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Giorno: 18 Marzo 2019

Coldiretti, sui fanghi di depurazione sono i sindaci i garanti del territorio

Da: Ferrara
Nel delicato tema della messa in opera di impianti di depurazione di fanghi industriali Coldiretti ritiene debba essere riconosciuto il ruolo di garanti della salubrità e sicurezza dei territori da loro amministrati.
 
La discussione in atto in queste settimane sulla localizzazione nel comune di Portomaggiore di un impianto di trattamento di fanghi di origine industriale, suscita apprensione e dubbi tra i cittadini, compresi gli agricoltori, per i possibili effetti indesiderati per il territorio e l’ambiente.
“Crediamo che un territorio come quello ferrarese in generale, dove i nostri soci stanno applicando tecniche di agricoltura biologica e sostenibile, per una agricoltura a minore impatto – commenta il presidente di Coldiretti Ferrara, Floriano Tassinari – con decine e decine di aziende che hanno preso parte ai nostri corsi di formazione per le nuove tecniche colturali, e dove si stanno facendo grandi sforzi per valorizzare i prodotti e l’ambiente, non sia compatibile con una utilizzazione per lo smaltimento di rifiuti industriali da depurazione. Condividiamo la sensibilità dei sindaci dei comuni interessati e siamo a loro fianco, riconoscendo il loro ruolo di tutori del territorio e dei cittadini tutti, vista la delicatezza dell’attività legata allo smaltimento nei terreni agricoli di rifiuti industriali, reputando la questione di notevole interesse e che sia necessario applicare sul loro territorio le necessarie misure di tutela e salvaguardia per la sicurezza territoriale ed ambientale e la salubrità delle produzioni agricole”.

Coldiretti, dalle assemblee le richieste dei soci

Da: Ferrara
Condivisione dei progetti Coldiretti ad ogni livello ma anche necessità di recuperare redditività e dignità per il lavoro nei campi. In agenda le richieste dei soci di Ferrara.
Al termine delle assemblee in tutta la provincia che hanno visto una grande partecipazione da parte dei soci di Coldiretti Ferrara, con centinaia di imprese che hanno dibattuto dei principali temi del settore agricolo, emerge al fianco delle progettualità di Coldiretti una preoccupazione per quella che è la bassa redditività delle produzioni, che non premiano la qualità del prodotto ed il lavoro dell’impresa. Tra i settori in sofferenza ricordiamo alcune vere e proprie eccellenze del nostro territorio, come l’ortofrutta ed il pomodoro da industria. Prezzi insoddisfacenti per i produttori accompagnati da una ridistribuzione del reddito che non premia il settore agricolo e non da risposte ai consumatori. 
Durante gli incontri, nel corso dei quali sono intervenuti il direttore Bressanutti ed il Presidente Tassinari, oltre ai responsabili delle diverse aree dell’organizzazione agricola, trattando sia aspetti tecnici, sia di politica sindacale e quindi di opportunità per fare impresa, è emersa in maniera chiara la necessità di alcuni punti fermi per poter ragionare su orizzonti di redditività. SERVE UNA VERA AGGREGAZIONE di prodotto che sappia superare i limiti e le debolezze dell’attuale sistema. Serve un RIEQUILIBRIO DI VALORE all’interno delle filiere che devono essere elementi di garanzia per il reddito delle imprese e sicurezza alimentare e trasparenza per i cittadini (filiere che devono incernierarsi all’interno di distretti produttivi per le principiali colture, pere e pomodoro in primis). 
Il distretto può essere il vero strumento di governo e punto di incontro tra le parti, compresa la Regione e dove le regole vengono non solo condivise ma soprattutto fatte rispettare. ORIGINE E TRASPARENZA, in coerenza con le proposte di Coldiretti, per evitare l’effetto sostituzione dei nostri prodotti con altri provenienti da ogni parte del mondo ma non certo con le caratteristiche di salubrità, sicurezza e qualità garantite dalle produzioni Made in Italy. 
Su queste linee Coldiretti con i suoi soci continuerà a lavorare per restituire valore ai prodotti e dignità al lavoro degli imprenditori agricoli sensibilizzando in primis le amministrazioni locali come veri presidi territoriali a garanzia di tutti. 

Enzo Bellettato: «Diario di un obiettore. Strapparsi le stellette nel ’68»

