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Giorno: 18 Febbraio 2015

24/02 ore 11: conferenza stampa “Un’altra difesa è possibile”

da: organizzatori

Un’altra difesa è possibile. È in corso anche a Ferrara la raccolta firme per una legge di iniziativa popolare che traduca in concreto il “ripudio della guerra” (art. 11 della Costituzione Italiana)

Si svolgerà martedì 24/02 alle ore 11 in Sala Arengo la conferenza stampa di presentazione della campagna “Un’altra difesa è possibile”, con la partecipazione di:

 

Daniele Lugli, presidente emerito Movimento Nonviolento

Raffaele Atti, segretario Cgil Ferrara

Andrea Benini, presidente Lega Coop Ferrara

Paolo Marcolini, presidente Arci Ferrara

Paolo Pastorello, presidente Acli Ferrara

 

La campagna sostiene una proposta di legge di iniziativa popolare che punta alla istituzione di un Dipartimento della Difesa civile, non armata e nonviolenta per avviare o potenziare i corpi civili di pace e un istituto di ricerca per la pace, sul modello di quanto già avviene in altri paesi europei. Il nuovo Dipartimento opererebbe inoltre in stretta collaborazione con Protezione civile, Vigili del fuoco e Servizio Civile Nazionale

La patria non si difende con le armi, questo il presupposto dell’iniziativa promossa da un vasto coordinamento di associazioni del mondo pacifista e portata avanti nella nostra provincia da un comitato locale. Ma per comprendere e prevenire i conflitti, per ripudiare la guerra in concreto, occorrono persone, strumenti, competenze, volontà politica e capacità organizzativa. Occorrono risorse per finanziare la pace e la proposta di legge indica una strada: prevedere nella dichiarazione dei redditi un’opzione fiscale che consenta a chi lo desidera di destinare il 6×1000 delle imposte annue al Dipartimento della Difesa civile, non armata e nonviolenta, sul modello di ciò che si fa per finanziare le chiese o il volontariato.

Moduli per la raccolta delle firme sono già presenti presso tutti i Comuni della provincia, a cominciare da quello di Ferrara.

Nella conferenza stampa verrà illustrata più ampiamente la campagna e sarà data notizia delle iniziative locali di promozione previste per i prossimi mesi.

A livello nazionale la campagna “Un’altra difesa è possibile” è promossa unitariamente dalle sei reti del panorama pacifista e nonviolento italiano: Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile, Forum Nazionale Servizio Civile, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo, Sbilanciamoci, Tavolo Interventi Civili di Pace.

 

 

Daniele Lugli, Movimento Nonviolento

Raffaele Atti, Cgil Ferrara

Andrea Benini, Lega Coop

 

per il coordinamento provinciale di Ferrara “Un’altra difesa è possibile”

LA RIFLESSIONE
Avanzi di colonialismo: forme sottili e potenti di predominio

da BERLINO – Avanzi. Non quelli dal piatto e tantomeno (ahimè) quelli dei tempi gloriosi di Corrado Guzzanti. Bensì ciò che ‘avanza’, ovvero, ciò che (ci) resta dalla storia e dal passato. In altri termini: rovine, reliquie, fossili e resti dal passato. Di questo ha parlato sostanzialmente Ann Stoler ospite al berlinese Institute for Cultural Inquiry, solitamente docente di Antropologia e Storia alla nuovissima New School for Social Research di New York.

La sua conferenza è partita da una differenza sottile tra il fatto di concepire un avanzo come ciò che “è avanzato” nel corso del processo storico e il fatto di concepirlo come ciò che effettivamente “ci continua a restare” ovvero ciò che è coinvolto in un processo continuo di deperimento e decadimento. Il primo è poco importante per il presente: è una sorta di resto antiquato del passato che probabilmente non ha più alcuna importanza, a parte appunto il fatto di essere ciò che è: un avanzo. Per definizione qualcosa che è in più, poco importante, secondario, superfluo, nel senso preciso che si tratta di qualcosa che rimane rispetto all’intero che è andato in frantumi. Per cui insomma si può passare ad altro, andare avanti.
Ma se concepiamo l’avanzo come qualcosa che resta ma che continua a decadere, ecco che le cose si fanno più difficili. Non è possibile sbarazzarsene semplicemente sostenendo che si tratti di qualcosa di antiquato, sopravvissuto dal passato. Infatti, si tratta di un atto che continua ad accadere anche ora e che coinvolge la realtà stessa che va essenzialmente in rovina.

