In una settimana importante come questa, per la storia italiana, non potevamo non ricordare uno dei film che fa più riflettere su uno dei grandi drammi del nostro Paese: la campagna di Russia, durante la II Guerra mondiale, dove molti italiani hanno perso la vita o da dove sono rientrati profondamente feriti, sconvolti e cambiati.
“I girasoli” è un film del 1970, realizzato pochi anni prima della scomparsa del suo grande e indimenticabile regista, Vittorio De Sica, e ricordato anche per essere stato la prima pellicola di produzione occidentale a essere girata quasi interamente in Unione sovietica, in anni in cui il regime non permetteva con troppa facilità che elementi estranei entrassero dentro i suoi confini. La sceneggiatura è di Tonino Guerra, di cui è noto il filo che lo legava all’Urss. La sua triste poetica, in una vicenda dolorosa come quella dei due protagonisti, qui si percepisce in tutta la sua forza ed emozione.
La storia è quella della bella e vivace napoletana, Giovanna, e di Antonio, dall’accento emiliano-lombardo, soldato in partenza per l’Africa che, per evitare la guerra si sposa con la giovane donna. Fintosi pazzo, e internato, scoperto l’inganno, al confino sceglie la partenza per il temibile e lontano fronte russo. I tragici esiti della storia travolgeranno anche lui: persa la memoria, quasi congelato, perso nella neve durante la campagna sul Don, verrà salvato e curato amorevolmente da Mascia, che sposerà e dalla quale avrà una figlia.
Quel momento terribile è la tragedia degli oltre 229.000 soldati italiani mandati al massacro, privi di armi moderne e di equipaggiamento, per seguire la folle avventura di Hitler che, il 22 giugno 1941, aveva infranto il patto di non aggressione russo-tedesco Ribbentrop-Molotov del 1939, lanciando una massiccia offensiva contro l’Unione sovietica (l’operazione Barbarossa), il dramma della ritirata italiana del 1943. Antonio avrebbe potuto essere parte di quell’Ottava armata italiana di Russia (l’Armir) che, con piedi gonfi dal gelo in scarpe ormai insistenti, sarebbe crollata. Antonio viene dato per disperso, ma Giovanna, lasciata sola, non si rassegna a comunicati ufficiali e silenzi. Decisa, forte e imperterrita, partirà per la Russia alla ricerca del marito perduto. Qui si vedono la Piazza Rossa, con le lunghe file di pellegrini davanti alla tomba di Lenin, le strade e le automobili di allora, i magazzini Gum, il Ministero degli Esteri, dove la Loren entra per cercare notizie dello scomparso. Scorre la Mosca di ieri e di oggi.
Il film è stato criticato per questa facilità nel ritrovare un uomo sparito in un paese tanto sconfinato, ma, aldilà dei dettagli, la ricerca sarà drammatica e altrettanto gli sviluppi. D’altra parte, le critiche non valgono poi tanto se oltre all’apprezzamento del pubblico, la pellicola ha ricevuto una candidatura agli Oscar e vinto un David di Donatello, nel 1970. Le musiche di Henry Mancini si stemperano nelle note di “Grazie dei fior”, mentre le immagini in penombra dei protagonisti si affievoliscono. Fotografia eccellente.
La Loren è brava, loquace, vivace, simpatica, festosa, “corporale”, bella, impareggiabile, espressiva e intensa come sempre. Meravigliosa in coppia con Mastroianni nella deliziosa, complessa eppure semplicissima sequenza della frittata di 24 uova dei due novelli sposi, dove grazia e spontaneità dipingono una scena rubata alla felicità di due giovani amanti felici.
Due anime vicine e profondamente unite, in una magia che solo De Sica sa creare. Meravigliosa, poi, la scena del rientro dei reduci in treno, toccanti il campo di croci nella Russia sconfinata e il riferimento ai girasoli come ai tanti italiani sepolti sotto quelle terre. I girasoli simboleggiano, infatti, i soldati morti e seppelliti in fosse comuni: ogni campo sterminato di piante che ondeggiano al vento rappresenta le vittime di una guerra terribile e assurda. Vite straziate da guerra e tragedia. Conclusione drammatica, straziante ma inevitabile. Da riscoprire.
“I girasoli“, di Vittorio De Sica, con Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Lyudmila Savelyeva, Galina Andreyeva, Anna Carena, Glauco Onorato, Silvano Tranquilli, Marisa Traversi, Italia, Francia, Unione Sovietica, 1971, 107 mn.
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Simonetta Sandri
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