Da: Organizzatori
Martedì 19 marzo, Libreria Feltrinelli, Via Garibaldi 28/30, Ferrara, alle 17.00
Prosegue il ciclo “Raccontare la storia, raccontare storie. Nonviolenza in azione” patrocinato dal Comune di Ferrara l Tribunale militare di Torino condanna un carrista per essersi strappato dalla divisa mostrine e stellette. “Ho rifiutato di proseguire il servizio militare dopo aver inutilmente cercato di sostituirlo con un servizio civile in Italia o all’estero”, spiega il caporale Bellettato.
È il diario che l’obiettore ha tenuto dal primo giorno di naia al congedo, passando per il carcere di Peschiera. Il caso Bellettato avrà come ripercussione la sentenza della Corte costituzionale del 1970, per la quale la propaganda all’obiezione non è più “istigazione a delinquere”. La legge per l’obiezione di coscienza verrà promulgata nel 1972.
Enzo, con Piero Pinna e altre quattro persone, ha dato inizio, nell’agosto del ’63, al Gruppo di Azione Nonviolenta che, con le sue piccole e tenaci iniziative, ha avviato la campagna per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza in Italia. Di questo e altro parlerà martedì 19 marzo alle 17 alla libreria Feltrinelli, in dialogo con Daniele Lugli che ha condiviso fin dall’inizio l’esperienza del Gruppo di Azione Nonviolenta.
Il 30 giugno del 1967 Enzo inizia il suo servizio militare, Sono passati quattro giorni dalla morte di don Lorenzo Milani, presso il quale si era recato prima della pubblicazione di “Lettera a una professoressa”. Scompare così uno dei suoi principali ispiratori. Il 21 ottobre 1968 annota nel suo diario: “Ieri è morto Capitini. Oggi i giornali hanno riportato la notizia. Hanno parlato di lui, della sua cultura, della nonviolenza. Ne hanno parlato bene. Quando era vivo molti di loro osteggiavano e travisavano le su idee, mettevano in ridicolo le sue iniziative…”. Un mese dopo ci sarà il congedo dal servizio militare.
Non cesserà però il suo impegno per la nonviolenza, come obiettore fiscale alle spese militari e
promotore della Consulta per la pace di Rovigo, come insegnante e dirigente scolastico, e come impegnato in numerose attività culturali: l’istituzione del Planetario civico di Rovigo, la ricerca nell’ambito della storia locale, la raccolta e riproposizione di canti popolari, la presidenza dell’Associazione “Viva la Costituzione”…
Il ciclo d’incontri, promosso da Libreria Feltrinelli Ferrara, Movimento Nonviolento e Istituto di Storia Contemporanea con il patrocinio del Comune di Ferrara, si concluderà martedì 26 marzo, sempre alla Feltrinelli alle 17, con la presentazione del libro “Silvano Balboni era un dono. Ferrara 1922-1948: un giovane per la nonviolenza dall’antifascismo alla costruzione della democrazia” da parte dell’autore Daniele Lugli. Anche Silvano, come Enzo, è stato caporale ed obiettore, ma nella primavera del 1943.

Inaugurazione della mostra: Troia: la fine della città, la nascita del mito

Da: Stampa
Oggi, 16 marzo, è stata un’importate giornata per Comacchio e per il ruolo che la città esercita nel panorama cultuale locale e non solo. Grazie all’incredibile lavoro sinergico di diverse realtà museali, tra cui il Museo Archeologico di Napoli e quello dei Campi Flegrei nel Castello di Baia, sarà possibile rivivere le suggestioni raccontate da Omero, padre dell’epica antica!
E’ stata infatti inaugurata la mostra “TROIA: LA FINE DELLA CITTÀ’, LA NASCITA DEL MITO” che, a due anni dalla mostra “Lettere da Pompei”, realizzata nel 2016 a seguito della firma del Protocollo d’Intesa per l’attivazione di rapporti di collaborazione tra il Comune di Comacchio e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, permetterà ai visitatori di rivivere miti ed atmosfere dell’antichità.
Hanno presenziato alla giornata inaugurale, insieme ai curatori della mostra Carla Buoite e Lorenzo Zamboni, il Sindaco Marco Fabbri, l’Assessore Alice Carli, la Cons. Regionale Marcella Zappaterra, la Direttrice del Museo Delta Antico Caterina Cornelio ed il Dirigente del servizio Cultura Roberto Cantagalli.

Peruffo, lavori alla Torre dell’Orologio “I negozi all’oscuro delle tempistiche”

Da: Forza Italia Ferrara
Pochi giorni fa sono stati annunciati i lavori alla Torre dell’Orologio e alla chiesa di Santa Maria della Visitazione, con interessamento dei due volti tra corso Porta Reno e Piazza della Cattedrale, coinvolgendo il complesso dell’ex Palazzo della Ragione.

Intervento necessario, ma, parimenti a quanto successo mesi fa, è stata data la notizia alla stampa senza che l’Assessorato ai Lavori Pubblici abbia preso contatti con i negozi che orbitano proprio in prossimità del Volto che, a tutt’oggi, non hanno saputo nulla riguardo all’inizio e alla durata dei lavori.
Parliamo, tra gli altri, di bar e gelaterie in cui il fattore stagionalità gioca un ruolo determinante sulla loro attività.
È bene quindi che ci sia trasparenza e giusta comunicazione tra Amministrazione e attività commerciali per non creare danni spesso irreparabili per gli esercenti coinvolti.

Lunedì 18/3 tornano i LUZ al Torrione con una nuova formazione e un nuovo disco, Encelado, edito da Auand Records

Da: Ufficio Stampa Jazz Club Ferrara
lunedì 18 marzo, a cinque anni dal loro primo disco “Polemonta”, tornano i LUZ al Jazz Club Ferrara con una nuova formazione e un nuovo disco: Encelado, pubblicato da Auand Records. I LUZ sono Igor Legari al contrabbasso, Giacomo Ancillotto alla chitarra e Federico Scettri alla batteria. Anticipa il concerto l’aperitivo a buffet al wine bar del Torrione accompagnato dalla selezione musicale di Andreino Dj (a partire dalle ore 20).

Dopo il concerto il pubblico potrà godere di Tip of The Day, l’apertura della jam session a cura degli allievi e dei docenti del Dipartimento Jazz del Conservatorio “G. Frescobaldi” di Ferrara. La formazione che scenderà in campo, dal titolo ‘Flute Summit’, è formata da Stefano Pederzani al flauto, Roberta Fogli Iseppe Cavalieri al flauto, Beatrice Sisana al flauto in Sol, Ambra Bianchi al flauto basso, Stefano Raimondi al pianoforte, Stefano Galassi al basso e Nancy Luduena alla batteria. Ingresso a offerta libera riservato ai soci Endas.

