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Giorno: 13 Novembre 2017

Due mostre fotografiche per difendere la pace: inaugura a Palazzo Ducale un doppio tributo al Movimento Nonviolento

Da Matteo Bianchi

«Spero che gli individui imparino a dire la loro, ad affermare la loro visione del mondo pure in modo incisivo, ma senza usare la violenza», questo il desiderio espresso da Daniele Lugli, che sarà tra i ritratti di “Senza Offesa. Strategia di opposizione nonviolenta” e “50 anni di Azione nonviolenta”. Le due mostre saranno inaugurate domani, lunedì 13 novembre, alle 16.30, nel Salone d’Onore del Municipio. La prima mostra fotografie di azioni promosse dal Movimento Nonviolento per la Pace e il riconoscimento del diritto dell’obiezione di coscienza. La seconda, invece, documenta la storia della rivista a partire dall’uscita nel 1964. Delle azioni, oggetto della prima, Pietro Pinna, ferrarese e obiettore di coscienza nel 1948, è stato principale animatore, promotore e ispiratore, quando le condizioni di salute e l’età non gli hanno consentito la partecipa-zione diretta. Della rivista, voluta da Aldo Capitini, è stato responsabile fino alla morte avvenuta lo scorso anno.
«Dopo lo scorso Festival della Filosofia di Modena, ci tengo che le due mostre siano viste dai fer-raresi – spiega Lugli – perché l’azione di Pinna ha reso possibile una legge sull’obiezione di co-scienza nel nostro paese, un servizio civile alternativo che poi è diventato il servizio civile volontario per migliaia di giovani. Pinna ha pagato per questo e non deve essere dimenticato. Accompagnerò personalmente i 160 ragazzi del servizio civile ferrarese, divisi in gruppi da 20 ogni mattina della prossima settimana. Attraverso la mia esperienza personale racconterò loro la mia la nonviolenza come modo di pensare e di agire». All’inaugurazione saranno presenti il sindaco Tiziano Tagliani, Anna Quarzi, direttrice dell’Istituto di Storia Contemporanea e Daniele Lugli, presidente emerito del Movimento Nonviolento. Inoltre è previsto un intervento musicale del Trio Khore, composto da Chiara Alberani, voce e chitarra, Arianna Tieghi al clarinetto e Ilaria Farina alla fisarmonica. Le mostre saranno visitabili sino al 28 novembre, dalle 9 alle 18, e saranno successivamente ospitate in alcune scuole cittadine.
L’esposizione fa parte di un ciclo di iniziative che si svilupperà il prossimo anno, volto a ricordare due concittadini, Silvano Balboni e Pietro Pinna, che hanno impegnato la loro vita contro la guerra. Ad aprire il programma, lo scorso 26 ottobre, è stata la presentazione del libro dello stesso Lugli, Silvano Balboni era un dono.

DIARIO IN PUBBLICO
Umani e animali: a voi l’ardua sentenza

Al di là del colpo di testa che il noto signore ha inferto al giornalista Rai, l’attenzione del popolo si sposta al solito su quella che il Sommo Poeta chiama “l’inguinaia”, cioè la zona che “dalla cintola in giù” interessa al popolo (?) italiano. Ormai anche una piccolissima frase di commento non va recepita se non è siglata da c….o oppure dalle sue appendici dette comunemente c….i. I ‘vaffa’ si sprecano e il buco posteriore è oggetto di complicatissimi traffici. Insomma i manganelli metaforici diventano l’arma del comando e non a caso nelle orride foto che documentano il pestaggio ostiense è proprio il manganello l’arma più terribile che insegue, frantuma, colpisce chi ormai ha già il naso rotto.

