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Giorno: 18 Giugno 2015

L’OPINIONE
Il caso Pienza: come alterare la perfezione di un’opera d’arte

di Maria Paola Forlani

Fra il 21 e il 22 febbraio 1459 Pio II visita il nativo borgo di Corsignano, durante il suo viaggio a Mantova, e decide di ricostruirlo come sua dimora ideale. Nel maggio dello stesso anno il Consiglio generale del Comune di Siena dà licenza all’architetto inviato dal papa di cavar pietre, tagliare alberi e impiantare fornaci a titolo gratuito. L’architetto scelto da Pio II è Bernardo Rossellino (1409-1464), assistito dal nipote Puccio di Paolo; nel viaggio a Mantova Pio II è accompagnato da Alberti e senza dubbio si serve del suo consiglio, sia per la scelta del progettista sia per la definizione del programma edilizio. Rossellino in questo momento è considerato uno dei più famosi artisti fiorentini.

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Vista aerea di Pienza

Il programma di Pio II è descritto nella bolla del 13 agosto 1462: “Costruire dalle fondamenta una chiesa di magnifica struttura, ornare quel luogo con un insigne palazzo, sul posto della casa paterna, e con alcuni altri edifici”. Infatti il papa e l’architetto rispettano la struttura del borgo medioevale, allineato lungo una strada sul crinale del colle, ma dove il crinale e la strada formano un’ansa avvicinandosi alla valle dell’Orcia liberano una vasta area, per costruire un gruppo di edifici monumentali: la cattedrale, il Palazzo Piccolomini, il palazzo Borgia (poi vescovile) e il palazzo pubblico che circondano una vasta piazza quadrangolare; dietro al palazzo pubblico è ricavata una seconda piazza per il mercato locale.
Visto dalla valle, il volume della cattedrale forma un saliente che emerge dall’allineamento delle altre fabbriche, e spicca come elemento dominante senza superare in altezza gli edifici vicini. Arrivando nella piazza, la facciata si presenta in forte controluce, ed è inquadrata tra i muri divergenti dei due palazzi che accorciano visualmente il sagrato e aumentano la scala monumentale dell’edificio sacro; ai fianchi della facciata restano due ampie aperture, che fanno intravedere il vuoto circostante e mettono in comunicazione lo spazio chiuso della piazza col grande spazio aperto della vallata.

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Facciata della cattedrale

Ma è interessante soprattutto la convinzione che la chiesa, costruita e adornata, debba restare immune da ogni successiva alterazione. Nel settimo libro del suo trattato Alberti scrive: “L’ornamento certo è una cosa infinita, e sempre ne’ tempij ancor piccoli rimane qual cosa che e’ ti pare che’ vi si possa, e vi si debba aggiungere”; tuttavia “a me piacciono assai quei Tempij, che secondo la grandezza de la Città, tu non gli desidereresti maggiori”; nel tempio “tutte le cose che ti si apprestano dinanzi agli occhi” siano sistemate “a dover essere eterne”. Pio II risolve radicalmente questo problema con la bolla del 16 settembre 1462 in cui detta le regole della dignità dell’edificio minacciando di scomunica chi ne avesse violato le forme e l’arredo.
Qui si riconosce il segno della personalità di Pio II e la città può dirsi veramente, senza approssimazione retorica, l’immagine concreta del suo ideale culturale: amore della forma e partecipazione umana si conciliano per un attimo in un clima di serenità letteraria, come nella prosa dei Commentari, e producono un equilibrio in qualche modo staccato dal tempo, stranamente indenne dai contrasti del secolo. Nella storia dell’architettura questo resta infatti un episodio isolato, che appare remoto e inattuale già a breve distanza di tempo.