ANP- donne in campo Ferrara – Parità di genere: una conquista di civiltà

Da: Ufficio Stampa Cia Ferrara
FERRARA – La lotta delle donne può cambiare il mondo, ma serve uno sforzo di tutta la società per risolvere i problemi di disparità di genere ancora persistenti e più che mai attuali. Donne in Campo e ANP (Associazione Nazionale Pensionati) di Cia – Agricoltori Italiani Ferrara hanno organizzato, lo scorso 15 marzo, l’incontro “Parità di genere: una conquista di civiltà”, una riflessione su violenza e diseguaglianze persistenti nella nostra società. All’evento hanno partecipato: Luana Tampieri, presidente regionale Donne in Campo, Roberta Mori, presidente Commissione regionale per la Parità ed i Diritti delle persone, Stefano Calderoni, presidente Cia Ferrara e Ada Rossi, rappresentante di Donne in Campo.

“Una ragazza svedese di appena sedici anni – ha spiegato Luana Tampieri, presidente regionale Donne in Campo – che si chiama Greta Thunberg, con il suo coraggio e la sua forza di volontà, ha portato all’attenzione del mondo il problema del clima e dell’ambiente. Oggi, giornata del “Friday for future”, lo sciopero globale per clima, è l’occasione perfetta per parlare del coraggio delle donne che può davvero cambiare il mondo e dei diritti che abbiamo lottato per ottenere e che adesso vengono messi in discussione. Perché le donne muoiono per mano di uomini che pensano di possederle, che non rispettano la libertà dell’individuo e l’autodeterminazione”.

Diritti, possibilità di scegliere e autodeterminarsi i temi chiave del dibattito, come ha ribadito anche Roberta Mori
“L’uguaglianza di genere non può essere sancita per legge, ma deve essere sostanziale ed è una questione di civiltà, che manca in questo momento. Penso alle ultime sentenze dei giudici che alimentano una cultura del “delitto d’onore” perché giustificano l’omicidio di una donna e con delle attenuanti futili e ingiuste concedono sconti di pena. Come Regione abbiamo sottoscritto un protocollo per sensibilizzare i magistrati verso la violenza di genere, e varato la Legge Quadro sulla parità che ha dato risultati in tutti gli ambiti della società. Inoltre abbiamo spinto sulle pari opportunità nelle imprese e cercato di sostenere le madri che lavorano, attraverso il sostegno per la retta dei nidi e i servizi estivi. Facciamo, dunque, progetti perché non è il codice penale a far cambiare la cultura ma le idee e le reazioni tra i diversi soggetti della società, a partire proprio dalle associazioni come la vostra”.

In chiusura Stefano Calderoni ha ricordato che ogni 72 ore muore una donna per mano di un uomo. “La paura è che ci stiamo assuefacendo a questa situazione di violenza, invece dobbiamo indignarci, non perdere la lucidità. Penso a una forza politica che a Crotone ha distribuito un volantino dove si dice che l’uomo verrebbe leso nella sua dignità perché la donna è libera. L’unico anticorpo per combattere questa forma di ignoranza è lo studio – ha concluso il presidente Cia – far muovere l’intelligenza e le idee. Perché ogni giorno le cronache ci raccontano di approcci sbagliati contro le donne, a partire da quelli verbali e non è un problema che riguarda le donne, ma tutti noi”.

Comunicato Stampa Fusione Camere di Commercio, dal TAR del Lazio sentenza incoraggiante

Da: Marcella Zappaterra
“Con un’ordinanza depositata il 15 marzo, il TAR del Lazio ha sospeso l’accorpamento delle Camere di Commercio di Pavia, Cremona e Mantova e trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale. Una notizia rilevante nell’iter di fusione anche degli enti camerali di Ferrara e Ravenna” riporta la consigliera regionale Dem Marcella Zappaterra che aveva già sollecitato la Regione Emilia-Romagna a bloccare l’accorpamento.
“La sentenza del TAR del Lazio sul ricorso presentato dalla Camera di Pavia segna uno spartiacque. Addirittura insinua il dubbio che l’impianto della legge possa essere incostituzionale. Ovviamente non mi spingo a fare valutazioni di tipo giuridico, ma ritengo che questa ordinanza dimostri quanto il mio sollecito alla Giunta Regionale per lo stop alla fusione di Ferrara e Ravenna fosse opportuno.
Con atti ufficiali avevo anche sollecitato il governo a farsi carico di un chiarimento sulla questione. È ben nota la resistenza del M5S ad aprire una riflessione – richiama in conclusione Zappaterra – speriamo che almeno la Lega dia seguito alle dichiarazioni del Ministro Centinaio e si impegni per una modifica di buon senso che salvaguardi l’autonomia e il radicamento territoriale a tutela delle nostre imprese

Riparte “un pozzo di scienza”: il seme del futuro sboccia nelle scuole ferraresi

Da: Organizzatori
Al via la 13esima edizione di “un pozzo di scienza”, il programma di educazione ambientale gratuito del Gruppo Hera dedicato alle scuole superiori, che nell’arco di due mesi toccherà con 9 tappe le principali città servite dalla multiutility. Oltre 22.000 studenti impegnati nell’affrontare le sfide di sostenibilità ambientale per sviluppare una “Mente ecologica”, tema al centro di questa edizione. Un percorso fatto di incontri interattivi, workshop, laboratori, dibattiti e game conference. Torna in veste totalmente rinnovata e digitale il concorso “Click Day”, e per il gioco finale arriva l’orienteering sulla sostenibilità

Oltre 3.700 alunni coinvolti nel territorio della città estense
“un pozzo di scienza” arriverà a Ferrara il 18 marzo e prenderà il via nelle aule dell’Aleotti e del Bachelet – oltre che al Guido Monaco di Pomposa a Codigoro – e si dipanerà fino al 3 aprile. Considerando l’intero territorio ferrarese, saranno 12 le scuole coinvolte, 145 le classi e oltre 3.700 gli studenti. Tra le Science Stories più richieste ci sono ONU 2030: i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile, Le nuove frontiere del packaging per ridurre gli sprechi di energia e cibo e Perché l’Europa punta sul biometano? Per quanto riguarda i laboratori le preferenze sono andate a Scienziati a un bivio

