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Giorno: 5 Marzo 2015

Per Alceste due appuntamenti Ferraresi

da: ufficio Stampa Eugenio Bolognesi

Saranno due le presentazioni in programma a Ferrara questa settimana per il romanzo “Alceste: una storia d’amore ferrarese. Giorgio de Chirico e Antonia Bolognesi”, edito da Maretti con il patrocinio della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico.
L’autore Eugenio Bolognesi, noto professionista ferrarese, ha portato alla luce un carteggio amoroso, completamente inedito, tra Giorgio de Chirico e la prozia Antonia Bolognesi, per l’artista la mitologica Alceste, la moglie ideale.

Saranno due le serate di presentazione per il romanzo di Eugenio Bolognesi “Alceste: una storia d’amore ferrarese. Giorgio de Chirico e Antonia Bolognesi”.
Questa sera, alle ore 20 presso l’Istituto Alberghiero Orio Vergani di Ferrara, si terrà un incontro organizzato dai Lions di Portomaggiore – San Giorgio, Ferrara Diamanti, Ferrara Europa – Poggio Renatico e Ferrara Estense.
Sabato 7 invece, alle ore 17.30 presso la Libreria Feltrinelli, in via Garibaldi, il libro verrà presentato al pubblico.

La pubblicazione di un centinaio di lettere dell’artista alla fidanzata Antonia Bolognesi, conosciuta e frequentata durante il suo soggiorno nella “Ferrara delle sorprese” (1915-1918), hanno dato vita al romanzo e rivelano una nuova prospettiva in cui contestualizzare questo periodo così particolare nella vita del pittore, un momento cruciale dell’evoluzione pittorica del maestro di Volos.
Proprio nel centenario del suo arrivo a Ferrara infatti, il pronipote dell’amata, Eugenio Bolognesi, compie uno straordinario ritrovamento, fornendo alla Fondazione Giorgio e Isa de Chirico un inedito strumento di indagine.
Il libro include la trascrizione integrale di 125 documenti, tra cui 104 lettere e cartoline di Giorgio de Chirico indirizzate ad Antonia Bolognesi; numerose fotografie d’epoca; copie anastatiche dei manoscritti.

alcesti2Il romanzo è presente in numerose librerie del Nord e Centro Italia (e prenotabile online in versione cartacea), ed è stato già ampiamente recensito su testate nazionali come La Stampa e Il Foglio, e in tv a RAI Uno Mattina Caffè e TG3 Prodotto Italia, inoltre l’autore sta partecipando ad incontri di presentazione in tutta Italia.

Il 2015, centenario dell’arrivo di de Chirico a Ferrara (dove per l’occasione, a fine novembre, verrà inaugurata una mostra a Palazzo dei Diamanti), si apre quindi con una straordinaria scoperta all’insegna dello studio e della ricerca sull’opera del Grande Metafisico.

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Informanumeri: occupazione e disoccupazione 2014 nel Comune di Ferrara: dati positivi a livello di occupazione giovanile

da: ufficio stampa Comune di Ferrara

Le notizie di oggi: 

OCCUPAZIONE E DISOCCUPAZIONE 2014 nel comune di Ferrara

Il dato sull’andamento dell’occupazione nel Comune di Ferrara per l’anno 2014 ha risentito inevitabilmente della fase congiunturale, registrando un peggioramento sia per l’incremento della disoccupazione (+2%, prevalente per le classi di età oltre i 45 anni), sia per la diminuzione dell’occupazione (-0,8%, prevalente tra i lavoratori indipendenti, in parte compensata da un aumento dei lavoratori dipendenti a tempo determinato).

In questo scenario vanno rilevati i dati assolutamente positivi a livello di occupazione giovanile (15-29 anni), che vedono: una diminuzione della disoccupazione (-5,5%); un incremento dell’occupazione (+4%); la diminuzione dei giovani inattivi, che non studiano, non lavorano, né sono in cerca di occupazione.
E – elemento ancor più importante – questi andamenti positivi valgono per entrambi i generi.
Occupazione e disoccupazione a Ferrara nel 2014



Pillole: I GIOVANI E IL LAVORO


disoccupati

In Italia nel 2014 si stabilizza la % di giovani che non lavora e non studia (26,2%), mentre continua a diminuire quella degli occupati, 28,3% ed a crescere quella degli studenti, 45,4%. Nel Comune di Ferrara nel 2014 si osserva un miglioramento per la fascia di età giovanile…
I giovani e il lavoro




Al fine di favorire la diffusione e l’utilizzazione dei dati e delle informazioni è consentita la riproduzione parziale o totale del contenuto delle presenti pubblicazioni, con citazione della fonte: Sistan, Comune di Ferrara, Statistica

Teatro in carcere: “Cantica delle donne” al Teatro Groggia di Venezia

da: Associazione Culturale Balamòs

Nell’ambito del progetto teatrale “Passi Sospesi”, Balamòs Teatro, in collaborazione con la Casa di Reclusione Femminile di Giudecca, la Municipalità di Venezia, Murano, Burano, l’Associazione Culturale mpg cultura e in occasione della giornata internazionale della donna, presenta Domenica 8 Marzo, alle ore 16.30, presso il Teatro Groggia di Venezia lo studio teatrale “Cantica delle donne – istantanee per una storia universale”.

