Skip to main content

Giorno: 23 Febbraio 2016

L’EVENTO
Promess* Spos*: la terza edizione del Tag Festival a Ferrara

“Speravamo che il 26 febbraio fosse tutto finito, ma non è così”, anzi “stiamo navigando a vista” ed “è anche nel nostro interesse cercare di affrontare il tema senza creare ulteriori ostacoli”: queste parole del presidente nazionale di Arcigay Flavio Romani – lunedì mattina durante la conferenza stampa di presentazione del programma – dipingono il non facile clima nel quale è stato organizzato e si terrà “Promesse…e sposi”, il Tag-Festival di Cultura Lgtb, arrivato alla sua terza edizione, a Ferrara il 26, 27 e 28 febbraio.
Gli fa eco Massimiliano De Giovanni, presidente Arcigay Ferrara: “organizzare un festival come questo in questo dato momento storico non è facile”. E dal canto suo anche Massimo Maisto, vicesindaco di Ferrara e assessore alla cultura con delega ai giovani (proprio dai capitoli della cultura sono venuti i 3.000 euro contributo del Comune all’iniziativa), afferma che: “speravamo di trovarci qui a festeggiare una nuova legge”, invece “purtroppo il festival si terrà nel pieno di un dibattito” che, secondo il suo personale parere, è “una delle pagine più brutte della politica italiana” perché “si fanno tatticismi sulla vita e sulla pelle delle persone”.
Ecco allora che ad aprire il Tag Festival venerdì pomeriggio pare non sarà più la senatrice Monica Cirinnà, che ha legato indissolubilmente il suo nome al disegno di legge sulle unioni civili. Gli organizzatori sono in attesa di un nome alternativo: “Spero che verrà qualcun altro del Pd a spiegarci la situazione in Senato”, ha affermato Romani. Incalzato dai giornalisti, a proposito delle recenti affermazioni di Renzi sulla strategia per l’approvazione del ddl, il presidente nazionale di Arcigay spiega che, nonostante la comprensibile “amarezza”, la strada dell’alleanza trasversale con Sel e Movimento Cinque Stelle è ancora “l’unica”: “si vedrà articolo per articolo chi vota cosa e chi boccia cosa”. “Cercare l’alleanza con Ncd – continua Romani – significherebbe fare una legge di civiltà con il partito più omofobo d’Italia, che questa legge non la vuole”.

tag festival
Un momento della conferenza stampa

In un momento così delicato diventa ancora più necessario e importante, secondo gli organizzatori, approfondire le tematiche legate alle persone, alla comunità e alla quotidianità lgtb con “un programma di altissimo profilo”, secondo De Giovanni, che spazierà dall’ideologia gender all’omogenitorialità, dal bullismo omofobico nelle scuole al confronto con la religione.
Particolarmente importante l’appuntamento di sabato mattina alle 11: Ketty Segatti della Regione Friuli Venezia Giulia e Dario Accolla de Il Fatto Quotidiano illustreranno i “dati sconcertanti” del “primo studio scientifico di carattere internazionale” sul bullismo che ha coinvolto 2.138 studenti degli istituti superiori del Friuli Venezia Giulia, ha spiegato Luca Morassutto (avvocato di Articolo29 e nuovo componente del direttivo Arcigay di Ferrara). Seduti fra il pubblico ci saranno anche studenti di “diverse classi degli istituti superiori cittadini”, ha sottolineato l’assessora alla pubblica istruzione e alle pari opportunità Annalisa Felletti: “riteniamo utile la partecipazione dei ragazzi come segmento della cittadinanza su cui è importante lavorare sul piano della sensibilizzazione” per “educare alle differenza valorizzandole, non livellandole”.
Sabato pomeriggio la filosofa Michela Marzano e la teologa ed ex monaca benedettina Benedetta Selene Zorzi affronteranno insieme alla giornalista Caterina Coppola la fantomatica ‘ideologia del gender’, che Romani ha definito “una macchina di terrorismo psicologico, soprattutto all’interno delle scuole”. Domenica mattina, lo psicoterapeuta familiare Federico Ferrari, la bioeticista Micaela Ghisleni e Cristina Gramolini, tra le fondatrici dell’associazione nazionale Arcilesbica, parleranno invece di omogenitorialità e nuovi modelli famigliari.
Domenica pomeriggio dalle 16 circa, infine, si parlerà di religione e dei dilemmi con cui si confrontano i credenti gay, ma non solo: “non per fare polemica, per trovare punti di contatto”, ha affermato Massimiliano De Giovanni. Don Bedin, “rappresentante di una Chiesa madre e non matrigna, non potrà venire, forse perché la matrigna si è mossa”, ha scherzato un po’ provocatoriamente Flavio Romani. Arriverà però appositamente da Barcellona, dove si è trasferito dopo essere stato sospeso dal sacerdozio in seguito al proprio coming out, Krzysztof Charamsa, teologo ed ex insegnante al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum e alla Pontificia Università Gregoriana. Dialogherà con lui il magistrato, credente e omosessuale, Eduardo Savarese, autore del volume “Lettera di un omosessuale alla Chiesa di Roma”.
Ci sarà naturalmente spazio anche per il divertimento e “l’autoironia, che è uno dei nostri punti forti”, ha scherzato Romani. Venerdì pomeriggio alle 18 alla Sala Boldini, Veronica Pivetti presenterà il suo film d’esordio “Né Romeo né Giulietta”; alle 21,30 Mikaela Capucci di Mikamale Teatro salirà sul palco della Sala Estense con “L’importanza di lavarsi presto”: Suor Melodia, le sue orazioni ‘riparative’ e proposte ‘rieducative’ per lesbiche, gay e transessuali faranno trascorrere un’ora e mezza di sfrenata allegria. Sabato sera toccherà ad Alessandro Fullin e al suo il suo “Fullin legge Fullin” e, dalle 23, al party La Cage Aux Folles all’Arci Bolognesi. Infine, domenica dalle 18.30 Fabio Canino racconterà la genesi del suo nuovo romanzo distopico “Rainbow republic”, che racconta la rinascita economica della Grecia grazie alla partecipazione e al sostegno della comunità gay.