Ma cominciamo dall’alto. Come è a tutti noto Ferrara vanta una produzione di frutta straordinaria tra cui eccelle la pera. Ecco allora che la frase “At ciocch ‘na pera” non consiste nel gesto gentile di offrire un frutto, ma di mollare un cazzotto o ancor meglio una capocciata. Potenza della lingua che prevede e invera.
Al di là delle metafore e dei paralleli, in questo terribile momento che sta vivendo l’Occidente – ma non solo – il termine violenza si coniuga nelle più diverse accezioni. Si va da quella reale a quella verbale, a cui ci hanno abituato da tempo personaggi noti, politici o no. Le cosiddette ‘risse’ televisive o mediatiche fanno audience e determinano il comportamento sociale e individuale. Così come ormai alzare il dito medio è diventato scambio di saluto (una volta si faceva ‘ciao’ ‘ciao’ con la manina); perfino il gesto dell’ombrello immortalato dal grandissimo Alberto Sordi che lo indirizzava ai lavoratori è rifiutato perfino dai bimbi settenni, che lo trovano poco efficace. Così, nonostante la difficilissima scalata alla parità che le donne conducono ormai da un secolo e nella quale sembra – molto sembra – abbiano l’aiuto dei maschi avveduti e senzienti, il termine di paragone viene esplicitato dal ‘popolo’ come contrasto irrisolto tra pene e vagina. Di fronte agli abusi e ai femminicidi di giovani o non giovani donne sempre più il sussurro si fa grido e si conclude con un soddisfatto: “se l’è voluta”. Così come, assistendo alla trasmissione televisiva di Piazza Pulita, nel ‘dibbattito’ m’impressionavano non tanto le dichiarazioni terrificanti del leader di casa Pound di Ostia sulla vicenda del giornalista picchiato, quanto gli entusiastici battimani del pubblico che sottolineavano le sue più tremende dichiarazioni: veramente “da paura!”

Così ci avviamo alle elezioni nazionali e tra un anno e mezzo anche a quelle comunali. E il coraggio di testimoniare l’appartenenza e la scelta vien sempre meno quando si sente e si vede come crollano miti e persone. Nell’assistere alla puntata di ‘Fratelli di Crozza’ di venerdì 10 ci si rende conto a quale livello si è giunti. Dall’imponente rappresentazione dell’Aida con Radames-Berlu, all’impagabile De Luca, alla new entry Minniti, fino al classico Razzi, la compagine politica si è sciolta sotto i colpi inferti dalla satira come neve al sole. E sempre più ci si domanda: chi votare? Non c’entra nulla la disposizione ereditaria (sono di sinistra e non lo rinnego) ma qual è oggi la sinistra? Si può ancora mettere da parte i fatti e rivolgersi alle idee o in modo misurato anche alle ideologie?
Per fortuna nel panorama politico non tutto è da rifiutare. Penso a una figura come Emma Bonino, al suo radicalismo positivo, al modo e alla dignità con cui ha affrontato il cancro, al suo spendersi per i rifiutati.

E nel mio campo? Tra gli splendidi libri che ci regala la cultura ebraica, con i modesti risultati degli europei, con la mancanza di novità sostanziali di quelli italiani, mi sono imbattuto in un libro corrosivo che ho presentato alla Feltrinelli di Ferrara: ‘Pets. Come gli animali domestici hanno invaso le nostre case e i nostri cuori’, di Guido Guerzoni (Feltrinelli, 2017).
L’autore, come si esplicita nel risvolto di copertina, è un manager culturale che ora dirige il progetto del Museo M9 a Mestre, insegna alla Bocconi e già da tempo lo conoscevo in quanto spesso era di casa all’Istituto di Studi Rinascimentali. Il libro, rigorosissimo, basti vedere l’apparato delle note, vuol dimostrare con ironia e leggerezza la trasformazione del pet da animale di casa ad appendice della nostra vita sostituendo l’infanzia umana con quella animale. La straordinaria invenzione di Guerzoni consiste nel fatto che, mentre gli animali conquistano il loro ruolo umano, quest’ultimo si perde nella virtualità della tecnologia, assumendo il ruolo di avatar di sé stesso. Grandioso. Guerzoni sostiene che tutti gli strepitosi esempi e i racconti sono rigorosamente veri. E questo, come asserisce il cane dell’autore, Pioppo – presente in libreria, un bretone che come sostiene il suo ‘papà’ è un cane di origine ferrarese amatissimo dagli Estensi – produce la progressiva animalizzazione dell’uomo, che a questo punto per forza assumerà gli aspetti primordiali della sua specie (a proposito di capocciate), mentre agli umani pets sarà concesso un comportamento straniante. Si veda l’ultima legge fiorentina che impone agli accompagnatori degli animali di girare con bottiglia d’acqua in modo da poter immediatamente lavare le pipì dei propri ‘bimbi’ per strada. Ma loro come potranno ricambiare? Così: “Non tirare, camminare al fianco, tenere il passo, controllare l’aggressività, non molestare i passanti, non correre in mezzo alla strada inseguendo la palla, non finire sotto le macchine, non fuggire nei centri commerciali, stare buoni in passeggino, non inveire contro gli ospiti, comportarsi urbanamente con i propri simili, stare composti a tavola, non implorare il cibo, non sbavare, non sputare le medicine, non fare i propri bisogni sul pavimento, farsi lavare i denti, sopportare bagni e docce, non vomitare in pulmann, chiedere educatamente di uscire, rimanere soli senza lamentarsi, non mordere a casaccio, non fare i capricci, non essere gelosi, esprimere misuratamente i propri sentimenti, non tirare i fili, non danneggiare poltrone e sofà, non ingoiare solidi pericolosi, non ingerire sostanze tossiche, non lasciare la stanza in disordine, non abbandonare i giocattoli in mezzo al corridoio, non voler dormire a tutti i costi nel lettone con mamma e papà…” (p. 91).