Ingresso a offerta libera, prenotazioni a: info@mpgcultura.it oppure al 329 8407362 (tre giorni prima dello spettacolo).

Si tratta di un lavoro creato dalle donne detenute dell’Istituto penale femminile di Giudecca, con Michalis Traitsis, regista e pedagogo teatrale di Balamòs Teatro e responsabile del progetto teatrale “Passi Sospesi” negli Istituti Penitenziari di Venezia dal 2006 (premio dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro 2013). Collaborazione dell’attrice e musicista Lara Patrizio, partecipazione di Luminita Gheorghisor, contributo artistico di Patrizia Ninu, video di Marco Valentini, foto di Andrea Casari.

Il lavoro si è incentrato sulla valorizzazione della ricchezza e della complessità della figura femminile attraverso testi, immagini, musiche, canzoni, danze, al femminile. Le voci delle donne detenute provano a imprimere ai testi un proprio, particolare, moto e respiro.

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Intervento di Angelo Andreotti, dirigente del Servizio Musei d’Arte Antica e Storico-Scientifici

da: ufficio stampa Comune di Ferrara

Colgo l’occasione dell’intervento pubblicato sugli organi di informazione locale del professor Ranieri Varese per chiarire che, nel mio articolo di apertura della neo rivista Museoinvita pubblicata dai Musei di Arte Antica, richiamando la rivista fondata da Varese stesso nel lontano 1971, intendevo omaggiare l’opera meritoria di chi mi ha preceduto, non certo esprimere l’intento di riproporre lo stesso modello. Anche a volerlo sarebbe impossibile sia per contesto sia per forma.

Per quanto riguarda il contesto, e trovando ormai inutile chiamare in causa ancora una volta la crisi economica (e conseguente riduzione di personale), basterebbe elencare quanto da quei tempi è entrato in corpo ai Musei d’Arte Antica facendoli diventare anche Storico Scientifici. L’elenco sarebbe molto lungo e avrebbe un’aria pretenziosa, ma al di là di tutto, questi sono segni dei tempi che non possono non influire anche sul concetto di “museo”, abituando chi come me – formato all’interno dei musei d’arte – deve ora confrontarsi nel concreto con problematiche tipiche, per esempio, di un Museo del Risorgimento e della Resistenza, di un Museo di Storia Naturale, e anche di un Centro Studi Bassaniani, quest’ultimo peraltro all’interno di un edificio (Casa Minerbi) che sarà condiviso dall’Istituto di Studi Rinascimentali, e da affreschi di pertinenza del MIBACT. Aggiungo per completezza anche il mio incarico (gratuito e su mandato dell’Amministrazione) come Segretario dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale Siti UNESCO.

La domanda a questo punto è la seguente: visto il contesto, posso davvero pensare di riproporre un modello di rivista che sia quello pensato nel 1971? Certo che no. L’impressione che lo sia è dovuta, credo, al fatto che il primo numero parla di argomenti che riguardano i Musei d’Arte Antica, e che l’intera rivista è stata progettata esclusivamente dagli stessi Musei. Sorvolo sul fatto che ci sono pure altre riviste che trovano la loro collocazione in un ambito museale preciso, salvo poi collaborare alla pari con altre realtà territoriali, semplicemente “facendosi capofila” di un progetto, e sottolineo invece un’altra condizione del contesto odierno: il dissolversi lento e non del tutto chiaro e definito delle Amministrazioni Provinciali (che tanta ripercussione avrà sul territorio), e il mutamento sostanziale ma ancora in divenire delle Soprintendenze (che verranno separate dalla gestione museale). In queste circostanze cercare di iniziare un percorso comune sarebbe intempestivo, oltretutto non va dimenticato che molti spazi museali attendono ancora lavori di messa a norma antisismica, che coincideranno con una rivisitazione anche globale della loro identità.

Museoinvita è una rivista che abbiamo fatto nascere. Tutto qui per ora, ma è ovvio che andrà implementata attraverso il confronto diretto con le varie espressioni museali del territorio. Occorre tempo, e piuttosto che consumarne nell’attesa di renderla possibile, l’abbiamo resa reale in una modalità fluida, rimandando al dopo il confezionamento di un progetto comune. Come a dire che intanto abbiamo costruito il tavolo, e adesso che esiste possiamo tutti sederci attorno a esso. Faccio inoltre presente che altri tavoli di lavoro, che vanno nella nostra stessa direzione per quanto con altre finalità, sono in corso da tempo, come quello di coordinamento dei musei cittadini gestito in prima persona dal vice Sindaco Massimo Maisto, che peraltro ha già prodotto buoni risultati.

