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Sono trascorsi 700 anni dalla morte di Dante Alighieri [Qui], come è ormai risaputo, e ben 2.039 da quando, nel 18 a.C., l’imperatore Augusto [Qui] istituì il periodo di riposo che porta il suo nome, per permettere ai braccianti di riprendersi dalle fatiche del lavoro agricolo. Si tratta delle Feriae Augusti, che in seguito hanno preso il nome di Ferragosto e sono state assimilate dalla Chiesa Cattolica; hanno così subito uno spostamento, dall’originario primo del mese al giorno 15, in modo da coincidere con la festività religiosa dell’Assunzione di Maria*
* ) Sulla storia di Ferragosto, vedi su Ferraraitalia [rubrica Immaginario]

Mi è capitato di festeggiarle tutte insieme le due ricorrenze tipicamente italiche di cui sopra. In un contesto bellissimo: in campagna, col freschetto della sera e una numerosa compagnia. Una cena all’aperto per trenta persone, pensata dalla impareggiabile padrona di casa come una piccola celebrazione dantesca fatta di tanta convivialità.

Ci abbiamo lavorato nei giorni precedenti per preparare la scaletta della serata: la nostra ospite ha abbinato i cibi alle tre cantiche della Commedia e ha scelto formaggi saporiti a pasta dura abbinati a salumi piccanti per l’Inferno, torte salate e bocconcini dal sapore più morbido per il Purgatorio e dolci vari e abbondanti per il Paradiso. Il tutto con i vini appropriati abbinati ai diversi sapori.

Ha selezionato anche alcune musiche, che dovevano fare da sottofondo ai tre momenti e in questo ha avuto la collaborazione di un amico esperto di informatica che ne ha garantito la proiezione in formato gigante sul muro della casa, in modo che durante la degustazione gli ospiti potessero seguire il video di ogni pezzo. Dal jazz alla musica rock di grandi gruppi legati alla nostra giovinezza, passando per Morricone e Verdi. Ha funzionato! Una serata così, divisa in tre momenti cultural-culinari, consapevolmente contaminata dalle gioie del cibo e dal viaggio visionario del poeta nell’aldilà.

A me è toccata la lettura di versi dalla Commedia e tre brevi introduzioni alle cantiche che dovevano fungere da invito a ogni fase della degustazione. Viene facile la battuta che ho letto versi divini prima di gustare con gli altri i vini diversi previsti dalla serata, ma è andata proprio così.

Quali versi e cosa dire del poema e del poeta in una occasione così? Me lo sono chiesto nei giorni precedenti, neanche tanto scopertamente, ma nelle fessure tra i pensieri e le incombenze della giornata. Solo negli ultimi due giorni ho consultato più e più volte la Commedia, con la risposta già in testa e un robusto paio di forbici per tagliarla tutta, salvando solo le poche terzine destinate alla lettura.

Ho scelto un passo dal canto terzo dell’Inferno, in cui Virgilio introduce Dante al luogo dove patiscono in eterno “le genti dolorose / ch’hanno perduto il ben de l’intelletto”; un passo dal primo canto del Purgatorio in cui compare il tema della luce dell’alba che ha un “dolce color d’oriental zaffiro” ed è foriera di speranza per le anime, che in questo secondo regno purgano i peccati e divengono degne di salire al cielo.

Per il Paradiso ho trovato subito la risposta ai tanti e legittimi dubbi. Ho pensato a quando vado al mercato del mio paese, di mercoledì, e sento le voci dei venditori e incontro conoscenti. Faccio la spesa e mi sento conficcata in questa scheggia di umanità, che si assembla qui ogni settimana e si sfalda negli altri giorni per produrre aggregazioni diverse in posti diversi.

Lo strumento con cui quasi sempre leggo un mondo come questo, e il mondo tout court, è la letteratura. La calo nel quotidiano, la uso come bussola, come ho detto altre volte. Ora ricorro a questa mia convinzione per spiegare che il Dante da me presentato ai convitati è stato uno di noi, il più bravo di tutti, ma uno di noi. Vissuto nel Medioevo ma ancora capace di parlarci.