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Le sculture in mostra

In questo luogo magico è stata permessa una mostra devastante, di un’artista austriaca che ha plasmato atroci testoni di grandezza abnorme di fattezze mostruose e poco rassicuranti nelle forme. Queste opere monumentali sono state affiancate alla cattedrale distruggendo tutti i fattori prospettici voluti da Pio II e dal suo architetto. Il Rossellino rinunciò alla tradizionale pianta quadrata amplificandola, dandole forma trapezoidale con i palazzi Papale e vescovile disposti su linee divergenti verso la facciata del duomo. Per chi giunge in piazza seguendo l’itinerario usuale del corso, si accorge che l’impianto prospettico è capovolto. Questa geniale prospettiva ormai è preclusa al turista che deve scontrarsi con monumentali testoni di gusto pseudo-fascista, perdendo così il senso di questo luogo magico che, forse, pensava d’incontrare. Non so come la Soprintendenza Belle arti e paesaggio di Siena, la Fondazione Musei di Siena e l’Unesco abbiano dato il permesso ad un tale sfregio.

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Una delle sculture che occlude la vista

Per chi scrive e che per anni ha frequentato quei luoghi, resta il ricordo d’importanti convegni internazionali sull’urbanistica rinascimentale, con la presenza di studiosi provenienti da tutto il mondo, compensata dalla vivacità espressiva del poeta Mario Luzi, che l’abitava, e che molto scrisse sulla Val d’Orcia. Come non ricordare, l’indimenticabile correttezza ed intelligente attenzione del sindaco, proveniente dalla vicina Monticchiello, Marco Dal Ciondolo, che tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000 portò in quei luoghi grandi mostre e indimenticabili concerti, nel rispetto di quella culla del rinascimento.
In America l’arte del passato è un rarissimo frutto conservato nel congelatore di lusso che è il museo, il territorio e la sua storia rispettato in tutte le sue componenti senza mai violentarlo. In Italia, invece, è un frutto vero, attaccato al ramo del suo albero. E in Italia l’albero, e ancora più l’insieme di alberi, è più importante dei singoli frutti o della loro somma. In altre parole, l’arte non è mai solo la singola opera, il pretesto Capolavoro assoluto: l’arte è la relazione tra le opere straordinarie che compongono, ad esempio, l’impianto unico al mondo dell’urbanistica di Pienza voluta dal Rossellino. Lo ha scritto meglio di tutti Roberto Longhi, nel 1950: “L’opera d’arte, dal vaso dell’artigiano greco alla Volta Sistina, è sempre un capolavoro squisitamente ‘relativo’. L’opera non sta mai sola, è sempre un rapporto. Per cominciare: almeno un rapporto con un’altra opera d’arte. Un’opera sola al mondo non sarebbe neppure intesa come produzione umana, ma guardata con riverenza o con orrore, come magia, come tabù, come opera di Dio o delle stregonerie, non dell’uomo. E s’è già troppo sofferto del mito degli artisti divini e divinissimi, invece che semplicemente umani.

Il centro di Pienza, progettato dal Rossellino per Pio II Piccolomini, è un esempio di città concepita come un unica opera d’arte secondo precisi criteri di simmetria, proporzioni e la bellezza delle forme architettoniche, frutto di una società che crede nelle virtù dei fenomeni reali e presenti e nella capacità umana di produrre fatti e valori. E questi valori non debbono essere violentati ma protetti per continuare a farli conoscere.

STORIE IN PELLICOLA
Diametralmente opposti

Sarà il mio tipo? E’ la domanda che ci siamo fatte tutte, almeno una volta nella vita. Fino alla risposta (più o meno) definitiva che ci ha portato a sposare determinate scelte. A volte, la distanza che ci separa l’uno dall’altro non è solo fisico-geografica ma è, ancor peggio, caratteriale, esistenziale, una sorta di fossato sociale, culturale e filosofico, talora esistenziale. Sarà davvero il mio tipo? E se poi ci accorgessimo di aver sbagliato, mentre non abbiamo colto segnali preoccupanti e allarmanti di una possibile incompatibilità?