La forma stessa della rivista consente un’agilità che il modello cartaceo non potrebbe avere, e che può senza sforzo alcuno trasformare il tavolo di lavoro a seconda delle necessità. Essere stati noi a progettarla è di poca importanza, poiché la sua struttura ha caratteristiche fluide, non solide. Di più: la modalità online è una forma non soltanto che si adegua ai contenuti, ma anche li costringe a essere dinamici, a rimodularsi secondo realtà, a generare connessioni diversamente impraticabili o addirittura impensabili. Il bello di Museoinvita sarà proprio la sua capacità di trasformarsi nel tempo. Ma a tempo debito, soprattutto facendo sistema senza preordinare un sistema che, in tal modo, rischierebbe di interpretare pregiudizialmente la realtà, e dunque di paralizzare la comprensione del naturale corso degli eventi, in questo particolare periodo decisamente complesso e dai mutamenti spesso repentini.

Angelo Andreotti 

Dirigente del Servizio Musei d’Arte Antica e Storico-Scientifici

Angelo Andreotti: “Museoinvita, un tavolo attorno al quale sedersi”

da: Angelo Andreotti *

Colgo l’occasione dell’intervento pubblicato sugli organi di informazione locale del professor Ranieri Varese per chiarire che, nel mio articolo di apertura della neo rivista Museoinvita pubblicata dai Musei di Arte Antica, richiamando la rivista fondata da Varese stesso nel lontano 1971, intendevo omaggiare l’opera meritoria di chi mi ha preceduto, non certo esprimere l’intento di riproporre lo stesso modello. Anche a volerlo sarebbe impossibile sia per contesto sia per forma.

Per quanto riguarda il contesto, e trovando ormai inutile chiamare in causa ancora una volta la crisi economica (e conseguente riduzione di personale), basterebbe elencare quanto da quei tempi è entrato in corpo ai Musei d’Arte Antica facendoli diventare anche Storico Scientifici. L’elenco sarebbe molto lungo e avrebbe un’aria pretenziosa, ma al di là di tutto, questi sono segni dei tempi che non possono non influire anche sul concetto di “museo”, abituando chi come me – formato all’interno dei musei d’arte – deve ora confrontarsi nel concreto con problematiche tipiche, per esempio, di un Museo del Risorgimento e della Resistenza, di un Museo di Storia Naturale, e anche di un Centro Studi Bassaniani, quest’ultimo peraltro all’interno di un edificio (Casa Minerbi) che sarà condiviso dall’Istituto di Studi Rinascimentali, e da affreschi di pertinenza del MIBACT. Aggiungo per completezza anche il mio incarico (gratuito e su mandato dell’Amministrazione) come Segretario dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale Siti UNESCO.

Angelo Andreotti è dirigente del servizio Musei d’arte antica e storico-scientifici
Angelo Andreotti è dirigente del servizio Musei d’arte antica e storico-scientifici

La domanda a questo punto è la seguente: visto il contesto, posso davvero pensare di riproporre un modello di rivista che sia quello pensato nel 1971? Certo che no. L’impressione che lo sia è dovuta, credo, al fatto che il primo numero parla di argomenti che riguardano i Musei d’Arte Antica, e che l’intera rivista è stata progettata esclusivamente dagli stessi Musei. Sorvolo sul fatto che ci sono pure altre riviste che trovano la loro collocazione in un ambito museale preciso, salvo poi collaborare alla pari con altre realtà territoriali, semplicemente “facendosi capofila” di un progetto, e sottolineo invece un’altra condizione del contesto odierno: il dissolversi lento e non del tutto chiaro e definito delle Amministrazioni Provinciali (che tanta ripercussione avrà sul territorio), e il mutamento sostanziale ma ancora in divenire delle Soprintendenze (che verranno separate dalla gestione museale). In queste circostanze cercare di iniziare un percorso comune sarebbe intempestivo, oltretutto non va dimenticato che molti spazi museali attendono ancora lavori di messa a norma antisismica, che coincideranno con una rivisitazione anche globale della loro identità.

Museoinvita è una rivista che abbiamo fatto nascere. Tutto qui per ora, ma è ovvio che andrà implementata attraverso il confronto diretto con le varie espressioni museali del territorio. Occorre tempo, e piuttosto che consumarne nell’attesa di renderla possibile, l’abbiamo resa reale in una modalità fluida, rimandando al dopo il confezionamento di un progetto comune. Come a dire che intanto abbiamo costruito il tavolo, e adesso che esiste possiamo tutti sederci attorno a esso. Faccio inoltre presente che altri tavoli di lavoro, che vanno nella nostra stessa direzione per quanto con altre finalità, sono in corso da tempo, come quello di coordinamento dei musei cittadini gestito in prima persona dal vice Sindaco Massimo Maisto, che peraltro ha già prodotto buoni risultati.

La forma stessa della rivista consente un’agilità che il modello cartaceo non potrebbe avere, e che può senza sforzo alcuno trasformare il tavolo di lavoro a seconda delle necessità. Essere stati noi a progettarla è di poca importanza, poiché la sua struttura ha caratteristiche fluide, non solide. Di più: la modalità online è una forma non soltanto che si adegua ai contenuti, ma anche li costringe a essere dinamici, a rimodularsi secondo realtà, a generare connessioni diversamente impraticabili o addirittura impensabili. Il bello di Museoinvita sarà proprio la sua capacità di trasformarsi nel tempo. Ma a tempo debito, soprattutto facendo sistema senza preordinare un sistema che, in tal modo, rischierebbe di interpretare pregiudizialmente la realtà, e dunque di paralizzare la comprensione del naturale corso degli eventi, in questo particolare periodo decisamente complesso e dai mutamenti spesso repentini.

