solo nel 2023 gli eventi estremi in Italia sono arrivati a quota 378, +22% rispetto all’anno precedente. Mai come oggi questo documento dovrebbe essere centrale per la messa in sicurezza di cittadini e cittadine.

Per il MASE rappresenta un “passo importante per la pianificazione e l’attuazione delle azioni di adattamento ai cambiamenti climatici nel nostro Paese”. Il PNACC difatti prova a rispondere a una duplice esigenza: quella di realizzare un’apposita struttura di governance nazionale, e quella di produrre un documento di pianificazione di breve e di lungo termine per l’adattamento ai cambiamenti climatici, attraverso la definizione di specifiche misure volte al rafforzamento della capacità di adattamento a livello nazionale e territoriale.

Il documento è composto da 907 pagine (inclusi gli allegati) e un Excel (allegato IV) in cui sono contenute 361 misure generiche di carattere nazionale o regionale che dovranno essere intraprese in vari settori, dall’energia alla sanità, dalla gestione idrica e del dissesto alle foreste, zone costiere e insediamenti urbani e una serie di indicazione per l’integrazione nella pianificazione territoriale locale e regionale (mancante un’indicazione per la pianificazione economica).

Sarebbe un traguardo lungamente atteso, dopo lo stallo che ha attraversato ben cinque Governi. Ma il PNACC arriva alla fine del suo iter senza la forza necessaria. Il documento, secondo vari intervistati del mondo della politica, della pianificazione, della PA e dell’ambientalismo, arriva già vecchio e con numerose lacune, sia procedurali che di contenuto che di forma. Essendo poi un decreto ministeriale e non un DL approvato dal Parlamento, manca ovviamente della forza normativa che necessiterebbe per essere un’asse centrale dello sviluppo economico e ambientale del Paese.

“È un ottimo documento di analisi scientifica, con importantissime indicazioni, ma che non ha impatto sul mondo reale della pubblica amministrazione, dei cittadini e delle imprese”, riferisce una fonte governativa che preferisce non rivelare la propria identità. Altre fonti menzionano come sia stato escluso o limitato il ruolo del settore privato, e troppo complessa la metodologia per strutturare la pianificazione territoriale. Il documento ha solide basi scientifiche, ma è molto lacunoso sull’applicazione e sulla governace”, commenta Piero Pelizzaro, direttore scientifico di Globe Italia e autore del libro La Città Resiliente.

“Le ondate di calore eccezionale che quest’estate hanno creato disagi e sono concausa di migliaia di morti premature (18.000 nel 2022 solo nel nostro Paese) e gli altri eventi estremi rischiano di rendere già vecchio il PNACC che è stato calcolato su modelli che non avevano preso in considerazione la forza di molti eventi estremi”, è il messaggio che manda Angelo Bonelli, capogruppo dei Verdi.

Per Legambiente è un successo “ma vanno trovare le risorse economiche”, spiega il presidente Stefano Ciafani. Per il WWF “il Piano […] è analogo a quello precedente e ha gli stessi limiti, mancanza di decisioni chiare e coraggiose, ottima identificazione sintetica dei possibili impatti e problemi, scarsa e deficitaria individuazione delle cose da fare e di come finanziarle.”.

Una governance complessa

Una delle prime azioni da attuare entro il 21 marzo è la definizione di una struttura di governance nazionale per l’adattamento, di coordinamento tra i diversi livelli di governo del territorio e i diversi settori di intervento, con l’istituzione dell’Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, composto dai rappresentanti delle Regioni e degli enti locali, per l’individuazione delle priorità territoriali e settoriali e per il monitoraggio dell’efficacia delle azioni di adattamento.

Esso sarà affiancato da un forum permanente per la promozione dell’informazione, della formazione e della capacità decisionale dei cittadini e dei portatori di interesse, che funge da organo consultivo per l’Osservatorio.

Di fatto dovrebbe diventare il centro decisionale sull’adattamento al cambiamento climatico italiano che aggiornerà periodicamente il PNACC e le azioni da compiere; avrà la responsabilità di trovare le fonti di finanziamento per l’attuazione del PNACC; coordinerà i vari strumenti di pianificazione nazionali e regionali, inclusa la pianificazione economica; si occuperà del monitoraggio, reporting e valutazione.

Come saranno scelti i partecipanti sarà questione di questi mesi, ma pare confermata la natura volontaristica della partecipazione che limiterebbe l’efficacia dell’organismo e che invece avrebbe dovuto vedere la nascita di un’Agenzia o di un ente di piccole dimensioni ma in grado di migliorare il  coordinamento dell’ingente lavoro che negli anni e decenni a venire sarà richiesto, se si guarda soprattutto alla raffinata analisi scientifica sui rischi climatici che copre le prime ottanta pagine del documento. Scarsi anche i meccanismi di partecipazione (nel forum) che si riducono a mera cassa di risonanza e non a gruppi di lavori territoriali di ascolto e confronto, visto che molte opere e azioni inevitabilmente creeranno conflitto sociale ed economico.