Più di 70 scuole emiliano-romagnole, 850 classi, oltre 22.000 studenti: sono questi i numeri complessivi della 13esima edizione di “un pozzo di scienza”, il programma di educazione ambientale gratuito promosso dal Gruppo Hera nelle scuole superiori.
Al centro del progetto temi attuali e urgenti come la tutela della biodiversità, scarsità delle risorse, uso efficiente dell’energia e taglio delle fonti inquinanti importanti sfide che non si potranno affrontare senza il coinvolgimento attivo dei giovani che dovranno però avere una nuova mentalità. Ecco perché quest’anno il progetto punta sull’ “Ecological Mind – il seme del futuro”, un nuovo tipo di sguardo multilivello e un approccio che deve saper integrare più discipline diverse (economia, scienza, analisi della società e tecnologie avanzate), per innescare la transizione verso un modello di società più circolare e sostenibile. Questo il filo conduttore delle attività, nel tentativo di prevedere come evolveranno le nostre vite e quale scenario professionale si troveranno davanti le generazioni future.

Da Modena a Rimini, il programma didattico 2019
Anche quest’anno l’offerta didattica è ricca e variegata: avviata il 18 febbraio da Ravenna, andrà avanti fino al 13 aprile con ultima tappa a Faenza. Più di 110 le Science Stories, incontri caratterizzati da una forte componente interattiva e partecipativa e tenuti da docenti universitari, scienziati, giornalisti, esperti e giovani ricercatori. E poi ancora 40 tra game conference e workshop, entrambi caratterizzati da un approccio pratico ed esperienziale. Non mancano, poi, i laboratori interattivi hands-on, quasi 150, dove i ragazzi possono esplorare a fondo l’approccio IBSE (Inquiry-Based Science Education), all’insegna dell’investigazione. Accanto a questi anche i Play Decide, laboratori in forma di gioco di ruolo promossi dall’Unione Europea per favorire lo scambio e il dibattito su tematiche scientifiche di grande attualità. Inoltre, anche quest’anno gli studenti hanno la possibilità di visitare gli spazi di ricerca più all’avanguardia, i Dipartimenti Scientifici e Laboratori di sviluppo e analisi delle Università e dei Centri di Ricerca, per vedere da vicino come nascono e si realizzano le idee e i progetti più innovativi.

“Click Day”: la sfida digitale tra scienza e creatività
Torna nel 2019, con una formula totalmente rinnovata e online, il “Click Day”: il concorso finale focalizzato sui temi trattati durante il percorso. Quest’anno saranno iscritte automaticamente al concorso tutte le classi che aderiscono al progetto. Tra queste, verranno selezionate quelle che hanno ottenuto un punteggio più alto, che saranno ammesse a partecipare alla sfida online all’ultima domanda, in programma mercoledì 17 aprile. La classe vincitrice si aggiudicherà una gita premio a H-Farm, il campus del più grande centro di innovazione in Europa immerso nelle campagne venete, per una giornata dedicata a scoprire gli ultimi trend tecnologici nella quale i ragazzi si confronteranno con se stessi e con il lavoro di squadra per trovare risolvere sfide e problemi.

Hera Go-O, una gara di orienteering su acqua, energia e ambiente in giro per Bologna:
Quest’anno “un pozzo di scienza” si chiude in bellezza. Il 25 maggio, infatti, avrà luogo a Bologna la prima edizione di Hera Go-O, un’imperdibile e agguerrita gara di orienteering ambientale aperta a tutti, studenti e cittadini, con diversi premi in palio. Un nuovo modo di esplorare la città e i suoi segreti, con una sfida che si snoderà in un percorso a tappe, da realizzare esclusivamente a piedi, nel centro storico fin sotto le Due Torri. Per partecipare basterà formare una squadra da minimo due persone e sfoderare il proprio senso dell’orientamento.

Modonesi si presenta: 5 milioni di euro ogni anno per lavoro, welfare e mobilità

Da: Organizzatori
Aldo Modonesi ha presentato nella mattinata di oggi, sabato 16 marzo, la sua candidatura a sindaco di Ferrara sulla Darsena dietro a Wunderkammer davanti ai molti presenti. Prima di lui, sul palco, Andrea Poltronieri ha suonato per i presenti. Sono poi intervenuti cinque cittadini: Miriam Surro, imprenditrice innovativa, Mariantonietta Falduto, universitaria e attivista per l’ambiente, Alessandra Gaiardi, mamma e lavoratrice del settore GDO, Laura Roncagli, volontaria e presidente di Agire Sociale, Filippo Govoni, papà e architetto. Ognuno di loro ha consegnato a Modonesi e ai presenti la propria visione della città.

Aldo Modonesi ha presentato i tre pilastri su cui poggia la sua idea di Ferrara per i prossimi 5 anni.

CRESCERE ANCORA puntando su lavoro, infrastrutture e cultura come dinamo di sviluppo, senza lasciare indietro nessuno.

MUOVERSI MEGLIO attraverso la capacità di far convivere innovazione e sostenibilità ambientale, colmando le distanze tra centro e periferie.

VIVERE BENE come comunità coesa che valorizzi giovani e famiglie, senza dimenticare i nostri anziani, affrontando il tema cruciale della sicurezza con concretezza e decisione, ma senza lo specchio deformante dell’ideologia.

Aldo Modonesi conclude l’intervento con una proposta concreta: mettere a disposizione 5 milioni di euro in più ogni anno per lavoro, welfare e mobilità. 5 milioni che non peseranno sulle tasche dei cittadini, ma che arrivano da una attenta spending review e dalla riorganizzazione della macchina comunale da fare in stretta collaborazione con i dipendenti.