* Angelo Andreotti è dirigente del Servizio Musei d’Arte Antica e Storico-Scientifici

L’INTERVISTA
Malacarne su Santa Maria in Vado: “Il terremoto ha ridotto i beni culturali a cenerentole”

La chiesa e il convento di Santa Maria in Vado è tra i complessi ecclesiastici più belli e meglio conservati di Ferrara, carico di valore storico testimoniale. Purtroppo però, a causa dei gravi danni riportati con il terremoto e dei ritardi negli interventi post-sisma, lo stato del bene sta peggiorando di giorno in giorno e i danni, con il parziale disuso, rischiano di aggravarsi in modo esponenziale.

Subito dopo le scosse del maggio 2012 l’architetto Paola Rossi e l’ingegner Giuliano Mezzadri vengono incaricati dalla diocesi di occuparsi del progetto di restauro: in pochi mesi sono resi agibili, con fondi per opere provvisionali urgenti, chiesa e chiostro adiacente e redatto un progetto preliminare molto dettagliato, quasi operativo, per cercare di abbreviare i tempi tecnici che precedono i lavori di recupero. Il progetto viene presentato in Regione a inizio ottobre 2014 ma solo in questi giorni, dopo quattro mesi dalla richiesta e due anni e mezzo dal sisma, è arrivato il primo parere “parzialmente favorevole”.
Della necessità di accelerare i finanziamenti da parte della Regione Emilia Romagna e di partire con una seria riflessione sul tema “terremoto e beni culturali” abbiamo parlato con l’architetto Andrea Malacarne, consulente al progetto. Per renderci conto delle reali condizioni di degrado di Santa Maria in Vado, abbiamo visitato il complesso con l’architetto Paola Rossi, titolare del progetto, che ci ha anche reso note una serie di importanti scoperte fatte durante i rilievi e le campagne di sondaggi.

Siete preoccupati, i tempi si stanno facendo molto lunghi, l’intervento di recupero non parte e il degrado aumenta. Cosa fare?

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Il chiostro della parrocchia di Santa Maria in Vado
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Lo scalone monumentale in stato di degrado

Malacarne: Sarebbe necessario fare una riflessione su “terremoto e beni culturali” perché questi ultimi rischiano di diventare la cenerentola di questo terremoto, nel senso che sono in coda a tutto il resto e la Regione cerca di limitare i finanziamenti alla semplice riparazione dei danni. Ma come si fa a metter mano su edifici di questa importanza senza considerare tutta una serie di aspetti storici e architettonici complessivi e senza una riflessione anche di prospettiva? E’ insensato tamponare soltanto, senza procedere con interventi più consistenti, non solo per un discorso di messa in sicurezza (perché il sisma purtroppo potrebbe verificarsi di nuovo, e anche più forte), ma anche perché si tratta di edifici delicati e complessi, che quasi sempre ospitano attività con grande affluenza di pubblico. E poi da sempre i terremoti, pur nella loro drammaticità, sono stati l’occasione per importanti operazioni di recupero e miglioramento del comportamento antisismico degli edifici monumentali presenti in tutto il territorio del nostro paese, che non ci possiamo permettere di perdere. Nell’incertezza dell’entità dei finanziamenti si rischia di far partire tanti cantieri che resteranno tali per chissà quanti anni. Questo Ferrara non se lo può permettere.

A quando risale il vostro progetto e a che punto siamo?

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Il primo chiostro con l’accesso alla sagrestia e alle palestre

Rossi: Il progetto preliminare è stato presentato ai primi di ottobre 2014 alla Regione Emilia Romagna e solo la settimana scorsa, dopo quattro mesi, abbiamo ricevuto la conferma che il progetto è passato, seppure con molte osservazioni e limitazioni. Ora comincia la fase dell’elaborazione e della consegna dei progetti esecutivi e solo con la loro approvazione definitiva si capirà quanti fondi saranno effettivamente assegnati. Il problema è che nel frattempo il degrado procede e i danni rischiano di aumentare. E’ una questione grave che riguarda non solo Santa Maria in Vado, ma anche tanti altri edifici e chiese importanti della città che hanno subito danni con le scosse del maggio 2012.

Sono ormai 17 mesi che la parrocchia e la contrada di Santa Maria in Vado sono inagibili, con un grande disagio per la comunità e un preoccupante degrado della struttura. C’è qualche possibilità che i restauri procedano?