Per molti anni ho proposto agli studenti una letteratura che non li respingesse, fatta di testi, anche difficili da conquistare, ma capaci di aprire il dialogo coi lettori di ogni tempo. Trovandomi davanti ad adulti dalle professioni più varie e direi arrugginiti rispetto alla poesia dantesca, ho pensato ancor più che la priorità nella comunicazione tra noi fosse il farli sentire coinvolti.

Da chi? Da un intellettuale impegnato nella politica della sua città, e dopo l’esilio impegnato a diffondere la conoscenza e ad allargare l’orizzonte del proprio pensiero politico. Da uno straordinario poeta dell’amore, che è riuscito a dire della sua donna quello che non era stato detto a nessuna e l’ha trasfigurata nella Fede verso Dio. Da un poeta che ha avuto la visione dell’aldilà compiendovi un viaggio straordinario, in cui portare anche noi, in una Comedìa che ce lo racconta, adottando il volgare nella sua più vasta estensione e conducendoci dal regno del male a quello del bene, con l’ineguagliabile appagamento del lieto fine nell’Empireo.

Ho di troppo abbassato la figura del sommo poeta? Ho corso il rischio, ma mentre mi uscivano le parole sentivo che c’era sintonia tra le tavole imbandite immerse nei colori della sera estiva e il ricordo di un grande che aveva titolato Convivio una delle sue opere eminentemente dottrinali. Dare il pane della conoscenza. Come se ce lo dicesse ora, sotto queste stelle che forano il cielo scuro sopra di noi, Dante ritiene che nella conoscenza risieda la perfezione della natura umana.

Sono riuscita a dire che il suo sapere costituisce la summa della conoscenza dell’uomo medievale, che nella sua opera si integrano cultura classica e teologia cristiana. Ho nominato Virgilio, Beatrice e San Bernardo come sue guide.

Quali versi leggere, dunque, dal Paradiso. Due sole terzine, quelle che descrivono Dio. Alla fine di una salita nei nove cieli che circondano la Terra, giunto nell’Empireo che è la sede di Dio ed è costituito da pura luce, il “transumanare” del pellegrino approda alla visione più alta.

Mi pareva che chi stava ascoltando volesse sapere come finisce questo viaggio di rigenerazione spirituale. È da quando ero al liceo che studio la letteratura passata e mi domando: e ora? Com’è la letteratura contemporanea? Quella che nelle antologie scolastiche mancava (e talvolta manca ancora). È da quando ho fatto l’università che tento di costruire brandelli di risposta e mi sposto dai libri ai luoghi dove incontrare gli autori. Li vedo e li ascolto e seguo piste di lettura che si ramificano tra loro e costruiscono tessera su tessera un possibile e parziale mosaico del presente letterario.

Ecco dunque la visione di Dio, per quel tanto che Dante ha potuto conservare nella memoria. Mi sono venuti in mente i cinque cerchi delle Olimpiadi di Tokyo, che fino all’8 agosto abbiamo visto così spesso in tv: cinque ben distinti a indicare i continenti, ma al tempo stesso intrecciati tra loro. Ho detto: “Immaginiamo che i cerchi siano fatti di luce di vari colori e vadano a sovrapporsi per darsi luce l’un l’altro. Ne esce un fulgore perfetto, così come è perfetta la figura geometrica da cui sono costituiti. I versi di Dante parlano dei tre cerchi che simboleggiano la Trinità e della loro luce intrinsecamente reciproca e vivificante, con queste parole:

Ne la profonda e chiara sussistenza
de l’alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d’una contenenza;

e l’un da l’altro come iri da iri
parea reflesso, e ’l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.

Per leggere gli altri articoli e indizi letterari della rubrica di Roberta Barbieri clicca [Qui]

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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