Insieme, si può fare. Fare di più.

“Scrostati piccolo, lasciami lavorare!”
La risposta dei padroni del vapore ai ragazzi del Friday for future

Per salvare il pianeta dal riscaldamento globale, per assicurare un futuro alla razza umana e alle nuove generazioni “non c’è più tempo”. Per esporre questa clamorosa, pacifica, coloratissima denuncia, venerdì 15 marzo milioni di giovani e giovanissimi sono scesi nelle strade e nelle piazze di tutto il mondo. Centinaia di migliaia in 180 città italiane. Alcune migliaia anche nella bella addormentata Ferrara, risvegliatasi dopo un lungo sonno.
L’appello di Greta Thunberg , la ragazzina di Stoccolma dalla faccia tonda e il breve sorriso, ha prodotto un maremoto. I numeri imponenti del Friday for future hanno stupito e spiazzato tutti: i media, i professionisti della politica, i padroni dell’economia. I capi di Stato. I padri, le madri, tutto il mondo degli adulti.
E Adesso? “Grazie ragazzi” c’era scritto su un cartello verde. E i ringraziamenti davvero si sprecano: Grazie ragazzi di avercelo ricordato… avete ragione… ne terremmo conto… correremo ai ripari…
In una vignetta di Francesco Tullio Altan, una bambina alza un cartello con sopra il tondo del pianeta malato. Accanto a lei un omone nerboruto, svastica sull’avambraccio e mitra spianato, le risponde: “lasciateci lavorare ragazzini”. A me è venuto lo stesso pensiero. Mi è tornata in mente mia madre (mi torna in mente quasi ogni giorno) e una frase del mio lessico famigliare: “Scrostati piccolo, lasciami lavorare!”.

Ai ragazzini che vorrebbero salvare il mondo vorrei dare il mio modesto consiglio: non fidatevi dei sorrisi e dei ringraziamenti. Vi stanno – vi stiamo – imbrogliando. Fate attenzione. Avete di fronte il gigante Golia. O il Pifferaio magico, un tipo alla Mark Zuckerberg. O Leland Gaunt, il fascinoso proprietario dell’emporio “Cose Preziose” di Stephen King.
Prima il liberismo, oggi il neoliberismo, ci hanno letteralmente sommerso di oggetti, servizi, opportunità. Nel corso di tutta la storia dell’uomo, il capitalismo si è rivelato di gran lunga il sistema economico più efficiente, veloce e progressivo: la prima, la seconda, la terza, la quarta (quella che viviamo oggi) rivoluzione industriale hanno cambiato la faccia del pianeta e la vita di ognuno di noi. E dopo la caduta del Muro, è rimasto in campo solo lui, un sistema unico che governa il mondo. In Occidente e in Oriente. Nell’emisfero Nord come nel Sud. Nelle megalopoli fino al più sperduto villaggio.
Quasi 200 anni fa, un grande filosofo e geniale osservatore del suo tempo (un ebreo tedesco nato a Treviri, Renania) aveva centrato il problema: c’è qualcosa di perverso e di pericoloso in questo meraviglioso sistema di produzione, un motore interno potentissimo ma che alla lunga consuma e distrugge se stesso e tutto quello che gli sta intorno. Il capitalismo sembra proprio l’albero della cuccagna. Ma non lo è: produce merci ma anche sangue, sfruttamento dell’uomo sull’uomo, alienazione, infelicità. Trent’anni prima di lui, un oscuro poeta italiano, nato a Recanati e di fama postuma, sentiva sulla sua pelle e dava voce al medesimo disagio verso “la modernità”.

Ma insomma, magari a qualcuno non piace Leopardi, o ancora trema davanti al barbone di Karl Marx. Lasciamo perdere ‘Lo zibaldone’ e il ‘Primo Libro del Capitale’. Parliamo di oggi. Qui e ora.
Fra 11 anni, dicono gli scienziati dati alla mano, sarà veramente troppo tardi. Il riscaldamento globale avrà effetti irreversibili sul clima e sull’ambiente. Effetti che già oggi tocchiamo con mano, ogni giorno, a tutte le latitudini. La terra, l’aria, l’acqua si ribellano agli uomini che l’hanno violentata: i deserti avanzano, i poli si sciolgono, il clima impazzisce.
“Non c’è più tempo”, denunciano i ragazzi del Friday for future. La risposta della politica, dell’economia, della finanza è sempre la solita: “Grazie ragazzi ma lasciateci lavorare”, o peggio ancora: “Tranquilli ragazzi, ci stiamo già lavorando”. Politica, Economia, Finanza, insomma i padroni del vapore, si sono limitati a inventare qualche nuovo nome. Il più abusato è “sviluppo sostenibile”. Ed eccone un altro: “green economy”: non vi si apre il cuore solo a sentirlo?

Alla conferenza sul clima di Parigi del dicembre 2015, 195 paesi hanno adottato il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima mondiale. Era il frutto di molti compromessi e grandi mediazioni, in tanti lo giudicavano timido e insufficiente, ma segnava un traguardo storico. Quel traguardo oggi appare già irraggiungibile. L’America di Trump rinnega gli impegni firmati da Obama. Cina, India e perfino i Paesi del Golfo, oltre al petrolio, continuano a costruire centrali a carbone. E neppure le misure prese dalla debole Europa sembrano all’altezza dell’emergenza clima. Nella stanza dei bottoni pesano gli interessi del presente, molto più dei timori per il futuro. Nessuno Stato sembra avere la voglia, la lungimiranza, il coraggio di invertire la rotta.
I ragazzi del Friday for future l’hanno capito benissimo. Non credono più al diluvio di buone intenzioni e di parole vuote dei padroni del mondo. Vogliono cambiare tutto: il nostro modo di produrre, consumare, abitare, vivere. E bisogna farlo in fretta, perché il tempo sta scadendo.