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Veduta di chiesa e primo chiostro dal campanile

Noi stiamo lavorando per rimettere in moto la vita della comunità: assieme all’ingegnere strutturista ci siamo adoperati nel primo anno per riaprire, con poche opere di messa in sicurezza, prima buona parte della chiesa, poi il chiostro con alcuni locali, ossia gli ambienti essenziali per riprendere le attività parrocchiali. In seguito, per mesi, si è rimasti in attesa che la Direzione regionale del Ministero dei beni culturali fosse in grado di valutare con proprie schede i danni e lavori da eseguire nei singoli edifici, con i relativi costi; poi la Regione ha emesso le ordinanze con l’indicazione delle priorità degli interventi sui beni culturali danneggiati. Solo allora è stato possibile cominciare a lavorare ai progetti. Va tenuto presente che a Santa Maria in Vado ci sono tanti danni diffusi da terremoto ma anche situazioni di degrado pregresso delle quali non si può non tener conto.

Dopo i primi lavori per rendere agibili la chiesa e il chiostro, siete riusciti a fare qualche altro intervento?
Praticamente nulla. Solo sondaggi ed indagini preliminari. Finché non si è certi dell’approvazione dei progetti (il preliminare, il definitivo e l’esecutivo) e di quanto stanzierà la Regione non è possibile aprire il cantiere.

Cosa comporta il vostro progetto?

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Veduta aerea dell’intero complesso

Si tratta di un progetto di recupero dell’intero complesso che ha comportato campagne di sondaggi diretti e approfondimenti storici e d’archivio. E’ stato inoltre eseguito un rilievo completo dell’edificio monastico che non era mai stato fatto prima (esisteva solo un buon rilievo della chiesa commissionato anni or sono dalla Soprintendenza). Un lavoro quindi lungo e approfondito, attraverso il quale è stato possibile conoscere l’edificio nella sua evoluzione storica, farne riemergere l’impianto originario, scoprire anche l’esistenza di decorazioni e affreschi prima sconosciuti.

Di che scoperte si tratta?

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Una delle palestre: tracce di affreschi sulla parete e il soffitto abbassato
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Dettaglio degli affreschi rinvenuti durante i sondaggi

Nella parte dell’edificio che era stata adibita a palestre (anche per ricavare reddito per sostenere le attività della parrocchia) abbiamo fatto le scoperte più belle. Le due palestre erano in origine un unico grande ambiente: l’antico refettorio del monastero. Nel progetto vorremmo ripristinare lo spazio originario, ma conservandone l’uso per attività di vario tipo, quindi mantenendo negli ambienti limitrofi i servizi necessari. Dai sondaggi è poi emerso che tutti i soffitti cinquecenteschi di quel corpo di fabbrica erano decorati e che la parete di fondo del refettorio era affrescata (forse tra il Seicento e il Settecento). Si tratta quindi di un complesso di ambienti di grande qualità e bellezza.

Come avete capito che le palestre erano l’antico refettorio dei monaci?

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Prospetto est (dal campetto), con segni di capichiavi
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Le travi originali che componevano il soffitto della mensa

Da una serie indizi: le quote dell’attuale soffitto non funzionano rispetto alla dimensione degli ambienti, sono troppo basse; nella facciata orientale, quella che prospetta sul campetto sportivo, compaiono segni di capichiave ai quali non corrisponde attualmente alcun solaio interno; nel sottotetto sono collocate magnifiche travi composte in posizione anomala, utilizzate oggi solo per sostenere controsoffitti in arellato; poi documenti e mappe antiche ci dicono che i muri che separano le palestre sono relativamente recenti, quindi posticci. Sulla base di tutte queste osservazioni abbiamo eseguito un sondaggio al primo piano, nel muro che attualmente divide gli ambienti, ritrovando all’interno, intatta, una trave rimasta nella posizione originaria. Tutte le altre travi del solaio principale sono quelle oggi impropriamente collocate nel sottotetto. I solai attuali, più bassi, sono sorretti da travi in ferro, ma tutta l’orditura secondaria e l’assito sono stati recuperati dai soffitti originari. Quindi il soffitto dell’antico refettorio, ligneo e completamente decorato, era collocato circa due metri sopra le quote attuali ed esistono in loco tutti gli elementi per rimontarlo completo nella posizione originaria. C’è però il rischio che questa operazione, volta a ricomporre l’antico assetto strutturale dell’edificio, non venga finanziata perché non direttamente collegata ai danni da sisma. E’ pensabile, in casi come questo, limitarsi a consolidare la situazione esistente anche se palesemente deturpante ed incongrua? Sarebbe uno spreco di denaro inutile e assurdo.

In che periodo sarebbe stato fatto lo smembramento e l’abbassamento del solaio?
Pensiamo nel primo dopoguerra, o forse tra le due guerre, ma è al momento difficile indicarne la data precisa.

Sono visibili le travi rinvenute nel sottotetto?

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Trave originaria rinvenuta durante i sondaggi
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Quota originaria rinvenuta al primo piano

Certo, e anche la trave rimasta dentro al muro al primo piano. Poi nel sottotetto, che la contrada di Santa Maria in Vado ha utilizzato fino al terremoto del 2012 come deposito, ci sono altre scoperte interessanti. Il disegno del pavimento in cotto definisce l’antica scansione di ambienti che altro non erano che le celle dei monaci. Il volume di una cella rimane visibile, attraverso un pertugio, sul lato verso il chiostro. Alle pareti affiorano, anche a questo livello, tracce di decorazioni e di affreschi.

