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Giorno: 26 Ottobre 2019

Disinnescare le clausole Iva o dar da mangiare ai minori in difficoltà

Save the Children è tornata a denunciare l’aumento della precarietà nelle condizioni di vita dei bambini italiani. Lo ha fatto in occasione del lancio della campagna per il contrasto alla povertà educativa “Illuminiamo il futuro”.
Sebbene la fase più critica sia stata tra il 2011 e il 2014, quindi in piena crisi economica, quando il tasso di povertà assoluta tra i bambini passa dal 5% al 10% nonostante il decreto “salva Italia” di Mario Monti, il trend si è prolungato fino ai giorni nostri. Si è passati dal 3,7% del 2008 al 12,5% del 2018, ovvero da 375 mila a un milione e 260 mila. In termini di “povertà relativa”, invece, si passa dal milione e 268 mila del 2008 ai due milioni e 192 mila del 2018.
Quello che si evince dunque è che la situazione non sta affatto migliorando, sia nei dati che nella capacità di reazione dello Stato, dei politici e dei cittadini.
E lo spread sociale di cui stiamo parlando, e che vede i ricchi sempre più ricchi in concomitanza all’aumento dei poveri, viene misurato anche in termini di disuguaglianza regionale.
Si passa dall’Emilia Romagna e dalla Liguria, dove mediamente ‘solo’ un bambino su 11 si trova in condizioni di povertà relativa, alla Calabria, che detiene il primato negativo. In questa Regione infatti, addirittura un minore su 2 è in povertà relativa (47,1%). Poi ci sono la Campania, la Sicilia e la Sardegna che si mantengono sopra la media nazionale, con un minore su tre in difficoltà economiche e sociali.
Nelle Marche un bambino su cinque è in situazione di povertà relativa, in Friuli invece più di un minore su 6 (17,4%) vive in questa condizione proprio mentre il governatore Fedriga è costretto a “difendere i confini orientali dell’Italia” dai migranti, come ha avuto modo di dire dal palco di San Giovanni durante il raduno del centrodestra a Roma.
Save the Children, Istat, e associazioni a vario titolo coinvolte, ci mostrano dati che fotografano lo stato dell’arte di questo Paese ma che ottengono raramente la nostra attenzione.
Poca attenzione anche nei discorsi dei politici di opposizione impegnati a contrastare l’inesistente tassa sulle merendine o nelle pagine del documento programmatico di bilancio (Dpb) redatto dai politici di governo, impegnati a disinnescare le clausole Iva.
Mentre i dati sulla povertà peggiorano e il Paese inevitabilmente si ritrova più disuguale e in difficoltà, tutti gioiamo del fatto di aver messo da parte 23 miliardi per scongiurare l’aumento dell’Iva. Da qualche parte però che non vedremo mai, se non nelle parole dei ministri dell’Economia. 23 miliardi con cui si poteva invece alleviare la sofferenza di quei minori.
Disinnescare le clausole Iva è diventato parte del nostro patrimonio genetico e risale ai tempi del governo Berlusconi, quando l’esecutivo, alle prese con una vera e propria crisi dei conti pubblici e al fine di poter approvare le misure previste dalla manovra, strinse un patto con l’Unione Europea pressoché impossibile da rispettare. Cioè si impegnò a reperire entro il 30 settembre 2012 ben 20 miliardi di euro, pena l’obbligo di tagli alla spesa pubblica, aumento delle aliquote Iva e delle accise e un taglio lineare alle agevolazioni fiscali.
In altre parole ogni anno dal 2012 si sottraggono al benessere collettivo 20 miliardi di euro, che moltiplicati per 8 anni fanno 160 miliardi, in ossequio ad un autoimposto vincolo di bilancio. Tutto in nome del debito pubblico, anche se non esiste al mondo una ragione perché uno stato non debba averlo. Anche se il debito pubblico è solo la spesa dello stato, cioè la spesa per dare pensioni, ospedali, istruzione, ricerca, ponti e strade ai cittadini. Anche se senza debito pubblico non ci sarebbero nemmeno i soldi per pagare le tasse.
Certo, fatti i calcoli ad economia ferma come sanno fare bene a Bruxelles, si dirà che il debito pubblico sarebbe aumentato di 160 miliardi. Ma se anche la Bce continua a chiedere che gli stati incomincino a spendere visto che la politica monetaria da sola non è sufficiente per rimettere correttamente in piedi il ciclo economico, allora sarebbe il caso di chiedersi di quanto sarebbe aumentato il Pil in caso si fossero utilizzati tutti questi soldi in investimenti e in supporto dell’economia reale, piuttosto che a tutela dell’economia dei ragionieri.
In Europa si comincia a parlare di spesa, di politica fiscale espansiva, ma noi sappiamo di non poterlo fare perché abbiamo il debito pubblico troppo alto ma il debito pubblico cresce anche quando non cresce il Pil, e il Pil non cresce se si lascia scorrere indisturbata la recessione e se lo Stato non interviene con politiche anticicliche, cioè spende. Ma se lo fa, nell’immediato si fa deficit e il debito aumenta.
Destra, sinistra, centro e opinione pubblica concordi nell’accettazione del dogma dell’equilibrio di bilancio e nella riduzione dello Stato ad azienda privata, il che, inesorabilmente, toglie qualsiasi difesa a chi nella società non è abbastanza forte da potersi difendere da sé, come i minori descritti da Save the Children.