Questo forse gli umani avrebbero voluto dai loro figli e di queste speranze e aspettative caricano i loro pets. Così le ministre debbono far rispettare la legge che impone che fino ai 13/14 anni i figli umani debbono essere accompagnati a scuola e il loro comportamento saggio passerà per forza ai loro fratelli pets.

Differenze di genere…

di Francesca Ambrosecchia

È inutile affermare che non esistano differenze di genere. L’identità di genere maschile e quella di genere femminile sono ben definite, nelle loro diversità e nei loro punti comuni.
Il discorso su tali identità è complesso e ha avuto inizio solo negli anni ’70 del secolo scorso: non si parla solamente di caratteristiche fisiche e biologiche ma di come la società considera queste ultime. È in quegli anni che le donne assumono consapevolezza della propria situazione di disparità, rilevando che il genere prevalente detiene il potere. A ben pensarci, la società e la cultura di un dato contesto, determinano gran parte di tali “credenze”, in modo particolare riguardanti le donne: come queste sono considerate rispetto agli uomini e quali sono i loro ruoli.
Le pari opportunità sono garantite nel contesto europeo, non ammettendo quindi discriminazioni di genere in ambito economico, lavorativo e sociale ma tali opportunità sono rispettate? E in tutti gli ambiti citati?
Le differenze devono costituire uno dei valori più importanti della società, nell’ottica di una buona convivenza civile. Anche in tale ambito, gli stereotipi vanno messi da parte, anche se spesso sono inconsci: alcune donne potrebbero ritenere di essere portatrici di caratteristiche che proprio queste credenze diffuse nella società attribuiscono loro. Donne come soggetti più deboli, più dolci, più ingenui rispetto a chi o a che cosa? Al genere maschile.
Si tratta di idee e pensieri che, nonostante i progressi, si annidano in alcuni contesti e in certe mentalità.

“Io stessa non sono mai stata in grado di scoprire cosa è esattamente il femminismo; so solo che la gente mi chiama femminista ogni volta che esprimo sentimenti che mi differenziano da uno zerbino”
Rebecca West

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la settimana…

Spaghetti al pomodoro

Sulle note dei Counting Crows ho appena preso una cipolla quando K entra in cucina e mi fa «Spero sia tropea, ne basta mezza.»
«Certo certo, naturalmente!» rispondo subito.
Viviamo insieme da dieci anni, io e K, e ogni volta che mi metto ai fornelli arriva lui a controllare che faccia tutto per bene, come se non sapessi come si fa un banale sugo al pomodoro.
Allora, taglio a pezzetti sottili la mia mezza tropea, la metto in padella, ci verso l’olio…
«Alt, è extravergine spero!»
«Ovvio, è da una vita che usiamo solo quello!» faccio io.
Quindi inizio a soffriggere e…
«Mi raccomando, basta un’indorata!»
«Un’indoche?» faccio un sospiro «Sì dai che ho capito.»
Abbasso la fiamma e butto il pomodoro nel soffritto.
«Hai usato i pezzettoni? Lo sai che sono meglio della passata.»
«Ceeerto che ho usato quelli, che ti credi?», altro sospiro.
Inizio a mescolare e…
«Ricordati il dado vegetale!» insiste di nuovo. Usare il dado era stata un’invenzione di Viki.
«Senti, vuoi farlo tu?» rispondo io porgendogli il dado che avevo appena scartato «Se vuoi accomodati!»
«Ok, non parlo più.» dice lui sistemandosi in un angolo tra la tavola e il frigorifero.
Finalmente concludo la mia preparazione senza ulteriori interventi di K. Rimescolo il tutto a fiamma lenta finché il dado non s’è completamente sciolto, nel frattempo m’accorgo che l’acqua nella pentola sul fornello a fianco ha iniziato a bollire, così ci verso gli spaghetti, regolo il timer a undici minuti, metto il fuoco del sugo al minimo e aspetto.