Il programma aggiornato sul sito www.tagfestival.it

Il maggio dei senza terra

Stella Egitto
Stella Egitto

Non ce li siamo persi. Abbiamo solo preso un attimo di respiro e di coraggio prima di visionare gli ultimi due episodi di “Voci della resistenza”, ora disponibili sul portale web dell’enciclopedia Treccani. Per esser sinceri, la difficoltà era in particolare legata all’episodio letto e interpretato da Stella Egitto: “Il maggio del peccato”, la storia dell’orrendo crimine di guerra perpetrato dall’avanzata delle truppe francesi in Ciociaria nel maggio 1944. La storia dello stupro collettivo di migliaia di donne italiane tra gli 8 e gli 85 anni. Durissimo da affrontare, durissimo avvicinarsi e ascoltare le parole di una donna che, come tante in tante guerre e in tante parti del mondo, subisce una violenza inaudita. Difficile stare a sentire come quei goumiers del Corpo di Spedizione Francese in Italia, agli ordini del generale Alphonse Juin, dopo aver sfondato per primi i capisaldi della Linea Gustav, consentendo agli Alleati di avanzare fino alla successiva linea di difesa predisposta dai tedeschi (la Linea Adolf Hitler) una volta superata la linea nazifascista, avessero proseguito la loro marcia verso i Monti Aurunci scatenandosi, con ferocia inaudita, contro la popolazione italiana. Molte donne vennero stuprate, torturate e uccise, analoga sorte spettò a diverse centinaia di uomini. A Esperia, il parroco, don Alberto Terilli, cercò di fermare quello scempio disumano, ma fu legato e anch’esso violentato, morendo due anni dopo per le conseguenze degli abusi. Gli ufficiali francesi, che avrebbero dovuto tenere a freno i soldati, chiusero gli occhi, per timore, convenienza, disinteresse o complicità. A denunciare all’opinione pubblica quanto accadde in Ciociaria fu Alberto Moravia. Nella “Ciociara” (1957) raccontò quello che nessuno allora voleva sentire. Quello che oggi si fa ancora fatica a credere, immersi nella tristezza e nel ribrezzo terrificante che la recitazione di Stella Egitto trasmette. Il film di Vittorio De Sica, tratto dal romanzo di Moravia e interpretato da Sophia Loren, vinse nel 1962 il premio Oscar. Si tratta di un episodio oscuro come sicuramente tanti altri analoghi di una guerra spietata, difficile da accettare e digerire. Ma non per questo da ignorare. In un’interpretazione fortissima come quella della giovane Stella Egitto, che chiude gli occhi davanti a un’umanità che se ne è andata, che è morta, immersa e (dis)persa nel buio. (video)