Se applichiamo queste osservazioni forse un po’ astruse alla realtà sociale contemporanea, come suggerisce Ann Stoler, possiamo trarre da questa idea un particolare insegnamento sul rapporto tra gli imperi coloniali passati (residui, in ogni senso del termine) e le loro colonie passate (residue, in ogni senso del termine). Si tratta di un rapporto che, ben investigato, potrebbe gettare miglior luce sui recenti eventi medio-orientali, prossimi a coinvolgere anche il nostro mediterraneo. Qual è, infatti, il rapporto che si è stabilito e continua sempre a stabilirsi tra le ex colonie mediorientali e i loro ex padroni europei? Non si tratta semplicemente di una guerra, che alcuni vagheggiano come una incipiente “guerra civile europea” (secondo il senso dato dal controverso giurista Carl Schmitt) bensì di qualcosa più sottile, ovvero di un confronto agonistico che si manifesta come un continuo rapporto di attrazione e repulsione tra le ex colonie e la vecchia Europa: combattere la vecchia Europa che è avanzata dalla sua (in)gloriosa epoca coloniale, e in un qualche modo farsi riconoscere dall’antica padrona, cioè farsi conoscere come pericolo, minaccia, o vendetta. Ma certo non restarle indifferenti.
Cos’è quindi questa strana forma di colonialismo che continua a legarli insieme? Non è una forma di colonialismo morbido perché non esistono di fatto più colonie né di diritto né di fatto, ammesso che non si voglia confondere gli effetti (evidenti, eclatanti) di una guerra di predominio economico del Primo mondo verso il Terzo mondo. In verità, così sembra dire Ann Stoler, il colonialismo è stato e continua ad essere qualcosa di molto più sottile e potente del semplice predominio economico.

Un esempio molto eloquente portato da Stoler è quello denunciato recentemente da una organizzazione non profit: il progetto di archiviazione di 10.000 documenti dell’amministrazione palestinese senza che sia ancora stato effettivamente istituito uno Stato palestinese. Qual è dunque il senso di istituire un archivio (una memoria) per ciò che non è ancora stato fondato? Personalmente azzarderei una risposta: quello di costruire una memoria ufficiale, una tradizione da cui costruire prossimamente uno Stato. Insomma una versione moderna del mito antico. Così come, avrebbe potuto aggiungere Ann Stoler, tanti altri Stati (non solo europei) abbisognano dei loro miti fondatori. Non sempre particolarmente edificanti o positivi.

LA CURIOSITA’
Infanzia sovietica

Da MOSCA – Sono curiosa, i bambini e i loro giochi mi sono sempre piaciuti. Se poi si tratta di vedere come si è giocato nell’infanzia, considerata uno dei periodi più belli e spensierati della vita, sono davvero pronta. I giocattoli mi hanno sempre incuriosito, sono l’espressione della fantasia, dei sogni, dell’immaginare quello che si vorrebbe fare veramente da grandi.

infanzia-sovieticainfanzia-sovieticaEccomi, allora, alle porte del Museo della città di Mosca che, dal 28 Novembre scorso al 15 marzo 2015, ospita una mostra dedicata all’’infanzia sovietica’. Qui potrò vedere giochi, libri, vestiti, mobili, che circondavano i bambini dell’Urss degli anni ‘60-‘80. Dal momento in cui si entra in casa, appendendo abiti e guantini, fino a quando si gioca con pentolini, bambole e macchinine, si ascolta la radio e si guardano i cartoni animati alla televisione.
Quando siamo bambini, non si hanno preoccupazioni e problemi, non ci affannano un lavoro da trovare o da coltivare, una famiglia da sfamare e ci si può dedicare a giocare con gli amici, a mangiare, a dormire, insomma a godersi la gioventù, se si ha la fortuna di nascere nel posto giusto (con questo pensando almeno a un Paese dove non ci siano guerra ed estrema povertà…). Cosa non daremmo per tornare a quegli anni spensierati!