In effetti K non ha mai parlato, ma mi piace pensare che lo faccia. Lui si limita a guardarmi con interesse, qualsiasi cosa faccio. Lo fa da sempre, lo faceva anche con Viki.
Viki manca come l’aria, a tutti e due. Da quando non c’è più, K ha preso il suo posto sul divano: sente ancora il suo profumo sul cuscino.
Ogni giorno K mi ricorda di Viki, di quando lei tornò una sera con un caldo batuffolo di pelo in braccio e me lo porse dicendomi “Ecco questo è K, è un maschietto e starà con noi per tanto tempo spero.”

“Viki, amore, K è sempre qui mentre tu te ne sei andata. Curiosa la vita eh?”

Sento squillare: la pasta è pronta!
Butto gli spaghetti nello scolapasta in una nuvola di vapore, li verso nella padella del sugo e li mescolo per bene, per finire aggiungo tre foglioline di basilico.
K esclama «Evviva si mangia!»
Ovviamente lo dice senza parlare: scodinzola e si lecca i baffi, gli occhi gli brillano di gioia.
Non ci vuole molto per capire K e quelli come lui, chi ama un cane lo sa bene.
Porto la padella in tavola, una bella spolverata di parmigiano e… buon appetito!

A Long December (Counting Crows, 1996)

Il vecchio Sant’Anna del tempo che fu

di Francesca Ambrosecchia

Mi trovo in uno spiazzo squadrato, aperto su un lato. Gli zampilli della fontana che lo caratterizza non sono attivi, la stagione afosa ferrarese si è ormai conclusa.
Sono in Piazzetta Sant’Anna, un luogo stranamente tranquillo nonostante la vicinanza con il traffico di Corso Giovecca. Il nome attribuito a questo antico piazzale ci riporta all’omonimo ospedale situato proprio in Giovecca, all’interno del quale oggi rimangono solo alcuni ambulatori. Per comprendere questa coincidenza bisogna fare un passo indietro.
È proprio nel luogo in cui ho scattato questa foto che ha avuto sede il primo ospedale della nostra città, l’Ospedale Sant’Anna: vi fu, quindi, un trasferimento della struttura con tanto di nome al seguito.
Curiosità: dietro un piccolo cancello, in una nicchia adibita appositamente, è possibile ammirare il busto del poeta Torquato Tasso che venne rinchiuso, per volere del Duca di Ferrara, all’interno dell’ospedale. Nella struttura del vecchio ospedale è ancora presente la cella del Tasso.
Ritenuto pazzo vi rimase per sette anni: alle manie di persecuzione di cui il celebre poeta soffriva, si aggiunsero tendenze autopunitive. Tasso trascorse così, nella nostra Ferrara, gli anni più felici e anche quelli più duri della sua vita.

compensazioni

Rifiuti: prevenire e recuperare è meglio che buttare

La sfida del futuro che si apre sia sul piano economico sia sul piano sociale comporta per le imprese processi globali di innovazione non solo sui nodi strutturali (innovazione tecnologica, assetti societari, trasparenza economica etc.), ma anche sugli aspetti culturali.
La qualità dell’ambiente è un diritto fondamentale dei cittadini e dunque deve crescere la ricerca di miglioramento e gli obiettivi di base a cui tendere:

  • ricerca di efficacia ed efficienza dei servizi (verso la cultura del benessere);
  • sviluppo dell’informazione (rendere partecipi su qualità e sicurezza);
  • ricerca costante di collaborazione dei cittadini (impegno civile);
  • sviluppo di una corretta educazione ambientale (favorire la sostenibilità).