Giorgio Colangeli e Giuseppe Muroni
Giorgio Colangeli e Giuseppe Muroni

Nell’ultimo episodio Senza terra, recitato da Giorgio Colangeli, si ripercorre, invece, la storia di quell’esercito di ‘senza terra’ che aveva combattuto contro i totalitarismi del Novecento, un’odissea iniziata nel 1939 col Patto Ribbentrop-Molotov e la successiva spartizione della Polonia, passata per la Siberia, la Persia, il nord Africa e conclusasi in Italia. Nella Polonia occupata dai nazisti, i polacchi furono, infatti, deportati o massacrati, mentre nella Polonia orientale furono vittime del comunismo sovietico: massacrati nella foresta di Katyn o deportati nei gulag. In seguito all’attacco tedesco della Russia nel giugno 1941, essi costituiranno nel 1943 in Iraq il II Corpo d’Armata. Da lì saranno trasferiti in Palestina e poi in Egitto, in un girovagare continuo e senza fine, che li porterà tra il dicembre dello stesso anno e l’aprile del 1944 nel nostro paese, per partecipare alla Campagna d’Italia, inquadrati nell’VIII Armata britannica. I polacchi, guidati dal generale Anders, si rivelarono decisivi per vincere la quarta battaglia di Montecassino: liberarono Ancona e tutta la fascia costiera, fino a Bologna, entrandovi per primi all’alba del 21 aprile 1945. Nella recita di Colangeli si sente il buio impietoso della stanza, la vacuità di parole scritte su una lettera al padre che non sarebbe mai arrivata, il freddo della paura, il sudore del terrore, le gocce di rugiada che cadono svenute al suolo, il gelo della Russia che non sarebbe mai stato riscaldato, insieme a un gelo di tanti perché senza risposte. “Per la nostra e la vostra libertà noi soldati polacchi demmo l’anima a Dio, i corpi alla terra d’Italia, alla Polonia i cuori”. Sono le parole incise da un affaticato e disperato soldato polacco sull’obelisco del Monte Calvario, nei pressi di Montecassino, in memoria dei caduti del II Corpo d’Armata. Uomini che si domandavano perché, e soprattutto se e quando sarebbero mai tornati a casa. Senza una meta, senza una terra. (video).

 

Sul progetto “Voci di resistenza”, diretto da Giuseppe Muroni, leggi anche:

Voci di resistenza”, tutto l’orrore della guerra per ribadire: mai più

Io Partigiano

LA CITTA’ DELLA CONOSCENZA
Istruzione e mercato: il serpente che si morde la coda

Difficilmente si cresce senza innovazione, tanto meno si può sperare in una ripresa economica, quando tutto il resto dell’economia mondiale punta sulla conoscenza e la ricerca. È qui che il serpente si morde la coda, e la coda è quella del nostro paese.
Avremmo dovuto affrontare da subito la crisi investendo in capitale umano, in istruzione e saperi, anziché mettere in ginocchio scuola e università con i tagli lineari. Una miopia ignorante, incapace anche solo di sospettare i vantaggi a medio e lungo termine di simili investimenti.
Alcuni mesi orsono il Presidente del Consiglio ha annunciato che per ogni euro in sicurezza andava speso altrettanto in cultura per difendere l’identità italiana. Qui mi pare che siamo all’emergenza dell’identità italiana sul mercato, se non si decide che l’investimento prioritario e urgente è quello in istruzione e ricerca a partire dalle università, arginando la fuga all’estero non solo dei nostri cervelli migliori, ma anche dei nostri studenti migliori.

Alcune cifre interessanti le fornisce lo studio Ocse 2015 sull’istruzione.
Nel 2013 circa 46.000 studenti italiani risultavano iscritti in strutture d’istruzione terziaria in altri paesi dell’Ocse, mentre altri 3.000 studenti hanno scelto di studiare in paesi non membri dell’Ocse.
Regno Unito, Austria e Francia sono le destinazioni preferite dagli studenti italiani. Il loro numero è in costante crescita. Nel 2007 erano circa 6.000 quelli che studiavano nel Regno Unito, nel 2013 la cifra è salita a 8.000.
Sull’altro versante, le università italiane esercitano uno scarso appeal per gli studenti stranieri. Nel 2013 meno di 16.000 studenti provenienti da altri paesi dell’Ocse risultavano iscritti nelle istituzioni italiane dell’istruzione terziaria, rispetto a circa 46.000 studenti in Francia e 68.000 in Germania. La ragione di questa scarsa attrazione internazionale da parte delle nostre università pare sia costituita dalla barriera linguistica, solo il 20% dei nostri atenei, nell’anno accademico 2013/2014, offriva almeno un programma d’insegnamento in lingua inglese contro il 43%, per esempio, della Germania.

