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Roma, 17 febbraio 1600, il grande filosofo nolano Giordano Bruno viene messo al rogo a Campo de’ Fiori (quando ci passate guardate per terra un tondino che ricorda il punto esatto).
Ferrara, in data da destinarsi ma prima delle prossime amministrative, il Parco Giordano Bruno sarà ingabbiato dall’Amministrazione Comunale. La sentenza verrà eseguita dal noto vicesindaco Naomo Lodi.

Il lettore mi consenta l’accostamento un po’ audace, posso avanzare due buone ragioni. Perché Giordano Bruno è, tra i moderni, il mio filosofo ed eroe preferito. E  perché come ferrarese non ne posso davvero più di gabbie e cancellate, come di feste, profumi e balocchi.
(Francesco Monini)
Il passato del Parco Giordano Bruno
Il presente e il futuro del parco

La denuncia del Comitato Giordano Bruno 

Dopo quattro anni di scientifico abbandono e molti annunci, l’amministrazione comunale ha deciso di intervenire nel Parco Giordano Bruno con la sua soluzione preferita: mettere una cancellata.
Ripercorrendo questi anni, è impossibile non riconoscere una sistematica volontà di rendere inospitale il nostro parco: non è stato assegnato a nessuna associazione sportiva il campo di beach volley che quindi è diventato un rettangolo inservibile invaso dalle erbacce; si è scelto, a differenza del passato, di non usare mai lo spazio per iniziative pubbliche, mentre lo sfalcio dei prati avveniva sempre più di rado.
Contemporaneamente, abbiamo assistito alla progressiva sparizione di ogni arredo urbano presente in modo che senza panchine fosse impossibile sostare e godere del luogo. Se prima il parco era frequentato da famiglie e riempito dagli schiamazzi dei bambini, l’aver tolto le panchine allo scopo dichiarato di combattere lo spaccio, ha ottenuto l’effetto inverso di far sparire chiunque volesse godersi la piacevolezza della sosta nel parco, tranne proprio coloro che si intendono respingere.
Da ultima è stata annunciata, senza darne prima comunicazione all’interessato, la revoca della concessione per il chiosco McMurphie, rinunciando così ad un altro punto di convivialità fuori dalle vie di transito, mente nel centro proliferano, a scapito dello spazio urbano, dehors e distese di tavolini.
Come prevedibile, tutte queste scelte hanno semplicemente acuito ogni problema – anche di ordine pubblico – preesistente.
Arrivati ad una anno dell’appuntamento elettorale in Giunta devono essersi ritenuti soddisfatti: la situazione creata ora può richiedere interventi muscolari e il vicesindaco potrà sfoggiare la sua soluzione preferita fatta di cemento e ferro, con costi di decine di migliaia di euro a carico della comunità, mentre ai cittadini del quartiere rimarrà uno spazio meno fruibile e solo negli orari scelti dall’amministrazione di turno.
Il tutto, senza il minimo rispetto dell’idea urbanistica del quartiere Giardino, che ha nel parco Giordano Bruno uno spaccato verde di passaggio, uno snodo vitale e coerente, che da domani diventerà una gabbia respingente.
Comitato Giordano Bruno
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Scelto da Periscopio

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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