Avete fatto scoperte davvero sensazionali…

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Sottotetto, arco decorato che dava accesso alle celle
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Segni che evidenziano la ripartizione delle celle

Non sensazionali, ma sicuramente di grande interesse, sia storico che artistico. Quando si mette mano seriamente ad edifici di questa importanza non è raro trovarsi di fronte a belle sorprese. Nel progetto di fatto riproponiamo la scansione degli ambienti principali e l’assetto strutturale dell’antico monastero ed il recupero dell’apparato decorativo. Tutto questo lasciando inalterato l’uso consolidato negli ultimi decenni, anzi potenziandolo perché di fatto renderemmo totalmente agibile il sottotetto che ad oggi e utilizzabile solo in parte. Recuperare in modo organico il convento è anche l’occasione per riorganizzare gli spazi e gestirli al meglio, sia quelli parrocchiali, che quelli della contrada e quelli destinati alle attività sportive-ricreative.

Sarebbe bellissimo…
Sì, ma se i finanziamenti non corrisponderanno a quanto previsto nelle schede della Direzione regionale, e tutto oggi lascia temere che sarà proprio così, non si potrà fare un intervento complessivo per riportare a vita piena questo gioiello. Una riflessione complessiva sul futuro dei nostri edifici monumentali dopo il terremoto è quindi più che mai necessaria.

Le foto sono di Paola Rossi (tranne la veduta aerea del quartiere che è scaricata da Google), cliccaci sopra per ingrandirle.

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La planimetria del progetto preliminare
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Veduta aerea con delimitazione dei corpi di fabbrica interessati

Si ringraziano gli architetti Andrea Malacarne e Paola Rossi dello Studio Malacarne per averci accompagnato nella visita al complesso, per la concessione del materiale fotografico, per averci messo a disposizione la Relazione storico e archivistica e, infine, per l’accurata revisione dell’articolo per quanto riguarda gli aspetti tecnici e specialistici.

DOCUMENTAZIONE
La struttura, così come si presenta oggi nel complesso, risale alla metà del XV secolo (1494 la data probabile di inizio lavori) e venne commissionata dal duca Ercole I d’Este a Biagio Rossetti (ingegnere ducale), Bartolomeo Tristano e Ercole de’ Roberti. Ercole I volle contestualizzarla e inserirla nel piano di rinnovamento che investiva a quei tempi tutta la città [vedi estratto della Relazione storico e archivistica a cura dell’arch. Paola Rossi e del dott. Giuseppe Lipani].

Foto arch. Paola Rossi

Mito, magia e qabbalah: Cacciari e Bertozzi dibattono dell’eccentrico Pico Della Mirandola

da: organizzatori

Eccentrico già agli occhi dei contemporanei, Pico è sempre stato un pensatore difficile da collocare. Ricco, esibizionista, uomo di mondo e “dilettante di genio”, il conte della Mirandola è, a più di cinque secoli, una sorta di ospite illustre e scomodo della cultura italiana. Lorenzo de’ Medici, tra i pochissimi che riuscirono a confrontarsi con lui (quasi) alla pari, lo definì “istrumento di sapere fare il bene e il male” e Pico, di cui tanto si è parlato e scritto, ci appare ancora come un enigma.

Giovanni Pico della Mirandola soggiornò a Ferrara, in giovanissima età, e qui cominciò a muovere i primi passi nelle discipline filosofiche. Ebbe come maestro e amico Battista Guarini, figlio del famoso umanista Guarino, ed ebbe modo di conoscere Girolamo Savonarola, che ritroverà poi a Firenze.

mirandolaVenerdì 20 Marzo alle ore 18, presso il Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia, Marco Bertozzi e Massimo Cacciari presentano il libro “Giovanni Pico Della Mirandola. Mito, magia, Qabbalah” (Einaudi, 2014), scritto da Giulio Busi e Raphael Egbi.

Il libro tratta i temi del mito e della magia nel pensiero di Giovanni Pico della Mirandola, illustrati magistralmente anche nelle pareti del Salone dei Mesi. Lo stesso fratello di Giovanni Pico, Galeotto della Mirandola, è raffigurato nell’affresco di Luglio.

Per ragioni di sicurezza connesse alla capienza della sala (max 70 persone), verrà consentito l’ingresso esclusivamente a chi sarà munito del biglietto gratuito distribuito il giorno stesso dal personale del Museo a partire dalle ore 17,30 secondo l’ordine di arrivo.

Gli autori:

Giulio Busi insegna Cultura ebraica alla Freie Universität di Berlino ed è fra i maggiori esperti mondiali di ebraismo medievale e rinascimentale. Per Einaudi ha pubblicato altri cinque Millenni: “Mistica ebraica” (con Elena Loewenthal), “Simboli del pensiero ebraico”, “Qabbalah visiva”, “Zohar e Giovanni Pico della Mirandola” (con Raphael Ebgi). Per Aragno ha pubblicato “La vera relazione sulla vita e i fatti di Giovanni Pico della Mirandola.” Collabora con il «Sole 24 Ore». È presidente della Fondazione Palazzo Bondoni Pastorio.