Se ragioniamo poi del rapporto che intercorre tra investimento in capitale umano e ripresa economica del paese, ci sono altri numeri che preoccupano seriamente. Non solo i nostri laureati sono troppo pochi rispetto alla media Ocse, ma guadagnano anche meno, perché abbiamo un mercato del lavoro arretrato, che non domanda capitale umano qualificato, che non necessita di elevate competenze. Il nostro mercato del lavoro è ancora costituito prevalentemente da piccole imprese, anche nei settori dove non bisognerebbe essere piccoli, come per esempio i settori dell’high-tech, della farmaceutica e della chimica. Un mercato del lavoro strutturalmente inadatto a sostenere innovazione e ricerca, che invece sarebbero necessari come l’ossigeno per far fronte alla concorrenza, alla competizione nel mercato mondiale, in particolare nei confronti dei paesi emergenti. Il nanismo dell’impresa pubblica e privata mortifica il capitale umano e non consente di creare le condizioni per uscire dalla crisi, così i nostri giovani, che nutrono speranze e aspettative, se ne vanno all’estero.
Paghiamo le conseguenze di politiche neoliberali che per anni hanno irresponsabilmente predicato meno Stato e più mercato; così ora non abbiamo più né l’uno né l’altro: arretrati nell’istruzione, arretrati nell’impresa, arretrati nei servizi.
Il nostro numero di laureati è simile a quello del Brasile, del Messico e della Turchia. In questi paesi però i laureati hanno redditi, rispetto a quanti hanno conseguito solo un diploma di scuola secondaria superiore, più alti della media Ocse, da noi invece sono inferiori: 143% rispetto alla media Ocse del 160%.
Nel 2014 solo il 62% dei laureati tra 25 e 34 anni era occupato in Italia, 5 punti percentuali in meno rispetto al tasso di occupazione del 2010. Un livello paragonabile a quello della Grecia, il più basso tra i paesi dell’Ocse, la cui media è dell’82%. L’Italia e la Repubblica Ceca sono i soli paesi dell’Ocse dove il tasso di occupazione tra 25 e 34 anni è più basso tra i laureati rispetto alle persone che hanno conseguito, come più alto titolo di studio, un diploma d’istruzione secondaria superiore. Se il mercato resta questo, gli studenti che si iscrivono all’istruzione terziaria avranno da aspettare a lungo prima di avere un ritorno del loro investimento sul mercato del lavoro.

Quest’anno le immatricolazioni alle università hanno fatto intravedere una inversione di tendenza rispetto al costante calo degli ultimi anni, ma non credo sia il caso di trarre facili auspici, perché fintanto che la prospettiva di un ritorno d’investimento, dopo anni di studi, sarà così bassa e incerta, l’interesse dei giovani italiani a iscriversi all’università sarà sempre più limitato.
D’altra parte, se non si investe nell’alta qualificazione, le prospettive economiche per il nostro paese saranno ancora peggiori. Nel 2012 il finanziamento dell’istruzione terziaria era pari allo 0,9% del prodotto interno lordo, rispetto allo 0,8 del 2000. Si tratta della seconda quota più bassa tra i paesi Ocse dopo il Lussemburgo, un livello simile a quello del Brasile e dell’Indonesia.
Prima di ogni altra cosa, prima di altre sparate sulla priorità della cultura, sarà opportuno che l’Italia si allinei in fretta a paesi come Canada, Cile, Corea, Danimarca, Finlandia, Stati Uniti che investono nell’istruzione terziaria oltre il 2% del loro prodotto interno lordo. Ma se il sistema dei servizi e quello produttivo restano arretrati, neppure il Pil potrà crescere. E allora ecco che ancora una volta il serpente si morde la coda.

Stelle che illuminano l’universo

“La danza è bellezza, dinamicità, plasticità, forza fisica, leggerezza, espressività.” (Roberto Bolle) E i ballerini sono stelle che illuminano l’universo…

Stasera al cinema Apollo alle ore 20.30, lo spettacolo di balletto “Galà des étoiles” dal Teatro alla Scala di Milano, prodotto dalla Rai e distribuito da 01 Distribution, con Roberto Bolle, Svetlana Zakharova, Massimo Murru.
Prosegue la tradizione dei grandi Galà alla Scala, occasione per soddisfare il desiderio di danza, di spettacolo e di alta qualità, che la scorsa stagione ha coinciso con le date di chiusura dell’Expo e ne ha sposa, simbolicamente, lo spirito di riunire le eccellenze internazionali. Le étoiles scaligere Svetlana Zakharova, Roberto Bolle e Massimo Murru, fanno gli onori di casa accanto al Corpo di Ballo e a stelle internazionali: in scena i balletti più amati, i virtuosismi, i nomi più quotati e le nuove stelle da scoprire.

