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di Cecilia Sorpilli

“L’immagine che emerge è dunque quella di una famiglia sempre più gruppo e sempre meno istituzione, frutto di scelte sempre meno vincolanti e sempre più frequentemente rinegoziabili, un’esperienza di vita che accompagna l’attore sociale nel corso della sua biografia, cambiando forme e modi a seconda delle fasi e degli avvenimenti che ne sono il contrappunto, piuttosto che passaggio obbligato per entrare nella piena maturità”. Così Paola De Nicola, professoressa di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università degli Studi di Verona, descrive l’attuale universo familiare. La famiglia non più come formazione sociale stabile e immutabile, ma come organizzazione che può evolvere e assumere molteplici e diverse forme sperimentabili da un individuo nel corso della propria vita.

Ogni tipologia familiare ha proprie peculiarità, punti di forza e criticità, ma tutte devono affrontare alcune sfide tipiche del ciclo vitale familiare e della società a cui appartengono.
Con l’avvento della società postmoderna la famiglia si è allontanata sempre più dalla società in cui è inserita, generando così il fenomeno della privatizzazione familiare. Tale fenomeno ha portato a un progressivo isolamento della famiglia che dispone sempre meno di possibilità di incontro, dialogo, confronto con altre famiglie. Tale isolamento e impoverimento di relazioni è un elemento che rende ancora più fragile la coppia, che si trova a dover affrontare in solitudine problematiche educative senza poter avere come sostegno e riferimento una rete informale per dissipare dubbi e paure nel prendere determinate scelte.

I nuovi genitori non ritengono più valido ed efficace il modello educativo utilizzato dai loro genitori, ma allo stesso tempo non hanno un nuovo modello a cui riferirsi e quindi cercano rassicurazioni e conferme riguardo le loro modalità educative divenendo sempre più insicuri riguardo le proprie competenze genitoriali. Al contempo si assiste a un’assenza di una tematizzazione socio-culturale riguardo i ruoli genitoriali che sostenga i genitori nell’acquisizione della consapevolezza di aver in sé risorse, competenze e capacità educative sufficienti e adeguate per crescere i propri figli. A ciò si aggiunge che per i genitori diventa sempre più difficile conciliare i tempi di lavoro con quelli dedicati alla cura dei figli, avvertendo così sempre più la mancanza di tempo necessaria a costruire una salda e adeguata relazione con i propri figli.

Anche il momento iniziale in cui avviene la formazione della coppia non è esente da crisi. La criticità di questo passaggio per la nuova coppia riguarda diversi fattori come la difficoltà di acquistare o affittare una casa, riuscire a divenire autonomi rispetto alle famiglie di origine ridefinendo i confini tra la nuova famiglia e quelle di provenienza, elaborare un codice simbolico proprio della coppia, ecc. L’ingresso sempre più posticipato nella vita adulta con la conseguente dilatazione della permanenza nel nucleo di origine porta i membri delle giovani coppie ad essere impreparati nell’assumersi l’impegno di cura nei confronti di un altro. Quindi sempre più spesso accade che la crisi generata dalla nascita di un figlio non faccia maturare e consolidare la coppia, ma venga vissuto invece come fattore disgregante e conflittuale che può portare alla separazione.

Risulta evidente quindi che un compito fondamentale per la famiglia, come affermano Scabini e Cigoli, rispettivamente residente del Comitato Scientifico del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia e professore emerito di Psicologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è saper superare i momenti di transizione, che essendo momenti di passaggio tra diverse fasi, provocano crisi. “La transizione […] riguarda qualcosa che va lasciato e implica il raggiungimento di un obiettivo/scopo, che si declina in precisi compiti di sviluppo che vanno intesi come sfide e prove da superare con i relativi processi di coping”. Allo stesso tempo però Scabini e G. Rossi, quest’ultimo professore ordinario di Sociologia della famiglia presso l’Università Cattolica di Milano, riconoscono quanto sia difficile per la famiglia contemporanea riuscire a compiere una transizione nel contesto sociale odierno, “a differenza della società premoderna nella quale i passaggi erano momenti comunitari e altamente ritualizzati, nelle società contemporanee le transizioni vengono rappresentate e vissute soprattutto in termini individuali e la dimensione della ritualità sociale è decisamente lasciata sullo sfondo”. Donati, professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna, aggiunge che “la famiglia post-nucleare deve mediare molte più relazioni di un tempo e in reti più mobili e variegate di quanto avveniva in passato. Le mediazioni, poi, è più o meno estesa anche in rapporto alle risorse della famiglia, al suo sistema di valori e al contesto in cui è inserita”; quindi anche Donati, come molti altri autori, riconosce la complessità e le possibili criticità dei nuovi contesti familiari.

Secondo Bartolini, ricercatrice in Pedagogia sociale, familiare e interculturale presso l’Università degli Studi di Perugia, il compito dell’educazione è di aiutare la famiglia ad acquisire strumenti adeguati per superare le crisi che le diverse fasi evolutive familiari producono. Sostiene inoltre che sia dovere delle politiche sociali tutelare le relazioni familiari, ma soprattutto garantire al nucleo familiare la possibilità di accostarsi ai Servizi che sostengono la genitorialità. Bartolini sostiene anche che ogni pensiero e intervento di pedagogia familiare debba rispettare e valorizzare ogni tipologia familiare potenziando le risorse presenti in ogni ambiente familiare perché “tutte le tipologie familiari hanno lo stesso bisogno educativo, seppure con modalità diverse, e tutte debbono poter essere destinatarie di percorsi di preparazione alla vita familiare e di sostegno alla genitorialità”.

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Redazione di Periscopio

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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