Il modello neoliberista – il tabù economico che nessuno vuole infrangere – ci ha allevato nel mito dello sviluppo inarrestabile, del progresso infinito, delle “magnifiche sorti e progressive” (Leopardi, La ginestra, 1836). Oggi quel modello, tanto potente quanto iniquo, ci presenta il conto finale. Ed è un conto salato. In lista non c’è solo un pianeta in pericolo, ma decine di milioni di profughi, disoccupazione e disperazione, lavoro nero e nuove forme di schiavitù. Il terzo millennio si è aperto all’insegna della diseguaglianza: i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Mentre chiudo questo commento, le 2,30 di notte di lunedì 18 marzo dell’anno del Signore 2019, accendo la televisione e leggo i titoli di RaiNews24. Tifone colpisce Mozambico, Zimbawe, Malawi, almeno 100 vittime. Devastanti alluvioni in Indonesia, 58 morti. Per oggi forse può bastare: vediamo domani.
A Greta Thunberg vogliono dare il Nobel per la Pace. Un alto riconoscimento? C’è il rischio che assomigli a una medaglietta di latta. Un modo per dirle: “Grazie Greta, sei bravissima…. ma adesso scrostati piccola, lasciaci lavorare!”

Ferrara è davvero città aperta?

Le assemblee civiche Il Battito della città, La città che vogliamo e Addizione civica hanno proposto lo scorso venerdì a Factory Grisù un interessante incontro pubblico dal titolo davvero accattivante e quanto mai oggetto di discussione: ‘Ferrara città aperta? Contro ogni forma di razzismo. Per l’accoglienza, il dialogo interculturale, l’inclusione sociale‘.
In effetti il punto di domanda se Ferrara sia davvero una città aperta nei confronti delle diverse forme di razzismo, se la nostra città sia accogliente e inclusiva è passato attraverso le molte testimonianze ed esperienze di vita di coloro che sono intervenuti, con suggestivi intermezzi creativi di profilo espressivo teatrale e proiezioni davvero toccanti.
Si è trattato di un lungo e interessante susseguirsi di stimolanti riflessioni sui diversi aspetti del nostro vivere sociale. Oggi alcuni sostengono che il razzismo crescente sia il vero problema politico del momento storico in cui viviamo e che sostanzialmente rappresenti lo spaccato di un mondo globalizzato che vede solo in bianco e nero, in termini di paura di perdere ricchezza e potere, di sentire minacciata la propria vita paradossalmente non da chi ha più potere, bensì da parte di chi non ha nulla, se non il colore diverso della pelle, della diversità della lingua o di usi e costumi diversi.

L’incontro proposto dai movimenti civici ha inteso portare all’attenzione pubblica un tema presente, anche se poco dibattuto sia a livello locale sia nazionale, spesso connesso esclusivamente al problema della sicurezza dei nostri concittadini, mentre sappiamo benissimo che nasconde problematiche più complesse, dal dilagante sistema di diseguaglianze che sta attaccando anche il nostro contesto sociale, alla crisi del mondo del lavoro, alla disoccupazione, al crescente svantaggio culturale ecc., che troppo spesso fa comodo ignorare, semplificando le ragioni del malessere addebitandolo esclusivamente a chi arriva da lontano e presenta bisogni diversi.
Ma il malessere, l’isolamento e la povertà mettono davvero a rischio la dignità di molte persone, nostri concittadini che, se non vi fosse la presenza di associazioni umanitarie e del volontariato, che reiventano modi nuovi di avvicinamento solidale di chi ha bisogno, non riuscirebbero a dare ancora senso alla loro vita. Ciò vale anche per gli anziani, per le persone bisognose anche solo di stare con qualcun altro e per quelle che hanno bisogno di accoglienza.

Il genetista ferrarese Guido Barbujani, anche attraverso un video mirato, ha portato la sua esperienza scientifica sul concetto di razza per capire quanti e quali siano ancora i pregiudizi e le non conoscenze su cui si fondano le politiche sociali discriminatorie, che oggi rivendicano e identificano le differenze fra le persone in base alla loro provenienza e colore della pelle. Davvero interessante anche l’esperienza delle cucine popolari Social Food di Bologna: una mensa che accoglie persone che beneficiano appunto di pasti offerti dalle imprese del territori di cui ha parlato Roberto Morgantini, recentemente nominato Commendatore della Repubblica dal capo dello Stato proprio per questa grande e importante attività. L’esperienza delle cucine popolari si basa sulla convivialità a tavola e significa spazio, tessuto, mosaico di parole scambiate; lì tutti sono uguali, con le stesse possibilità di prendere cibo e di intervenire con la parola: bambini e vecchi, uomini e donne, invitanti e invitati. L’uno parla, l’altro ascolta mentre si mangia: parole che si intrecciano fino a superare ogni diffidenza.
Leaticia Ouedraogo, 22 anni, originaria del Burkina Faso, attivista, studentessa di lingue a Ca’ Foscari di Venezia, che parla perfettamente italiano anche perché da sempre vive in Italia senza problemi, ha portato la sua esperienza descrivendo come può cambiare la vita di una persona, quando s’innesca la paura per inspiegabili e ingiustificate minacce di morte solo per avere il colore della pelle che porta: si è trattato di una paura che mai prima avrebbe pensato di provare, però si è accorta che questo comportamento stava cambiando il suo modo di vivere. Ha spiegato come quel sentimento di paura si sia insinuato nella sua esistenza non tanto per la paura di morire, quanto piuttosto per la difficoltà a capire le ragioni di un odio che può portare a volere la morte di una persona solo perché nera. Il rischio che lei ha messo in evidenza è quello che rimanga dentro “la paura di aver paura”, però bisogna cercare di reagire e pensare che il mondo può anche cambiare e dovremmo arrivare a dire “Ferrara è una città aperta!” Senza un punto interrogativo.