Clicca le immagini per ingrandirle.

polina-bolle
Carmen, Polina Semionova e Roberto Bolle @ Marco Brescia & Rudy Amisano
Maria-Eichwald-Mick-Zeni
La rose malade, Maria Eichwald e Mick Zeni @ Marco Brescia & Rudy Amisano
bolle-murru
Roberto Bolle e Massimo Murru @ Marco Brescia & Rudy Amisano

Programma
Orchestra del Teatro alla Scala
Svetlana Zakharova, Roberto Bolle, Massimo Murru
Nicoletta Manni, Claudio Coviello, Mick Zeni, Maria Eichwald, Melissa Hamilton, Lucia Lacarra, Polina Semionova, Alina Somova, Maria Vinogradova
Marlon Dino, Leonid Sarafanov, Ivan Vasiliev
Durata spettacolo: 2 ore e 20 minuti incluso intervallo
Direttore David Coleman

Three preludes – Lucia Lacarra, Marlon Dino, coreografia Ben Stevenson, musica Sergej Rachmaninov. Pianoforte Roberto Cominati

da L’histoire de Manon – Pas de deux, Atto I, Scena II, Melissa Hamilton, Claudio Coviello, coreografia Kenneth MacMillan, musica Jules Massenet

La rose malade – Maria Eichwald, Mick Zeni, balletto di Roland Petit, musica Gustav Mahler, Grand Pas Classique, Alina Somova, Leonid Sarafanov, coreografia Victor Gsovskij, musica Daniel-François Auber

da Carmen – Pas de deux, Polina Semionova, Roberto Bolle, balletto di Roland Petit, musica Georges Bizet

La morte del cigno – Svetlana Zakharova, coreografia Michail Fokin, musica Camille Saint-Saëns, da Don Chisciotte, Grand Pas de deux, Atto III, Nicoletta Manni, Ivan Vasiliev, coreografia Marius Petipa, musica Ludwig Minkus, da Light Rain, Pas de deux, Lucia Lacarra, Marlon Dino, coreografia Gerald Arpino
musica Douglas Adams e Russ Gauthier

da Romeo e Giulietta – Pas de deux, Atto I, Scena VI, Maria Eichwald, Massimo Murru, coreografia Kenneth MacMillan, musica Sergej Prokof’ev

da Spartacus – Pas de deux, Maria Vinogradova, Ivan Vasiliev, coreografia Yuri Grigorovich, musica Aram Il’ič Chačaturjan

Prototype – Roberto Bolle, concept e coreografia Massimiliano Volpini, musica originale Piero Salvatori, prodotta da Fausto Dasè, visual effect e video editing Avantgarde Numerique e Xchanges Vfx Design

da Il corsaro – Pas de deux, Svetlana Zakharova, Leonid Sarafanov, coreografia Marius Petipa, musica Riccardo Drigo

Durante lo spettacolo, andato in scena il 30 e 31 ottobre scorso, è stata effettuata una diretta streaming dal backstage, trasmessa sul sito e sul canale Youtube del Teatro alla Scala. Lo spettacolo, ripreso a cura di Rai – Radiotelevisione Italiana è stato trasmesso in diretta nazionale e internazionale e nei circuiti cinematografici.

Trasmissioni in diretta televisiva: Italia, RAI 5; Repubblica Ceca, Ceska televiza; Russia, Vgtrk

Trasmissioni in differita televisiva: Slovenia, RTV Slovenija; Giappone, Tohokushinsha

Trasmissioni in diretta nei Cinema: Circuito All’Opera in Francia, Paesi francofoni europei e Spagna; Circuito Abramorama negli Stati Uniti

Trasmissioni in differita nei Cinema: Circuito Palace Entertainment in Australia; Circuito SDC Corea nella Repubblica di Corea; Circuito Sony in Giappone; America Latina, Regno Unito, Irlanda, Italia

Martedì

Oggi è martedì, il giorno di Marte: proprio a questo giorno della settimana Raphael Gualazzi ha intitolato un brano, Tuesday, contenuto nell’album Reality and Fantasy del 2011.

Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta…

  • 1
  • 2