infanzia-sovieticainfanzia-sovieticaLa mostra che mi trovo davanti ci presenta quanto hanno in comune generazioni di moscoviti, nonostante le loro differenze di stili di vita e di interessi, pur nei cambiamenti del paese e delle città avvenuti nel tempo. Molti sono cresciuti tutti sugli stessi libri, imitato gli stessi eroi del cinema, comprato per decenni gli stessi giocattoli. Oggi la vita è diversa, si comprano nuovi giochi, ma per molti moscoviti l’esperienza infantile li unisce e li accomuna. La mostra vuole ricordare un mondo infantile ricco e variegato, un’ideologia sovietica che si prendeva molta cura dei bambini, per vederne gli aspetti positivi.

infanzia-sovieticaMolti di noi, per restare alla mia generazione, coglieranno elementi comuni della nostra infanzia (e suona strano ritrovarne alcuni elementi in una mostra… siamo già, ahimè, da esposizione ???), se non altro perché, con gli stessi giochi, non avevamo preoccupazioni, inquietudini o paure, provenienti dal mondo esterno, stavamo all’aria aperta, trascorrevamo l’intera giornata fuori casa a giocare, andando in bicicletta, pattinando, rincorrendoci, giocando a palla, a tennis e a nascondino o semplicemente passeggiando.

infanzia-sovieticainfanzia-sovieticaNon esistevano telefonini né custodi e ci era permesso andare ovunque desiderassimo senza doverlo dire ai nostri genitori, bastava rimanere nel quartiere, finché mamma ci chiamava dalla finestra. Anche noi facevamo parte degli scout, o della banda delle giovani marmotte, se pur con una filosofia ideologica diversa da quella del partito comunista sovietico, che addestrava i propri membri sin da giovanissimi (dalla prima elementare, ai bambini veniva conferito il titolo di “oktyabrenok”, “figlio dell’Ottobre Rosso”, e consegnata una piccola spilla a forma di stella sulla quale c’erano Lenin da bambino e la scritta ‘sempre pronto’). Si diventava poi ‘pionieri’, con al collo una sorta di bandana rossa).

infanzia-sovieticaAnche a noi, però, come a quei giovani ‘pionieri’, s’insegnava a prenderci cura e a proteggere la natura, a sopravvivere nei boschi e ai ruscelli. Una delle attività preferite dei ‘pionieri’ sovietici era quella di fingersi infermieri e curare gli alberi. Armati di valigette della Croce Rossa fornite di bende, forbici, cotone e disinfettante, i bambini partivano in missione per ‘curare gli alberi’. E quando trovavano dei rami rotti, dei tronchi piegati o dei cespugli spezzati applicano disinfettante e fasciature. Era un gioco che faceva sentire bene e sviluppava un senso di attenzione e amorevolezza. Se ci si faceva male, i rimedi della nonna erano pronti a soccorrerci. Noi in Italia come loro in Urss. Noi andavamo in villaggi a piedi di Alpi o Dolomiti, loro nelle foreste siberiane. L’importante era, per tutti, il contatto con la natura, conoscerla, toccarla e conviverci, respirare aria fresca e pura e starsene lontano dalla città.

infanzia-sovieticaLa disciplina c’era, orari, ginnastica e regole. Ma un po’ ci vuole e l’ideologia sovietica dava molto peso ad essa. Il tempo ai campeggi era organizzato in base a un programma quasi di tipo militare: sveglia alle sette, ginnastica e poi colazione tutti insieme, prima di dedicarsi ad attività manuali, alla musica o alla danza. Le giornate trascorrevano così, semplici. Il momento più bello era la sera, quando con la chitarra ci si sedeva accanto al falò per cantare o fare giochi di gruppo. Lo ricordiamo anche noi. Molti giocattoli, poi, che vediamo qui sono davvero simili a quelli dei nostri anni ‘70. Non si è tanto diversi, quando si è bambini.

infanzia-sovieticaNella mostra di Mosca, si espongono pure tanti libri: il retaggio più prezioso dell’epoca sovietica è rappresentato dalla diffusione dell’istruzione gratuita. Per i cittadini sovietici il socialismo si tradusse nell’opportunità di studiare, imparare e conoscere. Belli poi i manifesti che ricordano ai bambini l’importanza dell’igiene quotidiana (lavarsi regolarmente i denti, fare esami della vista, avvertendo la maestra se non si vede bene…).

infanzia-sovieticaDopo un periodo in cui si è demolito tutto quello che aveva a che fare con quell’epoca, oggi la maturità di una riflessione culturale più attenta e oggettiva ne fa risaltare i valori positivi. Perché non è tutto da dimenticare e da gettare alle ortiche. Il bello di questa mostra è proprio questo, l’aver saputo cogliere la bellezza di quell’infanzia, da ricordare, nei suoi valori e nella sua allegra e leggera spensieratezza. Vale per loro, come per noi.
Se poi l’anziana signora all’uscita ti chiede se la mostra ti è piaciuta, e, in tal caso, di tornare con i tuoi amici, significa che un po’ di nostalgia c’è e che può fare anche bene…

“Infanzia sovietica”, al Museo della città di Mosca, Bd. Zubovsky 2, fino al 15 marzo 2015, visita il sito della mostra [vedi].

