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da: Agenzia Noir sur Blanc

F1: Quando i piloti si scontrano, perché alle scuderie non conviene assumere due grandi.
Uno studio su 30 anni di Formula 1 indica che due piloti di primo livello che gareggiano nella stessa squadra hanno un effetto negativo sulle rispettive prestazioni individuali

Quando i due compagni di scuderia di Formula 1 Lewis Hamilton e Nico Rosberg si sono scontrati al Gran Premio del Belgio, la lotta per il titolo di campione del mondo tra i due piloti della Mercedes si è trasformata in una guerra aperta.
La loro rivalità ha fatto rivivere un eterno dilemma della Formula 1: è meglio assumere due piloti dello stesso livello, oppure un fuoriclasse con un secondo pilota di supporto?

La risposta potrebbe essere fornita da una nuova ricerca condotta dalla Cass Business School, della City University London. Dopo aver studiato ogni singolo pilota in tutte le gare di Formula 1 dal 1981 al 2010*, gli esperti hanno rilevato che due piloti di primo livello che gareggiano nella stessa squadra hanno un effetto negativo sulle rispettive prestazioni individuali.

“Abbiamo riscontrato che due piloti con un passato di successo avevano maggiori probabilità di ottenere buoni risultati in futuro. Tuttavia, se la differenza tra i livelli prestazionali del passato di due compagni di squadra diminuiva, lo stesso avveniva per i risultati individuali”, spiega il co-autore dello studio, Dottor Paola Aversa, docente di strategia alla Cass Business School. “In altre parole, va bene assumere un pilota di primo livello, ma le sue prestazioni medie diminuiscono quando il suo compagno di squadra vanta un livello simile di successo ottenuto nel passato”.
Secondo gli autori dello studio, i risultati trovano applicazione al di là delle gare di Formula 1, rivelando perché chi ottiene i risultati migliori in un’organizzazione non riesce a soddisfare le aspettative in un’altra.
“Si tratta di un fenomeno che interessa i top manager delle organizzazioni pubbliche e private, gli esperti di primo livello dei team di ricerca e sviluppo e le stelle cinematografiche di Hollywood”, spiega il Dottor Aversa.
“Le organizzazioni che tentano di costruire la squadra perfetta assumendo molte stelle rischiano di mettere due galli nello stesso pollaio, il che, stando ai fatti, può peggiorare le prestazioni individuali dei componenti della squadra”.
Ma allora, perché le prestazioni individuali diminuiscono nelle squadre dove è presente più di un leader? Secondo il Dottor Aversa, uno dei motivi è l’insorgenza di conflitti interni alla squadra, poiché due dipendenti di alto livello concorrono per gli stessi risultati.

Le squadre di Formula 1 risolvono questa situazione favorendo uno dei due piloti, in modo da evitare i conflitti interni, oppure rifiutando di parteggiare per uno dei due, promuovendo così la competizione interna.
“Nessuna delle due opzioni dà risultati positivi”, sostiene il Dottor Aversa. “Nel primo caso si tende a demotivare entrambi i piloti, dal momento che il favorito tende ad attenuare il suo antagonismo e il secondo ridimensiona le sue ambizioni rendendosi conto di non essere autorizzato a superare il collega. La rivalità all’interno della stessa squadra tra Barrichello e Schumacher all’inizio del decennio ne è la dimostrazione”.
“Nel secondo caso, quando cioè la squadra favorisce il conflitto interno, l’antagonismo che ne risulta spesso porta al fallimento di qualsiasi collaborazione all’interno della squadra, finendo per scatenare duelli aggressivi che spesso si concludono con lo scontro tra le due macchine. È quello che è successo nell’incidente che ha recentemente coinvolto Hamilton e Rosberg in Belgio”.

Un secondo motivo della diminuzione delle prestazioni individuali nelle squadre con due esponenti di massimo livello riguarda l’utilizzo inefficiente delle risorse. Quando due piloti sono sullo stesso livello, le squadre possono decidere di suddividere equamente le risorse disponibili tra i due leader, anche se questa decisione non massimizza le probabilità di vittoria della squadra. Inoltre, la lotta dei piloti per aggiudicarsi le risorse migliori della squadra potrebbe rallentare il processo interno di assegnazione delle risorse.

“Le squadre rallentano il loro processo decisionale perché devono ponderare attentamente l’impatto della scelta di favorire un pilota o l’altro”, spiega il Dottor Aversa. “In contesti fortemente competitivi come la Formula 1, dove alle squadre viene richiesto di concentrare le loro risorse e rispondere rapidamente ai cambiamenti nell’arena della gara, questo comportamento danneggia sia le prestazioni dei piloti che quelle della squadra”.
Perciò, esiste una soluzione valida per le squadre di Formula 1 e per le aziende che si trovano a dover gestire due galli nello stesso pollaio? “Una buona strategia è quella della chiarezza”, suggerisce il Dottor Aversa. “Quando le squadre assumono due leader, devono rendere chiara la loro strategia fin dal primo giorno. In questo modo, le aspettative sono chiaramente definite per entrambi i piloti e tutti sanno qual è la cosa giusta da fare in ogni situazione. In caso contrario, le cose tendono a confondersi, creando il tipo di problemi che abbiamo visto quando Hamilton e Rosberg si sono scontrati durante il Gran Premio sul circuito di Spa”.

“Why do high status employees underperform? A study on conflicting status within Formula 1 racing”, del Dottor Paolo Aversa (Cass Business School, City University London) in collaborazione con il Professor Gino Cattani (Stern Business School, Università di New York) e il Dottor Alessandro Marino (Dipartimento di Management, Università Luiss, Roma)
Gli autori illustreranno i loro risultati alla Conferenza della Strategic Management Society che si terrà a Madrid il 22 settembre.

*Lo studio statistico prende in considerazione aspetti come l’età del pilota, l’esperienza precedente, le origini familiari (cioè se altri membri della famiglia praticano sport nel campo dei motori) e gli incidenti con ferite, oltre ad aspetti come le innovazioni di ogni auto e il tipo di regolamento annuale imposto dalla FIA.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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