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Da: Rizoma

L’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna sulla sindrome da burn-out degli insegnanti

Dopo una vacanza abbastanza lunga, come quella del periodo natalizio, è piuttosto normale avere una certa resistenza a tornare a lavorare e una difficoltà a recuperare la routine lavorativa. Possiamo però pensare che gli insegnanti potrebbero incorrere in problematiche più serie, trattandosi di una categoria molto esposta al rischio di burn-out, una grave forma di stress lavoro-correlato.

Il burn-out (letteralmente in inglese ‘bruciarsi’) è una sindrome tipica delle ‘professioni di aiuto’ – come è quella dell’insegnante – in cui c’è un costante contatto con gli altri, o che sono comunque contraddistinte da relazioni professionali che presuppongono un forte coinvolgimento personale; un coinvolgimento tale che le qualità individuali diventano centrali rispetto alle conoscenze tecniche. Nel rapporto educativo docente- allievo risulta di fondamentale importanza la componente affettiva e la dimensione emotiva di coinvolgimento e di presa in carico dell’alunno.
La sindrome del burn-out dipende da una serie di fattori, più che da un’unica causa. È il risultato di un insieme di vicende lavorative e anche personali. Può emergere dalle difficoltà quotidiane, a volte amplificate dal precariato che spesso caratterizza la professione, dalla sensazione che il proprio lavoro e tutti gli sforzi profusi abbiano scarsa efficacia, dal complicato rapporto con i genitori degli alunni e con gli alunni stessi, dall’aumento del numero di studenti extracomunitari e dall’inserimento di alunni disabili non sempre supportato dall’Istituzione. Nonostante il forte impegno psicologico richiesto agli insegnati, tuttavia, spesso non viene riconosciuta dalle famiglie e dalla società stessa l’importanza del loro ruolo per la crescita dei ragazzi. Tutte le responsabilità di cui sono investiti, combinate con una considerazione sociale non sempre adeguata, possono portare a una condizione di fragilità e disagio psichico. La sensazione di non poter controllare e gestire queste varie situazioni, la sensazione che la complessità della realtà possa sfuggire di mano può minare la stabilità personale e far precipitare l’insegnante in una situazione di allarme e di ansia che non gli consente di rispondere in modo adattivo e positivo ai problemi. Il profondo malessere si può manifestare anche con grave stanchezza fisica e logoramento emotivo, demotivazione, insonnia, irritabilità e sentimenti di frustrazione.

Come affrontare la fine delle vacanze quando la preoccupazione di non essere all’altezza del ruolo, la fatica e le difficoltà di sostenere il resto dell’anno irrompono tutte insieme? Cercando di prendere consapevolezza delle proprie aspettative, riconducendole a un piano più attinente alla propria realtà, evidenziando gli aspetti positivi del proprio lavoro e non concentrandosi solo su quelli negativi, o ancora, coltivando interessi extra-lavorativi che consentano di non focalizzare l’attenzione solo sui problemi professionali e lavorando in équipe, per condividere lo stress e affrontare insieme situazioni difficili.
Soprattutto è importante diventare coscienti dei possibili segnali di allarme del disagio, chiedere l’aiuto psicologico necessario ad affrontare lo stato di malessere prima di avere consumato tutte le energie fisiche e psichiche. L’insegnante stressato che viene supportato psicologicamente può riuscire a recuperare una vita equilibrata nell’ambito lavorativo, familiare, sociale e ripristinare il coinvolgimento emotivo e la necessaria qualità relazionale specifica della sua professione.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Cari lettori,

dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “giornale” .

Tanto che qualcuno si è chiesto se  i giornali ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport… Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e riconosce uguale dignità a tutti i generi e a tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia; stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. Insomma: un giornale non rivolto a questo o a quel salotto, ma realmente al servizio della comunità.

Con il quotidiano di ieri – così si diceva – oggi “ci si incarta il pesce”. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di  50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle élite, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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