La cultura dei servizi di pubblica utilità, in sinergia fra cultura tecnologica e cultura sociale, gioca un ruolo determinante nel progettare e pianificare il percorso di ‘erogatori responsabili’ impegnati nella gestione ambientale e di impresa.
Bisogna dunque individuare come chiave strategica la prevenzione dei rifiuti anche attraverso la trasformazione degli stessi in risorsa, perché prevenire la loro produzione non è solo un’azione ecologica, ma anche un’azione in grado di far risparmiare danaro e creare posti di lavoro.

Il problema dei rifiuti non è solo globale, è prima di tutto un problema locale; per questo anche Clara si impegna ogni giorno con competenza, efficacia e puntualità per garantire servizi di raccolta funzionali e di alto livello, minimizzando nel contempo l’impatto ambientale dei rifiuti.
Qualche mese fa, in occasione dell’evento costitutivo della nuova società, oltre a illustrare il percorso di fusione e gli obiettivi della nuova società, è stato presentato il ‘Manifesto per la rinascita dei rifiuti’, “un documento che raccoglie i valori e i modelli di Clara condivisi anche da altre aziende che come noi vogliono contribuire a costruire una civiltà in grado di produrre meno rifiuti e trasformare in risorsa quelli che ci sono, attraverso un approccio innovativo alla raccolta differenziata”.
Cinque sono i punti del Manifesto, che ha come sottotitolo “Dal loro recupero nasce la sfida per una società più giusta e un ambiente più pulito”.

  1. Il recupero effettivo deve essere il nuovo obiettivo strategico; la percentuale di recupero è dunque l’indice più affidabile e significativo.
  2. Il metodo di lavoro che garantisce i più elevati livelli di recupero è il porta a porta, che raccogliendo casa per casa ogni genere di rifiuto in maniera differenziata è anche in grado di attivare più efficacemente i principi di responsabilità.
  3. Occorre che i cittadini e aziende che si comportano in modo virtuoso siano premiati con tariffe più basse, pagate in base a quanto effettivamente si getta (principio Pay-As-You-Throw)
  4. Occorre che il modello industriale della società di gestione dei rifiuti sia mirato specificatamente al servizio di raccolta su misura.
  5. L’applicazione di questo modello è rafforzato da un approccio che premi la virtù di interi territori in ambiti di media dimensione integrati e non solo le volontà di singoli Comuni.

Il sistema dei servizi pubblici locali, nonostante sia al centro dell’attenzione da molti anni sia sul piano delle riforme possibili sia sul suo ruolo, evidenzia ancora posizioni contrastanti. Manca una condivisione di politica industriale, di sviluppo sociale ed economico dei territori. Deve crescere la condivisione del servizio pubblico locale in una logica di trasparenza e di sviluppo della qualità.
In alcune regioni, sicuramente in Emilia Romagna, le concentrazioni di imprese, la politica industriale di miglioramento e la crescita dell’imprenditoria pubblica hanno prodotto crescita del valore, economie di scala ed efficienza economica.
Si ritiene debba crescere il confronto sul delicato e prioritario ruolo dell’impresa di servizi pubblici, un’impresa che deve operare economicamente perseguendo fini collettivi e risultati sociali e quindi non è rappresentabile solo dall’efficienza e dal profitto, ma deve essere valutata misurando il contributo che essa apporta al benessere della società.
Clara ritiene che insieme ai cittadini si possa costruire una civiltà al tempo stesso più prospera e più pulita. Che produca meno rifiuti e trasformi in risorsa quelli che ci sono. È il principio dell’economia circolare: ovvero superare il concetto che un prodotto alla fine della propria funzione debba essere gettato o bruciato. Quasi sempre, in realtà, può essere trasformato in qualcos’altro. In un ciclo continuo, senza sprechi. Come avviene in natura. Ogni giorno, con un approccio mirato al recupero dei rifiuti, Clara lavora per fare un salto di qualità verso un’economia del benessere sostenibile, che porti vantaggi all’ambiente e costi più equi per i cittadini.

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