Ringrazio la responsabile dell’ufficio stampa del Museo di Mosca, Anastasia Fedorova, e la guida del Museo, Anna Ludina, per avermi condotto in questo viaggio nel passato e per averci fornito alcune delle foto (le altre sono di Simonetta Sandri).

Istruzioni per il disegnatore: l’amore ai tempi dell’incomunicabilità

Roberta Bergamaschi qualche tempo fa ha esordito nella narrativa con un romanzo intelligente e raffinato. Edito per la collana I libri dello Zelig (Mobydick editore), questo libro colpisce per il senso di misura delle sue parole, per l’incedere chiaro, rigoroso e un intreccio davvero interessante.
La storia dei protagonisti Marguerite e Moustache, per contrappasso, è quella della mancanza di parole, dell’incomunicabilità. Lavorano entrambi, con ruoli diversi, a un manuale di lingua francese per ragazzi, e i personaggi “messi in scena da una misteriosa Autrice”, corretti dalle istruzioni di Marguerite per il Disegnatore, prendono vita portando alla mente i Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello. In fondo si tratta di un meta-libro. Un po’ come se qualcuno strappasse quel cielo di carta proprio mentre Oreste stesse per vendicare la morte del padre, sempre per dirla con l’agrigentino autore de “Il fu Mattia Pascal”.
“Istruzioni per il disegnatore” è un libro dotato di grazia e leggerezza, pervaso da una amara ironia. E questo ricorda Calvino. E’ un libro che parla di chi non sempre riesce a prendere la vita per il verso giusto. Parla del tempo e dei fallimenti, dell’egoismo e di una certa grammatica dei corpi e dei pensieri, che è grammatica dell’amore. Lo fa con consapevolezza. Suona note stonate, vibra colpi, avendo cura di risparmiare il dramma e il lieto fine. E’ come se chi scrive avesse ben chiaro che sarebbe inutile condividerlo fino in fondo, il dramma. E’ come se Roberta Bergamaschi dicesse che tanto, alla fine, ognuno rimane solo con la sua vita infilata al contrario, con gli errori, le incomprensioni, col suo dolore. E questo è il Buzzati de “Il deserto dei Tartari”.
Nella selva del mondo editoriale italiano il lettore è chiamato a un ruolo di ricerca sempre più attivo. Chiunque voglia scovare lavori di qualità rischia di rimanere preda di un’editoria attenta alle vendite, come è giusto che sia, a scapito del coraggio. E allora mi piace scrivere di questo piccolo libro elegante e sornione, della sua qualità.

“Istruzioni per il disegnatore”, collana I libri dello Zelig, Mobydick editore, romanzo d’esordio di Roberta Bergamaschi