DIARIO IN PUBBLICO
Ferrara e quel fervore d’arte e di cultura

Con l’arrivo dell’autunno si mette in pieno movimento l’attività culturale delle associazioni ferraresi che nel giro di una settimana presentano importanti avvenimenti che coinvolgono la città e i suoi protagonisti. Tra questi il ricordo di un Maestro quale fu Claudio Varese – promosso dall’Istituto Gramsci e dall’Istituto di Storia contemporanea – e l’analisi della figura di Lucrezia Borgia condotta dall’Istituto di studi Rinascimentali nell’ormai classica Settimana di Alti Studi. A rendere più completo (e complesso) il percorso, ecco la presentazione di un libro importante e pluripremiato di Lina Bolzoni, “Una meravigliosa solitudine” che prende in esame il senso del leggere e la funzione della lettura in rapporto all’oggi dove la lettura tradizionalmente intesa si confronta e si scontra con altri e diversi modi di comunicazione. L’autrice dialoga con Benedetta Craveri, finissimo critico nonché nipote di Benedetto Croce. Questa occasione è stata propiziata dagli Amici della biblioteca Ariostea.

Come si può comprendere assai agevolmente per le personalità ‘ferraresi’ c’è in questo momento un fervore di attività che coinvolge anche un’altra figura fondamentale dell’universo culturale della città, vale a dire Giorgio Bassani. Recentemente il Centro Studi bassaniani è stato visitato dalla organizzazione Biblia che assieme al suo presidente Piero Stefani ha portato al Centro più di quaranta soci provenienti da ogni parte d’Italia. E in stretta relazione con la visita bassaniana i soci di Biblia sono intervenuti ad una conferenza su Lucrezia Borgia tenuta nello stesso monastero in cui la duchessa verrà sepolta e che fu il suo ultimo rifugio. Altre e differenti attività culturali fanno da contorno a questi avvenimenti , attività che coinvolgono le scuole come è accaduto per la ricerca sulle opere e i luoghi di Bassani ma anche offrendo l’occasione per una bella mostra di quadri di Maria Luisa Genta dal titolo, “La reggia di Vulcano” dove l’artista evoca nella pittura le esplosioni del vulcano osservate dalla sua casa di Lipari, una nuova modalità di espressione di questa intellettuale che non si è limitata alla sua professione di Accademico.
Ma l’eco della cultura ferrarese si amplia ad una serie di mostre importantissime che si aprono in questi giorni in Italia. Dalla grande mostra su De Pisis alle Gallerie del Novecento di Milano che da marzo si trasferirà a Roma e che esibisce pitture fondamentali del grande artista molte delle quali provengono dal ferrarese Museo de Pisis alla splendida e irripetibile mostra ‘Canova / Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna’ alle Gallerie d’Italia di Milano dove, nel percorso, una sala è dedicata al primo amico di Canova vale a dire il conte Leopoldo Cicognara che ospita tra l’altro il busto scolpito da Canova e aiuti per il conte ferrarese.

Molto importante è stato il ricordo di un maestro come Claudio Varese, di cui si celebrava il centodecimo anniversario della nascita. Nella cornice offerta dall’istituto Gramsci, alla presenza dei familiari dell’intellettuale sardo d’origine poi approdato alla Scuola Normale Superiore di Pisa, amico di tanti studiosi di primaria importanza operanti nell’Italia del secolo scorso, a confronto e in opposizione al regime fascista, Claudio Varese, divenuto cittadino onorario della nostra città nel 1987 fu una figura fondamentale della cultura novecentesca a cui offrì un ingente patrimonio di indicazioni di ricerca che vanno dalla letteratura, alla storia dell’arte e al cinema. Ne hanno parlato gli allievi Anna Dolfi e Gianni Venturi oltre a Daniele Lugli (amico e collaboratore di Aldo Capitini) che con Claudio Varese ebbe rapporti di amicizia.

Ferrara dunque si appresta a rivivere e a non dimenticare la sua vocazione di città d’arte e di cultura.