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La locandina

Queste le domande anche dei protagonisti della commedia franceseSarà il mio tipo?”, Clément (Loic Corbery) e Jennifer (Emilie Dequenne). Giovane insegnante di filosofia parigino, lui, parrucchiera di provincia (Arras), lei. Se si considera, poi, che per i parigini la Francia è Parigi, quando si è trasferiti in provincia, come accade all’intellettuale e borghese Clément, il trauma sfiora la tragedia. Clément è anche un giovane filosofo scrittore prolifico, egocentrico, vanesio, dongiovanni e pure un po’ cinico che, con difficoltà, accetta di essere mandato a insegnare alla scuola di Arras, una calma, piatta e sonnacchiosa cittadina del nord della Francia, nel distretto di Calais. Ma poi incontra Jennifer, una vivace, chiassosa, frizzante, esuberante e allegra parrucchiera che ama il karaoke, madre single tenera e affezionata, il suo esatto opposto. Diametralmente. E tutto sembra prendere un’altra direzione. La distanza che li separa, però, non è solo quella fra le due città, è una differenza abissale di cultura, di sentimenti, di percezioni, di letture, di opinioni, di priorità, di gusti. Ma il giovane intellettuale perfettino, un po’ faccia da schiaffi, è intrigato da questa ragazza dolce che sogna l’amore romantico; si direbbe che gli opposti si attraggono. Ma non bisogna mai esagerare. Le insegna Kant, le fa leggere Dostoevskij al posto dei romanzi rosa e delle riviste scandalistiche, forse persino la ama, pur se a modo suo. Lo spettatore assiste a un improbabile e inevitabile innamoramento, immerso nei dubbi e nei malintesi. Jennifer è insieme sorriso, bellezza, forza, energia e fragilità, Clément è diffidenza, pura difficoltà di amare e lasciarsi andare, un autentico e convinto sostenitore del carpe diem. Entrambi vivono l’amore, ma diversamente, un compromesso risulta davvero difficile da trovare. Allora ecco che di fronte a un amore così squilibrato, ci vuole una dose supplementare di coraggio, che faccia spiccare un salto lontano e pericoloso, quasi da equilibrista, o che faccia dolorosamente innestare la retromarcia, con forza. Un coraggio di cui, solitamente, le donne dispongono più degli uomini. Per natura e per carattere.
Un piccolo grande capolavoro d’ingegno e di stile, dove nessun particolare è lasciato al caso, brillante ed elegante. Un’opera d’arte dove lo spettatore immagina, pensa, riflette, e si perde, crea la sua storia, immerso nella filosofia e nella riflessione.

Sarà il mio tipo? di Lucas Belvaux, con Émilie Dequenne, Loïc Corbery, Sandra Nkake, Charlotte Talpaert, Anne Coesens, Daniela Bisconti, Didier Sandre, Martine Chevalier, Francia, 2014, 111 mn.

IMMAGINARIO
Retrospettiva
La foto di oggi…

Il grande schermo è stato montato tra un acquazzone e l’altro, le sedie e la sala proiezione sono in postazione, ed è stato anche rimosso momentaneamente uno dei lampioni di via Coramari, la cui luce notturna avrebbe altrimenti disturbato la buona visione delle proiezioni. Tutto è pronto al parco Pareschi di Ferrara per l’avvio della programmazione di Cinema nel Parco: i film in rassegna all’arena estiva da quest’anno sono tutti in formato digitale. Stasera il primo spettacolo, commedia francese dal titolo “Sarà il mio tipo?” diretto da Lucas Belvaux, con Emilie Dequenne e Löic Corbery [vedi].

Per leggere l’intera programmazione clicca qui

OGGI – IMMAGINARIO FOTOGRAFIA

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

Clicca le immagini per ingrandirle.

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Parco Pareschi, il grande schermo dell’Arena cinema visto da dietro.
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Via Coramari, il gancio del lampione rimosso per evitare disturbo durante le proiezioni.
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Il lampione appena rimosso dai tecnici dell’Hera.

GERMOGLI
Pace
L’aforisma di oggi

La pace non può regnare tra gli uomini se prima non regna nel cuore di ciascuno di loro.
(Karol Wojtyla)

pace
Karol Wojtila

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

ACCORDI
Happy birthday, Paul!
Il brano di oggi…

Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta…

(per ascoltarlo cliccare sul titolo)

Paul McCartney – Pipes of Peace

Auguri al grande Paul McCartney! Già leggenda come co-fondatore dei Beatles assieme all’amico di sempre John Lennon, McCartney porta avanti tutt’oggi a pieno regime una carriera da solista che dura da più di quarant’anni, impreziosita nel tempo da oltre cento milioni di singoli venduti in tutto il mondo. Tra questi ultimi, nel 1983 raggiunse la vetta delle classifiche con il celebre brano Pipes of Peace.

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