L’EVENTO
Carnevale Venezia, una vera meraviglia che colpisce tutti i sensi

2. SEGUE – “Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero”. Forse è racchiuso in queste poche parole di Oscar Wilde il motivo per cui, ogni anno, centinaia di persone si travestono, si aggirano per le vie di Venezia e, senza dire una parola, si mettono in posa e si lasciano ammirare da chi si ferma a guardarle affascinato. L’aspetto che più colpisce di questo carnevale unico al mondo sono i suoi protagonisti: non bambini o ragazzi, bensì adulti vestiti con abiti mozzafiato.
La famosissima festa mascherata veneziana è stata per me una gran bella esperienza durante la quale la città si è tinta di mille colori e ha accolto persone provenienti da ogni parte del mondo: gruppi di amici, famiglie e coppie di innamorati si sono recati a Venezia sia per assistere, sia per partecipare a questo ricco evento. Dal 31 gennaio al 17 febbraio la città ha preso vita tanto di giorno quanto di notte. In ciascuna giornata dedicata al carnevale, ad ogni ora e in tantissimi luoghi diversi (cinema, piazze, musei, teatri) si sono tenuti spettacoli, eventi e feste per intrattenere persone di ogni età.
Una delle esperienze più originali che ho vissuto è stata “Women in Love – Ovvero le donne di Shakespeare”, uno spettacolo itinerante, prodotto dal Teatro Stabile del Veneto, che si è tenuto in parte a Ca’ Rezzonico, in parte al Palazzo Mocenigo. Il titolo si riferisce alle varie donne protagoniste delle opere del grande poeta; le attrici recitano testi scritti dal regista e autore di teatro Giuseppe Emiliani e, solo in parte, tratti dai capolavori originali. Ho assistito alle performance di Marta Paola Richeldi nei panni di Lady Macbeth e di Margherita Mannino, calata nella parte di Jessica, la figlia di Shylock de “Il mercante di Venezia”. La recitazione, alternata alla musica di un giovane con la fisarmonica e unita alla visita al Palazzo del ‘700 veneziano, ha dato vita ad un’esperienza visionaria, sospesa tra realtà ed immaginazione. Le giovani attrici, vestite e truccate da scena, hanno recitato nelle lussuosissime sale del Palazzo, ad un metro dagli spettatori. Un’esperienza estremamente suggestiva che, grazie alla totale assenza della quarta parete, ha coinvolto ed emozionato i presenti.


Il cuore del carnevale è stato sicuramente il Gran Teatro di Piazza San Marco dove è avvenuta la qualificazione per la finale del Concorso per la maschera più bella. Il carnevale di quest’anno è stato definito “la festa più golosa del mondo” proprio perchè dedicato al cibo made in Italy. Tutti i presentatori erano infatti vestiti da cuochi e, sullo sfondo, dei maxi schermi mostravano il logo dell’Expo, per segnalare il collegamento tra questi due eventi unici. Sul palco le maschere hanno sfilato mostrando i costumi più stravaganti: da quelli dedicati alle diverse epoche storiche, a quelli legati alla mitologia; alcuni relativi al mondo delle fiabe ed altri personificazione di concetti astratti come “l’oscurità” o la “golosità”, fino a quelli più creativi ed originali come “le arti in maschera” e “la regina del mare”. Ma i più originali sono stati quelli che hanno aderito al tema di quest’anno, l’alimentazione appunto. Hanno sfilato singole persone, coppie e gruppi di gente provenienti da ogni regione d’Italia e da diverse nazioni d’Europa, portando sulla scena costumi dai titoli bizzarri, come “Il re e la regina della cucina”, “Gateau papillon” e i “Baci di Dama”. Sia il primo che il secondo lotto di maschere, ciascuno composto da 12 concorrenti, sono stati seguiti dalle votazioni del pubblico seduto nel parterre del teatro che ha selezionato i finalisti. Dopo la prima sfilata si è tenuta l’esibizione di un’acrobata irlandese, mentre dopo la seconda gli spettatori hanno potuto assistere alle coreografie del “Nagasaki swing team”. La mattinata di sabato 14 si è conclusa con un flash mob dedicato alla festa di San Valentino: dopo il countdown dei presentatori la piazza si è colorata di centinaia di palloncini rossi che hanno preso il volo.
La finale del concorso si è tenuta domenica 15 febbraio con la premiazione per categorie: la maschera più originale è stata vinta da “Monsieur Sofà e Coco Chanel”; la maschera più a tema da “La cucina veneziana di Vicenza in costumi del Settecento”, ma il vincitore assoluto della maschera più bella del carnevale 2015 se lo è aggiudicato un trio tedesco travestito da “Marte, Venere e Cupido” a cui è stato consegnato il premio offerto dalla Promovetro, un consorzio nato per la promozione del vetro artistico di Murano.
Anche le notti a Venezia sono state magiche. Lo spettacolo all’Arsenale è stato riproposto ogni sera, a partire dalle ore 19 con l’animazione della compagnia Nu’Art, lungo la “riva delle meraviglie”. In seguito è stato riprodotto un video che ha racontato la storia del “baccalà” e di come questo pesce è arrivato a Venezia (le immagini sono state proiettate sulla torretta che in passato serviva per l’avvistamento delle navi). Sucessivamente, sull’acqua e in cielo, sono esplosi fuochi d’artificio sensazionali, uniti a lingue di fuoco e raggi di luce di tutti i colori. Uno spettacolo suggestivo ed ancora più emozionante perchè l’esperienza visiva andava a ritmo di musica, seguendo i crescendo e i diminuendo delle note di Ludovico Einaudi e Klaus Badelt.
Ai fuochi d’artificio è seguito uno spettacolo aereo e verticale all’interno dei magazzini. Si sono esibiti tre ragazzi e tre giovani donne in acrobazie circensi, volteggiando in aria con il solo supporto di corde elastiche. Ogni serata si è conclusa con l’Arsenale Carnival Experience, un’occasione per i ragazzi di ballare sulla musica di famosi dj, fino a notte fonda.
Domenica un altro evento ha riunito migliaia di persone a Piazza San Marco: il “Volo dell’Aquila”, interpretato da Giusy Versace. Tra la folla si sussurava quanto fosse ardita e coraggiosa l’atleta paralimpica italiana che ha emozionato il pubblico volando dal campanile al palco del Gran Teatro sulle note di “Because you loved me” di Celine Dion.
Il carnevale è terminato martedì con la proclamazione della Maria 2015, Irene Rizzi, e il “Volo del Leon” accompagnato dall’inno di San Marco, a simboleggiare la chiusura del carnevale.
Oltre a questi grossi eventi a cui ha partcipato un elevatissimo numero di persone, il carnevale di Venezia ha offerto concerti, esibizioni teatrali per adulti e bambini, seminari, spettacoli di marionette e burattini, cene sofisticate e feste a tema nei sontuosi e regali palazzi della città.
Ma il carnevale non è solo questo, è anche un’occasione per immergersi nell’arte e nella cultura di una città che ha tantissimo da offrire. La galleria “Contini”, ad esempio, merita di essere visitata per la singolarità delle opere esposte, realizzate con i materiali del bosco, e le installazioni tecnologiche che creano simpatici effetti d’acqua. Al Palazzo Barbarigo Nani Mocenigo è invece possibile osservare i gioielli della mostra “Precious – Da Picasso a Jeff Koons”, oltre ai meravigliosi affreschi ottocenteschi e tardo-barocchi. Il Palazzo Fortuny ha invece allestito una mostra, in occasione della grande festa mascherata, interamente dedicata alla Divina Marchesa Luisa Casati, musa di Boldini, che spesso la ritrasse nelle sue tele.
In numerosissimi negozi di Venezia, specialmente in occasione del carnevale, è possibile acquistare maschere e costumi, ma un posto in particolare mi ha colpita. Si chiama “Ca’ Macana Venezia” ed è una piccola bottega dove trovare le maschere del film “Eyes wide shut” del grande Kubrick, non realizzate appositamente per la pellicola, ma scelte dal regista tra quelle già esposte nel negozio.
Il carnevale di Venezia è stata per me un’esperienza unica, vetrina d’arte, fantasia e creatività a cui personalmente credo valga la pena assistere e partecipare almeno una volta nella vita. La ricchezza che Venezia offre in poco più di due settimane è in grado di coinvolgere tutti i sensi, senza mai smettere di stupire ed emozionare.

