Skip to main content

E giunse la giornata dell’Expo. Muniti delle più eroiche determinazioni gli Amici dei Musei di Ferrara sbarcano di venerdì a Milano per affrontare il compito che si erano prefissi: quello di aiutare la Lilt (Lega italiana lotta ai tumori), la cui sezione ferrarese era ospite di Expo alla Cascina Triulzo per una settimana, diffondendo un power point che illustra le bellezze della nostra città. L’appuntamento era di sabato con una generosa intervista di Telestense all’iniziativa.

All’arrivo, di venerdì, non ci siamo fatti mancare nulla. Albergo-caserma in pieno centro dove l’accesso alle camere era previsto per le 15.30. Così iniziamo le visite nella città delle cento meraviglie. Giotto a Palazzo reale. Da rimanere sconvolti e raggianti per la bellezza di quelle tavole e affreschi e per la grandezza di quella mente: semi-vuoto. Poi la nuova sistemazione della Pietà Rondanini al Castello Sforzesco. Strepitosa. Finalmente potevi renderti conto cosa significava per Michelangelo l’’idea’ imprigionata nel marmo osservando il retro della composizione dove lui autore fatica con Maria nello sforzo di reggere il peso immane del corpo del figlio. Pochi turisti assonnati si rendevano conto dov’erano. Infine saliamo su un taxi e chiediamo d’esser portati alla Biblioteca Ambrosiana. Sconcerto e preoccupazione dell’autista che dopo affannose ricerche si perde tra le viuzze del centro. Il meraviglioso complesso a nostra totale disposizione: vuoto. E salendo per le scale che vedono uno dei cenotafi più straordinari di Canova percorriamo le deserte e disertate sale perfettamente allestite dove nessuno fa ressa nel contemplare Il musico di Leonardo o i grandi ferraresi fino a giungere, scortati alle ali dalle pagine del Codice Atlantico di Leonardo, a vedere avvicinandosi lentamente là in fondo, il Canestro di frutta di Caravaggio in un silenzio irreale appena rotto da un lontanissimo canto.

Così muniti dalle benedizioni della bellezza in poche ore possiamo toccare con gli occhi quello che forse non vedremo mai più riunito in luoghi così suggestivi: Giotto, Leonardo, Michelangelo, Caravaggio, Canova; ma la folla correva indaffarata onusta di pacchetti e borse di moda e alla moda. Bastava per essere felici? Non abbastanza. Ecco allora il gran finale alla Scala con Brahms e Čajkovskij diretti in modo struggente.

Così la mattina seguente, ottimisti e ritemprati, muniti di pass per rondelli speciali e di biglietti d’ingresso nella radiosa mattina settembrina sbarchiamo all’Expo ancora non minacciato dalla marea montante. Comincia la nostra visita tra urletti e pigolìi nel vedere le meraviglie delle architetture dei padiglioni. Tutti frementi a pensare che ci sarebbe (forse) consentito vedere almeno l’interno del padiglione giapponese. Ci accoglie una dama in kimono e con un leggero inchino ci avverte che la fila degli over 65 e dei detentori di carrozzini era di tre ore e mezza mentre quella della fila normale stava raggiungendo le sei ore d’attesa. Sgravati dal compito ci rifugiamo nel bellissimo padiglione turco tutto bianco e blu. Facciamo finta di sorbellare un orrido caffè ala turca , mi compro le marmellate e ci dirigiamo lento pede alla Cascina Triulzo fendendo folle ululanti e galoppanti o faticosamente arrancanti. Finalmente giunti, godiamo di uno spettacolo di pace in quanto le folle disdegnano luoghi dove non è possibile abbinare visite e magna magna. Ci riposiamo e chiacchieriamo; poi il gruppo si scinde in cerca delle meraviglie preferite. Il mio, formato da quattro persone, punta alla mostra curata da Vittorio Sgarbi dei Duecento capolavori, generosamente sponsorizzata e ospitata da Eataly. Tra profumi e odori delle cucine regionali italiane prese d’assalto da folle affamate faticosamente arriviamo all’ingresso della mostra tra stridii di bambini che reggevano vassoi di fritti e di spaghetti e mugugni di genitori in cerca vana di un cantuccio dove espletare le bisogna della degustazione del cibo: invano! Entriamo accompagnati non da odori d’incenso e mirra ma da profumi un po’ meno nobili e fittamente appesi sulle pareti minacciosamente s’appresentano i quadri e gli oggetti d’arte dove lo sguardo si smarrisce.Tentiamo di analizzare il filo che dovrebbe renderli comprensibili. Invano.

Così travolti ancor più da corpi sdraiati in uno pseudo coma provocato dalla stanchezza e fila minacciose di intrepidi che davan l’assalto al padiglione dell’Italia raggiungiamo la salvezza dell’uscita. Qui un ulteriore inganno. Abbiamo chiamato un taxi che non ci trovava perché il viale dove eravamo era riservato alle navette. Finalmente si giunge all’albergo-caserma e penso con sollievo che l’unico posto dove avrei potuto riposare sarebbe stata la stazione. M’avvio barcollando ma la stazione è full dovunque. Inebetito aspetto in piedi più di mezz’ora e arriva la salvezza. Il treno che mi porterà in salvo a Castefidardo ospite di Giulio Busi con il quale parlerò al Festival della letteratura di Mantova la mattina seguente. M’addormento nel suo affascinante palazzo con ancora in mente il capolavoro dei tortelli di zucca che ho appena degustato e consolandomi pensando che fra qualche anno come l’esule che additava le sponde della patria lontana avrei potuto dire:”Io c’era” Dove? Ma all’Expo!

tag:

Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it