Numerose sono state poi le testimonianze di coloro che vivono sul nostro territorio e rappresentano da anni un esempio di buone pratiche sulla convivenza attraverso le tante esperienze positive di accoglienza solidale, ma soprattutto di solidarietà e di inclusione nel tessuto cittadino dei tantissimi migranti, delle loro famiglie, di adulti e dei minori non accompagnati, ma non solo, che hanno cercato di creare un vero dialogo interculturale anche attraverso percorsi informativi e formativi. Si tratta di associazioni, del nostro Comune, del sindacato.
Domenico Bedin dell’associazione Viale K ha portato la pluriennale esperienza e la grande forza del volontariato, Elena Buccoliero, responsabile dell’ufficio Diritti dei Minori del Comune di Ferrara, ha portato avanti un lavoro da anni seguito anche da Daniele Lugli per quanto concerne la tutela dei minori, così come il servizio integrazione del Comune sta continuando a fare con interventi diretti e indiretti per le scuole di ogni ordine e grado e non solo.
Viera Slaven dell’Ufficio Immigrati Cgil di Ferrara ha portato una voce diversa, specificando di seguire tutto quel mondo di badanti straniere, in prevalenza dell’Est, che sostengono la cura dei nostri anziani, soprattutto in una città come la nostra, che ha sempre più bisogno di cura e assistenza perché sta velocemente invecchiando. Questa esperienza l’ha addirittura portata a scrivere un libro sulla vita di queste donne, che sembrano non avere nome, ma sono un punto fermo nel nostro contesto sociale e che paradossalmente non vengono vissute come “straniere”.
Adam Atik ha portato l’esperienza dell’associazione Cittadini nel Mondo, Malek Fatoum ha presentato l’attività di Occhio ai media e Marzia Marchi, insegnante Cpia e tutrice volontaria Msna, ha evidenziato quanto ricca e importante sia l’esperienza di conoscenza e le attese delle tante persone adulte che provengono dai paesi più diversi, di ricominciare una vita che abbia un senso.

Foto di Valerio Pazzi. Clicca sulle immagini per ingrandirle

Posso dire che i movimenti civici che hanno promosso e voluto condividere questa riflessione su una gran parte delle attività che muovono la vita della nostra città per un serio obiettivo di inclusione sociale, ha assunto un valore politico davvero rilevante: non è facile, infatti, incontrare la gente comune. E venerdì sera la gente presente era davvero tanta ad ascoltare, credo in modo davvero interessato, le tante esperienze di grande umanità verso l’altro che costituiscono quasi un “sottobosco” silenzioso del nostro territorio che lavora, che dice di esistere e che è fatto in nome di un’accoglienza e integrazione delle tante persone che arrivano, indipendentemente dal paese di provenienza, dal loro colore della pelle, dall’età della persona.
Cos’è questa se non politica attiva? Il fatto che ancora molti si stupiscano di ciò che può essere fatto solo per vero spirito di apertura umanitaria, e non per altri tornaconti, porta a pensare che non c’è più una cultura della partecipazione attiva e tutto ciò che di nuovo accade viene percepito come una disavventura, una paura di perdere non la libertà, ma il proprio esclusivo pezzo di benessere e non si è preparati al fatto che esistano altri tipi di intervento sociale che possono offrire alla nostra comunità una possibilità di futuro dignitoso e di pace insieme.
Il problema della sicurezza tanto declamato come unico problema grave del nostro territorio a difesa dei reali e contingenti problemi di delinquenza, malaffare e prostituzione, non va certamente sottovalutato, ma non potrà certo essere debellato solo dall’esercito o da bande armate stanziali in un quartiere della città: probabilmente occorrono regole più precise, un’organizzazione che preveda interventi diversi e su più piani, più vicini alla gente, con forme di coinvolgimento diretto e conoscenza reale dei fenomeni che stanno venendo avanti.

Insomma si è detto che c’è bisogno di un nuovo modo di fare partecipazione e l’approfondimento delle esperienze di cui si è parlato ha valore non solo per motivi di natura socio culturale, ma soprattutto politico: spingono verso una presa di coscienza della necessità di avere un governo della città più attento alle dinamiche sociali e al protagonismo delle nuove generazioni.

Donne e mimose

Pochi giorni fa è stata la Festa della Donna o, secondo la sua vera denominazione, la Giornata internazionale della donna, che in Italia festeggiamo dal 1922, ed in occasione della quale in tutto il mondo vengono organizzate manifestazioni e celebrazioni per ricordare le lotte sociali e politiche che le donne hanno affrontato per ottenere diritti che dovrebbero spettare a ciascun individuo, indipendentemente dal sesso di appartenenza. Nel tempo però questa giornata ha assunto connotati anche molto lontani dalla riflessione politica e culturale che dovrebbe suscitare: un momento per meditare su quanto è stato fatto e quanto ancora ci sarebbe da fare, troppo spesso soverchiato dall’aspetto commerciale della festa.
Il simbolo della festa, il fiore di mimosa, usanza tutta italiana, fu proposto come tale nel 1946 da due donne iscritte all’Unione donne italiane, Rita Montagnana (moglie di Palmiro Togliatti) e Teresa Mattei. La scelta, votata all’unanimità, ricadde su questo fiore perché è l’unico che fiorisce a marzo ed è anche economico, e quindi può essere regalato da tutti.
Ma è senz’altro più poetico pensare che la mimosa, per la sua capacità di crescere, nonostante la sua fragilità, anche nei terreni più difficili, venne considerata come una rappresentazione della figura della donna, capace di generare vita anche nelle asperità.