Per leggere la prima parte clicca qui.

IMMAGINARIO
Welcome.
La foto di oggi…

Gli sbarchi dei migranti disperati, le minacce dell’Isis a Sud di Roma, le guerre tutto intorno a noi. Continuiamo a vedere gli stranieri come altro, mentre sono già qui, da anni, facciamo già parte della stessa comunità. A Portomaggiore, per fare un esempio. Ce lo racconta una bella mostra fotografica che si chiama “Welcome: la speranza di un’integrazione”, realizzata dall’associazione Shoot4Change di Ferrara, che mostra, attraverso i suoi scatti, la comunità pakistana, nello specifico quella dell’area di Portomaggiore. Una comunità, quella pakistana, complessa e con valori contrastanti.

“E’ riduttivo parlare dei pakistani senza far riferimento alla differenze culturali, di classe economica e sociale, di provenienza urbana o rurale, le origini dei problemi sono sempre le stesse: la povertà e l’analfabetismo, non la religione.
Il progetto “Welcome: la speranza di un’integrazione” vorrebbe favorire l’integrazione, l’incontro e il dialogo interculturale per aiutare gli italiani a conoscere la cultura pakistana e i pakistani a capire e conoscere il Paese che li ospita, integrandosi senza rinunciare alla propria identità.” dicono gli organizzatori.