Raphael Ebgi è ricercatore presso la Freie Universität di Berlino. Esperto di filosofia dell’Umanesimo italiano, ha curato per Bompiani l’edizione critica del trattato “Dell’ente e dell’uno di Pico”. Tra le sue recenti pubblicazioni, l’edizione italiana di H. Corbin, “Le combat pour l’Ange (Torre d’Ercole)”, e “Giovanni Pico della Mirandola”, uscito nei Millenni Einaudi nel 2014 (con Giulio Busi).

La locandina dell’evento [vedi]

LA CURIOSITA’
Quando la casa della musica parla italiano

da MOSCA – E’ sempre una grande emozione quando si entra nel tempio della musica di una città estera, che di solito si chiama Casa della musica, Parco della musica o Auditorium e si ritrova l’Italia, immancabilmente. Anche qui, al Dom Musyki di Mosca, è successo, lo scorso venerdì sera. Non credo sia retorica dire che la nostra opera e la nostra musica sono un successo mondiale da sempre, che le note dei nostri grandi musicisti, compositori, baritoni o tenori risuonano in quei corridoi eleganti e moderni. Se poi all’entrata ti accoglie una fotografia gigante di Luciano Pavarotti, sei ancora più felice, anche perché quel grande artista proveniva dalla tua stessa regione (un po’ di sano campanilismo).

casa-della-musicacasa-della-musicaCi sediamo, quasi sprofondiamo, nelle comode poltrone della sala Svetlanov, io e la mia dolce metà (o, come si direbbe qui, la mia ‘vtoraya polovina’) e, poco dopo, le note dell’orchestra sinfonica Novaya Classica e del giovane pianista Nikita Galaktionov si librano leggere nell’aria. La musica di Arthur Rubinstein è una vera magia. La serata è dedicata a lui. Ma il bello deve ancora venire. Appare sul palco il baritono, un uomo abbastanza imponente, in elegante abito nero, dai capelli pettinati all’indietro, tenuti ben incollati da una tonnellata di gel che presto striderà con una voce angelica. Perché lui, Igor Manashirov, dopo un exploit iniziale da baritono, si trasforma in un mezzo-soprano, la sua voce sembra quella di una donna. Se si chiudono gli occhi è una donna che canta, ne siamo sicuri. La leggerezza è nell’aria. Sembra di stare altrove.

casa-della-musicacasa-della-musicaQuasi sicuramente poco noto in Italia, Manashirov è nato a Mosca, il primo gennaio 1964 (già nascere il primo gennaio può avere un certo significato…) e si è laureato alla facoltà di teatro musicale. Ha lavorato come insegnante di canto e chitarra, ha studiato in Italia con i migliori insegnanti di canto lirico, e preso lezioni da grandi maestri del bel canto, tra i quali anche da Luciano Pavarotti. Quando esegue le arie d’opera è unico, ha un repertorio classico ma anche jazz e moderno, è stato, ed è, ospite solista di importanti teatri d’opera in Russia e all’estero. Vincitore di tre concorsi internazionali di rilievo (Yugoslavia, nel 1993, ‘Mosca-transito’, nel 1995, e Concorso animatori, nel 2008), per la sua eccellenza e il suo servizio all’arte del canto ha ricevuto il titolo onorifico in Italia di Maestro.

Curiosando sul web, ho scoperto che è stato lanciato da un talent tipo The Voice (o, meglio, lo stesso talent, l’equivalente russo ‘Golos’) e che molti suoi virtuosismi si trovano in rete [ascolta] [ascolta ancora]. Io sono rimasta particolarmente colpita e commossa dal suo splendido e intenso “Parlami d’amore Mariù”, che il grande Vittorio de Sica aveva cantato nel film “Gli uomini, che mascalzoni”, su un testo scritto, nel 1932, da Cesare Andrea Bixio e Ennio Neri. Altri grandi l’avrebbero magistralmente interpretata, come Tino Rossi, Giuseppe Di Stefano, Mario Del Monaco, Mario Lanza, Fred Buscaglione, Luciano Pavarotti, Placido Domingo, José Carreras, Johnny Dorelli, Beniamino Gigli, Natalino Otto, Luciano Tajoli, Ferruccio Tagliavini, Mina, Luigi Tenco, Achille Togliani, Claudio Villa, Giorgio Gaber. Igor non è da meno. Se ero venuta per Rubinstein, ho scoperto altro. E se l’artista moscovita non è ancora troppo noto, vorremo che anche voi iniziaste a conoscerlo. Certi che noto lo diventerà presto.

Per saperne di più su Igor Manashirov visita il sito [vedi] e la pagina Facebook [vedi].

Mosca, Dom Musyki, fotografie Simonetta Sandri

Sorridi, il silenzio è d’oro

“Smile” ci mostra un mimo, vestito da pagliaccio, che ha sempre il sorriso sulle labbra, soprattutto durante il suo spettacolo in strada. Il mimo è sordomuto ma con la sua forza e la simpatia dimostra come ogni persona si può esprimere facendo leva sulle proprie qualità, al di là di ogni impedimento.