Le azioni, esclusa la programmazione economica

Il secondo livello di intervento del PNACC è mirato a esercitare una “funzione di indirizzo” individuando una cornice di riferimento entro la quale possano svilupparsi la pianificazione e la realizzazione delle azioni di adattamento regionali e locali. Tale cornice è basata su due strumenti del Piano costituiti da un “quadro delle misure di adattamento” e da “indirizzi per la pianificazione a scala regionale e locale’”, si legge sempre nel Piano. Al suo interno vengono poi chiarite le metodologie per la definizione di strategie e piani regionali e locali di adattamento ai cambiamenti climatici, in sinergia anche con altri piani, come il Piano sull’economia circolare e il PNIEC (da approvare entro giugno).

“Il PNACC però risulta limitato nella definizione della dimensione regolativa dei territori”, commenta Francesco Musco, professore ordinario di Tecnica e Pianificazione Urbanistica dell’Università IUAV di Venezia ed esperto di adattamento. “Chi si occuperà dell’implementazione del Piano, le Regioni? Quali uffici dovranno intervenire? Come sarà gestito il lavoro di integrazione con gli strumenti regolatori già esistenti? In questo il Piano rimane molto vago.”

Secondo Piero Pelizzaro, “sorprendono le limitate indicazioni per il mondo delle utilities e delle grandi società energetiche e di trasporto pubblico, visti gli importanti investimenti sulle reti di energia, acqua e rifiuti che si faranno nei prossimi anni, finanziati dalle tariffe. Sarebbe stato utile avere chiare indicazioni sulla progettazione resiliente così come richiesto dal DSNH anche nel settore privato. Pensiamo anche al ruolo che potrebbe svolgere il settore assicurativo se si introducesse il concetto di adattamento di proprietà oltre che di comunità, leva fondamentale anche per la movimentazione delle risorse necessarie. Non può essere lo Stato a pagare per l’adattamento della proprietà privata”.

Una posizione, quella sulla mancata programmazione socio-economica che condivide anche il WWF nella sua nota: “Riteniamo che la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico dovrebbero costituire la base per la programmazione in senso generale, a partire da quella economica e sociale”.

Risorse economiche per l’implementazione? Nessuna

Per tutti gli intervistati la questione centrale è dove reperire i fondi per l’adattamento del nostro Paese. Lo stesso Osservatorio, il forum, la formazione delle competenze, la promozione del Piano, che dovrebbero essere sostenuti dal Governo, non hanno risorse economiche allocate (come visto dalla nostra analisi della Manovra di Bilancio).

“Ricordiamo al Ministro dell’ambiente e al Governo Meloni che per attuare il PNACC sarà fondamentale stanziare le risorse economiche necessarie e ad oggi ancora assenti, non previste neanche nell’ultima Legge di Bilancio, altrimenti il rischio è che il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici resti solo sulla carta”, commenta Stefano Ciafani.

Per l’implementazione delle azioni a livello locale e regionale la gran parte delle risorse dovranno venire dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e dai Programmi operativi regionali (POR), ma visto che molti piani territoriali sono già stati sviluppati (la tempistica di pubblicazione del PNACC non aiuta di certo), non sarà facile riorientare la spesa, capendo anche come sfruttare le risorse del PNRR nel rispetto del principio guida Do Not Significant Harm (DNSH), principio poco impiegato dal PNACC che invece sarebbe potuto servire come architrave di guida di ogni azione di spesa pubblica.

Infine serve allineare il settore privato, in particolare assicurativo e industriale, dato che non può essere lo Stato a mettere in sicurezza adattiva (non ha i soldi) sia le imprese che tutte le abitazioni degli italiani. La riflessione è completamente assente, ma sono questi soggetti che dovranno mettersi al riparo dagli effetti catastrofici del cambiamento climatico.

Un altro grave buco nella strategia climatica di un Paese che ‒ non solo con il Governo Meloni ‒ non ha mai saputo essere all’altezza della sfida e che negli anni a venire costerà molto, molto caro sul nostro benessere e sulle nostre vite, “Un paese del G7, di cui ha appena assunto la presidenza, che ha l’obbligo di guidare la lotta climatica per le proprie responsabilità del passato, non può essere la Cenerentola dell’adattamento”.vista anche la lentezza strutturale a livello globale dei processi di mitigazione delle emissioni. Conclude Pelizzaro:

L’autore
Maggio 2023, alluvione in Romagna (foto CESVI), direttore responsabile della rivista Materia Rinnovabile|Renewable Matter e autore del libro “Che cosa è l’economia circolare”. Nel 2010 ha vinto il prestigioso Middlebury Fellowship for Environmental Journalism, premio per giornalisti ambientalisti. Per ben quattro volte è stato insignito della EJC grant per l’innovazione nel giornalismo. La sua specializzazione sono i negoziati sul clima, disastri ambientali, mercati energetici, economia circolare e green economy.

Cover: Maggio 2023, alluvione in Romagna (foto CESVI)

tag:

Scelto da Periscopio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it