Gli scatti sono stati realizzati da Francesco Cavallari, Fabio Folicaldi, Erik Ghedini, Pierpaolo Giacomoni, Francesca Mascellani e Luca Zampini, tutti fotografi volontari delll’Associazione Shoot4Change di Ferrara.
Shoot4Change è un’associazione non profit di volontariato fotografico sociale, creata verso la metà del 2009, subito dopo il terremoto dell’Aquila.

E’ un movimento fatto di volontari, professionisti e amatori, che hanno voglia di scendere per strada a raccontare storie. Quelle piccole, a volte piccolissime, storie che raramente vengono raccontate perché considerate poco remunerative dall’informazione mainstream, senza che possano, quindi, innescare un processo che abbia un vero impatto sul cambiamento sociale.

La mostra sarà visitabile al Ristorante 381 Storie da Gustare in piazzetta Corelli 24, fino al 7 marzo 2015 negli orari di apertura del locale (11-15,30/18.30-22.30).

OGGI – IMMAGINARIO SOCIETA’

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

[clic sulla foto per ingrandirla]

foto di Pier Paolo Giacomoni
foto di Pier Paolo Giacomoni
mostra fotografica-shoot4change-welcome-pakistan-portomaggiore
la locandina della mostra

ACCORDI
Basso giallo banana.
Il brano di oggi…

Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.

[per ascoltarlo cliccare sul titolo]

May I? – Kevin Ayers and the Whole World

Kevin Ayers era bello. Di una bellezza angelica, assolutamente fuori dall’ordinario.
Kevin Ayers era un musicista altrettanto straordinario, un umano anomalo, una rockstar fuori da ogni possibile logica, con una voce profondissima e una gran naturalezza nel fare le cose. Si racconta che al bar di Montolieu (in Francia, dove si era trasferito da tempo) lasciava sempre una chitarra a disposizione di chiunque si trovasse lì e avesse voglia di suonare. Kevin Ayers suonava un basso giallo, bellissimo, amava il vino e s’è goduto la vita. Kevin Ayers se n’è andato il 18 febbraio del 2013, ed è arrivato nella mia vita una notte, circa 6 anni fa, in cui insonne – e forse anche un po’ alticcia – cercavo sulla timeline di FB qualcosa di nuovo da ascoltare. Scelsi un post di Steve Shelley, l’Harry Potter batterista dei Sonic Youth. Il pezzo era questo.

Magari a voi no, ma a me ha cambiato diverse cose. Mi ha fatto scrivere delle canzoni. E l’amore che ha messo in tutto resta qui, in chi lo ricorda, in chi lo ascolta, in chi lo scopre oggi, in chi lo scoprirà domani o tra qualche anno. So long, Kevin.

Kevin Ayers
l’album Shooting At The Moon di Kevin Ayers

Selezione e commento di mrs.Kansas, aka la Zia, al secolo Eugenia Serravalli, è – e non a detta sua – un’ultraquarantenne d’assalto che si dedica al lavoro a maglia e a tempo perso suona, cucina, beve grappa, traduce libri, insegna inglese e guarda Hazzard. Autrice di “Carta Bianca” su Radio Strike, in onda a sorpresa o secondo le vaghe logiche del calendario patafisico.

Radio Strike è un progetto per una radio web libera, aperta ed autogestita che dia voce a chi ne ha meno. La web radio, nel nostro mondo sempre più mediatizzato, diventa uno strumento di grande potenza espressiva, raggiungendo immediatamente chiunque abbia una connessione internet.
Un ulteriore punto di forza, forse meno evidente ma non meno importante, è la capacità di far convergere e partecipare ad un progetto le eterogenee singolarità che compongono il tessuto cittadino di Ferrara: lavoratori e precari, studenti universitari e medi, migranti, potranno trovare nella radio uno spazio vivo dove portare le proprie istanze e farsi contaminare da quelle degli altri. Non un contenitore da riempire, ma uno spazio sociale che prende vita a partire dalle energie che si autorganizzano attorno ad esso.

radio@radiostrike.info
www.radiostrike.org

GERMOGLI
I pensieri.
L’aforisma di oggi…

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

75-w-yoko-ono-photo-lgE’ il compleanno di Yoko Ono, la celebre compagna di John Lennon.

“I pensieri sono come un virus. Falli uscire. Il messaggio circolerà più velocemente di quanto tu possa pensare”. (Yoko Ono)

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