Il valore della pazienza

Quasi nulla è rimasto ormai della pazienza degli antichi, quella pazienza che si mostrava in ogni ambito della vita, perché in realtà espressione di uno stato interiore.
C’era chi aspettava l’occasione della vita per dimostrare le proprie doti, chi aspettava il ritorno del proprio amore dal fronte, chi aspettava veder crescere i frutti della terra con i propri tempi, senza fretta, perché la natura conosce i propri ritmi.
C’erano i bambini che aspettavano l’arrivo del tanto agognato regalo, chi aspettava il momento giusto per dichiararsi e chi aspettava per ore che il sugo si restringesse lentamente sul fuoco. C’erano la moderazione, la tolleranza e la sopportazione.
La pazienza si può insegnare, si dovrebbe insegnare, perché fortifica e rende il terreno del cuore fertile per la crescita di molte altre virtù.
A patto che vi siano ancora dei buoni insegnanti.

“Come può una società, che si fonda su sughi pronti, ricette di torte veloci, cene surgelate e fotocamere istantanee, insegnare la pazienza ai giovani?”
Paul Sweeney

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la settimana…

Consigli non richiesti: Ian Svenonius

Approfitto di questo spazio gentilmente offertomi per segnalare la pubblicazione in lingua italiana di un libro che ho avuto modo di leggere in inglese dopo averlo comprato direttamente dall’autore in persona.
L’autore in questione è un personaggio che potremmo definire “un tipo originale”.
Ho avuto modo di comprare il libro dall’autore – Ian Svenonius – perché mi trovavo presso Zone K e quella sera l’autore era sul palco a suonare e, a fine concerto, al suo banchetto a vendere dischi, magliette e quello che ai tempi era il suo nuovo libro fresco di stampa.
Il libro – in italiano – si chiama “Censura subito!!!”, traduzione più o meno libera, discussa e discutibile dell’originale “Censorship now!!”.
Avevo già letto gli altri libri di Ian Svenonius e li avevo apprezzati entrambi ma quest’ultimo, forse, è quello che ho trovato più “necessario”.
Qualcuno potrebbe a questo punto chiedersi: ok, necessario perché?
Qualcun’altro potrebbe chiedersi anche: ma chi è ‘sto Ian Svenonius?
Parto dalla seconda ipotetica domanda: Ian Svenonius è stato ed è il cantante di un sacco di gruppi che potremmo definire più o meno “punk”, i più famosi sono forse i Nation Of Ulysses, gruppo che se ne uscì con un disco d’esordio intitolato “13-Point Program to Destroy America”, cosa che rende già un po’ l’idea sul personaggio Ian Svenonius.
Attualmente è sempre in giro, sempre con un gruppo nuovo a fare una cosa sempre diversa e sempre uguale ma questo non è importante, almeno per me.
Devo ammettere che infatti lo preferirei più impegnato a scrivere che a suonare.
Ammetto anche che lo vorrei vedere un giorno alla Casa Bianca perché non ho nessun problema a farmi spernacchiare dicendo chiaro e tondo che Svenonius vale 10 Bernie Sanders e 10 Ocasio-Cortez.
Bene, e dopo aver detto questa cosa che mi tenevo dentro da un po’ è giunto il momento di spiegare perché ho trovato questo libro “necessario”.
Copio/incollo direttamente un pezzo del libro:

“Abbiamo bisogno della censura.
Censura per impedire alla radio di continuare a rigurgitare quel suo vomito ininterrotto.
Censura per la «stampa libera», creatrice di quella visione immaginifica del mondo che è la base intellettuale per lo sterminio di massa.
Censura per i libri: rozzi memoir, scritti da ghostwriter, di politici e celebrità, gente che dovrebbe marcire in carcere anziché stare in giro a tenere conferenze.
Censura per l’industria cinematografica, che sforna puerile apologia imperialista e pornografia pro-tortura.
Censura per l’arte, che col suo speciale statuto di immunità spiega e giustifica questa ideologia degenerata che rende possibile cotanta «libertà».
Tra tutti i sistemi che necessitano di essere soppressi e purgati, è bene cominciare proprio dall’arte. L’arte è il cardine.
All’apparenza insignificante, «la libertà di espressione creativa» è un depistaggio, una copertura, uno stratagemma, un’operazione sotto falsa bandiera.
Sostenere l’inalienabile diritto dell’arte a essere, dire e fare qualsiasi cosa, è un trucchetto ordito dai signori del Capitale che ha implicazioni assurde e insidiose.
È così che l’arte – al posto di essere uno scudo, un’arma, un manifesto politico impugnabile dai diseredati senza altre risorse – si è trasformata in una gloriosa fuffa la cui salvaguardia è affidata agli scagnozzi di uno Stato militarizzato.”

Ammetto che anche prima di leggere il libro mi ero ritrovato a pensare anch’io cose del genere e ammetto anche che – apparentemente – questo lacerto possa sembrare gratuitamente provocatorio e gratuitamente delirante.
Tuttavia, almeno secondo me, ogni “artista” dovrebbe interrogarsi su queste questioni.
Anche se leggendo questo estratto non sembrerebbe, il libro poi prosegue bello leggibile e soprattutto divertente, trattando in modo stranamente leggero questioni che messe giù così sembrerebbero “pese come una masegna” (cit.).
A questo punto, senza correre il rischio di rovinare l’eventuale lettura del libro a chi – eventualmente – si può essere intrippato leggendo queste righe, chiudo questo spazio-consigli-non-richiesti con il pezzo della settimana.
Cordiali saluti.

AK 47 (Weird War, 2004)

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