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Il mimo porge un fiore di plastica alla commessa

Il film introduce, con delicatezza, lo spettatore nel mondo della sordità, facendo emergere le discriminazioni di cui sono vittime molte delle persone che hanno questo problema. “Smile” non ha toni vittimistici, anzi, offre allo spettatore spunti di riflessione consentendogli di rendersi conto del pregiudizio allo scopo di superarlo, anche con un semplice gesto d’amore come lo può essere un colloquio tra un padre e suo figlio. Una chiave di lettura poetica che incontra l’amore, un sentimento vissuto nel suo difficile quotidiano.
Il mimo vive in una grande città dove ha amici e amiche, in particolare la commessa della pasticceria, che forse prova un sentimento per lui, a cui dona un fiore di plastica; ha anche un figlio, che vive qualche disagio a causa del suo stesso problema fisico.

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Sara Sartini interpreta la parte della commessa

Giunto a casa trova ad attenderlo il figlio, seduto sul divano, con ancora sulle spalle lo zaino della scuola. Il bambino è triste, non vuole più andare a scuola perché i compagni lo prendono in giro a causa della sua “diversità”. Il padre, con estrema dolcezza e soprattutto con verità, gli spiega che lui è un bambino uguale a tutti gli altri, che è bellissimo, forte e coraggioso: “le persone dicono un sacco di stupidaggini, meno male che io e te non dobbiamo sentirle”. Le sue parole entrano nel cuore del piccolo, pronto ad affrontare le difficoltà della vita.

“Smile” più che un cortometraggio è un atto di amore, che in fondo è la chiave di lettura di questa storia, come ha affermato anche lo stesso Pianezzi: “L’amore avvolge lo spettatore come una coperta, coccolandolo, facendolo sentire a suo agio, libero di emozionarsi”. Il soggetto e la sceneggiatura sono dello stesso Pianezzi, mentre le belle illustrazioni che impreziosiscono il film sono di Francesco Venturi. Un plauso va riservato al protagonista Martino Apollonio (ha recitato nell’episodio “Cuori randagi” del film “Eden” del regista Johnny Triviani), a tratti davvero commovente e all’ottima fotografia di Dario Di Mella. Il cortometraggio ha vinto la prima edizione del Festival Cinethica e il premio come miglior corto al Festival Internazionale di Mompeo 2012 oltre al premio come miglior attore assegnato a Martino Apollonio, per la sua straordinaria e “silenziosa” interpretazione.

“Smile” di Matteo Pianezzi, con Martino Apollonio, Fabio Raimondi, Sara Sartini, Fotografi di scena: Marco Mastrojanni e Claudio Cesarano, Direttore della fotografia Dario di Mella, 2011, Italia, durata 8’

Il film è visibile in edizione integrale su YouTube [vedi]

IMMAGINARIO
Guerra in bicicletta.
La foto di oggi…

Battaglioni di ciclisti che, in sella a questo mezzo di trasporto così familiare, vanno a sbaragliare le trincee nemiche. Nel centenario della Prima guerra mondiale a ricordare le imprese di questi gruppi particolari di soldati su due ruote ci sarà oggi il generale Franco Scaramagli, presidente dell’Unuci (Unione nazionale militari in congedo). E’ il Museo di Risorgimento e Resistenza di Ferrara a offrire questa nuova occasione per conoscere un pezzo poco noto ma appassionante di storia locale e non solo. Dei Bersaglieri in bicicletta – un corpo di importanza storica – tratterà oggi l’incontro nelle sale dove sono in mostra ancora fino a domenica 8 marzo le immagini di “E Beltrame disegnò la Grande guerra”. Alle 17, corso Ercole I d’Este 19.

OGGI – IMMAGINARIO STORIA

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Battaglione di bersaglieri ciclisti in un’illustrazione di inizio ‘900

Ogni giorno immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

[clic sulla foto per ingrandirla]

 

GERMOGLI
Il mondo.
L’aforisma di oggi…

Una quotidiana pillola di saggezza o una perla di ironia per iniziare bene la giornata…

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Pier Paolo Pasolini

Nel 1922, oggi, nasceva Pier Paolo Pasolini. Forse uno dei più grandi e discussi registi italiani.

“Il mondo è dei bravi, ma i coglioni se lo godono”. (Pier Paolo Pasolini)

ACCORDI
L’altro Lucio.
Il brano di oggi…

Ogni giorno un brano intonato a ciò che la giornata prospetta.

[per ascoltarlo cliccare sul titolo]

Il Mio Canto Libero-1972Lucio Battisti – Il mio canto libero

Dopo aver ricordato ieri il compleanno di Lucio Dalla, è doveroso oggi celebrare un altro Lucio pilastro della musica italiana: oggi settantuno anni fa nasceva Lucio Battisti. Vogliamo celebrare questo immenso artista attraverso uno dei brani che lo hanno reso celebre in tutto il mondo, “Il mio canto libero”, scritto da Mogol e contenuto nell’omonimo album del 1972.

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